Ho fatto una parentesi motoristica, ma ora torniamo in tema e parliamo di cibo. Dopo aver parlato di pane non possiamo non parlare di salumi, dato che di fatto sono considerati un matrimonio perfetto. Ma è sempre stato così? Dipende.

Andiamo con ordine e partiamo dalle origini. I salumi, ovvero l’arte e la cultura di conservare carne sotto sale, è molto antica e probabilmente ha avuto origine dalle popolazioni celtiche. Quantomeno sono state loro ad affinarne la tecnica, soprattutto riguardo ai salumi porcini. I celti erano probabilmente molto ghiotti di carne di maiale, infatti non è un caso che nei fumetti di Asterix si banchetti sempre con enormi cinghiali arrosto cacciati nelle foreste attorno al villaggio.

Quando i celti entrarono in Italia e colonizzarono le regioni settentrionali introdussero anche le loro tradizioni gastronomiche, inclusa la conservazione della carne di maiale sotto sale. Nella mia regione i Celti colonizzeranno tutta l’Emilia fino a Bologna (una delle ipotesi del nome Bononia è che significasse “terra dei Boi”, la tribù celtica che dominava la regione). All’arrivo dei romani i celti vengono sconfitti militarmente, ma non sterminati, quindi continueranno a preparare le loro carni salate che saranno apprezzate anche dalle popolazioni latine.

Loro avranno una predilezione per il perex suctum, ovvero il prosciutto (l’etimologia è in realtà incerta, ma questa è la tesi più accreditata). Cosce di maiale conservate sotto sale. Ne parlano già testi latini dei II secolo aC. Le saline di Salsomaggiore erano già usate per ottenere il sale così prezioso per la conservazione del cibo.
I secoli passano e l’Impero Romano d’occidente collassa: l’Emilia rimane una terra spopolata dove i boschi diventano sempre più fitti e rigogliosi. Terreni incolti e con popolazioni ridotte all’osso, ma boschi ricchi di ghiande e radici: il terreno perfetto per pascolare i maiali, che infatti prosperano e si riproducono. Per tutto il Medioevo il maiale diventerà una delle risorse economiche più importanti, tanto che la superfice boschiva era misurata in numero di maiali che vi si potevano pascolare.
Intanto era avvenuto anche un importane cambio culturale: l’arrivo delle popolazioni germaniche. Per i romani infatti la base dell’alimentazione era l’agricoltura, quindi l’allevamento era tenuto in bassa considerazione. Per i goti o per i longobardi invece la base dell’alimentazione era la carne, soprattutto di grandi animali come lo erano anche i maiali: un buon capo di stirpe germanica doveva mangiare grandi quantità di carne.
Anche nel basso Medioevo, quando la quantità non è più considerata sinonimo di ricchezza, ma diventa importante la qualità e soprattutto la rarità, la carne avrà un ruolo dominante in tutti i banchetti. I ricchi però mangiavano il prosciutto? Se ne guardavano bene! Non avreste mai trovato in un banchetto medievale di alta classe un vassoio di salumi affettati: i ricchi si potevano permettere di mangiare sempre carne fresca cucinata in diverse maniere. Il prosciutto era roba da contadini! La cucina medievale vuole piatti elaborati. Una parola rispunta sempre: artificio. Il prosciutto è banale.
Ci sono però delle eccezioni, ovvero i salumi che si prestano ad elaborazioni. Quindi una fetta di prosciutto sarebbe stata volgare, ma un prosciutto cotto nel vino, poi affettato e servito spolverato con spezie (e magari zucchero) era un altro discorso e sarebbe stato adatto anche alla tavola di un ricco signore. Servizi e cotture che adesso farebbero inorridire il nostro palato, ma che non si sono completamente estinti. A Ferrara infatti troviamo la Salama da Sugo, un insaccato che viene poi lessato (c’è chi lo cuoce nel vino) e infine servito caldo.
Anche a Modena abbiamo due salumi che non avrebbero sfigurato nelle tavole signorili medievali: il cotechino e lo zampone. Gli impasti sono sostanzialmente simili, ma il cotechino è chiuso dentro al budello, mentre per lo zampone si usa il piede del maiale. Sull’origine dello zampone si narra una storia: sembra che fu inventato a Mirandola all’inizio del XVI secolo, quando le truppe papali stavano assediando la città. A causa della carenza di generi alimentari per far fronte al problema si decise di macellare tutti i maiali presenti, ma il problema era la conservazione della carne. Per aumentare la resa si decise di svuotare la cotica delle zampe e di utilizzarle al posto dei budelli per farne degli insaccati. La cosa poi piacque e si continuò a produrli anche dopo.
Uno è però il salume di pregio del medioevo che rimane impresso se si parla di Emilia: la mortadella. Con l’industrializzazione la sua produzione è diventata semplice ed economica, ma prima del XIX secolo non era facile fare la giusta cottura e produrre una buona mortadella: solo i cuochi più abili e i “salsamentari” sapevano farla, quindi era un piatto da signori. I poveracci si accontentavano del prosciutto. Dal XVI secolo le mortadelle sono attestate nei ricettari dei grandi cuochi di corte, anche se la loro origine è probabilmente più antica (già all’epoca dei romani è documentata una “carne mortatum”). Un interessante bando del XVII secolo legifera su come e chi possa produrre a Bologna la mortadella: di fatto una DOP ante litteram.
I poveracci si accontentavano del prosciutto? No, perché “del maiale non si butta via niente”. Allora ecco che l’arte dell’insaccato nei secoli vede spuntare coppe, salami e pancette di varia foggia e dimensione. A carne finemente tritata, a carne stesa, affumicati (ma questi in Emilia si sono perduti), ingentiliti da spezie e vino nell’impasto, insaccati o solamente salati, cotti e crudi. Solo contando DOP e IGP la nostra regione annovera 14 salumi: Salame Felino, Salame Piacentino, Salame Cremona, Salamino alla Cacciatora, Coppa Piacentina, Coppa di Parma, Pancetta Piacentina, Culatello di Zibello, Prosciutto di Parma, Prosciutto di Modena, Mortadella Bologna, Salama da Sugo, Cotechino Modena, Zampone Modena.
Ce ne sono poi di meno noti, come la Mariola presidio Slow Food. Come dimenticare poi i ciccioli, pezzetti di carne e grasso sodo, cotti nello strutto e poi pressati. Se poco pressati assumono un colore bruno e la consistenza di un formaggio stagionato: ottimi da affettare e mangiare nelle tigelle. Se molto pressati diventano secchi e si sfaldano come delle chips e si mangiano spesso come stuzzichino o aperitivo. Abbiamo poi la coppa di testa, preparata sminuzzando le parti della testa bollita del maiale (anche se adesso si usano in prevalenza lingua, guancia, orecchie e altri ritagli di carne) e poi insaporita con spezie e sale: altra prelibatezza mangiata dentro le tigelle calde.

Un caso interessante è quello del culatello, un insaccato preparato solamente con uno dei muscoli della coscia del maiale. Perché rovinare un bel prosciutto per farne un altro prodotto? All’inizio fu solamente un problema ambientale. Il prosciutto di Parma (ed il suo fratello di Modena) sono prodotti solamente in aree molto ristrette della bassa collina delle rispettive province. Solo in queste zone infatti si hanno le corrette condizioni di bassa umidità e ventilazione che permettono al prosciutto di essiccarsi senza marcire. Nella modalità tradizionale infatti la fase di essicazione si fa tuttora (in inverno, ovviamente) in magazzini con finestre aperte che lascino spirare il vento della montagna emiliana. E in pianura come facciamo, quando in inverno c’è (o almeno c’era, dato che negli ultimi vent’anni è sparita) da ottobre a marzo una nebbia che si può tagliare con il coltello? È troppo umido e un prosciutto è troppo grande per essiccarsi prima di marcire. Ecco la saggezza contadina venirci in aiuto e si divideva la coscia in due tagli: il posteriore diventava un culatello, l’anteriore diventava un fiocco. Quindi se siete a Parma non stupitevi se dovete fare 40Km per visitare un produttore di prosciutto ed uno di culatello: le zone di produzione sono per forza distanti fra loro. Negli ultimi anni i gastronomi hanno poi valutato che il taglio posteriore della coscia è la parte più saporita, quindi un culatello è di solito un poco più buono di un prosciutto.

Dicevamo che gli insaccati erano un cibo da poveri, mentre adesso se entriamo al supermercato spesso i buoni salumi sono molto costosi. Se poi guardiamo pranzi di alta società o di prestigio i salumi fanno spesso bella mostra. Quand’è successo che il salame ha fatto questa scalata sociale che nemmeno Cenerentola potrebbe far di meglio? Di fatto con l’industrializzazione e potremmo affermare dal secondo dopoguerra. Quando cioè produrre insaccati è diventato facile ed economico ed al contempo sono spariti i tantissimi contadini che si facevano i salumi in casa. Quindi i salumi cotti e di facile industrializzazione sono diventati (o hanno mantenuto) il loro ruolo plebeo; contemporaneamente hanno acquistato prestigio e “nobiltà” i salumi fatti con metodi tradizionali. Il punto è sempre quello: la rarità ed esclusività del cibo messo in tavola. Un prosciutto ottenuto solo con salatura fatta a mano, da un maiale allevato brado con ghiande biologiche e siero di latte, fino all’ottocento sarebbe stata la cosa normale per un qualunque contadino emiliano: ora è una rarità e in quanto tale è adatto alle tavole signorili.
Per chiudere vi faccio notare che oggi non ho mai parlato di Romagna. Non è stato per campanilismo. In realtà anche in Romagna si preparano salumi, ma era la zona della regione che non è stata colonizzata dai celti. Se guardate la mappa dei prodotti DOP ed IGP regionali noterete che non c’è nessun salume od insaccato in Romagna. Sono passati 2000 anni, ma qualcosa nelle tradizioni è rimasto.
RICCARDO SOLI
Sono Riccardo Soli, guida turistica abilitata dalla regione Emilia-Romagna. Nato nella provincia modenese 46 anni fa e qua sempre vissuto, da alcuni anni ho trasformato una passione in una professione diventando guida e accompagnatore turistico. Lavoro tanto con i turisti stranieri che vogliono conoscere la mia regione, occupandomi in prevalenza di enogastronomia e motori: due temi che dalle nostre parti sono sicuramente molto ricchi! Amo molto anche la storia ed è bellissimo ragionare sugli intrecci che si sono susseguiti in una regione che essendo in mezzo ha visto passare praticamente tutti gli eventi e personaggi storici italiani.
Vi racconterò della mia terra, magari di qualche specialità, qualche curiosità o qualche monumento.
E-mail: riccardo@soli.info
Sito internet: www.soli.info