Sicilia carattere mediterraneo – I giardini storici di Palermo

Palermo, conosciuta prevalentemente come città d’arte multiculturale, è anche ricca di verde e giardini storici, con una vegetazione rigogliosa dove natura e storia si fondono.

I giardini sono una risorsa di grande valore per la collettività, essendo una testimonianza di vicende storiche, sociali, d’innovazioni a livello progettuale, di tecniche di coltivazione delle piante e di acclimatazione di nuove specie.

Dagli antichi viaggiatori arabi ai moderni viaggiatori del “Grand Tour” ci è stata tramandata l’immagine di una città rigogliosa, ricca di giardini e di sorgenti.

Con la dominazione araba (X eXI sec.) si disegna un paesaggio che, ancora oggi dove sopravvivono frutteti e giardini, mostra coincidenza tra utilità e bellezza. Il colto viaggiatore e geografo arabo al-Idrisi, che ha lavorato per decenni alla corte del re normanno Ruggero II, così descrive la capitale della Sicilia:

Palermo abbonda di alberi da frutta…e dentro la cerchia delle mura che tripudio di frutteti, quale magnificenza di ville e quante acque dolci correnti, condotte in canali dai monti”. Nel XII secolo i monarchi normanni circondano Palermo di parchi, che sono immagine di forza e di dominio su una natura piegata al soddisfacimento del piacere e del lusso, appropriandosi dello stile di vita degli arabi che, per due secoli, avevano dominato la Sicilia. In questi parchi i sovrani normanni costruirono i cosiddetti “Sollazzi”: residenze estive circondate da campi coltivati e laghetti artificiali, luoghi di diletto per soddisfare gli svaghi galanti e dedicarsi al più cavalleresco dei piaceri, la caccia.

Il primo di essi è Maredolce-La Favara, situato alle porte di Palermo e realizzato per volere di Ruggero II tra il 1130 e il 1150, su preesistenze arabe e, prima ancora, romane. Il nome deriva dall’arabo al-fawwara “la sorgente” che sgorgava alle falde del monte Grifone. L’edificio era circondato per tre lati dall’acqua di un lago artificiale che per le sue grandi dimensioni prese il nome di “Maredolce”, ricco di pesci provenienti da diverse regioni. Nei parchi si festeggia, si amoreggia ma si sperimentano anche nuove piante e nuove tecniche agronomiche e idrauliche.

A questo seguirono: la Cuba sottana, la Cuba soprana, la Zisa e l’Uscibene. I parchi e i giardini di Palermo sorti nei secoli del dominio islamico e poi normanno vanno attribuiti ad un modello paesaggistico ben definito, quello islamico. I giardini islamici nascono, per continuità storica e geografica, da quelli persiani. Il Corano ne esalta il valore simbolico e ne riprende le componenti paesaggistiche: l’acqua, l’ombra, gli alberi. Il giardino è lo spazio dell’aldilà; in attesa dei piaceri del paradiso gli Arabi mirano a conseguire qualcosa che gli somigli anche nella vita terrena.

Il palazzo della Zisa è il più celebre tra i “Sollazzi” dell’antico Parco Reale normanno del Genoardo. Il nome del parco deriva dall’arabo gennet-el-ardhy e significa “paradiso della terra” mentre il nome del castello al-Aziz (splendido, glorioso) è divenuto poi, nella parlata comune, Zisa. Infatti, in siciliano, il termine azzizzarsi significa farsi belli. E qui da noi sapersi azzizzare è un’arte!

Il Palazzo della Zisa oggi

L’imponente opera fu realizzata per volere del re Guglielmo I nel 1164, i lavori di decorazione e rifinitura furono completati negli anni successivi dal re Guglielmo II. A differenza del parco di Maredolce, nella Zisa l’acqua non circondava l’edificio, ma veniva generata all’interno della sala della fontana (iwan) versandosi poi attraverso una canaletta (shadhirwan) in due piccoli bacini quadrati interni per poi terminare nella peschiera esterna. Il rapporto di simbiosi tra l’interno e l’esterno del palazzo è rappresentato sia dal tema dell’acqua che da quello del giardino. C’è infatti un legame di continuità tra il giardino-paradiso esterno all’edificio e quello simbolico all’interno. L’idea del paradiso terrestre viene anticipata nella sala della fontana attraverso alcuni motivi scultorei: i capitelli con gli uccelli beccanti, i pesci scolpiti nella canaletta, e quelli mosaicati, due pavoni affrontati ai lati di una palma e due arcieri che scoccano le loro frecce verso gli uccelli nascosti tra le fronde di un albero.

Come metafora del paradiso coranico, era un giardino fatto di ombra, canali e bacini, animali esotici, orti e frutteti con alberi di ogni specie: aranci amari, limoni, fichi.

Con la decadenza del regno normanno e dei loro successori questo laico “paradiso in terra” cominciò a perdersi fino a che, dal Cinquecento in poi, esso fu più o meno malamente riutilizzato.

Ma cosa resta oggi?

Nel 2005 è stato inaugurato un giardino contemporaneo che con profusione di marmi e di cemento e con poca perizia agronomica ha cercato, non trovandolo, un rapporto con l’antica Zisa.

In virtù del clima mite e delle numerose sorgenti d’acqua, il territorio intorno Palermo è sempre stato un grande giardino attraente per gli occhi e ricco di ogni specie di alberi e di frutta. La Conca d’oro è la pianura sulla quale è adagiata la città, circondata da monti ed attraversata al centro dal fiume Oreto. Era un giardino rigoglioso di colture, in special modo di limoni da cui deriva il toponimo che richiama il colore di questi agrumi giunti a maturazione. Oggi lo scenario è totalmente diverso: la città si è estesa e sono rimasti ben pochi agrumeti a caratterizzarla. Eppure, guardandola da Monreale si può ancora intuire la bellezza che fu.

La Conca d’Oro

Nel XVIII secolo, tra il fenomeno della villeggiatura e il desiderio di investire in agricoltura, i nobili palermitani popolano la campagna di ville. Sorgono nuovi borghi di contadini e, sul finire del secolo, è la città stessa che si proietta fuori dalle mura che l’hanno contenuta fin dal Medioevo.

Nel corso del Settecento Palermo fu per un breve periodo sotto il regno sabaudo (1713-1718); quindi fu dominio della corona austriaca (1720-1734) per passare poi nelle mani dei Borboni (1734-1860).

Ed è proprio nella seconda metà del secolo che nasce a Palermo il primo giardino pubblico, Villa Giulia, (1777) un autentico salotto verde per la città. Nota anche come la Flora o il Giardino del Popolo, la villa prese il nome della moglie del vicerè Marcantonio Colonna di Stigliano, Giulia Guevara D’avalos. I lavori furono diretti dall’architetto Nicolò Palma che sul piano di S. Erasmo, fuori dalle mura della città, al termine della passeggiata a mare, disegna un giardino formale a impianto geometrico con viali ortogonali e diagonali che dividono ordinatamente lo spazio quadrato. Allegorie, elementi simbolici, sottili rimandi alla massoneria, rendono Villa Giulia un luogo carico di bellezza e di mistero.

Villa Giulia – Foto di l0da_ralta

Lo spazio fu pensato come un luogo per intraprendere un percorso iniziatico che porterà il visitatore alla ricerca dell’evoluzione spirituale. L’obiettivo è quello di predisporre l’anima e lo spirito alla comprensione delle leggi della natura.

Johann Wolfgang Goethe lo definì un giorno “il più meraviglioso angolo della terra” ed è qui che, durante le sue visite a Palermo, si fermava per leggere Omero.

La villa presenta due ingressi: uno dal lato del mare, di fronte al Foro Italico, uno da via Lincoln, a pochi passi dall’Orto Botanico. L’ingresso principale, attraverso un arco monumentale, porta alla statua del Genio di Palermo, realizzata nel 1778 dallo scultore Ignazio Marabitti. Il Genio, nume tutelare della città, con un serpente, un cane e una cornucopia, simboli di prudenza, fedeltà e abbondanza.

Il Genio di Palermo – Foto di
Giuseppe ME

Al centro della villa, sorretto da un putto, c’è l’orologio Dodecaedro in marmo costituito da orologi solari.

L’Orologio Dodecaedro – Foto di Giuseppe ME

Nel corso del XIX secolo la Villa subirà importanti interventi di restauro e riqualificazione. Lo spazio centrale fu adornato nel 1866 con le esedre in stile pompeiano disegnate da G. Damiani Almeyda, furono inserite nuove specie subtropicali provenienti da tutto il mondo. Ci sarà anche una collina romantica, con finte rovine, un laghetto, uno zoo, statue di poeti e musicisti ed infine il “sepolcreto dei siciliani illustri”. Tutto ciò ha attenuato la severità di forme e la geometria delle aiuole di carattere illuministico.

Oggi come allora il giardino riscuote grande successo. Non è forse il più frequentato dai palermitani ma rimane un luogo suggestivo e con una vegetazione rigogliosa. Palme, dracene, platani, yucche, pini, araucarie, lecci arricchiscono questo angolo meraviglioso decantato dal Goethe.

Non troppo distante da Villa Giulia, sempre nello storico e vivace quartiere della Kalsa, c’è il Giardino Garibaldi. Nel 1863 Giovan Battista Filippo Basile ricevette l’incarico dalla Giunta Municipale di Palermo, di realizzare una piazza-giardino, nel Piano della Marina, un quadrilatero irregolare circondato da palazzi nobiliari che era stato il luogo di esecuzioni capitali, di spettacoli e giostre. L’architetto realizzò uno spazio verde poco più grande di un ettaro, con viali e aiuole ricche di specie arboree. Il giardino fu chiuso da una bellissima recinzione in ghisa progettata dallo stesso Basile che progettò inoltre un riparo per il custode, il cosiddetto “chalet elvetico”, posto all’ingresso del giardino.

Il giardino Garibaldi – Foto di l0da_ralta

Le piante oggi presenti sono solo in parte gli esemplari impiantati in origine. Ma qui troverete uno degli alberi più famosi e rappresentativi della città: un Ficus macrophylla subsp. columnaris, noto come Ficus magnolioides Borzì, nome che richiama la somiglianza delle sue foglie a quelle della Magnolia grandiflora. Un albero monumentale con un labirinto di rami e radici, alto 30 metri con una chioma, fra le più grandi d’Europa, dal diametro di 50 metri, chiamato anche albero strangolatore poiché diffonde le sue radici tabulari causando il soffocamento delle piante circostanti. Questo albero esotico, proveniente dall’Australia, fu impiantato nel giardino nel 1876 ed è figlio di quello presente nell’Orto Botanico della città più anziano di 30 anni.

Il Ficus macrophylla subsp. columnaris, noto come Ficus magnolioides Borzì – Foto di Gmihail 

Non c’è turista che non passi da qui per vederlo e soprattutto fotografarlo!

Negli ultimi anni il Ficus ha subito diverse potature ed interventi al fine di curarlo e preservarlo da possibili malanni. Questo monumentale albero è stato inoltre testimone immobile di un tragico evento, infatti si trova a pochi metri di distanza dal luogo dove, nel 1909, fu ucciso il famoso poliziotto italo-americano Joe Petrosino, arrivato a Palermo dagli Stati Uniti per combattere la mafia. Nella villa ci sono busti scultorei tra i quali il più importante è proprio quello di Giuseppe Garibaldi.

E adesso spostiamoci nel quartiere residenziale di Palermo lungo la strada, nata nel 1848 per dar lavoro al popolo e adornare la città, chiamata “della Libertà”, che prolungava via Maqueda in direzione del Parco della Favorita. Qui è nata una vera e propria oasi di verde in pieno centro, il Giardino Inglese (oggi Parco Piersanti Mattarella).

Il Giardino Inglese – Foto di l0da_ralta

Nel 1851, su oltre cinque ettari, utilizzando le irregolarità del terreno, gli anfratti e le grotte, resti di un’antica cava di pietra, fu creato un paesaggio che rimandava ai pittori romantici, a quella moda, nata nel Settecento in Inghilterra, che si ispirava alle forme irregolari della campagna. Sorprendere il visitatore e creare immagini idilliache divennero le regole del giardino paesistico, oltre alla predilezione per un paesaggio ondulato, viali sinuosi, boschetti, fontane, statue. Lo stile del giardino paesistico ebbe un’importante influenza sulla pianificazione del verde pubblico nelle città ottocentesche.

Ma vediamo subito come si presenta quello di Palermo.

Il progetto del Giardino Inglese fu realizzato, ancora una volta, dal grande architetto Basile su indicazione di Vincenzo Tineo, all’epoca Direttore dell’Orto Botanico della città.

La grande strada,via della Libertà, divideva in due parti il giardino: il Bosco e il Parterre.

Il Bosco ha perso buona parte della complessità del progetto del Basile per il quale risultava composto da promontori e vallate che creavano tra pagode, castelli, torri saracene, una serra e busti di personalità classiche,  suggestivi ambienti esotici. Per rendere l’atmosfera ancora più esotica furono inserite piante provenienti da tutto il mondo. L’intento del Basile era di ricreare in chiave romantica il giardino delle delizie degli emiri arabi che avevano governato la Sicilia nei secoli passati. Bellissima la fontana con i “Bambini che giocano” del Rutelli che incantano per la naturalezza dei loro movimenti in mezzo agli schizzi d’acqua.

Il Parterre è oramai un piccolo spazio a parte, conosciuto una volta come giardino Garibaldi per via della statua equestre dell’eroe dei due mondi. Statua realizzata da Vincenzo Ragusa con alla base il leone ruggente, opera di Mario Rutelli, eretto al posto di un laghetto inaugurato in occasione dell’Esposizione Nazionale del 1891-92. Il piccolo giardino, oggi è intitolato a Giovanni Falcone e alla moglie Francesca Morvillo.

Nonostante le trasformazioni che il progetto iniziale ha subito nel corso dei decenni, il Giardino Inglese è senza dubbio il parco più frequentato dai palermitani, un luogo ancora ricco di fascino e bei ricordi.

La città ha tantissimi altri giardini pubblici e privati che aspettano di essere scoperti, esplorati, visitati.

In questo momento in cui siamo più o meno tutti chiusi nelle nostre case, con le nostre vite sospese, è difficile immaginare di potere tornare alla normalità in tempi brevi. Che la lettura di questo mio nuovo articolo, interamente dedicato al verde, possa farvi dimenticare il colore della vostra regione nella speranza di poter tornare nuovamente a viaggiare e non solo immaginare di farlo.

Vi aspetto a Palermo!


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Mi chiamo Paola Ponte e sono una guida turistica dal 1997, laureata in Storia dell’Arte, parlo francese, inglese e spagnolo. Vivo a Palermo dove svolgo principalmente la mia professione, abilitata inoltre per tutta la Sicilia.
Le tre parole che descrivono meglio il mio lavoro sono: passione, condivisione, bellezza. E’ un lavoro emozionante e non avrei potuto scegliere di meglio. Ogni giorno è diverso, nuove opportunità, straordinarie esperienze, la fortuna di conoscere persone nuove e condividere con loro l’amore per la mia terra.
La Sicilia è una terra antica, fatta di storia, arte, leggende, tradizioni e con una natura esplosiva. Ecco perché un viaggio in Sicilia è sempre una buona idea!
Per saperne di più leggi gli articoli che ho scritto per il blog e troverai tanti consigli utili per vivere un’esperienza unica!

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