Valle d’Aosta: uno scrigno da scoprire – L’affascinante Santuario di Notre-Dame-des-Neiges di Machaby

Le cappelle e i santuari dedicati alla Madonna in Valle d’Aosta sono innumerevoli, così come le processioni devozionali in Suo onore che ogni anno, nella bella stagione, richiamano moltissimi fedeli. Il suggestivo Santuario di Notre-Dame-des-Neiges si trova a 696 metri di altitudine nel vallone di Machaby, non lontano dall’abitato di Arnad (Aosta), raggiungibile attraverso un’antica mulattiera lastricata all’ombra di rigogliosi e secolari boschi di castagno.

Il santuario immerso nei secolari boschi di castagno
Il Santuario di Machaby e la sua fantastica cornice paesaggistica

L’origine del culto della Madonna delle Nevi si riferisce al fatto miracoloso avvenuto a Roma il 5 agosto dell’anno 352 quando una notte, sul Colle Esquilino, la Vergine Maria apparve durante un’insolita nevicata estiva nel luogo dove venne poi costruita l’attuale basilica di Santa Maria Maggiore.

Il Santuario di Machaby
La vista panoramica verso la batteria Machaby

Il Santuario, di origini cinquecentesche o forse anche anteriori, è stato più volte ampliato e trasformato nei secoli successivi e interamente ricostruito e ingrandito nel 1687, come riporta la data sull’architrave sulla porta d’ingresso, vista la grande affluenza di visitatori. L’edificio è a tre navate suddivise da colonne in pietra e da due pilastri in prossimità dell’altare maggiore (XVII secolo) in muratura con marmo, dove un tempo era esposta una statua seicentesca raffigurante la Madonna, definita dallo studioso Bruno Orlandoni “uno dei maggiori capolavori della scultura barocca in Valle d’Aosta”, ora conservata nella chiesa parrocchiale di San Martino ad Arnad. La navata centrale è ornata da diversi medaglioni, mentre il presbiterio presenta una volta a cupola affrescata nel 1856 dai pittori Alessandro, Augusto ed Antonio Artari, tra i protagonisti dell’arte sacra in Valle d’Aosta nella seconda metà del XIX secolo, raffigurante la Vergine con la croce, lo Sposalizio, la Presentazione al tempio, la Visitazione e la Natività.

Il presbiterio affrescato

Le pareti interne sono quasi completamente ricoperte da ex voto, tra cui un gran numero di stampelle.

In un corpo separato, dietro l’edificio sacro, sono affrescati all’interno di 15 edicole i “Misteri del Rosario”, ormai appena leggibili.

Nel piazzale antistante vi sono una croce in pietra ollare e le statue litiche (XVII secolo) di San Grato (priva della testa del Battista in mano) e di San Girolamo nella nicchia del muro, mentre in prossimità del sagrato si trovano due grandi edifici costruiti nel XIX secolo per accogliere e ospitare i pellegrini, come la casa denominata “palah” in grado di ospitare fino a 400 persone.

Vicino al campanile si può ammirare un esemplare di Paulownia tomentosa, un albero ornamentale d’origine asiatica che in tarda primavera inonda l’ambiente di profumo con la sua bellissima chioma color lilla. La pianta è conosciuta anche come “Kiri” o “albero dell’imperatrice”, in onore della principessa Anna Pavlovnia figlia dello zar Paolo I di Russia. In Giappone vi era l’usanza di piantare l’albero alla nascita delle figlie femmine poiché, crescendo molto rapidamente, poteva accompagnare l’infanzia delle bambine sino al matrimonio, quando veniva tagliato e utilizzato per produrre strumenti musicali e i mobili per la dote della sposa. Questa pianta è portatrice di felicità e fortuna e assorbe l’anidride carbonica fino a dieci volte di più rispetto agli altri alberi.

Paulownia tomentosa

Si narra che il Santuario sia stato edificato sul luogo in cui fu rinvenuta una statua lignea della Madonna: secondo tale leggenda, i pastori che l’avevano trovata nel bosco, sul ciglio della rupe, la sistemarono subito nell’oratorio del villaggio sovrastante ma, miracolosamente, il giorno dopo, la scultura era di nuovo nel medesimo cespuglio, come a voler indicare il punto prescelto per la costruzione del sacro edificio. Un’altra leggenda narra che nei pressi di Machaby esistesse una caverna dove una strega malvagia imprigionava le sue vittime: l’ultima fanciulla rapita esortò gli altri reclusi a rivolgersi alla Signora delle Nevi che si manifestò indicando loro uno spiraglio di luce proveniente da una fessura dove la pietra si sgretolava facilmente, aiutandoli a fuggire. Da quel giorno si celebra ogni anno, il 5 agosto o alla vigilia, la festa per la Madonna miracolosa con una processione in suo onore seguita dalla Santa Messa con pellegrini provenienti anche da luoghi lontani.

In passato vi era l’usanza di portare a benedire i bambini e i neonati in pericolo di vita per salvarli e, data l’affluenza, venne costruito un porticato per proteggere le madri e i figli dalle intemperie mentre attendevano il proprio turno per ricevere la benedizione.

Il porticato affrescato

Machaby era inoltre un noto “santuario a répit“, un luogo dove venivano portati i bimbi nati morti (e quindi destinati secondo il credo del tempo al limbo), nella speranza di ottenere un effimero segno di vita o un labile respiro che permettesse di impartire loro il battesimo per farli accedere al Paradiso. Vi era inoltre l’usanza di seppellire in una tomba alle dipendenze dell’edificio i feti messi alla luce in seguito ad un aborto, pratica che venne vietata dal Sotto-Prefetto Neyrat nel 1883 nel timore che venissero occultati i reati di aborto procurato e di infanticidio: il sentimento popolare era talmente forte da sfidare l’autorità pubblica e una donna venne persino arrestata.

Lo scivolo delle donne e i riti preistorici della fertilità

Questo importante luogo di devozione è stato frequentato sin dal passato come testimoniano le incisioni rupestri d’origine neolitica impresse sulle rocce montonate, simboli legati ad antichi culti e rituali come l’arco e le coppelle, piccole cavità (ancora dal significato poco chiaro) ricavate dall’uomo sulla superficie delle rocce poste solitamente in posizione panoramica o dominante.

L’incisione rupestre a forma di arco

Nelle vicinanze è inoltre presente il misterioso scivolo delle donne detto la “guiata”, ossia una pietra inclinata, levigata dalle numerose discese, usata come pratica propiziatoria per la fertilità femminile.

Lo scivolo delle donne

Si tratta di pietre d’origine naturale o megalitica (rocce montonate, massi erratici, menhir…) utilizzate per i riti preistorici della fecondità, secondo i quali l’atto di scivolare al di sopra permetterebbe di guarire o prevenire la sterilità. La caratteristica principale di tutti gli scivoli è la posizione, si trovano infatti sempre in località strategicamente rialzate e risalgono presumibilmente alla tarda età del bronzo (1200-1000 a.C. circa). Essi sono presenti in quasi tutto l’arco alpino e vengono chiamati in modi diversi, come ad esempio pierre à glissadepierre écriante in francese e Rutschstein o Kindlistein in tedesco. In Valle d’Aosta, oltre a quello di Machaby, se ne possono trovare anche in località Ussel di Châtillon, nel geosito archeologico di Bard o ancora a Pontey e a Châtillonet (Challand-Saint-Anselme) nei pressi della cappella di Sant’Anna, non a caso protettrice delle madri e delle partorienti.

Ma perché proprio le pietre? Per l’uomo primitivo la durezza, la potenza e la permanenza della materia rappresentavano una rivelazione del divino poiché la roccia perdura nel tempo e non muore mai, trascendendo la precarietà e la fragilità dell’esistenza umana. La pietra era anche vista come elemento fallico che fuoriesce dalla madre terra e il contatto poteva quindi favorire la fertilità, propiziando una gravidanza, e quindi dare la vita. L’usanza della scivolata per procreare era molto praticata nei riti celtici e alcune di queste pietre furono inglobate nelle chiese per eliminare il culto precristiano, come il “ròch dla vita” (sasso della vita o masso di Eusebio) ad Oropa (Biella). Un caso eclatante è quello di Londra: ancora nel 1923 le contadine che andavano nella capitale abbracciavano alcune colonne della cattedrale di San Paolo per avere figli.

Il villaggio di Machaby e i dintorni

Poco più a monte del Santuario si raggiunge un’ampia sella dov’è adagiato il piccolo e caratteristico villaggio di Machaby, oggi abitato solo stagionalmente, ma che poco più di mezzo secolo fa aveva ancora la scuola. Nei dintorni, a 717 metri, sorgono l’ottocentesca Caserma Tenente Lucini, costruita per rinforzare il Forte di Bard che presidiava la rocca nel fondovalle nel XVII secolo e una comoda strada militare che, con ampi tornanti, conduce ai resti della Batteria Machaby in cui si riconoscono ancora le postazioni delle artiglierie a cielo aperto. Era dotata di 6 cannoni da 149 G e serviva ad impedire alle truppe nemiche di aggirare il Forte di Bard sul suo fianco più debole, quello destro. I buoni camminatori possono proseguire ancora, attraversando una delle rare faggete della regione, fino ai ruderi di altre postazioni militari alla Tête de Cou e da lì scendere direttamente a Bard e rientrare con un percorso ad anello. A inizio giugno i più allenati potranno salire fino al Col Fenêtre, a 1.673 metri di quota, per godere delle meravigliose fioriture della rara peonia selvatica e scendere infine a Perloz.

La Peonia Selvatica

Il Forte di Machaby venne acquistato nel febbraio del 1968 dal comune di Arnad e dopo un accurato restauro, conclusosi nel 2010, è stato trasformato in ostello e ristorante.

Il famoso Lard d’Arnad, l’unico lardo D.O.P. europeo

La zona di Arnad è famosa per la produzione del “Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP, un prodotto gustoso di salumeria, sottoposto ad un procedimento di stagionatura con sale, spezie e aromi che lo rende unico nel suo genere.

Il lard d’arnad dop

Dal 1996 è l’unico lardo d’Europa certificato D.O.P. (a denominazione d’origine protetta) e si ottiene dalla lavorazione del solo spallotto di maiali di peso superiore ai due quintali provenienti da allevamenti della Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Adeguatamente sgrassato e successivamente squadrato, viene posto a maturare nei “doils”, antichi recipienti in legno di castagno o di rovere, all’interno dei quali, agli strati di lardo sovrapposti fino a riempimento, si alterna una miscela composta da sale, acqua, spezie, aromi naturali ed erbe aromatiche di montagna. Qui il lardo viene lasciato a stagionare per almeno tre mesi e durante questo processo assume il profumo e le tanto apprezzate caratteristiche organolettiche che lo contraddistinguono. Ogni fetta è bianca al taglio, dal cuore leggermente rosato, si scioglie in bocca lasciando al palato un sapore gradevolmente dolce e raffinato. L’ultimo weekend di agosto si svolge la “Féhta dou lar”, tre giorni di celebrazioni per rendere omaggio a questa eccellenza culinaria di Arnad, denominato appunto le “Pays du lard”.

Valle d’Aosta Lard d’Arnad DOP in stagionatura nei doils

Vi svelo una “ricetta” semplicissima per preparare il gustoso “Bocon du diable”: adagiate le fette sottili di lardo sui crostoni di pane nero di segale (potete anche abbrustolirli in una teglia con l’aglio), spalmate sopra il miele di montagna e aggiungete al tagliere qualche golosa castagna… Mmm… da leccarsi i baffi!

Il bocon du diable

Ciao a tutti, mi chiamo Caterina e sono giornalista, accompagnatrice turistica e guida museale. Nel tempo libero mi dedico alle altre mie passioni: l’arte, i viaggi e la promozione della mia amata regione, la Valle d’Aosta, un piccolo scrigno tutto da scoprire! Seguite i miei consigli per conoscere le curiosità e le meraviglie custodite tra le montagne più alte d’Europa. Siete pronti a partire?
Non esitate a contattarmi: libellulatour@gmail.com

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