Non solo Ancona – Riviera del Conero… d’a-mare!

Il gioiello della costa marchigiana è senza dubbio la Riviera del Conero, unico rilievo naturale nel medio Adriatico, a partire da Trieste al Gargano, e per ammirarne le bellezze, abbiamo deciso oggi di farvela conoscere attraverso una gita in mare!

La Riviera del Conero

Partenza dal porto di Numana, antica città picena, i cui numerosi reperti trovati nelle necropoli del suo territorio, sono oggi esposti al Museo Archeologico nazionale di Ancona e nel piccolo Museo Archeologico la Fenice c/o il centro di Numana.

Dal porto possiamo ammirare la “torre”, rivolta verso il mare e stemma stesso della città, in realtà un arco, l’unica testimonianza di un’antica chiesa non più esistente.

Secondo la tradizione locale invece, era la porta monumentale d’entrata della potente città picena prima, romana poi, sprofondata in mare a causa di un terribile terremoto che ebbe luogo intorno all’850 prima dell’anno 1000.

Poco distante, si riesce a vedere la cupola della moderna Chiesa del Crocefisso, costruita negli anni ’60 sostituendo quella più antica, 500sca, che sorge al centro della piazza, molto importante, soprattutto nei secoli passati, per il Crocefisso miracoloso che si trova al suo interno, di cui vi raccontiamo brevemente la storia/leggenda.

Si narra che venne scolpito a Gerusalemme, da san Luca e Nicodemo, colui che depose Cristo dalla croce, e dopo vari peregrinaggi da un luogo all’altro,  perché non cadesse in mano degli ebrei o dei romani e venisse distrutto, arrivò nella città di Beirut, dove, dopo essere stato scoperto da alcuni ebrei che vi si scaraventarono immediatamente contro, colpendolo per distruggerlo, provocando nel corpo ligneo delle lesioni, scaturì il miracolo: dalle lesioni fuoriuscì il sangue che venne poi chiuso in diverse ampolle e inviate successivamente al Papa.

La fama del Crocefisso allora cominciò a estendersi, secolo dopo secolo, in tutta la Palestina e anche in Europa sino ad arrivare a Carlo Magno, Imperatore nel IX sec, il quale si prodigò immediatamente per andare a recuperarlo a Beirut.

Di ritorno, causa forte tempesta, si fermò a Numana e per una serie di vicissitudini, fu costretto a partire di fretta e furia, lasciando il Crocefisso in una chiesa in città, prossima al mare, che oggi non esiste più.

Con il terribile terremoto, che fece sprofondare la città, la chiesa scomparve con il Crocefisso che custodiva…. Di nuovo, dopo alcuni secoli, il miracolo: alcuni pescatori, nelle acque tra Numana e Sirolo, videro spuntare dal mare il meraviglioso Crocefisso!

Recuperato venne costruita la Chiesa per custodirlo in maniera dignitosa, veneratissimo nel corso dei secoli, si narra di vari miracoli che compì sulla popolazione locale, e oggi si può ammirare, ancora maestoso, all’interno della moderna Chiesa /Santuario  soprattutto ricordiamo  na particolarità:  visto dal corridoio di sinistra i suoi occhi appaiono vivi,  da quello di destra spenti!

Ma ora ammiriamo le spiagge che costeggiamo:  quella di” Numana bassa”,  lunga e ghiaiosa, con Marcelli di Numana, che ci lasciamo alle spalle, quella di “Numana alta” o “la spiaggiola”, una baia dopo il porto lato nord, quella Gigli, chiamata anche “Sotto Santa”,  di fronte lo scoglio del “Bue”, che funge da confine naturale tra le acque di Numana e Sirolo.

Navigando dolcemente, prima di arrivare alle spiagge di Sirolo, ammiriamo i cosiddetti “Lavi”, una particolare conformazione rocciosa, calcarea e liscia, a ridosso del mare, dove in passato le donne del paese, facevano il bucato.

Poco sopra, in mezzo al verde, a picco sul mare, domina Villa Vetta Marina , antico convento francescano, dove, intorno al 1215, passò e rimase per alcuni giorni San Francesco, il quale oltre a parlare con gli uccelli e i pesci del mare, piantò 2 olmi, tuttora esistenti e visibili dietro la cancellata che da’ sul viale san Francesco, con la targa che ricorda appunto che il Serafico passò di lì e piantò i 2 alberi.

Chiesetta di Santa Maria di Portonovo

Intanto siamo arrivati a Sirolo, la “perla dell’Adriatico”, di fronte a noi la spiaggia Urbani, delimitata lato sud, da un piccolo molo e da alcuni scogli, fra cui quello “delle Femmine”, dove in tempi lontani, andavano a fare il bagno le donne del paese, lontane da occhi indiscreti.

Sopra la spiaggia, la piazza panoramica della città, con la chiesa 700sca dedicata a San Nicola, patrono e protettore di Sirolo, e i vicoli e viuzze che ne caratterizzano il centro storico.

Secondo la tradizione la città venne fondata da Sirio, valoroso condottiero bizantino, che scacciò i goti dal territorio e ottenne così in dono, dal re Belisario, il territorio di Sirolo.

Il nome della città deriverebbe proprio da lui: Sirio / Sirolo.

Continuando la navigazione superiamo la spiaggia di San Michele e poi quella dei Sassi Neri, così chiamata perchè in passato, lungo la costa, venivano ormeggiati dei barconi, carichi di pietra calcarea che nel territorio del Conero veniva estratta e la sera, lungo la spiaggia, si lavorava la calce.

Il mattino seguente, nell’arenile, rimanevano i neri carboni, dei fuochi accesi la notte proprio per ottenere la calce, e da qui il nome Sassi Neri.

Navigando, possiamo ammirare la candida costa con piccole baie/spiaggette, spesso raggiungibili solo via mare e anche i resti di antiche costruzioni come il Moletto o Pontile, dove attraccavano in passato, i barconi per il carico della pietra calcarea.

Intanto di fronte a noi il gioiello di tutta la costa, la spiaggia delle 2 Sorelle, con il mare limpido e cristallino e le bianche pareti calcaree a farle da scenografia, così chiamata grazie ai due faraglioni emergenti dal mare,  che visti da lontano ricordano proprio 2 suore, 2 “sorelle”, nell’atto di pregare con le mani giunte rivolte verso il monte.

La spiaggia delle Due Sorelle

Ricordiamo che questa incantevole spiaggia, nel corso degli anni, è spesso apparsa come copertina nei maggiori periodici del settore e che ha anche ottenuto vari riconoscimenti relativamente alla sua bellezza.

Oltre alle ghiaia candida, agli scogli, al suo mare cristallino, alla spiaggia e ai suoi  due faraglioni, è legata anche una sciagura: nel 1962, nel mese di marzo, una nave mercantile trasportante legname, in una notte tempestosa, si incagliò proprio tra i due faraglioni;  con varie difficoltà i soccorsi riuscirono ad arrivare il mattino seguente, ma di tutti i marinai a bordo se ne salvarono solo 11, su una ventina che erano in totale,  e i resti di quella sciagura sono ancora visibili nel lato nord della spiaggia e sotto di noi, in mare.

Oltre i due faraglioni, ammiriamo un’altra piccola spiaggetta, quella dei gabbiani dove si vedono chiaramente resti di casupole in pietra del Conero: erano quelle che si erano costruiti gli stessi cavatori d pietra, quando sfiniti dopo una lunghissima giornata di lavoro, se ne rimanevano lì a dormire invece di tornare alle loro case.

Per risalire, avevano tracciato un sentiero a strapiombo sulle spiagge sottostanti, chiamato poi “passo del lupo” o “della croce”, perché talmente pericoloso, che prima di scendere, ogni mattina, i cavatori, si facevano il segno della croce anche per essere protetti durante la dura giornata  di lavoro che li spettava.

Continuiamo con la navigazione lasciandoci accarezzare la pelle dalla brezza e dall’odore del mare e proprio nel tratto di costa di fronte a noi, ricordiamo che fino agli anni 20/30 del ‘900, si apriva proprio sul mare una grotta, lunga 20 mt, larga 70 mt, in cui si poteva entrare con piccole imbarcazioni.

Era chiamata la grotta degli Schiavi, perché secondo la leggenda o realtà che sia, i pirati che scorrazzavano nel Mediterraneo e risalivano anche l’Adriatico, la utilizzavano come rifugio e ci tenevano i prigionieri prima trasportarli nelle loro roccaforti. Si narra che all’interno c’erano ancora, sino a prima della frana che ne murò per sempre l’entrata, catene e anelli, che servivano per incatenare i prigionieri…

Torniamo a ammirare la costa e incontriamo ora un’altra piccola baia, una mezzaluna, chiamata spiaggia dei Forni, perché alle due estremità,  vi sono delle piccole cavità.

Il monte Conero ci appare ora in tutto il suo splendore, a picco sul mare con i suoi 576 mt d’altezza, ricco di vegetazione, dà il nome anche al primo parco regionale protetto che venne istituito nelle Marche nel 1987.

Il Monte Conero

I boschi che lo ricoprono sono costituiti da macchia mediterranea: querce, lecci, ginepri, le gialle ginestre, corbezzoli, ecc…. È proprio il corbezzolo che dà il nome al monte: i greci dori di Siracusa, che nel 385 A.C. avevano fondato la città di Ancona (Ankon: gomito dal greco antico), decisero di chiamare il monte a sud della città, con il nome di quella pianta che cresceva e pullulava su tutto il territorio! Corbezzolo in greco antico diventa Komaros.

Continuiamo a navigare e prima di arrivare a Portonovo, ammirando piccole spiaggette come la Spiaggiola e quella Sassi Bianchi, superiamo lo scoglio della vela, così chiamato perla sua forma triangolare che funge da confine marino naturale tra il comune di Sirolo e quello di Ancona.

Ed eccoci a Portonovo, questa incantevole baia ai piedi del monte e nel cuore del parco protetto, la cui formazione si deve ad una enorme frana avvenuta in epoca remota e oltre a godere delle sue bellezze naturali, il mare cristallino, i verdi boschi alle spalle, i due laghetti salmastri ricchi di uccelli lacustri soprattutto in primavera e estate, possiamo ammirare anche le sue testimonianze storico-artistiche.

Da emozionarsi sicuramente alla vista della splendida, candida chiesetta di Santa Maria di Portonovo, romanica con influssi bizantini,  in pietra bianca del Conero di fronte alla spiaggia, costruita dai monaci benedettini, all’inizio dell’anno 1000, che vi rimasero per circa 3 secoli, ma furono poi costretti a lasciare la loro abbazia, a metà XIV sec, causa frequenti incursioni piratesche e soprattutto per  le terribili frane che di tanto in tanto, si staccavano dal monte, ritirandosi c/o un’ abbazia benedettina nella città di Ancona.

Durante i secoli di attività’, l’Abbazia oltre ad essere centro di una fervente attività religiosa e culturale, vantò fra i suoi ospiti, personaggi illustri: san Gaudenzio, si narra di un suo miracolo negli anni che passò a Portonovo, san Pier Damiani, al quale Dante dedicò un verso in un canto del Paradiso “e peccator fui nelle Chiesa di Nostra Donna sul Lido Adriatico”.

Abbandonata, priva di monaci, l’abbazia continuò a sopravvivere, ma all’inizio del ‘500 arrivarono i turchi, che bruciarono il monastero, ma la chiesetta, pur se danneggiata, resto in piedi!

Utilizzata nel corso dei secoli come rifugio e stalla per i pastori del luogo, parte del suo materiale di costruzione venne preso per l’edificazione del Fortino Napoleonico all’inizio dell’800, si capì poi, sempre nel XIX sec., l’importanza storico-artistica della chiesetta sopravvissuta a tante intemperie della natura e dell’uomo, venne dunque restaurata, in quel secolo, un paio di volte.

Tra il 1988 e il 1996 venne definitivamente restaurata e portata al suo antico splendore e oggi può essere visitata ed è ancora aperta al culto.

Poco più avanti, a ridosso della spiaggia, possiamo ammirare la Torre di Guardia, a pianta quadrata su modello delle torri medioevali, costruita nel 1716, per volontà di papa Clemente XI, per difendere la costa, (le Marche erano tutte dominate dallo stato pontificio) e il patrimonio faunistico e boschivo che di sicuro rappresentava anche una cospicua entrata economica.

Dal terrazzo della torre i soldati pontifici avevano una larga visuale e potevano tener sotto controllo tutta la baia.

La Torre passò in seguito sotto la proprietà della nobile famiglia d’origine anconetana “Cortese de Bosis”, venne poi dedicata, da metà 900, a Adolfo Lauro de Bosis, poeta scrittore, antifascista morto in un incidente aereo nel 1931.

Oltre ad essere luogo in cui Lauro de Bosis soleva passare del tempo per la bellezza di ciò che lo circondava, la torre ospitò altri illustri poeti del ‘900 come Gabriele D’Annunzio e ci piace pensare che proprio dalla bellezza di tale luogo, si sia ispirato per la sua poesia “La pioggia nel Pineto”.

Infine ecco apparire il Fortino Napoleonico, innalzato dalle truppe francesi all’inzio dell’’800 per proteggere la costa soprattutto dalle navi degli acerrimi nemici inglesi.

In realtà nessuna battaglia venne mai combattuta a Portonovo; dopo il 1860 il Fortino venne acquistato da privati e oggi ospita un Hotel/ristorante di charme.

Lasciato Portonovo alle spalle, proseguiamo la navigazione sino alla selvaggia spiaggia di Mezzavalle, senza stabilimenti balneari, raggiungibile solo a piedi per un tortuoso sentiero in mezzo al bosco, delimitata a nord dal Trave, una formazione rocciosa, che corre dalla riva verso il largo per circa 1 km, a pelo d’acqua, come una spada impiantata sul mare o come un molo naturale.

La leggenda narra che in passato arrivava fino all’altra sponda dell’Adriatico, una sorta dunque di ponte di fratellanza tra le 2 popolazioni; poi, l’erosione e gli eventi geologici, via via, hanno fatto scomparire il resto del molo naturale, che è rimasto lungo solo 1 km.

Un’altra leggenda narra che gli angeli, la notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1294, prima di giungere a Loreto con in spalla la casa della Madonna salvata dalle incursioni degli infedeli a Nazareth, fecero un’ultima sosta, per riposarsi, proprio alla sommità del Trave e per tale motivo oggi, vi è una Madonnina che spiritualmente, benedice tutte le imbarcazioni che gli navigano davanti.

La nostra gita in barca “virtuale” termina qui: giro di boa, rientro verso il porto di Numana, lasciandoci accarezzare il viso dalla brezza marina. Se però questo articolo vi ha suscitato la voglia di fare questa gita dal vivo, vi segnalo un bellissimo progetto che svolgo in collaborazione col musicista David Uncini.

Si tratta di “CONERO D`A-MARE”,  un’escursione musicale panoramica in barca per godere fino all’ultimo dell’estate, del mare, dell’incantevole riviera del Conero.
Saremo accompagnati dal cullare delle onde e accarezzati dalla brezza marina, con i miei racconti e gli aneddoti vi illustrerò la costa accompagnata dal sottofondo delle note della tromba del musicista David, in collaborazione con I Traghettatori Riviera del Conero.

Vorrei infine concludere presentandovi David Uncini, con cui collaboro da un paio di anni.

David Uncini

Classe 1988, appartiene a una famiglia di musicisti (il fratello suona il sax e il cugino la tromba, come lui) , si diploma in Tromba e Musica Jazz presso il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro,in seguito  si laurea in Musica Moderna e Musica Jazz presso lo stesso Conservatorio.

Svolge intensa attività come trombettista jazz, fondatore del quartetto jazz Americano Bliss & Delight Jazz Quartet; nel 2010 vince l’audizione come seconda tromba presso l’orchestra sinfonica Progetto Sipario suonando in diversi festival importanti come il “Festival Della Valle dell’Itria” e in celebri teatri marchigiani come il Teatro Pergolesi di Jesi il Teatro dell’Aquila di Fermo  e il Teatro Rossini di Pesaro.
Dal 2010 è professore/collaboratore  esterno presso il Conservatorio “Rossini” di Pesaro.

Dal 2011 suona in maniera stabile presso la Big Band del Conservatorio Rossini di Pesaro partecipando a numerosi Festival jazzistici italiani.


Dal 2016 al 2018 è stato direttore della Banda Musicale Città di Jesi G.B Pergolesi insegnando nei corsi di orientamento musicale tromba, trombone e corno dove è attualmente insegnante.
E’ stato docente di musica con svariati progetti presso alcune scuole primarie di Jesi , cooperative sociali e centri per disabili e dal 2016 intraprende nelle scuole Secondarie di  I°Grado,  workshop
sull’improvvisazione e sulla lettura di repertorio moderno poprock-jazz.
Nel 2017 registra per il gruppo “Americano Bliss & Delight Jazz Band” l’album “Something Special” con un ottimo giudizio della critica.

Nel 2017 è compositore, arrangiatore e musicista delle musiche per lo spettacolo teatrale “Recital Novecento” di Alessandro Baricco esibendosi nel Teatro Gentile di Fabriano e il Teatro Pergolesi di Jesi .
Attualmente insegna nel Liceo Artistico Manucci come collaboratore esterno per il progetto “Musica e ArtiVisive”, è insegnante di ottoni, pianoforte, armonia e improvvisazione nella scuola D.R.H Music di Ancona, lavora come musicoterapeuta nei centri per disabili “C’Era l’H” e “Applica” di Fabriano gestiti dalle Cooperative Sociali Castelvecchio e Cooss Marche.
Partecipa e organizza eventi con il comune di Jesi,  con Colab Coworking Jesi della Fondazione Cassa di Risparmio (di Jesi) in qualità di formatore e di organizattore di eventi culturali sul territorio.

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Ciao, mi chiamo Cristina, lavoro nel turismo da 30 anni e dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, per lavoro, sono tornata nelle Marche, nel mio paese, in collina, decisa a restare e far conoscere agli altri le meraviglie di questa discreta terra. 
“L’Italia in una regione”. così la definiva Guido Piovene nel suo libro “Viaggio in Italia” e non si sbagliava, infatti in pochi km di territorio troviamo di tutto: dalla costa con il suo mare e le sue spiagge di sabbia o le baie rocciose del Conero, alle affascinanti montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano, ricche di tradizioni e leggende, alle dolci colline con le “città balcone”, da cui godere di panorami mozzafiato!
Poi ci sono le città, ricche di arte, di storia, le chiese, quelle discrete e affascinanti romaniche, le abbazie nascoste, gli importanti santuari, come quello di Loreto, i parchi archeologici, i parchi naturali protetti, i piccoli incantevoli paesini e i borghi di collina e a completare e deliziare il tutto, l’ottimo cibo tipico di questa terra e i vini bianchi (in primis il Verdicchio) e rossi, prodotti nelle colline, a darci un po’ d’allegria.
Premesso tutto ciò, svolgo con passione il mio lavoro di guida turistica, anche in lingua francese, da 20 anni, da Ancona, a Loreto e Recanati, Jesi, Fabriano, Arcevia, Corinaldo, Numana, Sirolo, e tutto il territorio della provincia di Ancona, compresi i musei o le raccolte d’arte sparse nel territorio un po’ ovunque.
Collaboro anche con i Traghettatori del Conero e in estate potrete approfittare di un’escursione in barca per ammirare dal mare, delle bellezze della riviera del Conero.
Infine, da alcuni anni, sono anche istruttore guida in italiano, alle Grotte di Frasassi, tra i complessi ipogei più belli al mondo.

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