Natura & Avventura – La via ferrata per la Sacra di San Michele (TO)

LA VIA PIÙ DURA PER GIUNGERE AL TEMPIO

I luoghi religiosi, così come le montagne, esercitano sempre un certo fascino, ovviamente di diverso tipo, ma se un luogo di culto si trovasse proprio in cima a un monte?

Non è un’immagine certo nuova quella che ci viene in mente, in effetti siamo stati abituati dai film ad assistere a certe ambientazioni; monasteri di difficile accesso che sorgono su ostili montagne sono ottime ambientazioni per storie avvincenti.

In Piemonte possiamo vantare un luogo di questo tipo: la Sacra di San Michele. Questo luogo si trova in provincia di Torino, sul monte Pirchiriano, a 962 metri d’altitudine. Da questa vetta, la Sacra domina letteralmente l’area tra la città di Torino e la parte più bassa della Val di Susa. È visibile da chilometri di distanza e dalla cima del monte, così come dalle terrazze dell’abbazia, si può osservare un panorama quasi a trecentosessanta gradi che comprende da una parte la Pianura Padana dalla quale svettano i grattacieli della città di Torino e dall’altra le alte vette Alpine.

L’Abbazia, di origine medievale, è ora visitabile come se fosse un museo; fu proprio da una visita a questo luogo, che Umberto Eco prese ispirazione per il suo romanzo “Il nome della rosa”, uno dei più grandi bestseller italiani.

L’accesso alla Sacra può avvenire mediante tre vie: la prima è una strada carrabile percorribile in auto (non siamo qui per questo); la seconda è un sentiero ciottolato che attraversa il versante sud del monte passando quasi totalmente dentro ad un bosco, mentre la terza via, che è quella di cui parleremo oggi, è la via ferrata Carlo Giorda.

Prima di procedere, preferirei soffermarmi un poco sulle caratteristiche di una via ferrata e ciò che la differenzia da un normale sentiero. Una via ferrata, idealmente la si può porre a metà strada tra un sentiero escursionistico e una via di arrampicata. Lungo l’itinerario della via, sono presenti delle “attrezzature” cementate nella roccia che facilitano la nostra progressione: queste attrezzature consistono in un cavo di acciaio fissato alla roccia mediante dei tondini piazzati a distanza variabile a seconda delle situazioni, e delle staffe poste a mo di pioli, per poter superare i tratti verticali.

Da ciò possiamo capire che una via ferrata non è un normale sentiero escursionistico poiché presenta tratti a difficoltà molto elevata, non percorribili da tutti, specie se persone non adeguatamente allenate o che soffrono di vertigini. Il rischio di caduta è molto elevato per cui non si deve mai affrontare una via ferrata senza adeguati dispositivi.

Tali dispositivi consistono in un apposito imbrago (è possibile usare un imbrago da via ferrata, da arrampicata o da alpinismo), una longe da ferrata (che consiste in due cavi elastici dotati di moschettoni, un dissipatore di caduta e un anello di materiale sintetico con cui poterla fissare all’imbrago mediante un nodo a bocca di lupo), un caschetto protettivo da arrampicata, uno o due rinvii per poter sostare in sicurezza lungo in tragitto nel caso ci si volesse riposare o ci si volesse fermare per scattare delle foto. Inutile dirlo ma lo dico lo stesso, le scarpe da trekking sono fondamentali.

Ora partiamo per la nostra escursione!

L’inizio del tragitto si trova poco a Nord del comune di Sant’Ambrogio Torinese lungo la strada SS25 del Moncenisio; superato il centro abitato di Sant’ambrogio, lungo il primo rettilineo, sulla sinistra è ben visibile l’ambio parcheggio ai piedi del Monte Pirchiriano che da lì a pochi metri si erge in tutta la sua maestosità. Lasciamo la macchina in questo parcheggio, indossiamo scarponi e tutta l’attrezzatura necessaria, quindi avviciniamoci alla roccia.

Il Monte Pirchiriano visto dal parcheggio

Agganciamo i moschettoni al primo tratto di cavo e iniziamo a salire. Il primo tratto di via non è particolarmente difficile, presenta un alternarsi di salite e discese piacevoli che fungono in modo ottimale da riscaldamento. Unica pecca: lo strato roccioso sotto i nostri piedi è abbondantemente liscio a causa del continuo passaggio di escursionisti nel corso degli anni ma nonostante ciò, possiamo aggrapparci al cavo d’acciaio e ai numerosi appigli che la roccia offre in posizioni alla portata delle nostre mani.

Al termine di questo primo tratto, arriveremo in una zona a bassa pendenza, coperta da alberi, sulla quale potremmo fare una prima sosta e concederci un sorso d’acqua (mi raccomando, occhio alle riserve di acqua e cibo! Il tragitto non è breve).

Man mano che la salita prosegue, dovremo affrontare dapprima uno spigolo di roccia e poi un piccolo camino, entrambi molto appaganti da affrontare; superato questo tratto, la via inizierà a virare verso destra cambiando leggermente la sua posizione sul monte. Quando la via riprenderà a salire, inizieremo a percorrere quello che secondo me è il settore più divertente della via: una lunga parete quasi completamente verticale liscia (“placca” nel gergo alpinistico), dotata di crepe e fessure nelle quali aggrapparsi con piedi e mani per proseguire nella salita.

Il tratto è molto adrenalinico ma mai troppo difficile. Consiglio di fare una sosta a metà di questa parete (utilizzando i rinvii per agganciarsi al cavo) per godersi il panorama qualche minuto e scattare qualche foto; in questo tratto, la leggera curvatura della roccia ci impedisce di vedere cosa c’è oltre la sommità di questa parete e ci impedisce anche di vedere dove il monte tocca terra. Siamo letteralmente abbracciati alla roccia senza vedere cosa c’è sotto e sopra.

Il vento in placca è la giusta colonna sonora per questo tipo di panorama

Superata questa parete ci ritroveremo nuovamente su una terrazza nella quale poter riposare e se guardiamo verso l’alto, possiamo vedere la Sacra sempre più vicina.

Non molto più avanti sarà presente una via di fuga; se siete stanchi o pensate di non poter affrontare i tratti seguenti, potete imboccare la via di fuga che si immette su un sentiero che vi riporterà al punto di partenza.

La Sacra è sempre più vicina!

Continuiamo la via su tratti sempre divertenti ma più facili del precedente. Una volta arrivati all’incirca a metà dell’altezza del monte, ci addentreremo in un bosco e seguiremo in sentiero che ci porterà in un altro settore del monte, posto leggermente più a nord; approfittiamo del bosco per riposarci qualche altro minuto.

Approfittiamo di questa pausa per guardarci intorno. Cosa possiamo osservare? Ci troviamo discretamente in alto per cui non di rado è possibile osservare da vicino gli uccelli in volo; in queste zone possiamo osservare alcuni rapaci come il gheppio (Falco tinnunculus), la poiana (Buteo buteo), il falco pellegrino (Flaco peregrinus) e nella stagione giusta è possibile osservare il biancone (Circaetus gallicus). Altri uccelli degni di nota che è possibile osservare in zona sono il passero solitario (Monticola solitarius), il picchio rosso maggiore (Dendrocopos major) e il picchio verde (Picus viridis) udibili oltre che per il canto, anche per il loro tipico picchiettare sugli alberi.

Monte Pirchiriano, nonostante la sua altezza non molto elevata, ospita una piccola popolazione di camosci (Rupicapra rupicapra), originari del parco Orsiera Rocciavrè (a non molti chilometri di distanza), arrivati sul tempo fa in cerca di nuovi luoghi ospitali in cui stabilirsi. Questa piccola popolazione, tra quelle che vivono sull’arco alpino, è quella che vive a quota più bassa.

Questo monte è stato scelto come la loro casa in quanto rispetta le condizioni proprie dell’habitat prediletto dai camosci: ambienti misti che comprendono aree rocciose, arbusteti, boschi e radure. Le rocce qui non mancano e il camoscio possiede eccellenti doti da arrampicatore grazie alla forma dei suoi zoccoli, adatti a muoversi sulle rocce.

In questo luogo troviamo rocce appartenenti al gruppo delle serpentiniti; rocce metamorfiche di origine magmatica che su supefici inalterate possono presentare un colore che varia tra l’azzurro e il verde, tuttavia in molti casi, come questo, la roccia presenta una spiccata colorazione marrone rossastra a causa dell’ossidazione superficiale che avviene a carico del ferro presente nella roccia.

Una volta riposati e nuovamente operativi, proseguiremo il piccolo sentiero nel bosco fino a giungere ad un secondo tratto molto adrenalinico della via: il lungo ponte sospeso. Il ponte attraversa uno spazio di ottanta metri circa tra due spigoli del monte, ed al di sotto ci diverse decine di metri di vuoto.

I pioli del ponte sono molto solidi e sicuri così come il resto dell’impalcatura e i cavi a cui aggrapparsi; dovremo agganciare i moschettoni ai cavi che per noi sono più comodi (questo dipende da quanto siamo alti e quindi da quale sarà il cavo più vicino al nostro baricentro, in modo che possiamo assicurarci senza essere impacciati nei movimenti.

Il ponte

Terminato il ponte ci sarà da percorrere un breve tratto completamente in verticale (anch’esso molto adrenalinico) seguito da un tratto ad inclinazione minore, in una direzione che ci porterà ad osservare la Sacra da un’angolazione diversa da come l’abbiamo vista fino ad ora.

Ora ci troviamo nella parte dell’itinerario che volge al termine, infatti le mura dell’abbazia, saranno ad ogni passo sempre più vicine. Da qui in poi, il tragitto sarà composto da un alternanza di spigoli, piccole placche, brevi tratti in discesa, traversi… insomma, invece che esserci lunghi tratti omogenei, avremo un alternarsi di brevi tipologie di percorso, ognuna con sue caratteristiche peculiari che non ci daranno mai tregua: una sfida interessante per le nostre doti sportive.

La difficoltà non è mai comunque troppo elevata ed è opportuno percorrere questo tratto senza andare di fretta. Di tanto in tanto guardiamo in alto, la Sacra è sempre più vicina…

Gli ultimi speroni prima del traguardo…

Ad un certo punto incontreremo un nuovo ponte sospeso; questa volta sarà un ponte molto breve (15m) sospeso a pochi metri da terra e composto di soli quattro cavi, di cui uno su sui camminare, due per le mani e uno posto sopra la testa, per i moschettoni.

La parte finale dell’itinerario avrà le stesse caratteristiche descritte nell’ultima parte prima del secondo ponte e ci porterà alle spalle della Sacra, traguardo finale della sfacchinata di oggi. Una volta arrivati sotto le mura, dovremo imboccare un sentiero che ci porterà nel piazzale di fronte all’abbazia; questo sentiero non è ben mantenuto: è pieno di detriti e molto sdrucciolevole quindi non toglietevi ancora il casco e la longe che potranno risultare utili anche in questa ultima parte.

Finalmente dopo tanta fatica siamo sotto le mura!

Una volta arrivati nel piazzale, potremmo finalmente riposarci osservando la maestosità dell’abbazia e del panorama che ci ripagheranno di tutta la fatica e di tutto il sudore spesi.

Nei pressi dell’arrivo c’è un piccolo ma molto funzionale bar dove ci si potrà rifocillare con un bel panino e una bella birra prima di fare una visita alle sale interne della Sacra.

E ora terzo tempo! Panino e birra!

Era bella da lontano, è ancora più bella da vicino!

Per imboccare il sentiero di ritorno, dovremo seguire la strada asfaltata oltre al bar fino a trovare una deviazione sulla sinistra che conduce verso un piccolo sentiero. Questo sentiero ci riporterà alla base in un’ora di cammino.

La salita ha una durata variabile tra le tre ore e mezza e le quattro ore, a seconda di quanto velocemente si proseguirà sulla via ferrata; è un’escursione che per essere fatta bene deve essere iniziata al mattino, in modo da avere poi il tempo di fare una visita all’abbazia e di ridiscendere il monte con tutta calma. È opportuno fare una buona colazione e portarsi dietro una scorta di acqua e snack per il tragitto, senza però esagerare con la quantità. Uno zaino troppo pesante potrà esserci di impaccio nei movimenti e ci farà affaticare di più.

Dopo questa avventura potremmo dire di aver appagato in un colpo solo il nostro bisogno di fare sport, di stare in mezzo alla natura e di arricchire il nostro bagaglio culturale. Anche per oggi è tutto ci vediamo alla prossima esplorazione!


Ciao a tutti, mi chiamo Matteo, e la natura è sempre stata una parte fondamentale della mia vita. Questa passione mi ha accompagnato durante la mia crescita, finché non è sfociata in determinazione nel volerla trasformare in una professione. Ho frequentato così un percorso universitario a tema ambientale naturalistico che mi ha dato modo di ampliare ed approfondire nel modo migliore le mie conoscenze in materia e, successivamente, spinto dal voler trasmettere le sensazioni che la natura può regalare, sono diventato guida escursionistica. Inoltre, faccio parte dell’associazione Docet Natura e collaboro con ASD La Ventura. Provo un’immensa soddisfazione nel vedere i sorrisi e gli sguardi pieni di meraviglia nelle persone che scoprono la maestosità di piccoli fenomeni naturali, a loro poco prima sconosciuti.
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