L’oro bianco delle dee
La Campania è femmina: lo è di nome, lo è di fatto. Qualche esempio? Il capoluogo regionale, Napoli, deve l’antica denominazione all’ammaliante sirena Partenope, ancora oggi rievocata nell’aggettivo partenopeo. Il sito archeologico più visitato della zona, Pompei, aveva come protettrice della città la dea della bellezza Venere e le rendeva omaggio fin nel nome di Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum.
Ma c’è un luogo in particolare, in provincia di Salerno, dove le donne devono essersi sentite quantomai a loro agio: si tratta dell’antica città di Poseidonia, più conosciuta col nome latino di Paestum.
Dolcemente adagiata nella piana del fiume Sele, naturalmente protetta dai rilievi dei Monti Alburni e a pochi passi dal mare, Poseidonia è una delle espressioni più elevate di quella cultura peculiare del sud Italia, comunemente conosciuta come Magna Grecia.

La città venne fondata verso il 600 a.C. da coloni greci provenienti da Sibari e conoscerà il suo periodo di massimo splendore intorno alla metà del V a.C. Come primissima iniziativa i Sibariti costruirono verso nord, alla foce del fiume Sele, un santuario dedicato a una divinità femminile: Hera, il cui culto sarà preponderante anche in città. Tra gli edifici del complesso di Foce Sele ricopre un ruolo particolare il cosiddetto edificio quadrato: l’alto numero di pesi da telaio qui rinvenuti ha fatto ipotizzare che le ragazze da marito, forse in una sorta di ritiro prematrimoniale, tessessero qui i pepli destinati alla statua della dea. Si tratterebbe quindi di un rito propiziatorio in vista dell’unione coniugale. Del santuario resta ben poco, ma vale la pena ricordare che la scoperta e i primi scavi si devono all’intuizione di una donna: l’archeologa Paola Zancani Montuoro, negli anni ’30 del ‘900.
Il culto di Hera caratterizza anche uno dei tre templi che si incontra nel vicino Parco Archeologico di Paestum: la città greca era ben protetta da un’imponente cortina muraria in blocchi di pietra, lungo la quale si aprivano quattro porte urbiche.

Nell’area delimitata dalle mura (120 ettari) sorgevano due santuari: uno a nord, con un solo tempio, probabilmente dedicato alla dea Atena e uno a sud, più esteso, con due strutture templari, costruite a distanza di circa un secolo l’una dall’altra.

Il tempio più antico, la cosiddetta Basilica, era dedicato a Hera, incerta invece la dedicazione del secondo, impropriamente chiamato Tempio di Nettuno dai viaggiatori del Gran Tour che rimasero incantati dalla straordinaria armonia cromatica e strutturale.

Sia nel santuario di Foce Sele, sia in quello urbano troviamo la rappresentazione caratteristica di Hera accompagnata dalla melagrana. Il frutto autunnale fa bella mostra di sé nella mano della statua della dea in trono dell’Heraion di Foce Sele. Numerosi esemplari di melagrane fittili sono stati rinvenuti nel santuario urbano meridionale. Nel territorio di Paestum Hera era venerata nella sua declinazione di dea della fertilità e nel suo ruolo di signora della casa: lo confermano le chiavi di ferro che le donne le offrivano, connesse con le nozze e con la procreazione. Quanto alla melagrana, in molte culture assume un forte significato simbolico: in virtù della struttura caratterizzata da molti semi nello stesso frutto è comprensibilmente associata al concetto di fecondità.
Nello stesso territorio troviamo culti simili, seppur connessi ad altre divinità: è il caso del santuario rurale rinvenuto nel comune di Albanella, dove, in base alle offerte votive, si sono ipotizzati rituali associati alla fertilità della terra, probabilmente in onore di Demetra.
Un’ulteriore declinazione ci è fornita dallo stesso Parco Archeologico di Paestum, stavolta in una struttura di epoca romana: si è infatti ipotizzato che il cosiddetto santuario con natatio fosse utilizzato dalle donne che, per propiziarsi un parto felice, si sarebbero immerse nella piscina sotto l’occhio vigile della statua di Venere.

Un intrigante esempio di continuità cultuale e culturale si riscontra infine nel vicino santuario della Madonna del Granato che, oltre a rievocare nel nome un collegamento con il succoso frutto vermiglio, conserva al proprio interno una statua della Madonna che tiene tra le mani proprio una melagrana!

Ma Paestum, si sa, non è solo archeologia. Il suo nome è naturalmente associato all’oro bianco della Campania: il latte di bufala, particolarmente ricco in grasso e proteine, che plasma l’economia dell’intero territorio pestano.
Non è possibile determinare con certezza l’origine della presenza delle bufale in Italia: in ogni caso i primi riferimenti risalgono al XII-XIII secolo. Sappiamo che più tardi i Borbone impiantarono un moderno allevamento presso la tenuta reale di Carditello (CE), recentemente restaurata e riaperta al pubblico. Tanto nel casertano quanto nella piana del Sele si possono ancora ammirare le antiche bufalare: strutture rurali destinate all’alloggio dei bufalari, a pianta circolare e caratterizzate dal camino centrale destinato alla lavorazione del latte e alla produzione di provole, ricotte e mozzarelle.
Sono numerose le aziende che portano avanti la tradizione in maniera eccellente: tra queste, un posto di primo piano spetta alla Tenuta Vannulo.
Si tratta di un’azienda biologica certificata nella quale è primario il benessere delle circa 600 bufale: curate esclusivamente con rimedi omeopatici, questi magnifici animali hanno a loro disposizione tecniche di mungitura all’avanguardia, spazzole massaggianti, docce e musica in filodiffusione affinché sia loro assicurato un ritmo di vita più naturale e meno stressante.


La regina dell’annesso caseificio è indiscutibilmente la mozzarella di bufala, formaggio fresco a pasta filata per la cui realizzazione si continua ad eseguire a mano la “mozzatura”, operazione eseguita dal casaro con il pollice e l’indice della mano. Da non perdere i bocconcini e la ricotta, a vostra disposizione nel vicino punto vendita. Ma questo è solo l’inizio di un viaggio di scoperta nelle mille insospettabili declinazioni dell’oro bianco campano…
In yogurteria potrete deliziarvi con budini al cioccolato o al caffè, yogurt al malto d’orzo o alla frutta e gelati artigianali, eventualmente da associare a brioche, cannoli o, anche, a una bella fetta di pane genuino, macinato a pietra, con lievito madre naturale. Se poi volete fare l’en plein, i prodotti della bottega del cioccolato sono quello che fa per voi: creme spalmabili al cacao, pistacchio e nocciola vi riempiranno la bocca di insospettabili sfumature di gusto.



Terminato il vostro spuntino naturale, fate quattro passi e allungatevi fino ai recinti: godetevi colori e profumi dei cortili e dell’orto, ammirate la pacata serenità delle ruminanti, fatevi un bel selfie e godetevi l’atmosfera di questi spazi fuori dal tempo.

Tornando sui vostri passi, fermatevi a dare uno sguardo alle eccellenti realizzazioni della bottega della pelle: oggetti e accessori di fattura finissima, esclusivamente realizzati in pelle di bufala con concia vegetale, lavorati a mano da esperti artigiani.

Il piccolo ma denso Museo permanente della civiltà contadina, dall’allestimento impeccabile, vi riserverà fantastiche curiosità: tra attrezzi e utensili di varie epoche, spicca una fantastica motoretta per il trasporto del latte.







Siete arrivati alla fine del vostro viaggio… Prima di andare, concedetevi un’ultima tappa in sala degustazioni, dove le candide bontà casearie si sublimano nell’accostamento con gli ortaggi saporosi, le fritturine croccanti e i salumi profumati.
Sarà un’esperienza che nessuno dei vostri sensi potrà mai dimenticare: vedere, anzi… gustare per credere!
Laureata in Conservazione dei Beni Culturali, specializzata in Architettura Medievale, opero da 15 anni nell’ambito della divulgazione del patrimonio storico-artistico, archeologico e architettonico.
Collaboro con agenzie e tour operator nazionali e internazionali, curo la progettazione di itinerari tematici e negli ultimi anni mi sono concentrata sul segmento dei viaggiatori individuali: piccoli gruppi, coppie, famiglie.
Conduco visite guidate nei siti più noti della Campania: Napoli, Pompei, Ercolano, Caserta, Capri, Costiera Amalfitana, Salerno e Paestum, in lingua italiana, francese, inglese e spagnola.
Ho un interesse particolare per la legislazione del Turismo e dei BBCC e ho ricoperto il ruolo di Segretario Nazionale dell’Associazione GTI-Guide Turistiche Italiane”.
PAOLA ARTIZZU
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