La chiesa di San Zaccaria (poco distante da Piazza San Marco) venne fondata nel IX secolo, in occasione del trasferimento della sede del governo ducale da Malamocco (odierno Lido) a Rivoalto (futura Venezia), da parte del doge Angelo Partecipazio, il quale fece aggiungere un monastero di monache benedettine riservato al patriziato.

Nell’anno 1105 un terribile incendio lo distrusse interamente, insieme a parte della chiesa, e si racconta che morirono asfissiate più di cento monache, che si erano rifugiate nella cripta ancor oggi esistente sotto l’altare maggiore.
Nell’855 aveva trovato ospitalità in questo convento papa Benedetto III, e per gratitudine alle suore il Pontefice fece loro molti doni, tra cui le reliquie di San Pancrazio e di Santa Sabina.

Si fissò la consuetudine che nel giorno 13 settembre, anniversario della consacrazione della chiesa, il Doge si recasse con la Signoria a far visita a questa chiesa. La visita del doge a San Zaccaria è una delle cerimonie più antiche di Venezia e fu proprio in occasione di una di queste visite (nell’anno 864) che la badessa Agostina Morosini regalò al Doge Pietro Tradonico quel curioso copricapo che prese il nome di “corno ducale”.

Quel copricapo era interamente trapuntato di fili d’oro e adornato di 24 perle, un grosso rubino ed una croce formata da 28 smeraldi e 12 brillanti. Il cappello era talmente prezioso che veniva chiamato zoia (cioè “gioia” o “gioiello”).
Il monastero di San Zaccaria accoglieva le fanciulle delle più ricche e nobili famiglie veneziane, e come è facile immaginare non erano tutte qui per vocazione (era infatti consuetudine far sposare solo la primogenita, mentre le altre figlie venivano mandate in convento per non frazionare l’eredità). Feste e divertimenti non mancavano per queste suore che avevano trasformato il loro parlatoio in un elegante salotto, sede di concerti e spettacoli vari, con un continuo “pellegrinaggio” di giovani cavalieri mascherati…

In ogni caso, all’inizio del Quattrocento, la chiesa risulta troppo piccola e si delibera per costruirne una più grande, ma invece di abbattere la vecchia per edificare la nuova, come era uso fare all’epoca, la nuova chiesa venne costruita a fianco, utilizzando una navata della vecchia!
La facciata, iniziata da Gambello, fu poi terminata da Mauro Codussi.

Il campo di fronte alla chiesa (a Venezia le «piazze» si chiamano «campi») era considerato proprietà privata e di notte venivano chiusi i due ingressi (sono ancora visibili le cerniere delle porte).
All’interno della chiesa troviamo una pletora di quadri e pale d’altare, ma l’occhio è inesorabilemente attratto dal capolavoro che adorna il lato sinistro (per chi entra dall’ingresso principale).
Si tratta della “Madonna in trono con bambino e santi” del Bellini, raffigurante la Vergine col Bambino e Santa Caterina, San Pietro, Santa Lucia, San Gerolamo.
In quest’opera Giovanni Bellini raccoglie l’eredità del plasticismo metafisico di Piero della Francesca e il realismo umano di Antonello da Messina, viene inoltre influenzato dal cognato Andrea Mantegna, che lo fa entrare in contatto con le innovazioni del Rinascimento, mentre da suo padre Jacopo aveva imparato il cromatismo tipico dei Veneti.
Il risultato di tutte queste influenze lo farà diventare il padre del cosiddetto tonalismo veneto e di tutta la più famosa pittura veneziana. Sarà infatti lui ad aprire la strada ai vari Giorgione, Tiziano, Veronese.
Il Bellini dipinse questa pala quando aveva 73 anni.
La pala era stata portata via da Napoleone, poi fortunatamente restituita e rimessa nella sua collocazione originale, dove possiamo ancor oggi ammirarla.

Walter Fano, nato da padre piemontese e madre veneta, ha vissuto per lo più tra Torino, Milano e Venezia, ma è in quest’ultima che si sente a “casa”. Appassionato di storia dell’arte decide di diventare guida turistica, ma con un’impronta meno accademica e più narrativa (le date e i nomi si dimenticano facilmente, le storie no). Crea l’associazione “L’altra Venezia” con l’intento di mostrare ai viaggiatori più sensibili e curiosi una Venezia meno turistica e più autentica.
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