Roma, un’eterna sorpresa – Il Galata Suicida a Palazzo Altemps

Palazzo Altemps a Roma è un edificio storico di fine Quattrocento che fu completamente restaurato qualche anno più tardi, diventando uno dei massimi simboli del Rinascimento a Roma, in ambito architettonico quantomeno.

Successivamente, nel secolo scorso, divenne sede di uno dei distaccamenti del Museo Nazionale Romano, un fantastico museo distinto in quattro sedi diverse che hanno una straordinaria raccolta di manufatti di epoca romana al loro interno.

Palazzo Altemps – Foto di bnbinrome.com

In questo caso, qui a Palazzo Altemps, tra statue e sarcofagi antichi, tra resti degli affreschi rinascimentali alle mura ed altre fantastiche opere d’arte, spicca per virtuosismo anche il cosiddetto Galata Suicida, una delle punte di diamante del museo qui a Palazzo Altemps.

Questa incredibile scultura fa parte della cosiddetta collezione Ludovisi, la straordinaria raccolta di opere d’arte antiche una volta appartenuta a questa storica famiglia e poi smembrata.

Il Galata Suicida è una copia romana del I secolo a.C. che deriva dall’originale greco, realizzato in bronzo, che risale addirittura al III secolo a.C. Questo piccolo dato ci dice quanto i Romani attinsero alla Grecia soprattutto dal punto di vista artistico e culturale, e quanto quest’ultima divenne un modello da imitare per i nostri progenitori latini.

Galata Suicida – Museo Nazionale Romano Palazzo Altemps – Foto di romainteractive.com

Lo scultore dell’originale greco si chiamava Epigono, e fu a lui che venne commissionato un grandioso monumento che doveva sorgere nella città-stato di Pergamo. Il re Attalo volle commemorare sé stesso e la vittoria intrapresa dalla sua gente contro i Galati, una tribù barbara che molto filo da torcere diede a Pergamo e non solo.

Non ci dobbiamo dunque sorprendere se Attalo volle celebrare questa importante vittoria militare erigendo un enorme monumento il cui unico scopo era quello di ricordare ai posteri la sconfitta dei barbari e, allo stesso tempo, la potenza della Grecia tutta. Per tale ragione Attalo volle riempire il monumento commemorativo di tante gruppi scultorei che, in un modo o nell’altro, potessero procedere nel solco di questa intenzione politica, gruppi scultorei che oggi sono visibili nelle copie romane esposte nei musei, come questo o il cosiddetto Galata Morente ai Musei Capitolini. 

Nel nostro caso, nel caso del Galata Suicida, vediamo immortalato nel marmo un momento epico e topico, quando un galata, capito che ormai non ci sarebbe stato altro se non la sconfitta, decide di togliersi la vita. Nell’antichità il suicidio era un atto quasi dovuto ma soprattutto onorevole per lasciare questa terra, e dunque non ci sorprende se Epigono decise di mostrare il galata nel momento del suo massimo onore. In questo modo si volle sottolineare la sconfitta del nemico ma, allo stesso tempo, la vittoria dei Greci contro quei barbari che, nonostante tutto, si resero poco domabili. Il gesto dell’uomo è carico di drammatica crudeltà, in quanto con la spada si trafigge le carni, una spada di cui però la punta è già penetrata all’interno, per sancire la riuscita del gesto.

Tutto il corpo muscoloso del soldato, che con fierezza e temerarietà scelse la via del suicidio, sembra quasi ergersi da terra, slanciato e con i muscoli torniti bene in vista. Il coraggio e la forza del galata non vengono meno neanche in questo momento e, anzi, vengono quasi amplificati per rendere l’estremo gesto ancor più vivo e reale.

Non finisce qui, però, poiché l’uomo si preoccupa anche della donna che vediamo accanto a lui, quella donna che dobbiamo immaginare essere sua moglie. Evidentemente non avrebbe mai voluto che lei potesse diventare la schiava di qualcuno, per questo nel virtuosismo e nel dinamismo del capolavoro di Palazzo Altemps vediamo come l’uomo ha già ucciso la sua compagna, ormai praticamente distesa ai suoi piedi completamente inerme.

Nella donna, dalla pelle così levigata con il marmo lavorato appositamente per donare leggerezza e quasi dolcezza, appare solo una piccola smorfia sul volto che ci ricorda della sua morte. La tensione del corpo dell’uomo entra in contatto con l’abbandono totale del corpo, già morto, della figura femminile accanto a sé. Vita e morte che sembrano abbracciarsi nell’ultimo, estremo gesto. 

Infine una piccola curiosità, in quanto ciò che così magistralmente viene descritto da questa meravigliosa opera d’arte: ciò che il Galata Suicida rappresenta, potrebbe esser stato ispirato da un’opera scritta da Quinto Smirneo agli inizi del III secolo a.C., quindi qualche anno prima che l’originale in bronzo fosse realizzato da Epigono.

Tra le righe del componimento poetico, di stampo epico. che prosegue in parte la narrazione della guerra di Troia raccontando degli eventi successivi ad essa, si legge proprio di un uomo il quale, con la propria spada, si trafisse la gola non prima, però, di aver portato la morte anche ai propri cari, in particolare alla moglie.

Che il testo fosse diventato il modello scelto da Epigono per il monumento celebrativo voluto da Attalo? Non lo sappiamo con certezza, ma sicuramente possiamo ancora oggi, a distanza di quasi duemila anni, contemplare con meraviglie questo capolavoro di fattura romana.


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