Per chi dalla Francia valica il Passo del Moncenisio o quello del Monginevro, la prima città che incontra è Susa.

Le origini sono antichissime: prima della romanizzazione della Valle di Susa qui abitavano delle popolazioni celto-liguri che, nel periodo in cui a Roma regnava Giulio Cesare, rispondevano al re Donno. In epoca augustea, più precisamente nel 13 a.C., l’imperatore romano strinse un trattato di amicizia con Cozio, figlio di Donno e nel 8-9 a.C. , a ricordo perenne di questo patto, sul punto più alto di “Segusium”, venne costruito un arco, sotto il quale passava la via delle Gallie. Il fregio è costituito da un bassorilievo che, su i lati nord e sud, rappresenta la cerimonia del “Suovetaurilia”, ovvero il sacrificio su di un’ara di tre animali: un suino, un ovino ed un toro, a sancire l’alleanza tra i Romani e le 14 tribù di Cozio.

L’arco inquadra magicamente il monte Rocciamelone (3538 Mt), la montagna sacra della Valle, scalata, per la prima volta, da Bonifacio Rotario nel 1358 che, per sciogliere un voto fatto, portò lassù un magnifico trittico di fattura fiamminga . Oggi il “trittico del Rocciamelone” si trova al Museo Diocesano di Susa, presso la chiesa della Madonna della Pace, conosciuta da tutti come la Chiesa della Madonna del Ponte, perché situata a fianco del ponte sulla Dora Riparia. Il primo documento che la menziona data del 1250, anche se la facciata attuale, così come il campanile con copertura “a cipolla”, sono di epoca barocca. Era conosciuta dalle popolazioni locali perché era un santuario “à répit”. Qui si portavano i bambini nati morti e si chiedeva alla Madonna di far respirare, di riportare in vita il corpicino, il tempo necessario per somministrare il battesimo ed evitare che l’anima dell’infante finisse nel limbo o che vagasse perseguitando i vivi. Sull’altare c’era la statua lignea della Madonna con il Bambino databile al XII secolo, ora anch’essa conservata nel Museo, insieme ad altri Tesori della cultura artistica e religiosa di questa parte delle Alpi. La Chiesa della Madonna del Ponte si raggiunge facilmente dopo aver percorso la commerciale via Roma dal parcheggio di Piazza della Repubblica.

Il cuore antico di Susa comincia da Piazza de Bartolomei. Qui è visibile il basamento di una delle tre porte romane della città: Porta Piemonte o delle Mercerie. Le Porte, così come le mura, furono costruite nel III secolo, quando le prime popolazioni barbariche cominciarono ad invadere il territorio. La città non rispecchiava il castrum romano, perché preesistente alla romanizzazione. Dunque la sua pianta era triangolare, anziché quadrata. Costruita sulla porta, un’antica casa medievale dove ebbe i suoi natali Enrico de Bartolomei (ca 1210- 1271) giureconsulto autore del trattato la “Summa Aurea” e citato nel XII canto del Paradiso di Dante Alighieri, col nome di “L’Ostiense”, in quanto vescovo di Ostia.
Percorrendo via Francesco Rolando si raggiunge la cattedrale di San Giusto. La prima cosa che ci colpisce è il campanile, alto 50 metri, romanico , ma con interventi gotici Quattrocenteschi. La prima chiesa fu consacrata nel 1027 e la sua fondazione si deve ad Olderico Manfredi, marchese di Torino. La figlia di Olderico, Adelaide, sposò in terze nozze Oddone di Savoia, figlio del conte Biancamano, capostipite della dinastia sabauda. E’ da questo matrimonio che comincia la storia dei Savoia in Piemonte. All’interno della cattedrale una statua lignea del Cinquecento, raffigurante la Maddalena, è identificata, dalla popolazione locale, come Adelaide.

Di notevole pregio sono il trittico del tardo Quattrocento raffigurante la Madonna con il Bambino e i Santi Ugo di Lincoln e di Grenoble, il coro ligneo del 1330 ca. e la fonte battesimale in pietra verde di periodo preromanico.
In esterno la facciata principale è a capanna e poggia sulla Porta Savoia , splendido esempio di architettura romana, con due torri a pianta circolare, ribassate nel periodo napoleonico, un interturrio a più piani ed un solo fornice. La porta, così maestosa, è rappresentata nello stemma della città di Susa.
Il Foro si trovava fuori dalle mura e dalla Porta. Oggi sono visibili solo alcuni resti delle fondamenta del tempio a nord della Piazza Italia. Percorrendo via dell’Impero Romano si giunge all’arco e al Castello il cui antico ingresso era possibile attraverso la terza porta romana, chiamata appunto Porta Castello. La costruzione attuale è Settecentesca, riplasmata così dai Savoia per ospitare gli invitati al matrimonio di Vittorio Amedeo III con Maria Antonia di Borbone Spagna, celebratosi ad Oulx nel 1750, ma è ancora visibile sul lato est una porzione di castello medievale, con una bella bertesca con caditoie sopra al portale di ingresso. Nel cortile e nell’interno resti romani. Si pensa che qui ci fosse la sede del Procuratore romano, quando la dinastia dei Cozio e dei Donno si estinse ( 65 d.C.).

In prossimità del Castello, l’acquedotto romano, chiamato “Terme Graziane” fu costruito su una massa rocciosa dove è ancora possibile vedere delle incisioni rupestri, dette “coppelle” ed un pozzo scavato dai Celti. E’ qui, sul punto più alto, che i Druidi facevano i loro rituali, utilizzando forse le rocce come altare e il pozzo per le abluzioni.


Una breve passeggiata,costeggiando muri a secco che nascondono orti, ci porta all’anfiteatro romano, uno dei più piccoli esistenti: un ellisse di 45 x 37 metri. Qui, ancora oggi, si svolgono spettacoli: il Palio di Susa, la manifestazione folclorica chiamata La Castagna d’Oro, ed anche alcuni spettacoli di Gladiatori.
Ritornando nel cuore di Susa, è curioso andare a scoprire la chiesa di Santa Maria Maggiore. Coeva della Cattedrale, ma dipendente dalla prevostura di Oulx fino al 1749, quando passò ai canonici di San Giusto. Questi ultimi, da sempre rivali con gli agostiniani di Santa Maria, sconsacrarono la chiesa che da allora divenne un’abitazione privata. Uno strano simbolo è ancora visibile sul campanile: una forchetta ! Qualcuno dice che riveli l’esistenza di un antico tempio dedicato a Nettuno . Tesi mai dimostrata.
Santa Maria Maggiore Campanile di San Giusto
Di notevole valore la chiesa di San Francesco, con i suoi antichi affreschi. Quelli Quattrocenteschi ad opera della famiglia Serra, oppure quelli Trecenteschi tra i quali spicca la predica dei Vivi e dei Morti, tema caro nelle chiese della Valle. La chiesa conserva due chiostri : quello di S. Antonio e quello di San Francesco. Qui c’è un’epigrafe che ricorda l’inquisitore Pietro da Ruffia, misteriosamente assassinato nel chiostro la notte del 2 febbraio 1365.
In via Palazzo di Città la residenza della famiglia Buttis è oggi sede del Municipio . Nel cortile, dove in epoca romana c’erano le terme e, nel Medioevo dei forni, oggi c’è un teatro di periodo risorgimentale (attualmente in restauro). Sotto i portici un’immagine sindonica. Si tratta di un affresco che rappresenta l’ostensione della Sindone. Forse un omaggio al passaggio del Sacro Lino quando nel 1578 fu trasferito da Chambery a Torino.
Il tour può concludersi con una merenda. A Susa non c’è che l’imbarazzo della scelta. Le specialità sono tante: la più conosciuta è la focaccia, fatta con ingredienti semplici, ma segretissima la lavorazione. Il risultato è sorprendente: morbida, sottile e con tanto zucchero cristallizzato in superficie. E’ ottima se lasciata un po’ al caldo, per far fondere lo zucchero. Un’altra specialità è Il Pane della Marchesa, con nocciole, mandorle e gocce di cioccolato.
Se invece siete per il salato, allora consiglio una degustazione di vini locali come i rossi ottenuti dai vitigni Avanà e Bicuet o il bianco da vitigno Baratuciat. Il tutto accompagnato da salumi e formaggi di latte vaccino o di capra.
Ciao, sono Donatella. Avete sentito dire che Torino è una città industriale, grigia? O che in Piemonte non c’è molto da vedere, salvo le montagne? Allora il mio obiettivo sarà quello di farvi innamorare del mio territorio, non solo con gli articoli che scrivo, ma anche con delle visite pensate ad hoc per ogni esigenza. Mi piacciono la storia, l’arte, l’enogastronomia, le curiosità legate alla mia Regione e le lingue. È per me fantastico lavorare con turisti di altre Regioni d’Italia e con stranieri. Soprattutto quando tornano a casa con un po’ di Piemonte nel cuore.
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