Torino e oltre – Palazzo Barolo

I turisti che affollano le piazze auliche di Torino e che passeggiano sotto i portici del centro, quando ritornano a casa portano con sé le fotografie scattate a Palazzo Reale, a Palazzo Carignano e a Palazzo Madama; hanno negli occhi le luci e le ombre delle chiese di San Lorenzo o della Consolata e di quell’architettura così uniforme che caratterizza la città. E’ il trionfo del Barocco, lo stile scelto dai Savoia per riplasmare la città, che dal 1563 era divenuta la nuova capitale del Ducato. Meno conosciuto rispetto agli altri, ubicato nel cuore del cosiddetto Quadrilatero Romano, c’è il Palazzo Barolo.

Particolari rococò a Palazzo Barolo

Costruito a partire dal 1648 per volere del conte Carlo Amedeo Provana di Druent, è un esempio di palazzo nobiliare sobrio in esterno, ma ricco di capolavori nelle sue numerose stanze, sia al piano terra che al primo piano nobile.

Giulia di Barolo

Nel 1692 il conte Ottavio, meglio conosciuto come “Monsù Druent” acquistò dei terreni attorno al palazzo ed ingrandì il progetto paterno. “Monsù Druent” aveva un’unica figlia, Elena Matilde, che nel 1695 andò in sposa a Gerolamo IV Gabriele Falletti Barolo. Durante il ballo che aveva seguito la cerimonia nuziale, lo scalone interno del palazzo crollò e la collana che la duchessa Anna d’ Orleans aveva prestato alla sposa andò smarrita.

Nonostante il ritrovamento tra le macerie, il matrimonio era cominciato sotto i peggiori auspici. Infatti Monsù Druent, nel 1701, richiamò la figlia a Palazzo, perché non era riuscito a pagare la dote alla famiglia Falletti Barolo. Elena Matilde cadde in depressione, era lontana dal marito e dai suoi quattro figli e così, un freddo giorno di febbraio, si gettò da una finestra del palazzo. Ancora oggi, guardando i putti che decorano le finestre della facciata del primo piano, ce ne sono alcuni che piangono, perché hanno assistito al tragico epilogo di Elena Matilde. Dopo la morte di Monsù Druent, il palazzo passerà ad Ottavio Giuseppe di Falletti Barolo, primogenito di Elena Matilde e di Gabriele,  che commissionerà all’architetto di corte Benedetto Alfieri diversi interventi di completamento e restauro. Le decorazioni settecentesche saranno in parte distrutte quando nel 1906 una parte del palazzo verrà abbattuta per permettere l’allargamento della sottostante via Corte d’Appello. L’ultimo marchese di Falletti Barolo, Carlo Tancredi, sposò nel 1807 Giulia Vittorina Colbert di Maulévrier, conosciuta a Torino come Giulia di Barolo. E’ proprio grazie a lei se oggi possiamo godere di un buon bicchiere di vino Barolo. Infatti i marchesi avevano diverse tenute nelle Langhe, retaggio dei possedimenti acquisiti dalla famiglia nel medioevo. Durante i soggiorni nel castello di Barolo, Giulia decise di chiamare un noto enologo francese per vinificare le uve nebbiolo tipiche della zona. Ad inizio Ottocento in Piemonte il vino non veniva invecchiato e la fermentazione era fatta in tini aperti. I Francesi invece avevano già messo a punto delle tecniche di vinificazione ben più raffinate delle nostre. E’ così che dalle uve nebbiolo maturate sotto il sole langarolo, nacque il “Re dei vini e il vino dei Re”. Fu proprio Giulia a voler dare il nome del villaggio al suo vino. Di solito i vini portano il nome del vitigno, come per esempio il dolcetto o la freisa. Si narra che il re Carlo Alberto, avendo sentito parlare di quanto il vino della marchesa fosse speciale, si fosse lamentato con Giulia perché ancora non aveva avuto occasione di assaggiarne un bicchiere. Giulia allora inviò al re 325 “carrà”, ovvero botti da 6 ettolitri l’una di pregiato Barolo: un carrà per ogni giorno dell’anno, salvo i 40 giorni di Quaresima. Carlo Alberto si inebriò di quel vino e acquistò delle terre a Verduno e a Pollenzo per produrre lui stesso il Barolo.  La fama dei marchesi andò oltre il vino, naturalmente. Carlo divenne sindaco di Torino nel 1826-27. Fece costruire a sue spese il Cimitero, l’attuale Monumentale, e portò l’illuminazione a gas nelle strade della città. Nel 1834 Silvio Pellico fu assunto presso i marchesi come bibliotecario e visse nel palazzo fino al 1854, anno della sua morte. Durante la visita del palazzo si entra nelle camere che lo hanno ospitato.

La stanza di Giulia di Barolo
La stanza di Silvio Pellico

Ci sono ancora gli arredi originali, dal letto a baldacchino al pregadio appartenuto ancora ai Provana di Druent. La coppia è famosa ancora oggi per le opere di carità in favore dei più deboli, come gli orfani, ma anche lo spendersi in prima persona per i carcerati . Durante gli ultimi anni di vita, ormai vedova da tempo, la marchesa occupò le stanze a piano terra, perché il resto del palazzo era occupato dall’ Istituto delle Famiglie d’Operaie e da un asilo infantile.  Nel 1864, anno della morte della marchesa,  tutto il patrimonio della famiglia andò all’Opera Pia Barolo.

La visita del palazzo è una sorpresa per i più. Nelle sale a pianterreno si scopre come Monsù Druent avesse un gusto molto raffinato e come la scelta di pittori così diversi tra loro abbia dato ad ogni ambiente una propria personalità. Da ricordare tra tutti il soffitto dipinto dal Lombardo Stefano Maria Legnani detto il Legnanino; era così sublime che attirò subito l’attenzione dei Savoia-Carignano che lo assunsero per affrescare il proprio palazzo.

Il soffitto di Palazzo Barolo

Un maestoso scalone a tenaglia conduce al Piano Nobile, dove un susseguirsi di artisti hanno decorato gli ambienti tra il Seicento e l’Ottocento.

Il soffitto dello scalone di Palazzo Barolo

Nel Salone centrale un luminoso affresco rappresenta il trionfo di Enea, mentre alle pareti i ritratti dei Provana e dei Falletti che hanno vissuto e fatto vivere il palazzo.

Il salone centrale di Palazzo Barolo

Oltre agli appartamenti di Silvio Pellico, anche quelli degli ultimi Marchesi, in stile neo-classico, il salotto cinese e la sala Mozart.

Il salotto cinese di Palazzo Barolo

Nel 1771 un giovanissimo Wolfgang Amedeus Mozart, accompagnato dal padre Leopold, soggiornò a Torino per qualche tempo presso l’Osteria della Dogana Nuova ( oggi Hotel Dogana Vecchia). Il musicista sperava di trovare un mecenate alla corte dei Savoia, ma ciò non accadde. Prima di lasciare la città, Mozart fu forse ospitato a Palazzo Barolo, dove poté esibirsi.  Il legame del palazzo con la musica è proseguito in modo continuativo fino ai giorni nostri. E’ proprio nelle sue sale che il maestro Ezio Bosso veniva ospitato durante i suoi soggiorni nella natia Torino. E qui suonava il suo pianoforte, regalando dei momenti indimenticabili ai visitatori.


Ciao, sono Donatella. Avete sentito dire che Torino è una città industriale, grigia? O che in Piemonte non c’è molto da vedere, salvo le montagne? Allora il mio obiettivo sarà quello di farvi innamorare del mio territorio, non solo con gli articoli che scrivo, ma anche con delle visite pensate ad hoc per ogni esigenza. Mi piacciono la storia, l’arte, l’enogastronomia, le curiosità legate alla mia Regione e le lingue. È per me fantastico lavorare con turisti di altre Regioni d’Italia e con stranieri. Soprattutto quando tornano a casa con un po’ di Piemonte nel cuore.
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