Romagnatrekking – Le Foreste Casentinesi… in bianco

Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna è una straordinaria area protetta, ampia oltre 36mile ettari, che riserva soprese in ogni stagione dell’anno: in primavera i suoi faggi (che gli sono valsi il titolo di Patrimonio UNESCO) ricoprono monti e valli con il loro verde brillante, in estate gli splendidi colori di orchidee e farfalle rendono indimenticabile passeggiare sui prati e lungo i sentieri, in autunno si resta incantati dalla tavolozza dei colori che il cosiddetto “Fall Foliage” ci mostra. Ma oggi parliamo del Parco in veste invernale, sì perché anche nella stagione fredda è possibile fare incontri e stupirci di fronte ad un paesaggio che ci catapulta in un mondo sospeso, fatto di silenzio e candore.

La foresta carica di neve

Per l’avventura di oggi non avremo solo gli scarponi ai piedi, ma anche le ciaspole: sono comodissime per camminare sulla neve e, rispetto alle vecchie racchette da neve di legno, sono molto tecnologiche e durature. Una volta acquistate potete usarle praticamente per tutta la vita (a patto di averne cura, ovviamente).

Negli anni in cui la neve abbonda le ciaspolate possono partire anche dall’abitato di Campigna. Noi invece oggi partiremo dal Passo della Calla, valico di confine posto a 1296m, tra l’Emilia Romagna e la Toscana: alterneremo i nostri passi un po’ in provincia di Forlì-Cesena e un po’ in provincia di Arezzo.

Il Parco in veste invernale

Percorriamo per poche decine di metri la SP94 del castagno che conduce fino all’impianto di risalita ed al campetto scuola sci Monte Falco, per poi piegare decisamente a destra su un sentiero parallelo alla strada ma spostato più a valle della stessa: era la vecchia mulattiera che il Granduca di Toscana, Leopoldo II Lorena, percorreva nei suoi viaggi da e per Campigna, ove si trovava il suo casino di caccia (ora Albergo Granduca).

Attenzione ai segnali! In inverno a volte spariscono…

Scendiamo camminando in una foresta mista di Faggi e Abeti bianchi: la “abieti-faggeta” (come viene chiamata in gergo tecnico questo bosco) è spontanea in natura, ma qui è dovuta alla presenza dell’abete bianco piantato oltre 1000 anni fa dai monaci camaldolesi. Senza quell’intervento selvicolturale ora avremmo una foresta mista di faggio-carpino-acero o altre specie, a seconda della quota di vegetazione.

Proseguiamo per alcune centinaia di metri fino alla deviazione per Campigna: ora dobbiamo risalire. Il pendio cresce dolcemente e così abbiamo la possibilità di ammirare i fusti colonnari degli abeti che svettano verso il cielo. Sembrano vere e proprie colonne di una cattedrale (ed è questo uno dei motivi per il quale i monaci lo hanno scelto). A mano a mano che si sale la presenza dell’abete diventa più rara per lasciare il posto alla faggeta pura: si definisce “puro” un bosco in cui più del 90% degli alberi sono della stessa specie.

Il Fosso dell’Abetìo

Sorpassiamo un bel fosso pieno di neve (ma attenzione: sotto ci scorre l’acqua!) per continuare a salire facendo zig-zag fra alberi schiantati a terra e nidi di Formica rufa, fino a spuntare nel parcheggio intermedio che si trova fra il passo della calla e il cosiddetto “parcheggio dei Fangacci”. A questo punto inseriamo nel nostro itinerario un pezzetto “wild” salendo un fuori-sentiero che va ad intercettare la strada forestale che conduce al parcheggio del Rifugio “Città di Forlì”, di proprietà del CAI forlivese.

In altre stagioni si lascia l’auto nel piazzale (una sbarra impedisce di proseguire con i mezzi) ed in circa 10 minuti si raggiungono i prati della Burraia ed il rifugio: la neve caduta di recente ha sepolto la sbarra, che ora non si vede, e noi scegliamo di proseguire per il sentiero basso, che da parcheggio, ci permette di raggiungere il rifugio dal basso.

Percorriamo il sentiero nella faggeta e attraversiamo quella che nella seconda metà del secolo scorso era una delle piste da sci del comprensorio di Campigna: le piste dei Prati sono abbandonate fin dagli anni 90, quando ha smesso di funzionare lo skilift di Monte Gabrendo e lo Chalet Burraia (quest’ultimo nuovamente gestito da circa una decina d’anni).

Giungiamo al rifugio, un mastodontico edificio degli anni ’60 e sovradimensionato per il territorio in cui sorge: da qualche anno la gestione è vacante e purtroppo non è più accessibile dai tanti ciaspolatori che in inverno lasciavano le ciaspole nel locale invernale per una cioccolata calda o uno strudel, o semplicemente per riscaldarsi un po’ dopo un’escursione notturna.

I sentieri di crinale

I prati della Burraia sono di fronte a noi, un’immensa distesa bianca che tocca il cielo: li risaliamo fino a giungere al crinale (sentiero 00) e buttare lo sguardo sulla vallata del Casentino. Lo spettacolo lascia senza fiato: il fondovalle, i versanti dei monti, i profili e le creste di altre montagne sullo sfondo… sembra una cartolina.

Avvicinandosi al crinale

Seguendo sempre il sentiero 00, sentiero di crinale, con il Monte Gabrendo che ci osserva dall’alto della sua cima rotonda, ci incamminiamo verso SudEst, in direzione del Passo della Calla. Sorpassiamo l’edificio della “Burraia” (conosciuto anche come “Casone”, per distinguerlo dal più moderno Chalet Burraia, poco più a valle) e scendiamo per il sentiero, a tratti largo e ben battuto, a tratti incuneato in strette gole scavate nel periodo primaverile ed autunnale da rivi d’acqua.

I faggi ci fanno sempre compagnia in questa discesa che, da quota 1450m dei Prati della Burraia, ci riporterà ai quasi milletrecento metri del Passo della Calla.

I Prati della Burraia

Laureato in Scienze Faunistiche, sono Guida Ambientale Escursionistica dal 2006 e fondatore di Romagnatrekking®. Innamorato fin da piccolo di montagna, natura e soprattutto di animali selvatici, da molti anni ho fatto di questa passione il mio mestiere.
Accompagno in escursioni giornaliere e trekking di più giorni, in ogni ambiente naturale e area protetta dell’Emilia-Romagna e d’Italia. Mi occupo di Outdoor Education per scuole di ogni ordine e grado. Organizzo anche corsi di aggiornamento per Guide GAE e per chiunque voglia saperne un po’ di più di Natura. Sono docente nei corsi di formazione per aspiranti Guide Ambientali Escursionistiche.
Sono il Responsabile delle Attività Didattiche del Museo Ornitologico “F.Foschi” di Forlì e collaboro con altri musei naturalistici.
“Camminare per me significa entrare nella natura. Ed è per questo che cammino lentamente, non corro quasi mai. La Natura per me non è un campo da ginnastica. Io vado per vedere, per sentire, con tutti i miei sensi. Così il mio spirito entra negli alberi, nel prato, nei fiori.” (R.Messner)
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