Napolitudine, un viaggio dell’anima – Il quartiere Sanità

È facile innamorarsi di Napoli quando si visitano i luoghi più conosciuti della città, ma Napoli è un’entità dai mille volti, ogni quartiere è un luogo da scoprire con la sua storia secolare che si intreccia con la vita contemporanea.

Uno di questi è il quartiere Sanità che ha dato i natali al principe della risata Antonio De Curtis, in arte Totò; che ha ispirato il celebre commediografo e attore Eduardo De Filippo per capolavori straordinari quali “Il sindaco di rione Sanità” o “Questi Fantasmi”.

Il percorso parte da Porta San Gennaro, uno degli ingressi alla città antica, e si snoda tra strade affollate alla scoperta di chiese e confraternite, palazzi secolari, pizzerie storiche, pasticcerie rinomate, per giungere al vero cuore del quartiere dove il fulcro è costituito dalla chiesa di Santa Maria alla Sanità e da qui  risalire fino al Cimitero delle Fontanelle, una cava scavata nella collina tufacea di Capodimonte, che nei secoli  in cui la città  fu annientata da malattie e catastrofi  naturali,  ha raccolto corpi di migliaia di persone.

Il Cimitero delle Fontanelle di Napoli – Foto da 2anews.it

Per raccontare la storia del rione Sanità bisogna fare un salto indietro nel tempo, la storia narra che il Borgo dei Vergini, prima tappa di questo quartiere straordinario, avesse avuto da sempre vocazione religiosa  e la cura dei  corpi dei defunti, perché è qui che al tempo dei greci che colonizzarono le nostre terre, si stanziarono fratrie di religiosi chiamate Eunostidi che si occupavano della cura dei defunti e che obbedivano al comando di stare lontano dalle donne. Ed ancora oggi la toponomastica del luogo rimanda alla sua vocazione religiosa perché anche nel medioevo e poi ancora nel 1600 sorsero chiese, confraternite e conventi e da qui forse il nome di “Borgo dei Vergini”.

Percorrendo questa splendida strada, tra le bancarelle dei negozi e i venditori ambulanti che offrono le loro merci ai passanti, si ha l’impressione di essere catapultati in una delle coloratissime scene di un presepe ed improvvisamente quasi senza accorgersene sulla sinistra compare uno spettacolare palazzo nobiliare, conosciuto con il nome di Palazzo dello Spagnolo o Spagnuolo chiamato così per le origini di uno dei suoi proprietari, lo spagnolo Tommaso Atienza.

 Palazzo dello Spagnuolo – Foto da arte.it

Il palazzo probabilmente fu progettato da Ferdinando Sanfelice, famoso architetto vissuto a cavallo tra il XVII e XVIII secolo, anche se il suo nome non compare come progettista, la sua inconfondibile firma la si legge nello splendido scalone a doppia rampa ad ali di falco, tipica delle costruzioni da lui eseguite. I colori con cui fu decorato questo straordinario esemplare di architettura barocca, non sono quelli soliti del regno napoletano come il rosso e il piperno ma qui furono utilizzati i colori sgargianti dell’arancio per la facciata e del verde per la corte interna. L’ipotesi vuole che Palazzo dello Sapagnuolo fosse stato commissionato al Sanfelice ma che questi avendo lavorato in passato per la corte austriaca, fu costretto ad utilizzare un falso nome per continuare ad eseguire le sue opere sotto il governo Borbonico.

A fronteggiare Palazzo dello Spagnuolo ecco due grandiosi complessi conventuali barocchi: “Santa Maria dei vergini” e il Complesso dei “Padri della Missione”, quest’ultimo eseguito su progetto dell’architetto Luigi Vanvitelli.

Proseguendo lungo la strada, una fermata è d’obbligo a due eccellenze nel campo del food partenopeo come la splendida pasticceria “Poppella” diventata famosa per aver creato un dolce chiamato “Fiocco” che ne evoca tutta la sua straordinaria delicatezza, e poi la storica pizzeria “Concettina ai tre santi” dove l’arte della pizza si tramanda da generazione in generazione e dove è possibile lasciare una pizza “sospesa” ovvero pagata per i meno fortunati.

Il delizioso dolce Fiocco di Neve – Foto da dissapore.com
Pizza Margherita – Foto da Cook, racconti di cucina.it 

Il quartiere Sanità fu scelto dallo stesso architetto Ferdinando Sanfelice, per la fama di salubrità di cui godeva questo luogo, per edificare il palazzo che sarebbe servito ad ospitare la propria famiglia. Sanfelice decise di restaurare un edificio preesistente e di costruirne uno ex novo, realizzando due portali gemelli sormontati dalla figura della mitologica sirena Parthenope. Oggi il palazzo si presenta in uno stato di forte degrado ma le strutture e la famosa scala sanfeliciana rivelano il suo glorioso passato.

Una piccola diramazione conduce a Via Antesecula dove una semplice lapide di marmo bianco, affissa sulla facciata di un anonimo palazzo sta ad indicare che qui al primo piano nacque uno dei più straordinari comici e attori del nostro tempo: Totò. Oggi grazie alla volontà degli abitanti del quartiere è possibile entrare nell’androne e vedere il piccolo balconcino della misera casa dove il principe della risata ha vissuto i primi anni della sua vita.

Da qui tornando indietro si prosegue fino ad arrivare alla straordinaria chiesa di Santa Maria alla Sanità sorta agli inizi del XVII sec. per custodire quello che per i primi cristiani costituiva un tesoro prezioso: le reliquie dei santi martiri. Queste furono ritrovate all’interno delle catacombe che prendono il nome da San Gaudioso, vescovo di Abitinia, qui sepolto. Ed è in queste catacombe, sorte al di furori delle mura cittadine, che fu ritrovata una delle più antiche effigi raffiguranti la vergine Maria: “La Madonna della Sanità” così chiamata perché considerato un dipinto miracoloso che procurava sanità fisica e sanità spirituale!

L’interno della chiesa di Santa Maria alla Sanità – Foto da catacombedinapoli.it

La chiesa è sormontata da una spettacolare Cupola ricoperta di maioliche, all’interno vi è la zona absidale sopraelevata su di una scala in marmo a doppia rampa, che come in un abbraccio accoglie, protegge e custodisce il teatrale ingresso alle catacombe, e alle spalle il chiostrino di forma ellittica, unico esemplare in tutta Napoli.

L’interno della chiesa di Santa Maria alla Sanità – Foto di
“Ho visto Nina volare

Quest’ultimo fu interrotto nelle sue forme dai piloni del famoso “ponte della Sanità” fatto costruire da Giuseppe Bonaparte e successivamente da Gioacchino Murat agli inizi del 1600, per favorire il collegamento tra la città e la nuova reggia di Capodimonte iniziata pe volere di Carlo di Borbone nel 1738.

Ponte della Sanità

Oggi il ponte porta il nome di Maddalena Cerasuolo eroina antifascista che partecipò attivamente alle “Quattro giornate di Napoli”, l’insurrezione popolare che si svolse a Napoli nel settembre 1943 per liberare la città dall’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale.

               Lasciando alle spalle il ponte, attraverso un dedalo di stradine in salita, si giunge al Cimitero delle Fontanelle, il nome Fontanelle ricorda gli antichi rigagnoli di acqua che in passato scendevano dalla collina e che durante i temporali si trasformavano in pericolose colate di fango che causavano diversi danni alle chiese e alle case costruite in questo luogo.

Il cimitero si presenta come una grande cava che ricorda le grotte di forma trapezoidale scavate in epoca greca e usate come luoghi di culto, luoghi di sepoltura o semplicemente come cave di tufo.

In questo ambiente straordinario simile ad una cattedrale scandita da tre navate sono ammassati e ordinati teschi ed ossa appartenuti a migliaia di persone, qui trasportate dalle terre sante delle chiese o dalle fosse comuni, dopo le grandi calamità naturali che colpirono la città come la peste e il colera.

Nel 1800 le “maste” del rione, ovvero le donne cha abitavano questo quartiere, insieme al parroco per un sentimento di pietas verso i defunti, ripulirono e risistemarono tutte le ossa per dare degna sepoltura a queste anime “pezzentelle” ovvero appartenute alla povera gente e nacque così l’opera caritatevole di celebrare in questo luogo messe in suffragio delle anime del purgatorio.

Carovane di persone il lunedì ed il martedì giungevano qui a pregare per tutte quelle persone che non avevano avuto chi pregasse per loro e per questo soffrivano le pene del purgatorio.

Così tanti napoletani cominciarono ad “adottare un teschio”, a pregare per lui, a ripulirlo, prendendosene cura finché questi non avesse raggiunto il “refrisco” ovvero il Paradiso.

Ma per quel misto tra sacro e profano, che tanta parte ha nella cultura partenopea, i napoletani cominciarono a chiedere grazie ai defunti, dal posto di lavoro alla salute, dal trovare marito ai numeri al lotto. Quei teschi divennero così come persone di famiglia a cui affidare tutte le proprie disgrazie quasi come se ad aver bisogno di essere rifriscati ovvero risollevati delle proprie pene dovessero essere i vivi e non i morti.

Questo luogo è popolato di personaggi a cui la tradizione popolare ha voluto dare un nome e una storia come “Marianna ‘a capa che suda”, l’unico teschio sempre lucidissimo, o il “Capitano”, il teschio dall’occhio nero che secondo la leggenda fu provocato da un giovane sospettoso perché che la sua ragazza trascorreva troppo tempo a pregare in questo luogo.

Oggi il quartiere sanità con le sue storie, i suoi abitanti, i meravigliosi palazzi nobiliari, i ricchi complessi conventuali, le catacombe di San Gennaro, San Gaudiose e San Severo resta uno dei luoghi più affascinanti della città.


Ciao, sono Roberta Paparo, guida turistica della Regione Campania dal 2011 e laureata in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Amo il mio lavoro perché adoro la mia terra e tutto ciò che di bello ha da offrire.
Lavorare come Guida mi dà al possibilità di studiare e scoprire aspetti sempre nuovi ed interessanti del territorio campano, dalle bellezze storico-artistiche a quelle del paesaggio, dalle tradizioni popolari e folkloriche alle leggende e ai miti, rinnovando le mie conoscenze e visitando luoghi diversi ogni giorno.
Inoltre, amo anche l’arte a 360°, dalle arti figurative al teatro, dalla danza alla musica. Proprio per questo, recito  nella compagnia teatrale amatoriale “Gli ardisti” da oltre 20 anni ed ho partecipato a diversi laboratori teatrali che mi hanno aiutata anche nell’approcciarmi in modo diverso rispetto ad una semplice visita guidata, cercando di coinvolgere i turisti in una esperienza che gli permetta di essere protagonisti e non passivi ascoltatori, con la speranza che tornando a casa possano portare con sé un po’ di Napoli nel cuore.

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