
In questo primo articolo su Posti e Pasti vi parlerò della storia di Taranto, la città in cui sono nata e cresciuta.
Pier Paolo Pasolini scrive, in quel pregevole lavoro d’inchiesta giornalistica realizzato nel 1959: “La lunga strada di sabbia”, “Viverci è come vivere all’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta. Qui Taranto nuova, là, gremita, Taranto vecchia, intorno i due mari e i lungomari. Per i lungomari, nell’acqua ch’è tutto uno squillo, con in fondo delle navi da guerra, inglesi, italiane, americane, sono aggrappati agli splendidi scogli, gli stabilimenti.” Proprio a Taranto Pasolini scopre quello “Spettacolo del brulichio infinito” che lo accompagnerà per tutta la costa pugliese: “Ogni altro brulicare – scrive – già a me noto è nulla, in confronto a questo”.
Taranto è conosciuta come la città dei due mari, proprio perché si distende tra la rada del mar grande, che si mescola nel golfo che dalla città prende il nome, e il mar piccolo, un mare chiuso, poco salato, diviso in due seni, dove vengono allevate le famigerate cozze tarantine, piccole e insolitamente dolci, proprio perché crescono in questo piccolo mare la cui salinità viene diminuita dalle fonti subacquee di acqua dolce, i cosiddetti citri, e dai fiumi che in esso sfociano: il Cervaro e il Galeso.


Una città dalla storia millenaria, la mia Taranto. Fondata nel 706 a.C. dai Parteni, guidati dal condottiero Falanto alla ricerca di una terra fertile in cui stanziarsi…ma andiamo con ordine…
Secondo la leggenda, Taranto fu fondata dal semidio Taras, figlio del dio Nettuno e della ninfa Satiria. Il giovane usava fare le sue offerte al padre sulle rive del fiume Tara e proprio qui un giorno vide giocare un bellissimo delfino. Ancora oggi lo stemma della città ritrae Taras che cavalca un delfino.
Secondo le fonti storiche, in particolare dai racconti di Antioco, i giovani Parteni, figli illegittimi nati durante la decennale guerra messenica, quando fu deciso che i soldati che non avessero prestato ancora giuramento facessero ritorno a Sparta per unirsi con le vergini al fine di continuare la stirpe, partirono alla volta della terra ionica, dopo che Falanto ebbe consultato la Pizia di Delfi.
Ed ecco cosa rispose l’oracolo: “quando dal cielo sereno pioverà, sarai arrivato nelle terre a te destinate, nelle quali sarai flagello degli Japigi” …parafrasato ma il succo è questo!
I Parteni sbarcarono nella baia di Saturo, una bellissima località a circa 12 km dal centro cittadino, e scacciarono gli japigi che vi abitavano, come testimoniano vari reperti archeologici riferibili ad insediamenti in loco.

Ora accadde che Falanto riposasse in un pomeriggio assolato e terso sulle ginocchia di sua moglie Etra, la quale nel vederlo così stanco e affranto per l’incertezza, iniziò a piangere. Egli, destatosi col viso bagnato dalle lacrime di Etra (in greco, cielo sereno) balzò in piedi, avendo realizzato che l’oracolo della pizia si era avverato.
Da quel momento i Parteni si spostarono verso l’attuale città, organizzandola secondo il modello di Sparta, quindi con un Akropolis, il luogo dei templi, una polis, il centro abitato, ed una Nekropolis, il luogo delle sepolture.
Per l’Akropolis fu scelta quella che oggi è la città vecchia, un’isola collegata da due ponti alle sue estremità con la terra ferma, allora una piccola penisola, collegata con un istmo alla parte orientale del territorio.

È particolare che non si tratti del luogo più alto della città, come accadeva nella consuetudine nelle città greche, ma la posizione della penisola, circondata dal mare, facilmente difendibile e d’ incredibile bellezza, dovette colpire i coloni, che la scelsero come luogo sacro della nuova Taras.
La polis fu eretta ad est dell’Akropolis, ove oggi troviamo il borgo umbertino, e la Nekropolis fuori dal centro abitato. Questo però fino al V sec a. C., quando la città fu completamente recintata da possenti mura difensive, che inglobarono anche il luogo delle sepolture al loro interno.
Dalla sua fondazione fino alla conquista romana ne 209 a.C. Taras si è sviluppata come una delle città più importanti e più ricche economicamente, culturalmente e artisticamente della Magna Grecia. Unica città di fondazione spartana vantava nella seconda metà del VI secolo a.C. una popolazione di 100.000 abitanti e influenzava attraverso il commercio delle sue lane pregiate, dei suoi tessuti di bisso, dei suoi manufatti, nonché dei suoi prodotti agricoli, con le popolazioni indigene della Puglia (i Dauni a nord, i Peuceti al centro e i Messapi a sud) gli stili di vita, i riti funebri, la cultura e la religione. Fondatrice anche di una sua colonia, Eraclea (l’attuale Policoro, in Basilicata), sede di una delle zecche più importanti e dell’arte orafa d’eccellenza del mondo magno greco.
Archita, Leonida, Pitagora, Livio Andronico, per citare solo alcuni dei nomi illustri che a Taranto vissero e operarono.
Le testimonianze di questo passato dorato sono conservate per lo più nel Museo Nazionale Archeologico MarTa, considerato da Vittorio Sgarbi il più bel museo archeologico di tutto il sud Italia. Secondo solo al British Museum per la collezione Magna Grecia e scrigno dei meravigliosi Ori di Taranto, dei quali parleremo nei prossimi articoli di questa rubrica.
Tutti reperti venuti alla luce dagli scavi avvenuti durante la costruzione della città nuova, come anche dell’arsenale militare, dopo l’unità d’Italia, quando la posizione strategica sul mar Mediterraneo fece di Taranto un’importante sede della marina militare, e vennero concesse agli abitanti le autorizzazioni per costruire al di là dell’attuale città vecchia.
In quest’ultima svettano in piazza Castello le 2 colonne doriche di quello che fu un tempio esastilo del VI secolo a. C., unici reperti in superficie delle antiche vestigia della città spartana e uno dei simboli da cartolina della città.

Il museo conserva anche i reperti dell’epoca romana. Nel 209 a. C. Quinto Fabio Massimo conquistò la città, deportò circa 40.000 persone rendendole schiave, saccheggiò tutto l’oro e l’argento che trovò, distrusse la maggior parte delle imponenti sculture e trascinò a Roma la statua in bronzo dell’Ercole pensante, che trionfava sull’Akropolis nei suoi 8 metri di altezza e che il console romano portò in Campidoglio in segno di trionfo sui greci.
Come colonia dell’impero romano Tarentum, divenne un luogo di villeggiatura molto amato dai patrizi romani, lo testimoniano i resti dei mosaici imperiali e delle antiche terme Pentacinensis, custoditi al MarTa.
Della storia più recente, dal medioevo in poi, ne parleremo nei prossimi articoli, insieme alla descrizione dei monumenti più importanti.
A presto!


Mi chiamo Lucia Francioso e vivo a Taranto. Sono una guida turistica abilitata dalla Regione Puglia. Mi piace dire SONO, e non FACCIO, la guida turistica, perché amo profondamente il mio lavoro.
Amo la conoscenza di questa Terra meravigliosa che è la Puglia e amo condividere tale conoscenza con chi sceglie di visitarla. Guido le visitatrici e i visitatori a Taranto, nei luoghi bianchi e barocchi della valle d’Itria, a Lecce, Bari e un po’ ovunque nella regione, ed in Basilicata, a Matera e Metaponto.
Nella mia città, faccio parte dello staff delle guide del MarTa, Museo Nazionale Archeologico, perla della cultura, rinomato nel mondo per la sua collezione Magna Grecia, ed in particolare per “Gli Ori di Taranto”. Svolgo il mio amato lavoro in italiano e in inglese.