Non solo Ancona – L’Eremo dei Frati Bianchi (AN)

Tra santi ed eretici

Poco distante da Cupramontana, in mezzo al verde di un bosco,  sorge un luogo di un’incantevole bellezza e spiritualità: l’Eremo di San Giuseppe delle Grotte, detto comunemente dei Frati Bianchi, per il candido saio dei monaci camaldolesi che vi abitarono per secoli.

Il bosco che lo circonda (bosco dei Frati Bianchi), oggi area naturalistica protetta, con alberi secolari, piante rare,  sorge nel cosiddetto “fosso dei Corvi”, proprio perché un gran numero di corvi, nidificava sull’ alta parete tufacea sopra le grotte scavate dagli eremiti.

L’Eremo dei Frati Bianchi circondato dalla vegetazione – Foto di Vincenzo Mollaretti

Cosa vedremo in questo articolo:
1. La storia dell’Eremo
2. Il nuovo millennio
3. Curiosità
4. La biblioteca

La storia dell’Eremo dei Frati Bianchi

La tradizione vuole che fu  San Romualdo a fondare l’Eremo quando peregrinava in questi luoghi intorno all’anno 1000. Alla fine del 1200, arrivarono da Massaccio (l’attuale Cupramontana) 2 monaci eremiti: il beato Giovanni Maris e il suo discepolo Matteo Sabbatini, per condurvi vita  solitaria e spirituale, lontano da tutto e da tutti, scavando 2 grotte vicine, a 8 metri dal suolo, dove rimasero fino alla morte.

Il beato Giovanni Maris, non usciva mai dalla grotta per alcun motivo, tanto che la tradizione narra che anche il diavolo si stancò di tentarlo perché nulla poteva e riusciva a distoglierlo dalla propria meditazione, ascesi e preghiera.

Morì nel 1303, in ginocchio in preghiera, nella sua grotta e il suo discepolo Matteo Sabbatini, pur se ormai solo, rimase in quel luogo ameno e solitario, anch’egli sino alla morte, avvenuta nel 1320.

Da questo momento, per oltre 1 secolo, le notizie relative all’Eremo sono scarse; tuttavia è molto probabile che continuarono a essere frequentate dai monaci camaldolesi in cerca di solitudine, che abitavano nelle varie Abbazie circostanti.

Intorno alla metà del ‘400, vi trovarono rifugio i “Fraticelli”, staccatisi dall’ordine Francescano,  per nascondersi dalle leggi dell’inquisizione dopo esser stati dichiarati eretici. Il loro “peccato”, secondo la Chiesa dell’epoca, era il predicare il ritorno alla povertà assoluta (quella di San Francesco) e il denunciare il lusso e la ricchezza in cui invece versava la Chiesa del tempo! Imprigionati, sotto tortura, confessavano atrocità mai commesse!

Nel 1450, il papa Niccolò V giunse a Fabriano, con tutta la sua corte, con la scusa di sfuggire alla peste che stava mietendo vittime a Roma, e  dopo che tutti i fraticelli nascosti tra Cupramontana e gli altri castelli di Jesi vennero imprigionati, furono condannati  al rogo che secondo la tradizione arse per 3 giorni, nell’attuale piazza del Comune della città.

 Fu così che  finì definitivamente il capitolo storico relativo ai Fraticelli.

Intanto, gli anni che erano rimasti nascosti all’Eremo dei frati Bianchi, avevano scavato altre grotte nel tufo in aggiunta alle prime due, risalenti alla fondazione dell’Eremo stesso.

All’inizio del 1500 arrivò un tale, Antonio da Recanati, che vi si insediò sino alla morte, acquistando le Grotte , che nel frattempo erano state abbandonate ed erano passate sotto la proprietà di un’Abbazia del luogo.

Non si sapeva esattamente chi fosse e da dove provenisse questo signore che in effetti teneva bene a non far conoscere la sua identità in quanto scappava dalla legge dopo aver ucciso la moglie adultera!

Si prodigò da subito, a proprie spese,  per ridar vita a quel luogo nascosto e spirituale, che gli dava protezione e gli faceva espiare la propria colpa: fece scavare altre grotte, dissodò il terreno e cominciò a coltivarlo a orto, volle la costruzione di 5 laure (casette isolate con orticello, dove doveva vivere un solo monaco) ma soprattutto scavò una nuova grotta, più grande delle altre e vi fece fare delle opere murarie,  la dotò di una campana e di una pala d’altare in terracotta,  commissionando l’artista Pietro Paolo Agabiti di Sassoferrato , dedicandola ai 2 fondatori dell’Eremo (oggi esposta nella Pinacoteca civica di Jesi): la grotta diventava così Chiesetta!

Successivamente divenne monaco Camaldolese lui stesso e accolse, nel 1520, il nobile monaco veneziano Paolo Giustiniani, il fondatore dei Camaldolesi di Monte Corona (i Coronesi), che proprio dalla bellezza e spiritualità di questo luogo, traeva ispirazione nel riformare l’ordine.

L’Eremo intanto in quegli anni prese vita, riempendosi dei seguaci del Giustiniani,  tanto che per un periodo fu creata e funzionò anche una stamperia/tipografia.

Sempre in quegli anni giunsero altri due importanti personaggi  alla ricerca di spiritualità: i padri francescani Ludovico e Raffele Tenaglia, i fondatori dell’ordine dei Cappuccini.

L’Eremo sopravvisse anche quando a metà ‘600, papa Innocenzo X aveva fatto sopprimere tutte le piccole comunità religiose. I Camaldolesi eremiti poterono continuare a vivervi tranquillamente: pregando, meditando e godendo della natura che li circondava.

Furono gli ultimi decenni del ‘700,  gli anni più bui per l’Eremo: i monaci che avevano superato duri momenti  di carestia , senza mai scoraggiarsi, continuando a coltivare i loro orti e prodigandosi per andare sempre avanti, improntandosi architetti e ingegneri mettendo nel miglior modo possibile in sicurezza le loro celle, scavate  nel corso dei secoli nell’alta parete tufacea, contro  le frequenti  frane dovute alle piogge dei mesi autunnali e invernali, temettero  nel 1782 di dover  abbandonare il loro amato Eremo!

Infatti, il Tribunale maggiore dei Camaldolesi/Coronesi (l’ordine al quale nel frattempo era entrato l’Eremo) aveva previsto la ricostruzione dello stesso in altro luogo, più sicuro non soggetto a frane,  su un terreno di proprietà degli stessi monaci, nel castello poco distante di Maiolati Spontini.

Cominciarono così le diatribe tra gli abitanti di Massaccio, che volevano mantenere in vita l’Eremo del il loro territorio, e l’ordine e le autorità dei Coronesi che ne volevano invece la ricostruzione presso appunto il castello di Maiolati.

Dopo cause , avvocati e disaccordi a non finire, pure se i lavori per il nuovo Eremo erano cominciati, ma bloccati causa spesa eccessiva,  si decise finalmente che l’Eremo doveva restare dove era sorto!

Fu il nuovo priore, Don Apollonio Tucchi, appassionato di architettura a progettare la ristrutturazione/ricostruzione del nuovo Eremo!

Il vecchio Eremo era costituito da 18 grotte (alcune abitazioni, alcune oratori) la Chiesa voluta da Antonio da Recanati, le 5 “laure” con rispettivi orticelli, un edificio con cappelle, sacrestia, foresteria, refettorio, officine, granai, dispensa e cantina.

Il nuovo Eremo, più ampio e sicuro, comprendeva invece: una nuova Chiesa, sempre scavata sulla parete tufacea che venne dedicata a San Giuseppe,  quella precedente divenne Oratorio dedicato a San Romualdo, l’infermeria, la foresteria, la biblioteca (i cui preziosi antichi volumi sono oggi custoditi presso la biblioteca comunale di Cupramontana), la sala capitolare, un mulino ad acqua, un lavatoio con 6 vasche con un sistema per scaldare l’acqua, le officine, le piccole celle dei monaci e le antiche grotte.

Nell chiostro, sotto una parete d’arenaria, una meridiana ricordava ai monaci il passare delle ore.

La meridiana dell’Eremo dei Frati Bianchi

L’Eremo riprendeva dunque vita e lustro!

Don Apollonio Tucchi, per ricordare l’importanza storica e la “santità” dell’Eremo, volle porre sull’accesso delle 2 primitive grotte scavate dai 2 fondatori, il Beato Giovanni Maris e il suo discepolo Matteo Sabbatini, una lapide con la storia e i nomi dei personaggi più illustri che durante i secoli,   passarono e vissero parte della loro vita proprio all’eremo ( dai 2 fondatori, a Antonio da Recanati, Paolo Giustiniani, i fratelli Tenaglia, ecc…).

Arriviamo al 1798. Il temuto Napoleone e i suoi soldati, alla conquista dell’Italia intera,  giunsero  dalla vicina Jesi che avevano da poco occupato, a spadroneggiare e saccheggiare anche Massaccio. Molti monaci ed ecclesiastici, intimoriti e impauriti dalle truppe francesi, scapparono proprio all’Eremo… nascosti in quella valle, piuttosto lontana dal paese, si sentivano più sicuri!

Ma le leggi napoleoniche soppressero tutte le abbazie, monasteri, confraternite ed eremi, in cui i conviventi erano inferiori a  24 religiosi. Fu così che anche l’Eremo dei Frati Bianchi con la chiesa di San Giuseppe dovettero chiudere e i monaci che vi erano all’ epoca, circa una quindicina, abbandonarono quel luogo che così tanto amavano.

Finito il periodo napoleonico, tornate le vecchie leggi e i precedenti governi, gli eremiti Coronesi, nel 1822 poterono tornare  finalmente nel loro Eremo!

Vissero ora, fino a  prima dell’avvento dell’Unità d’Italia, tranquillamente come avevano fatto da secoli: pregando, coltivando i loro orti, meditando sulla parola di Dio, dicendo messe, ognuno con il proprio compito. Il Priore, a capo della comunità, assegnava gli incarichi agli altri, regolava le funzioni religiose e faceva rispettare la disciplina eremitica. Il Cellerario, una sorta di amministratore dell’eremo, stava accanto alla figura del Priore. L’Economo, si occupava di gestire la cassa e i beni dell’Eremo. Ognuno esplicava il proprio dovere a benefico di tutta la comunità dei monaci! In quegli anni abbellirono anche il loro Eremo decorando la chiesa di San Giuseppe, la biblioteca, la foresteria e la sala capitolare.

Ma ecco arrivare l’anno 1860, l’Italia è unita nuove leggi sostituirono quelle vigenti fino ad allora: vennero soppressi Ordini, Corporazioni, Congregazioni religiose e i beni e le opere d’arte, vennero requisiti dal Regno appena costituito.

Tuttavia, i monaci dell’Eremo, protetti nella loro valle eremitica , rimasero ancora per alcuni anni… furono letteralmente scacciati dai “commissari demaniali” la notte del 31 dicembre 1866… vagarono al freddo per ore, fino alla mattina dopo quando poterono tornare presso le loro famiglie …

Passarono gli anni e nel 1874, un nobiluomo anche d’animo, acquistò   l’Eremo che donò immediatamente ai monaci eremiti  che vi poterono fare così ritorno!

Ma ritornati si accorsero subito che  gran parte dei beni dell’Eremo, provviste, attrezzature, arredi, erano state rubate…. Pian piano si riorganizzarono: restaurarono, ricostruirono, riacquistarono e l’Ermo ancora una volta riprese vita!

Comincia Novecento e l’Eremo è pieno di monaci e attivo come lo era stato in passato, ma via via, le vocazioni diminuiscono e l’Eremo si spopola.

Per tale motivo, sia prima che dopo la I guerra mondiale, vi giunsero monaci eremiti stranieri, soprattutto polacchi, che erano tra l’altro gentilissimi e cordiali con la gente, con i contadini dei dintorni e grati di esser giunti in un luogo che definivano “meraviglioso e affascinante”.

Purtroppo però, i pochi beni rimasti  e gli scarsi proventi che i monaci avevano, furono le cause dell’abbandono definitivo dell’amato Eremo dei Frati Bianchi che avvenne tra il 1925 e il 1928.

Gli anni successivi, i Coronesi lo vendettero a dei  privati che lo dettero in affidamento a dei coloni che utilizzarono le celle isolate dei monaci, per i polli e i conigli, le grotte come deposito per fieno, legno, attrezzatura agricola.

Successivamente, gli anni della II guerra mondiale, divenne rifugio per alcune famiglie di sfollati. Il degrado cominciò intorno agli anni ’60, quando, abbandonato definitivamente, cadde nell’oblio ed ebbe inizio lo scempio. Vi furono porte e finestre sfondate, il crollo di pavimenti, scritte di ogni genere sui muri, trafugato tutto ciò che si poteva trafugare. A concludere ciò che l’uomo distruggeva ci pensò anche la natura con delle frane che distrussero alcune delle grotte scavate nella parete tufacea e parte dello stesso Eremo.

Anche la lapide con la storia dell’Eremo e dei personaggi illustri che nei secoli vi avevano abitato, era stata ridotta in frantumi. Tutto stava finendo…

Il nuovo millennio

Finalmente la rinascita! All’inizio del 2000 un gruppo di privati italiani e stranieri acquistano l’Eremo e il bosco che lo circonda riportandoli al loro antico splendore! L’Eremo diventa sede di una fondazione internazionale Vi.Vo (Victim’s Voice Foundation) che si occupa del recupero psicofisico delle vittime di grandi calamità, guerre, pestilenze, terremoti alluvioni.

Dopo il restauro, ha ospitato incontri, conferenze, congressi organizzati proprio da questa fondazione, ma anche sessioni di Ti Chi, Yoga. Su richiesta, viene ceduto in affitto per feste, matrimoni e ovviamente è meta di visite guidate.

Per concludere voglio sottolineare come la spiritualità, il valore morale che avevano portato alla fondazione dell’Eremo, alla fine del 1200, siano stati gli elementi  alla base del recupero, della rinascita, dopo i decenni di abbandono e di degrado!

Un affresco presente all’Eremo dei Frati Bianchi – Foto di Vincenzo Mollaretti

Curiosità

Luigi Bartolini, poeta, scrittore, pittore, incisore (Vittorio De Sica si ispirò all’omonimo racconto di Bartolini nel suo film “Ladri di biciclette”) nato a Cupramontana nel 1892, ha dedicato la poesia “Salutami gli Eremi Scoscesi” proprio all’Eremo dei Frati Bianchi. Egli descrive il refettorio: “lunga distesa di assi, senza tovaglia”, dove i monaci mangiavano tutto l’anno lo stesso brodo di lenticchie o verdure, coltivate nel loro orto (biete o cicoria) e solo la domenica baccalà bollito, a Natale il salmone, a Pasqua la pizza di “cacio”. Bevevano solo acqua, e solo in occasioni particolari si permettevano un bicchiere di vino.

La biblioteca

I testi dell’Eremo sono oggi custoditi presso la biblioteca comunale di Cupramontana. La collezione contiene incunaboli e cinquecentine, alcuni dei quali molto rari e preziosi e unici al mondo. Tra questi, ve ne sono alcuni che trattano di astronomia, poesia, teologia, medicina e sono impreziositi da meravigliose miniature.


Ciao, mi chiamo Cristina, lavoro nel turismo da 30 anni e dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, per lavoro, sono tornata nelle Marche, nel mio paese, in collina, decisa a restare e far conoscere agli altri le meraviglie di questa discreta terra. 
“L’Italia in una regione”. così la definiva Guido Piovene nel suo libro “Viaggio in Italia” e non si sbagliava, infatti in pochi km di territorio troviamo di tutto: dalla costa con il suo mare e le sue spiagge di sabbia o le baie rocciose del Conero, alle affascinanti montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano, ricche di tradizioni e leggende, alle dolci colline con le “città balcone”, da cui godere di panorami mozzafiato!
Poi ci sono le città, ricche di arte, di storia, le chiese, quelle discrete e affascinanti romaniche, le abbazie nascoste, gli importanti santuari, come quello di Loreto, i parchi archeologici, i parchi naturali protetti, i piccoli incantevoli paesini e i borghi di collina e a completare e deliziare il tutto, l’ottimo cibo tipico di questa terra e i vini bianchi (in primis il Verdicchio) e rossi, prodotti nelle colline, a darci un po’ d’allegria.
Premesso tutto ciò, svolgo con passione il mio lavoro di guida turistica, anche in lingua francese, da 20 anni, da Ancona, a Loreto e Recanati, Jesi, Fabriano, Arcevia, Corinaldo, Numana, Sirolo, e tutto il territorio della provincia di Ancona, compresi i musei o le raccolte d’arte sparse nel territorio un po’ ovunque.
Collaboro anche con i Traghettatori del Conero e in estate potrete approfittare di un’escursione in barca per ammirare dal mare, delle bellezze della riviera del Conero.
Infine, da alcuni anni, sono anche istruttore guida in italiano, alle Grotte di Frasassi, tra i complessi ipogei più belli al mondo.

Contatti
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