Piccola grande Umbria – La tradizione di San Costanzo

Tra martiri e delizie

Un’invitante torta a forma di ciambella, costellata di uvetta e canditi colorati e il cui profumo, speziato e d’anice, inebria la cucina; il sapore è ricco, rustico e avvolgente ma non stucchevole, la crosticina esterna appare fragrante e ben cotta, mentre l’interno soffice e tiepido, come il pane appena sfornato; sapevate che questo capolavoro culinario perugino, secondo una delle leggende tramandate, richiama in realtà la corona funebre posta per pietà sul collo decapitato di un santo? Infatti, il 29 gennaio, a Perugia si festeggia il Patrono Costanzo. Oggi parleremo di lui, sebbene la città abbia ufficialmente tre Santi protettori (e un quarto, il cui culto è decaduto in età moderna, mai riconosciuto dalla Chiesa e legato ai Templari, ma questa è un’altra storia…).

Sulla vita del santo esistono due documenti, ovvero il Codice membranaceo in 8° di 58 pagine custodito nell’Archivio del monastero benedettino di S. Pietro e quello n. 45 conservato nell’Archivio della Cattedrale di S. Lorenzo, a cui si rifà anche il Padre agostiniano folignate Ludovico Jacobilli, famoso per le sue memorie sulla storia della città.

Secondo quello che raccontano Serafino Siepi e Giacinto Vincioli, Costanzo era un giovane molto devoto e colto, nato in terra umbra a metà II secolo circa; rimasto orfano a dodici anni, dimostra una così fervente volontà di servire Dio da venire eletto vescovo a circa trent’anni, sotto il Papa Sotero. È tra i primi vescovi di Perugia (dopo Ercolano I nel 57, Giuliano, eletto nell’anno 96, Sallustio, nel 117 e un ignoto predecessore di Costanzo che servì la Chiesa dal 158 al 170 ca.), in un periodo storico in cui la propria fede non è per nulla cosa facile da praticare liberamente: infatti, quando ancora esiste il dominio dell’Impero Romano e il culto cristiano non è riconosciuto e ufficializzato, tanti martiri perdono la vita a causa delle persecuzioni volute dagli imperatori; in quegli anni, anche Marco Aurelio governa il proprio regno con una politica non spietata, tuttavia severa, di divieto del culto non pagano. Costanzo, che si era rifugiato presso il nobile Crescenzio, da lui miracolosamente risanato poiché paralitico (è solo uno dei tanti miracoli che il nostro Patrono compie in vita e dopo la morte), fermo nel proprio Credo, condotto un giorno dai soldati di fronte al console Lucio sceglie di non rinnegare Dio e per questo viene flagellato e percosso. Poiché non cambia idea, viene fatto soffocare in un ambiente rovente, da cui esce miracolosamente vivo. Portato in prigione, riesce con le preghiere a convertire i carcerieri e scappando si rifugia a Foligno, nella dimora di Anastasio. Entrambi catturati e puniti per la loro disobbedienza, vengono uccisi nel luogo conosciuto come “Trivio” folignate intorno al 178, con la spada: infatti un soldato, afferrato Costanzo per i capelli, gli tronca il sacro capo e infigge quest’ultimo a una lancia per portarlo all’imperatore. All’alba del 30 gennaio il nobile cristiano Leviano e i suoi servi raccolgono il corpo e, disposto su una barella, questi viene riportato a Perugia presso l’Areola, un terreno fuori porta S. Pietro, l’unica proprietà che il Santo aveva scelto di tenere per sé, donando il resto dei suoi averi. Lì, entro un sarcofago, è seppellito. Venerato segretamente per molti anni, amatissimo dai perugini di ogni ceto sociale, dopo l’editto di Costantino finalmente si guadagna una sepoltura all’altezza della sua fama: viene edificato un piccolo mausoleo a lui intitolato, ingrandito e consacrato nel 1205 dal vescovo Viviano.

Ambrogio Maitani, Sculture con i tre Patroni di Perugia, 1326 ca., portale di Palazzo dei Priori.

Tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, in città, la sua immagine domina due dei simboli più significativi del potere locale: una, nel registro superiore della Fontana Maggiore e l’altra nel portale del Palazzo dei Priori, fra gli altri due protettori ufficiali, San Costanzo e Sant’Ercolano. Tra i tanti dipinti nella storia di Perugia che potrei citare, scelgo i 3 Santi maestosamente effigiati all’interno della Cappella di San Giovanni Battista, inclusa nel percorso museale del Collegio del Cambio, da Giannicola di Paolo nel primo ventennio del XVI secolo (nell’immagine in apertura all’articolo c’è un dettaglio col Santo protagonista del racconto di oggi).

Il 15 ottobre 1466 il Comune di Perugia stanzia 15 fiorini per dotare una nicchia della chiesa di San Costanzo con un’altra statua, policroma, del patrono. L’aspetto attuale del luogo è però il risultato di due importanti ristrutturazioni di fine Settecento e Ottocento, dopo le quali poche cose son rimaste nella loro forma originaria, perciò, se entrando si viene travolti dal colore acceso degli affreschi in stile giottesco, è bene sapere che questi sono stati fatti dall’equipe del pittore moderno Matteo Tassi (che si occupò anche della ridipintura in stile della Sala dei Notari a Perugia).

La chiesa di San Costanzo e, sullo sfondo a destra, il campanile di San Pietro
L’interno della chiesa di San Costanzo

La celebrazione solenne del patrono, che oggi si svolge in più giornate, ha una radice medievale ed è conosciuta come “Luminaria”: i lumi erano infatti le fiaccole che, nel 1310, vennero portate per la prima volta dai maggiori rappresentanti del popolo perugino, tra cui i nove Priori delle arti (che istituirono la festa), il Podestà e il Capitano del Popolo, il Vescovo, i consoli della Mercanzia, gli auditori del Cambio e i membri delle varie corporazioni in processione sino alla chiesa di San Costanzo, al fine di ingraziarsi la benevolenza del Protettore a beneficio di tutta la cittadinanza, la quale partecipava sentitamente all’evento.

Una tradizione molto antica, oggi non più molto diffusa, vuole che il giorno del Patrono le fanciulle fidanzate da tanto tempo si rechino in chiesa speranzose: se la statua del santo fa loro l’occhiolino -grazie a un gioco di luce, gli occhi della scultura talvolta possono brillare-, allora si sposeranno entro l’anno; in caso contrario, l’amato darà loro in dono il dolce tradizionale, portandolo sottobraccio o con un bastone infilato (ecco una spiegazione diffusa e simpatica per la forma a ciambella).

Dame in processione verso San Costanzo. Foto per gentile concessione di Deborah Fanini Photographer

La ricetta autentica del torcolo di San Costanzo

Ma come riprodurre il torcolo di San Costanzo a casa? La ricetta è davvero semplice! Seguiamo quella dello storico forno Faffa 1851, che ha vinto anche il premio per il miglior dolce tradizionale!

Ingredienti

  • 1200 gr. di farina
  • 670 gr. di acqua
  • 240 gr di zucchero
  • 340 gr. di cedro candito
  • 100 gr. di olio extravergine d’oliva
  • 70 gr. di strutto
  • 440 gr. di uva sultanina
  • 240 gr. di pinoli
  • 100 gr. di lievito di birra
  • 20 gr. di anice

Preparazione

Impastare la farina con l’acqua tiepida aggiungendo il lievito. Per la lievitazione dell’impasto, detto “biga”, occorre metterlo in luogo con temperatura media e costante per circa 3-4 ore. Quando l’impasto ha raddoppiato il suo volume, si aggiungono: zucchero, uva sultanina, cedro candito a cubetti, pinoli, anice, strutto e olio extra vergine di oliva; si lavora ancora l’impasto fino a renderlo omogeneo e si formano delle ciambelle praticando su ognuna di esse cinque incisioni diagonali (che simboleggiano i cinque rioni storici della città), quindi indorare le stesse con il rosso dell’uovo. Le ciambelle vengono poi collocate su teglie da forno e infornate per circa 40 minuti a 220 gradi.

Fatemi sapere se proverete a farlo o, appena possibile, venite direttamente ad assaggiarlo a Perugia insieme a me!

Il Torcolo di San Costanzo del Forno Faffa 1851 a Pontevalleceppi (PG).

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Ciao, sono Gioia! La mia vita è eternamente legata a due regioni: l’Umbria, mia terra d’origine e di residenza e la Toscana, il luogo che mi ha fatto comprendere quale fosse davvero la strada giusta da percorrere: l’arte e la promozione del Patrimonio culturale locale.
Ho incentrato infatti la mia tesi di laurea di Storia dell’arte sugli affreschi aretini del Quattrocento e poi ho scelto di diventare una Guida turistica abilitata a Firenze e Accompagnatrice turistica. Lì, tra i Palazzi appartenuti alla famiglia de’ Medici e i grandi artisti del Rinascimento, ho trovato per qualche anno la mia dimensione ideale; il mio cuore, però, mi ha lentamente riportato a fare tour anche a Perugia, Assisi, Spoleto e tutti quei centri caratteristici dell’Umbria, in cui si trovano scorci fiabeschi e interessanti musei presso tre dei quali lavoro anche come dipendente.
Ad essere sincera non c’entra solo il cuore, ma anche la gola: non riesco proprio a dir di no ai piatti e prodotti tipici quali salumi, formaggi, olio, tartufo ma anche agli ottimi vini, da provare assolutamente più di una volta nella vita, senza trascurare il fatto che la mia città di nascita, Perugia, è considerata la patria del cioccolato grazie al famoso Bacio Perugina. Seguimi per delle esperienze emozionanti, per gli occhi e…per la pancia!

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