Piemonte da scoprire – Il Monferrato

Il Triangolo D’oro del Romanico

Il Monferrato è una terra affascinante, da scoprire lentamente, fatta di colli ondulati ricchi di vigneti e boschi e di vallate ricoperte di noccioleti e campi coltivati.

In questo paesaggio armonioso si integrano piccole chiese e pievi medievali, esempi dell’elegante e insieme semplice stile romanico tipico del Piemonte. In modo particolare, nell’angolo nord-ovest della provincia di Asti si concentra una buona quantità di piccole chiese ed edifici costruiti tra l’ XI e il XII secolo. Nel Medioevo in questa zona passavano diramazioni della Via Francigena, percorsa dai pellegrini che si dirigevano a Roma  e in  Terra Santa.

Le pievi romaniche svolgevano la funzione sia di punto di sosta per i pellegrini sia di chiese dei piccoli villaggi sorti sulle colline per motivi difensivi. In seguito alla fondazione di nuovi insediamenti, spesso quelle chiese sono state abbandonate e trasformate in chiese cimiteriali o campestri che costellano ancora oggi il paesaggio collinare formando “un bianco mantello di chiese”, come scrisse il cronista Rodolfo il Glabro verso l’anno mille. Oggi partiamo alla scoperta di alcuni di questi edifici romanici concentrati nella zona a nord-ovest di Asti e appartenenti al cosiddetto “triangolo d’oro” del Romanico del Monferrato.

Il tramonto sulle colline
del Monferrato

La scenografica chiesetta dei Santi Nazario e Celso

Nei pressi di Montechiaro d’Asti, a circa 2 km a nord-est del paese, su un colle in località Castel Mairano, sorge la scenografica chiesetta dei Santi Nazario e Celso, risalente al 1140 circa. Si trattava della chiesa del paese di Mairano; i suoi abitanti lo abbandonarono all’inizio del XIII secolo per spostarsi presso il nuovo villaggio di Montechiaro. La costruzione è realizzata alternando fasce di mattoni a fasce di arenaria per ottenere il tipico effetto cromatico del romanico monferrino.

 La facciata a capanna è delimitata da un coronamento di archetti pensili; la piccola abside è decorata con tre  monofore,  mentre il campanile, ricco di monofore e bifore, presenta archetti e motivi geometrici a scacchiera e a dente di sega.

Una curiosità: l’attuale edificio non corrisponde totalmente a quello originario. Per motivi statici, a metà del 1800 le absidi e i fianchi nord e sud della chiesa vennero demoliti e ricostruiti, previa numerazione dei mattoni e dei blocchi di arenaria, portando ad una lieve riduzione delle dimensioni originarie dell’edificio.

La dedicazione: Nazario visse nella prima metà del I sec. d. C. Proveniva da Roma, nato da padre pagano e da madre cristiana. Il giovane partì per predicare il Vangelo giungendo fino in Francia. Qui una donna gli affidò il figlio Celso, che seguì Nazario fino al martirio per decapitazione a Milano attorno al 68 d.C.

La chiesa di S. Secondo in Cortazzone

Tappa successiva del nostro itinerario è la chiesa di S. Secondo in Cortazzone, documentata a partire dal 1300, ma di datazione più antica.

Essa si erge sulla collina di Mongiglietto, a circa due chilometri dall’attuale paese di Cortazzone: nel XIII secolo era la chiesa parrocchiale dell’insediamento che la circondava e che, come nel caso precedente, venne abbandonato in seguito alla rifondazione del villaggio sulla collina prospiciente. Il nome Mongiglietto potrebbe derivare dal latino Mons Iovis (monte di Giove), con riferimento ad un possibile tempio pagano; o da Mons Iubili (monte della gioia); oppure dal francese antico Mont-joie, mongioia, cioè cumulo di pietre per indicare la via.

S. Secondo di Cortazzone sulla collina di Mongiglietto

La facciata è in blocchi di arenaria e mostra una parte sopraelevata in mattoni che si conclude con un piccolo campanile a vela risalente al XVII secolo. Sulla parte superiore dell’ingresso vi è un arco  sormontato da una cornice con conchiglie di S. Giacomo (visibili anche sui capitelli all’interno della chiesa), riferimento al fatto che S. Secondo si trovava sulle vie di pellegrinaggio medievale.

Particolare della facciata col campanile a vela e le conchiglie di S. Giacomo

Lungo il perimetro della chiesa, semicolonne sostengono archetti al cui  interno si scorgono sculture antropomorfe e zoomorfe che rappresentano, con i capitelli interni, la grande ricchezza iconografica dell’edificio. Il lato nord, nelle chiese romaniche in genere, è il lato più disadorno poiché simbolo della morte.

Nella parte absidale, oltre a ricchi elementi geometrici nel coronamento e nelle sculture dei capitelli, si nota appesa ad un arco una figura umana barbuta con una tunica corta. Forse si tratta di una rappresentazione dell’uomo selvatico, oppure di una figura bene augurante. Le absidi sono decorate da una fascia a dente di lupo in cotto nella parte inferiore.

Il lato sud è un trionfo di  particolari affascinanti, fantastici e realistici, concentrati specialmente nella parte superiore. Si nota, tra le altre, una curiosa rappresentazione letta in genere come scena di accoppiamento, oppure come elemento propiziatorio di abbondanza, cui si rifanno anche le successive rappresentazioni di seni femminili, visibili sotto uno degli archetti dell’apside meridionale.

Nella parte bassa del lato sud troviamo un coronamento a scacchiera e ancora archetti e capitelli a fogliame, una croce, teste umane dal valore apotropaico, animali e un’aquila sopra un pilastro. A metà della fiancata sud si apre un portone in noce del XVII secolo da cui si accede all’interno dell’edificio.

L’interno è suddiviso in tre navate che si concludono con absidi.

L’interno della chiesa di S. Secondo

Nell’abside centrale si può ammirare un affresco citato in un documento del 1390, in cui i personaggi vennero originariamente identificati come S. Secondo ( a sinistra del Cristo in trono) e S. Brunone. Dopo molti studi e discussioni, oggi quest’ultima figura viene piuttosto identificata con S. Gerolamo, dottore della chiesa. Nel 1992, in seguito a restauri sia all’esterno sia all’interno dell’edificio, sono stati riportati alla luce i  colori trecenteschi e la scritta nella parte superiore “Hoc opus fecit fieri Iacobus de Fanco”.

L’affresco dell’abside centrale con S. Secondo e S. Gerolamo

I ricchissimi capitelli presentano simbologie la cui interpretazione non è così immediata, ma comunque in genere riferita a vizi e virtù il cui scopo era spronare alla conversione e alla disposizione interiore per l’incontro con Dio. Alcuni esempi: la sirena, la lepre, il cerchio, il pavone, il pesce, la conchiglia.

Particolare di capitello

La chiesa di S. Lorenzo a Montiglio Monferrato

Ultima tappa del nostro percorso è la chiesa di S. Lorenzo a Montiglio Monferrato, posta su di una collina a circa 500 mt dal paese, molto rimaneggiata specialmente all’esterno e oggi con funzione di chiesa cimiteriale. Essa è citata per la prima volta in un documento del X secolo, svolge la funzione di chiesa parrocchiale fino al termine del 1500 circa, quando viene costruita una chiesa più ampia nel centro abitato.

L’esterno è semplice , con decorazioni a carattere vegetale e testine umane nella zona absidale, dove si alternano fasce in cotto e arenaria.

La facciata è stata completamente rifatta. In origine l’edificio aveva tre navate e tre absidi: oggi si presenta a navata unica e con due ambienti rettangolari nella zona presbiteriale.

Come in S. Secondo, anche qui si rimane affascinati dalla  ricchezza iconografica dei capitelli: si scorgono elementi mostruosi come animali dotati di due teste e la sirena, ma non mancano scene realistiche, come quella della pigiatura dell’uva, forse un riferimento alla produzione vitivinicola della zona.

Una curiosità: uscendo dalla chiesa, provate a notare da che parte vi dirigete: verso sud (il lato della vita) oppure verso nord  (il lato della morte)?

Le specialità gastronomiche del territorio

Se desiderate concedervi una pausa durante la giornata, potrete farlo in uno dei tanti agriturismi o ristoranti tipici della zona, per assaporare uno o più piatti tipici del territorio.

Tra questi vi sono: l’insalata di carne cruda di fassona piemontese; le robiole di Cocconato al latte vaccino magari con granella di nocciola o con una grattata di tartufo in stagione; il fritto misto alla piemontese; e per finire  una fetta di torta alle nocciole o un tipico bunet accompagnati da un bicchiere di dolce Malvasia.

Il bunet piemontese – Giallozafferano.it

Per chi non lo conoscesse, il bunet è un sorta di budino tipico del Piemonte, di cui esistono varianti locali. In genere è fatto con latte, uova, zucchero, cacao e amaretti, a cui si può aggiungere del liquore come il rum, e cotto in forno a bagnomaria.


Mi chiamo Raffaella, sono guida abilitata per il Basso Piemonte e lavoro principalmente con ospiti stranieri, per lo più di lingua tedesca. I miei tour toccano diversi aspetti: storico-culturale ed enogastronomico, per unire le eccellenze che il Piemonte sa offrire ai suoi visitatori. Amo la mia regione ricca di cittadine piene di arte e di storia; amo la tranquilla bellezza dei paesaggi delle colline del Monferrato e delle Langhe che invitano a rilassanti passeggiate immersi nella natura, nella cultura e nelle tradizioni.
Cerco di trasmettere ai miei ospiti questo amore con passione e professionalità, mostrando attenzione e sensibilità verso le esigenze di ognuno. Insieme scopriremo le sfaccettature più o meno note di un territorio variegato: dai bellissimi scorci panoramici alle prelibatezze gastronomiche, dai prodotti vitivinicoli conosciuti nel mondo ai paesi adagiati sulle colline con le loro curiosità Spero che ne sarete affascinati e che potrete  innamorarvi e appassionarvi al  Piemonte, portando con voi e trasmettendo a chi incontrerete le emozioni e le esperienze provate!
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Un commento

  1. Il Monferrato è una zona ricca di spunti storici e culturali su cui costruire un piacevole itinerario di visita. Ovviamente bisogna includere un pasto a base di prodotti tipici per coglierne pienamente l’essenza.

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