Pensieri e riflessioni sull’India del Nord

Circa due anni fa, proprio in questi giorni, stavo per partire per l’India e realizzare così uno dei miei più grandi sogni!
Avevo letto libri e post su blog e siti internet, e speravo che questo Paese potesse stupirmi nel profondo, così come avevo letto avesse fatto con altri viaggiatori… e così fu!

Appena arrivata all’aeroporto di New Delhi ho avvertito una strana sensazione. Pensavo fosse semplicemente l’emozione di una nuova avventura, ma dopo un paio di giorni ho realizzato che mi stava sfuggendo qualcosa che mi permettesse di comprendere davvero la realtà. Ho capito, visitando le città e incontrando le persone che ci abitano, che per godersi un viaggio in Rajasthan è necessario accettare un concetto fondamentale per la società indiana: la convivenza.
Non mi riferisco soltanto alla convivenza tra persone (nonostante il tasso di densità di popolazione sia piuttosto elevato in alcune città), bensì quella tra diverse condizioni sociali: un concetto molto difficile da accettare e mettere in pratica per noi occidentali.

Eh sì, proprio così: in India convivono a pochi centimetri di distanza persone ricche, che vivono in vere e proprie regge, e persone così povere da non possedere che una coperta per trascorrere la notte in strada.
Queste situazioni si verificano anche da noi, ma la differenza che ho percepito è che per la comunità indiana sia normale tutto ciò. Soltanto dopo aver guardato questo mondo con accettazione, sono riuscita a comprendere ciò che tutte queste persone, indistintamente, possono regalare.

Nel viaggio che avevo organizzato, era prevista una visita guidata in quasi tutte le città. Ho fatto questa scelta perché personalmente mi piace far conoscenza con qualcuno del posto e provare a guardarmi attorno come lo fa chi abita nei luoghi che visito.
Confrontarmi ed interagire con queste guide, diverse tra loro sia per lo stile con il quale conducevano le visite, sia per l’esperienza personale e per la città di provenienza, mi ha permesso di cogliere un altro aspetto che si distanzia nettamente dalla cultura occidentale e che, nonostante sia una condizione ordinaria nel mondo Indiano, non può che far storcere il naso ad un visitatore come me: la concezione del lavoro.

In Rajasthan la popolazione è molto elevata (circa 70 milioni di persone) e si distribuisce su tutto il territorio, non solo nelle grandi città. Percorrendo le varie autostrade, si noteranno infatti centinaia, se non migliaia, di piccoli villaggi sorti a ridosso della carreggiata. Abitare in questi villaggi comporta una grande sfida: trovarsi un lavoro. Le persone con un contratto stabile come da noi non sono, purtroppo, tante. Proprio per questo, le guide mi hanno più volte specificato che gli abitanti, soprattutto nei villaggi, ogni giorno si alzano e si “creano” un lavoro. C’è chi si pone l’obiettivo di costruire un edificio, chi si impegna ad andare nel paese accanto per reperire una merce esaurita, chi si improvvisa parrucchiere, chi pulisce, chi ripara auto e motorini… ognuno si ingegna. E se un giorno non gli andasse di non ingegnarsi? Si riposerebbero.

Io lavoro come impiegata e, sinceramente, ho fatto molta fatica ad accettare un concetto di questo tipo. Per la maggior parte di noi occidentali, uno degli obiettivi lavorativi principali è ottenere una stabilità: avere un lavoro fisso, accrescere le nostre capacità e competenze nello svolgerlo ed eventualmente insegnarlo ad altri. Lì invece non è così: l’obiettivo è vivere, e in alcuni casi sopravvivere. Il tutto, però, con ingegno: si impara da sé o dagli anziani del villaggio, i capi sono pochi. Questo modo di vivere mi ha fatto molto riflettere…

Un ultimo pensiero che vorrei condividere con voi riguarda il credo religioso di queste terre. In Rajasthan la popolazione è ancora molto radicata alla religione. Non vi è, però, una religione unica o predominante: in questo stato ne coesistono moltissime. Ne spiccano alcune, ossia l’Induismo, il Buddhismo, il Cristianesimo e l’Islam, ma sono diversissime tra loro.
La particolarità di questo aspetto riguarda, ancora una volta, la convivenza, che ho avuto modo di percepire in diverse occasioni.

Una delle guide che mi ha accompagnata a spasso per la città mi ha portata con sé per assistere alla preghiera del mattino. Pur sapendo che fossi cristiana, è stato felice di invitarmi a partecipare.
Ancora più simbolico è stato il fatto che, in quasi tutte le principali città, esistano luoghi celebrativi per ognuna di queste religioni. Inoltre, in questi edifici, spesso vengono ospitati i senzatetto della città.

Come avrai intuito leggendo questo articolo, l’India mi ha molto affascinata e spero di poterci tornare qualche altra volta, soprattutto ora che ho deciso di intraprendere un percorso di avvicinamento alla meditazione.

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A presto! 🙂



Un commento

  1. […] La prima informazione che ho recepito è stata la seguente: per un primo viaggio in India, la regione del Rajasthan è la più adatta. Il motivo è semplice: questa regione è la più “turistica” dell’India, e per iniziare a conoscere la cultura e le abitudini indiane è l’ideale. Ho messo la parola “turistica” tra virgolette perché immergersi in una cultura così differente dalla nostra comporta una concezione diversa di turismo. Ho approfondito questa riflessione nell’articolo Pensieri e riflessioni sull’India del Nord. […]

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