Non solo Ancona – Jesi (AN), città ideale

Benvenuti a Jesi, ridente cittadina nell’entroterra anconetano, a pochi km dal mare e a ridosso delle colline con i “castelli” storici che Jesi dominò per secoli, dove tra l’altro si produce uno dei vini bianchi più buoni al mondo: il Verdicchio, di cui vi ho già raccontato negli articoli precedenti.

La storia di Jesi

Secondo la leggenda, Jesi venne fondata nel X sec. A.C. dal leggendario re Esio, re dei Pelasgi, che dette il nome anche al fiume Esino, che, con il suo popolo, dalla Tessaglia attraversò l’Adriatico e risalì il fiume, fondando la città sulla riva sinistra.

In realtà Jesi fu abitata inizialmente dal popolo italico degli Umbri (da cui deriverebbe il nome Aesis), vi giunsero poi gli Etruschi di cui purtroppo nulla è rimasto perché sopraffatti dai Galli Senoni prima, che vi si insediarono intorno al V-IV sec A.C, dai romani poi, dopo la battaglia del Sentinum, nel 295 A.C.

Da colonia romana divenne Municipium di Aesis, sviluppandosi notevolmente con la costruzione di palazzi patrizi, delle terme, di un teatro i cui resti di parte delle mura perimetrali sono visibili in via Roccabella, ma soprattutto si riconosce ancora la struttura urbana romana della città con le 2 vie principali, cardo e decumano vergenti la prima da nord a sud, la seconda da est a ovest, e al loro incontro perpendicolarmente sorgeva il foro, che corrisponde oggi con piazza Federico II!  Proprio per tale motivo Jesi ha ottenuto, nel 1969 da parte dell’Unesco, il titolo di “città ideale”.

La vista da Piazza Federico II

Dopo la caduta dell’Impero romano e successive invasioni barbariche, grazie all’opera di recupero non solo religioso, ma anche civile ed economico dei monaci benedettini e camaldolesi che si erano insediati in tutto il territorio, in seguito al dominio dei bizantini prima e dei longobardi poi, sotto l’influenza ora della Chiesa ora dell’Impero, Jesi nel 1130 era diventata libero Comune!

Fu un periodo di grande sviluppo e di grande voglia di autonomia: nel 1208 venne costruito il Duomo dedicato a San Settimio martire e 1 vescovo della città, si ampliarono e si fortificarono le antiche mura romane, nuovi statuti vennero redatti per regolare l’autonomia della città e proprio in questo clima, il 26 dicembre del 1194 nacque Federico II, sotto una tenda, nella pubblica piazza!

Federico II

La madre Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero il normanno, stava raggiungendo il marito a Palermo, Enrico VI, appena incoronato re di Sicilia, figlio di Federico Barbarossa.

La gravidanza ormai prossima al 9 mese, fece si che Costanza scegliesse Jesi per partorire il figlio, città da sempre simpatizzante per l’Impero. Vi erano dubbi e scetticismo a proposito della gravidanza di Costanza di età avanzata per l’epoca, intorno ai 40 anni, tanto che, per fugare ogni dubbio, venne allestito un baldacchino al centro della piazza, dove Federico nacque d’avanti a tutto il popolo!

Nel corso del suo Impero Federico si ricordò sempre della città che gli aveva dato i natali facendole ottenere privilegi, allargandole la giurisdizione e rendendo la città “regia” e Jesi, da parte sua, non tradì mai la fiducia di Federico, ottenendo anche, nel 1239, la scomunica da parte del Papa, dopo aver ricevuto la famosa lettera che l’Imperatore aveva fatto pervenire agli Jesini, chiamando la città “la mia Betlemme” con la conseguente scacciata, da parte dei cittadini, dei capi guelfi…

Federico II nella storia è stato lo “Stupor Mundi” che a soli 4 anni veniva incoronato re di Sicilia, che crebbe a Palermo con tutori cristiani, greci, un iman musulmano, e che per alcuni anni venne anche cresciuto in mezzo al popolo più povero di Palermo.

Si sposò 4 volte, la prima volta senza aver compiuto ancora i 15 anni, ma solo l’ultima, la quarta, sposò per amore e amò profondamente Bianca Lancia e la loro storia è rimasta avvolta nel mistero e nella leggenda… Amato e odiato al contempo: venne incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero nel 1220 a Roma, da Papa Onorio III, deposto della stessa corona e scomunicato nel 1245 da Papa Innocenzo IV.

Personalità poliedrica, amava la cultura in ogni sua sfaccettatura: poesia, storia, filosofia, matematica, algebra, astrologia, medicina, scienze naturali, … prese sotto la propria protezione a Palermo, tutta una schiera di artisti e studiosi facendo della sua corte luogo d’incontro tra cultura latina, greca, araba ed ebraica.

A 16 anni parlava 6 lingue: latino, greco, francese, tedesco, arabo, siciliano; fondò la scuola siciliana e il siciliano rappresentò la prima lingua romanza, apprezzata anche da Dante Alighieri, influenzando notevolmente quella che sarebbe stata la lingua italiana.

Proprio a Palermo si era stabilito organizzando in Sicilia e in tutto il meridione un sistema politico governativo efficientissimo.  Il suo regno fu caratterizzato da un’intensa attività legislativa e da una forte innovazione artistica e culturale, volta ad unificare terre e popoli: in pieno medioevo aveva pensato ad una sorta di Europa unita con ogni stato con il proprio sovrano ma tutti unificati sotto un unico Imperatore!

Pur se incentrato sulle espansioni territoriali, era un uomo di pace: basti pensare che dopo vari solleciti da parte dei Papi che si erano susseguiti, partì finalmente in Crociata ma senza armi e in maniera diplomatica tanto che venne incoronato dal sultano, re di Gerusalemme!

A Palermo aveva impiantato uno zoo, famoso ai suoi tempi, per il numero di animali esotici che conteneva e famoso è il suo trattato di caccia con i falchi “De arti venandi cum Avibus”, considerato uno dei primi manoscritti con disegni naturalistici.

Morì in Puglia, a Castel Fiorentino, nel 1250, per una grave dissenteria o, secondo alcuni storici del tempo, avvelenato… anche la sua morte, come la sua nascita, rimase avvolta da profezie e misteri…

Piazze, palazzi e chiese da visitare a Jesi

Nella Piazza a lui intitolata,  è stato allestito, da alcuni anni, in un antico palazzo nobiliare,  il museo multimediale Federico II che permette di ripercorrere, con l’ausilio di video, tutta la sua storia; nel cortile possiamo ammirare l’imponente statua in bronzo dell’imperatore, inaugurata per l’ottavo centenario della sua nascita dove l’imperatore appare nella sua età matura, con la folta chioma e la barba, vestito con tunica e stola come gli Imperatori romani d’Oriente, con il manto regale appartenuto a suo nonno Ruggero il normanno, ai suoi piedi il leopardo accovacciato tenuto con guinzaglio  con cui l’Imperatore andava a caccia, e alla base Castel del Monte con Federico II al centro, sul suo cavallo  tra i crociati e gli arabi che gli offrono doni (simbolo di pacifica convivenza tra cristiani e arabi).

Piazza Federico II a Jesi

Oltre alla nascita dell’ imperatore in Piazza Federico II sorgono antichi palazzi nobiliari, come Palazzo Ripanti su cui è posta la targa in onore dell’Imperatore, palazzo Balleani dalla bella facciata con i Telamoni che sorreggono il balcone con balaustra in ferro battuto, la ex chiesa di San Floriano (compatrono di San Settimio) dei frati francescani, trasformata dopo anni di abbandono in teatro studio dedicato all’attrice dai natali jesini Valeria Moriconi, e infine la Cattedrale, le cui forme attuali, dopo vari rifacimenti sono 7/800sche, dedicata a San Settimio la cui statua appare nella facciata insieme a quella di Papa Marcello I che inviò il santo nel territorio per evangelizzare la popolazione, intorno al III/IV sec dopo la nascita di Cristo.

Da Via Pergolesi, ci dirigiamo verso Piazza della Repubblica.

Fino a 20 anni fa la via si chiamava “degli Orefici” perché l’arte orafa si era sviluppata in città già dal ‘300 e Jesi era diventata base per tutti coloro volessero apprendere tale arte, in tutto il territorio marchigiano e oltre… Intorno a metà secolo scorso vi erano circa un centinaio tra laboratori e oreficerie.

All’inizio della via, sorgeva il palazzo natio del grande compositore Gian Battista Pergolesi, di cui oggi rimane solo una targa;  poco più avanti  ecco il Palazzo della Signoria, progettato dal grande architetto senese F.di G. Martini, eretto tra il 1486 e il 1498, quando Jesi, dopo circa 2 secoli di crisi a causa di guerre , scontri tra le potenti famiglie locali,  carestie, pestilenze, era entrata definitivamente , a metà ‘400 sotto lo stato della chiesa, risorgendo e riprendo il suo sviluppo civile, culturale e urbano.

Il Palazzo della Signoria di Jesi

Il palazzo della Signoria, rinascimentale appare dalle forme sobrie ed eleganti, costruito in laterizio con gli abbellimenti in pietra bianca nelle cornici delle finestre, nei cornicioni marcapiano, nelle chiavi pontificie e nell’edicola con epigrafe e con il leone rampante, simbolo di Jesi, coronato da Federico II.

L’interno con cortile con pozzo centrale e due rampe di scale che portano ai piani superiori; proprio il primo piano, dove sorge la sala principale, l’antica “Sala del Consiglio” e tribunale della città, dove gli jesini erano abituati a veder applicata la giustizia, venne scelto da Lorenzo Lotto, come scenografia per il suo capolavoro “La pala di Santa Lucia”, esposta oggi c/o la Pinacoteca della città.

Sede del potere jesino e dei governatori pontifici nei secoli, divenne poi Pretura, Archivio notarile, sede delle carceri mandamentali e nel 1913, prima centrale automatica telefonica in Italia; oggi ospita la biblioteca della città che comprende anche la preziosa raccolta Planettiana (la nobile famiglia Pianetti donò la libreria di famiglia al comune, all’inizio del ‘900) con antichi volumi, che toccano ogni argomento e risalgono ad un periodo di tempo tra il XV e XIX secolo.

Proseguendo per via Pergolesi si arriva in piazza Indipendenza e nell’attigua   piazza Spontini dove sorgono rispettivamente il 500sco palazzo municipale, dove sorgeva la rocca pontelliana, ancora oggi sede dell’amministrazione jesina, e l’elegante palazzo Ricci, con la facciata bugnata a punta di diamante.

Dal doppio Arco del Magistrato (duplice porta per maggior difesa contro il nemico in caso di assedio, in quanto prossima alla sede del potere città), si esce dalla Jesi romana e medievale, che era protetta dalle mura cittadine, arrivate sino a noi quelle del rifacimento di metà ‘400, dell’architetto Baccio Pontelli, tra le meglio conservate in regione con un tracciato ancora di un km e mezzo.

Ed ecco Piazza della Repubblica, rettangolare, da cui parte il corso Matteotti, l’antica via Sabella, dove era cominciata l’espansione della città fuori le mura già dal 300/400.

Corso Matteotti a Jesi

La piazza era lo specchio della città moderna di fine 700, quando veniva considerata un bene collettivo, luogo d’incontro dei cittadini e doveva dunque rispondere anche a criteri di igiene pubblica, di funzionalità e di decoro cittadino.

Proprio in piazza, allora chiamata della Morte per la Chiesa di tale confraternita che qui sorgeva, ristrutturata più volte oggi Chiesa dell’adorazione, si decise a fine ‘700, di innalzare il Teatro.

Il teatro Pergolesi

Il Teatro Pergolesi di Jesi

Grazie a dei nobili jesini riunitisi in una società di condomini, appoggiati dal governatore pontificio, si superarono tutta una serie di problematiche e controversie, e si decise dove costruire il teatro e vennero commissionati 2 architetti: il marchigiano Francesco Maria Ciaraffoni e Cosimo Morelli di Imola, quest’ultimo specializzato nella costruzione di teatri, si deve infatti a lui la curva ellittica della sala che conferisce al teatro un’ottima acustica.

Si chiamò inizialmente Teatro della Concordia, per tutte le controversie che erano state risolte per la sua costruzione. Solo nel 1883 sarà dedicato al grande compositore Gian Battista Pergolesi, che in città era nato nel 1710.

Sobrio all’esterno, con la facciata rettangolare e con l’orologio delle aquile e cornucopie, dono che il principe austriaco Beauharnais fece agli jesini nel 1839 dopo il suo passaggio in città, mentre all’interno è decorato nella volta, con le storie di Apollo e nell’arcoscenico con la notte, il giorno e il tempo.

È l’unico teatro in Italia in una città non capoluogo di provincia, ad aver ottenuto nel 1968, il titolo di Tetro di tradizione, grazie alla elevata qualità della sua produzione lirica e agli artisti di grande fama che vi si sono esibiti nel corso degli anni.

Dedicato al grande compositore Gian Battista Pergolesi, che in città era nato nel 1710, che in soli 26 anni di vita compose dei capolavori e in qualche modo cambiò la storia della musica.

Tra i suoi successi ricordo l’opera buffa “La Serva padrona”, intorno al 1730, che elevò questo genere musicale verso la più alta dignità artistica e che a Parigi a La comedie italienne e all’Operà, nel 1750, venne rappresentata per 190 sere consecutive; ma il suo capolavoro, una sorta di testamento spirituale, è l’opera sacra Stabat Mater, composta nel 1736, poco prima la sua morte.

Proseguiamo alla scoperta di Jesi e dalla Piazza ci dirigiamo in corso Matteotti, la passeggiata degli Jesini , nel week end  pieno di gente che oltre alla passeggiata al calar della sera,  fa shopping nei negozi che lo circondano e fa l’aperitivo fino alle 9 di sera… Vi sorgono anche 2 chiese: quella di San Giovanni Battista, rifatta nel corso dei secoli con bassorilievo sopra il portale con il Battesimo di Gesù e quella delle Grazie, anche questa modificata e ricostruita nel tempo, le forme attuali sono 700sche, con all’interno una preziosa tela di fine ‘400, con la Madonna della Misericordia.

Nella piazzetta antistante il monumento in marmo di Gian Battista Pergolesi, edificato ed inaugurato nel 1910 per il secondo centenario della sua nascita.

Il monumento in marmo dedicato a Pergolesi

Per concludere, consiglio di recarsi ad ammirare la ex chiesa di San Nicolò, forse prima cattedrale della città, elegante dalle forme romaniche e gotiche, appartiene ai carmelitani che la cedono volentieri per mostre, incontri, convegni.

La ex chiesa di San Nicolò di sera

Chiude il corso Matteotti, l’Arco Clementino, innalzato nel 1734 in onore di papa Clemente XII, che aveva tolto alla città il dazio sul grano e aveva migliorato l’allora strada “clementina, l’attuale ss. 76 che collega le Marche all’Umbria e a Roma.

Approfondimento: Jesi nel Novecento

La cittadina vanta una vocazione industriale già dall’inizio dell’800, quando erano attive le” filande” per la fabbricazione della seta, eccezione nelle Marche, regione di tradizione agricola. Vocazione durata nel tempo, tanto che la città venne chiamata negli anni ‘60/’70 la “piccola Milano” e la “Manchester delle Marche”.

Oltre allo sviluppo industriale ricordiamo la sua importanza e vocazione culturale ed artistica: sono attivi oggi 3 Teatri (Pergolesi, Teatro studio Valeria Moriconi, Teatro “Il Piccolo di San Giuseppe” quest’ultimo adiacente all’omonima Chiesa), la ricca Biblioteca c/o Palazzo della Signoria di cui sottolineo la sezione degli antichi Volumi, la Pinacoteca c/o Palazzo Pianetti con i capolavori di Lorenzo Lotto, il Museo archeologico, la raccolta di opere d’arte c/o il Museo Diocesano, c/o l’antico Palazzo Bisaccioni  le varie esposizioni artistiche durante tutto il corso dell’anno, il Museo Colocci c/o l’omonimo Palazzo, ed infine il Museo “Studio per le Arti della Stampa”  , c/o l’antico Palazzo Pianetti, allestito dove vi era la famosa biblioteca della famiglia, per ricordare che Jesi fu una delle prime città italiane ad introdurre l’arte tipografa e una delle prime edizioni a stampa della Divina Commedia, uscì proprio da una delle sue tipografie.


Ciao, mi chiamo Cristina, lavoro nel turismo da 30 anni e dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, per lavoro, sono tornata nelle Marche, nel mio paese, in collina, decisa a restare e far conoscere agli altri le meraviglie di questa discreta terra. 
“L’Italia in una regione”. così la definiva Guido Piovene nel suo libro “Viaggio in Italia” e non si sbagliava, infatti in pochi km di territorio troviamo di tutto: dalla costa con il suo mare e le sue spiagge di sabbia o le baie rocciose del Conero, alle affascinanti montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano, ricche di tradizioni e leggende, alle dolci colline con le “città balcone”, da cui godere di panorami mozzafiato!
Poi ci sono le città, ricche di arte, di storia, le chiese, quelle discrete e affascinanti romaniche, le abbazie nascoste, gli importanti santuari, come quello di Loreto, i parchi archeologici, i parchi naturali protetti, i piccoli incantevoli paesini e i borghi di collina e a completare e deliziare il tutto, l’ottimo cibo tipico di questa terra e i vini bianchi (in primis il Verdicchio) e rossi, prodotti nelle colline, a darci un po’ d’allegria.
Premesso tutto ciò, svolgo con passione il mio lavoro di guida turistica, anche in lingua francese, da 20 anni, da Ancona, a Loreto e Recanati, Jesi, Fabriano, Arcevia, Corinaldo, Numana, Sirolo, e tutto il territorio della provincia di Ancona, compresi i musei o le raccolte d’arte sparse nel territorio un po’ ovunque.
Collaboro anche con i Traghettatori del Conero e in estate potrete approfittare di un’escursione in barca per ammirare dal mare, delle bellezze della riviera del Conero.
Infine, da alcuni anni, sono anche istruttore guida in italiano, alle Grotte di Frasassi, tra i complessi ipogei più belli al mondo.

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