La Liguria è un forziere colmo di luoghi e reperti carichi di storia. Lungo la costa e nei fitti boschi dell’entroterra si nascondono siti che in tempi più o meno remoti sono stati teatro di vicende suggestive, delle quali oggi rappresentano i ricordi tangibili. Voci narranti antiche leggende e miti, il più delle volte sopravvissute alla macina del tempo in forme vagamente sfumate, quali letture parziali di verità dimenticate o simboli enigmatici ancora in attesa di risposte.
Tra le gemme più preziose di questo tesoro spicca ancora una volta l’area del Monte Beigua, la quale riveste un notevole interesse archeologico. La presenza dell’uomo è attestata in zona fin dal paleolitico inferiore, ma è nel neolitico che si ebbe il massimo sviluppo culturale preistorico: gruppi umani molto specializzati iniziarono a estrarre e lavorare i tipici serpentini verdi per produrre una vasta quantità di strumenti di ottima qualità che venivano poi esportati anche a notevoli distanze. I numerosi ritrovamenti degli ultimi decenni sembrano confermare quest’intensa frequentazione del sito, avvalorando l’ipotesi che il Beigua fosse una montagna sacra degli antichi Liguri.
Conviene sottolineare che a differenza di altre regioni, la Liguria ha subito una romanizzazione decisamente meno capillare e si è pertanto affacciata al cristianesimo ricca di antiche credenze e reminiscenze magico-religiose pre o proto-storiche. Specie nelle aree montuose più impervie, questi elementi hanno rappresentato il fertile substrato di molte tradizioni locali e contribuito all’origine di diversi toponimi che richiamano la presenza delle “faie” (le fate) e di altre creature magiche.

I siti di maggior interesse gravitano intorno alla piccola frazione di Alpicella (405 m s.l.m.), ideale punto di partenza per un ipotetico “percorso rituale” che concateni le varie emergenze archeologiche della zona. La centralità del borgo è sublimata dalla presenza dell’Esposizione Archeologica Permanente. Il museo, allestito nel 1989, ospita reperti provenienti dagli scavi archeologici eseguiti dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria in tutto il circondario del Monte Beigua e merita senz’altro una visita.
Dal piazzale antistante la Parrocchia di Sant’Antonio Abate si diramano i vari itinerari a disposizione, tutti facilmente percorribili (difficoltà Turistica o Escursionistica) e chiaramente contrassegnati da una specifica lettera o segnavia geometrico.
Seguendo il percorso D si scende in breve al riparo di “Rocca due teste”, sito ai piedi dell’abitato di Alpicella in località Fenestrelle (350 m). Scoperto casualmente nel 1977, il riparo ha restituito le tracce di un insediamento frequentato con una certa continuità dal Neolitico Medio all’Età del Bronzo, come testimoniato dal ritrovamento di frammenti fittili risalenti ai diversi periodi.
Ritornati alla piazza centrale conviene fare una veloce digressione lungo il sentiero che sale al Monte Beigua (segnavia Δ ) e raggiungere tramite una vecchia mulattiera nel bosco l’enigmatico “Nicciu du Briccu du Broxin” (485 m), singolare nicchia votiva inglobante una pietrafitta (menhir) in serpentino alta circa 2 m. Nella zona sono davvero tante le edicole votive, ma questa si distingue da tutte le altre e, nonostante le numerose indagini, il suo significato rimane ancora oggi avvolto nel mistero.

Lasciato il Nicciu du Briccu si scende nuovamente tra le case di Alpicella, questa volta per incamminarsi lungo la via Ceresa, sempre accompagnati dalle frequenti indicazioni degli itinerari N, T ed L. Superata località Ceresa (600 m) si giunge ad un primo bivio, presso il quale si tralascia la deviazione di destra (da cui provengono i sentieri N e T) per proseguire a sinistra lungo il percorso L.

Una piacevole mulattiera immersa tra i castagni conduce in poco tempo in cima alla Rocca di Sant’Anna, su cui si erge la cappella dedicata alla madre della Vergine Maria (675 m). Lo sguardo è immediatamente rapito dallo spettacolare panorama sul Mar Ligure e sulla sottostante conca di Alpicella, a tal punto da rischiare di non accorgersi di un curioso masso dal disegno irregolare, posto proprio a pochi metri dalla cappelletta. Sostenuto in posizione eretta da un’altra pietra, il masso appare rivolto verso la cima dell’antistante Monte Greppino, dietro cui sorge il sole all’alba del solstizio d’inverno. Un primo indizio a sostegno delle ipotesi che ritengono la cima di questo dirupato sperone un probabile luogo di antichi culti pagani anche astrali.


Facendo attenzione si può scendere qualche metro verso est sulle rocce sottostanti e rimanere sorpresi nello scoprire un inaspettato anfratto sotto roccia, anch’esso frequentato durante il Neolitico Medio e Superiore. Alcuni racconti popolari riportano come all’interno del riparo fosse presente fino agli inizi del secolo scorso una piccola nicchia votiva scavata nella roccia e dedicata per l’appunto a Sant’Anna. Accadde un giorno che una donna insieme al suo bambino, mentre assolvevano al compito di curare la nicchia, precipitarono accidentalmente nel dirupo sottostante, restando però entrambi miracolosamente incolumi nonostante il volo di oltre 60 metri. Per grazia ricevuta alcuni decenni dopo le famiglie di località Ceresa eressero la cappella in luogo della nicchia, che fu, purtroppo, distrutta.
L’esercizio di questo culto, limitato a un piccolo gruppo di persone anziché a tutta la popolazione locale, potrebbe configurarsi come la continuazione cristiana di una tradizione religiosa molto più antica. Si tratterebbe dell’ennesimo caso in cui il cristianesimo ha saputo sovrapporsi esorcisticamente in un luogo tradizionalmente ritenuto pagano, assorbendone le celebrazioni e inglobandone le divinità.

Dalla grotta si risale alla sterrata percorsa all’andata e, dopo averla seguita a ritroso per qualche centinaio di metri, la si abbandona definitivamente al primo incrocio per imboccare una diramazione che sale a sinistra in direzione nord-ovest. La regolare pendenza della mulattiera consente di guadagnare quota con relativa semplicità, fino al raggiungimento del crinale sul quale si ritrova una vecchia conoscenza, il sentiero triangolo rosso. Da qui l’itinerario prosegue verso destra e il cammino appare fin da subito rapsodico, procedendo in una continua alternanza tra ambienti aperti e tratti soffocati dalla fitta vegetazione che ben racconta la straordinaria eterogeneità del paesaggio.
Aggirate a sinistra le evidenti pareti rocciose del Bric Montebe, al primo bivio occorre prendere la traccia non segnata che si stacca verso destra per conquistarne la cima. Una processione di piccoli menhir ritma la progressione lungo il sentiero di cresta che conduce in vetta all’evocativo Monte Priafaia, sormontato da una grande croce (964 m).

In condizioni di cielo limpido la vista si estende dalla Corsica alle prime asperità della catena alpina, mentre alle proprie spalle si erge possente il massiccio del Monte Beigua.

Lasciata la croce di vetta, si riprende il cammino superando un primo tratto in dolce discesa e successivamente affrontando una ripida rampa nell’erba che digrada bruscamente verso una palina segnaletica ai piedi del pendio. Giunti di fronte ad essa, si svolta a destra continuando a scendere lungo il sentiero Varazze – Beigua (segnavia +) fino a quota 685 m, dove la traccia si immette in un’ampia sterrata.
Un pannello illustrativo e i segnavia N pitturati sulle rocceindicano inequivocabilmente l’inizio di un nuovo itinerario archeologico che si stacca subito verso destra preferendo il fitto del bosco alla comoda strada.
Pochi passi e il paesaggio cambia radicalmente: terra e foglie lasciano il terreno a un viale lastricato a cui bordi si innalzano monumentali faggi e il presente sembra volgere lo sguardo ad un antico passato. È l’inizio della strada megalitica, senz’altro la più interessante emergenza archeologica della zona oltre che la principale anomalia nel panorama culturale del territorio del Beigua.

Percorribile per circa 200 metri, la via taglia in leggera pendenza il versante meridionale del Monte Priafaia, allineando il proprio asse principale al cammino del sole nel giorno del solstizio d’estate. Un chiaro elemento astroarcheologico a favore dell’affascinante ipotesi dell’origine celtica del sito, ulteriormente suffragata dalla particolare tecnica costruttiva dei muri perimetrali, particolarmente nel lato a valle, che consiste di un sistema di menhir distanziati ed intercalati da file orizzontali sovrapposte di pietre a secco. Tecnicamente noti come triliti, questi silenziosi custodi perdurano, come anime, sopra la rovina di tutto il resto, portando quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo.

La strada megalitica, così definita in virtù della mole delle pietre impiegate, nasce e muore all’improvviso senza collegare alcun abitato; pertanto sembra avere il solo scopo di delimitare un percorso obbligato verso un ampio recinto di pietrefitte, resti di un antico cromlech al cui centro domina ancora un grosso monolite infisso nel terreno. Da questo arcaico altare appare ben visibile l’arida cima del Monte Greppino, una montagna dall’aspetto sinistro, calamita per i fulmini, ritenuta sacra fin dall’antichità e che ancora oggi ispira una certa diffidenza negli abitanti della zona. Il sito presenta molte delle caratteristiche tipiche di un complesso monumentale celtico per cerimoniali religiosi, propiziatori, sacrificali o più semplicemente per rilevamenti astronomico-calendariali con finalità agricole, ma le numerose indagini non sono ancora arrivate a fornire una chiara lettura del monumento e i misteri della via megalitica rimangono ancora tali.
Tra questi si nasconde anche un piccolo e delicato tesoro, rimasto a lungo segreto: il fiore dello zafferano ligure, sapientemente raccolto a mano e lavorato con cura dall’Agriturismo “La Tana degli Orsi” per diventare la preziosa spezia riconosciuta dal marchio di qualità del Parco Naturale del Beigua “Gustosi per natura”, da assaggiare in gustosi piatti della cucina ligure durante la sosta per il pranzo.

Al termine della strada megalitica si incontra un’ultima biforcazione. Una palina in legno indica l’inizio dell’itinerario T, il quale se imboccato conduce in breve tempo in vetta al Monte Greppino. Rimontando i suoi versanti, la montagna sembra consumare la vegetazione e sputare caotici affioramenti rocciosi che le conferiscono un aspetto decisamente aspro e inospitale. Ad un primo sguardo la cima appare però anonima, non vi è traccia di alcuna croce e manca pure un più laico ometto di pietre a segnarne il culmine, spunta soltanto…una spada conficcata nella roccia!
Ma questa è un’altra storia, l’ennesima leggenda di un territorio ammantato di mistero che non finisce mai di stupire.

Volutamente non vengono forniti tempi di marcia in quanto non si ritiene il presente un percorso escursionistico, bensì una visita culturale, realizzabile in una o più occasioni, che merita di essere goduta con assoluta tranquillità e senza l’assillo del far presto. Il pregio maggiore di questi luoghi è senz’altro costituito dall’atmosfera che i vari siti sanno emanare e trasmettere. L’invito non è soltanto quello di prendersi tutto il tempo necessario per ammirare i singoli ambienti, naturali e antropici, ma anche di lasciarsi coinvolgere emotivamente in un sogno ad occhi aperti, forse ingenuo, certamente innocente, quanto mai suggestivo.
Lasciatevi ispirare dalle strofe appassionate di un anonimo poeta varazzino e non perdetevi le meraviglie di questo incantevole angolo della Liguria:
“Se d’esté piemunteisi e lumbardi
de Varazze riçercan u mà
a chi u Megu cunseggia riguardi
fra nui vegne l’invernu a passà.
Belle gite pe’ bricchi e pe’ cian
e nu sei quale segge a ciù bella:
à gexetta de frate Damiàn, Cantalù, Casanova, Arpixella … “.
Per ulteriori informazioni o se decidete di visitarlo con me non esitate a contattarmi!
LUCA CAVIGLIA – Hike&Climb
Sono Luca Caviglia, Accompagnatore di Media Montagna iscritto al Collegio delle Guide Alpine del Piemonte e membro del gruppo di accompagnatori e guide alpine “Hike&Climb Liguria”.
Nato a Genova nel 1991, mi sono prima laureato in “Scienze Naturali” presso l’Università degli Studi di Genova e successivamente ho conseguito il titolo Magistrale in “Evoluzione del comportamento animale e dell’uomo” presso l’Università degli Studi di Torino, con specializzazione in ricerca e gestione di carnivori e ungulati.
Amo la montagna in tutti i suoi molteplici aspetti e ogni mia escursione vuole essere una tavolozza piena di colori, con cui dipingere insieme ai partecipanti le meraviglie del nostro territorio.
RIFERIMENTI E CONTATTI
Sito: hikeandclimb.it
E-Mail: info@hikeandclimb.it – lcaviglia91@gmail.com
Instagram: @luca_cailean
Molto interessante ed affascinante come escursione!