Piccola grande Umbria – Storia di un frate e di una reliquia rubata

Siamo a Chiusi, in Toscana, è il 1473. In una fresca notte estiva di luglio, forse il 23, tutto tace nel tranquillo convento di San Francesco che, tra i suoi fratelli, ospita da circa tre anni un inquilino un po’ turbolento, alto, pingue e panciuto, dai crespi capelli (come descrivono le fonti dell’epoca). Si tratta del frate di origine tedesca Vinterio; egli non è il tipico fraticello in odore di santità, ha infatti già passato una quarantena in carcere, con i ceppi ai piedi e le catene alle mani, torturato e accusato di aver rubato alcuni calici a Città della Pieve (misfatto che non confesserà mai). Quella notte Vinterio non riposa, da tempo sta macchinando la sua vendetta per l’ingiusto trattamento e la conseguente fuga. In una manciata di secondi si issa su di un cavallo e scappa dalla comunità, nascondendo qualcosa nelle pieghe del saio: un anello non fatto di oro, di pietre preziose e di smalti lucenti, non finemente lavorato, ma simbolicamente importante per la cristianità, in quanto è l’inestimabile dono che, secondo la tradizione, Giuseppe diede alla Vergine nel giorno del matrimonio, ovvero quello che oggi è conosciuto come il Sant’Anello.

Chiostro del Convento di San Francesco, Chiusi

Il 3 agosto, nel giorno dell’Ostensione della reliquia, gli abitanti di Chiusi scoprono con orrore indicibile il furto e realizzano che da sei giorni Vinterio ha lasciato il convento; subito mandano i frati Andreozzo e Lorenzo, aiutati dal perugino mastro Jacopo, alla ricerca del ladro, il quale solo due giorni dopo viene trovato e incarcerato a Perugia, ahimé senza anello con sé, poiché nel frattempo il prezioso oggetto è stato ceduto a un certo Luca di Francesco Giordani o “delle Mine”, che a sua volta l’aveva consegnato ai Magistrati della città. Da quel momento, per ben tredici anni i chiusini tentano di farsi riconsegnare la reliquia ma Perugia, che forse è addirittura stata la mandataria della malefatta e ha scarcerato e accolto con alcuni privilegi Vinterio, se ne approprierà per sempre. Infatti, se oggi volete ammirare il Santo Anello durante una delle esposizioni al pubblico, dovete entrare nella Cattedrale di San Lorenzo a Perugia, dove si trova la cappella dedicata al sacro oggetto (già Cappella di San Giuseppe) che è lì conservato dal 31 luglio 1488.

Cappella di San Giuseppe o del Santo Anello, Perugia, Duomo di San Lorenzo. Foto scattata da Luca d’Amato (come anche il dettaglio in apertura all’articolo).

A quelle date, i Priori delle Arti, coloro che governavano la città, avevano disposto la creazione di un bell’altare ad opera dello scultore fiorentino Benedetto Buglioni (capolavoro non sopravvissuto), una soprastante cella incavata atta ad ospitare la reliquia entro un forziere ferrato, chiuso da 14 chiavi proprietà delle Istituzioni politiche e religiose cittadine, e una grata per proteggerlo; infatti, dopo aver tenuto per quindici anni l’oggetto nel loro luogo di culto privato che Benedetto Bonfigli stava dipingendo, all’interno del Palazzo del Potere, scelgono di porlo al centro della devozione perugina, nel Duomo della città.

Pietro Vannucci detto Perugino è incaricato di eseguire il maestoso dipinto raffigurante lo Sposalizio della Vergine mentre la bottega degli orafi Federico e Cesarino del Roscetto realizza un mirabilissimo reliquiario nel 1511.

F. e C. del Roscetto, Reliquiario del Sant’Anello, 1511, Perugia, Duomo di San Lorenzo.

La Pala, realizzata intorno al 1504, con la sua composizione simmetrica e armoniosa sul modello della precedente Consegna delle chiavi a San Pietro (1481-82)dello stesso pittore presso la Cappella Sistina in Vaticano, non sfugge al gradimento delle truppe napoleoniche, che la portano via. Attualmente, l’opera si trova ancora in Francia, al Musée des Beaux-Arts di Caen.

Pietro Vannucci detto Perugino, Sposalizio della Vergine, 1504, Caen, Musée Des Beaux-Arts.

Per questo motivo, oggi, al suo posto nella Cappella del Santo Anello si trova un dipinto ottocentesco di eguale tema, eseguito da Jean Baptiste Joseph Wicar; tuttavia, Perugino è stato di gran lunga più fortunato del giovane Raffaello (in merito alla sorte dei suoi quadri in Umbria vedi il mio articolo di dicembre intitolato “Dove trovare le opere di Raffaello in Umbria”!) e molti suoi capolavori sono rimasti a pochi passi dal Duomo, custoditi in vari siti museali di rilievo: la Galleria Nazionale dell’Umbria, il Nobile Collegio del Cambio, la Cappella di San Severo, Palazzo Baldeschi al Corso…

J. B. J. Wicar, Sposalizio della Vergine, 1825, Perugia, Duomo di San Lorenzo, Cappella del Santo Anello. Foto scattata da Luca d’Amato.

Riguardo alla veridicità della reliquia sappiamo solo che essa sia antica, riferibile al I secolo e che il rito nuziale ai tempi di Cristo contemplasse effettivamente la consegna di un anello, una cintola o altro oggetto da parte dello sposo (nessuno scambio di fedi come è in uso invece oggi): l’Evangelista Luca (Lc. 1, 27) racconta di una vergine, Maria, promessa sposa di un uomo della casa di David, Giuseppe; nessuno scritto narra alla lettera la cerimonia ma sappiamo che il rito ebraico antico era composto da due parti, l’una concepita come un fidanzamento ufficiale e legata alla promessa, con consegna di un oggetto, benedizione e sottoscrizione di un contratto letto pubblicamente; l’altra, la festa vera e propria, che seguiva anche dopo molti mesi, talvolta un anno, dava l’avvio alla vita di coppia, ovvero alla convivenza legale.

J. B. J. Wicar, Sposalizio della Vergine (dettaglio), 1825, Perugia, Duomo di San Lorenzo, Cappella del Santo Anello. Foto scattata da Luca d’Amato.

Lo spoglio anello di cui dispone Perugia e il cui materiale di fattura è stato oggetto di dibattito nel corso dei secoli, viene adornato nel XVI secolo con una grande pietra turchina a forma di croce in oro e diamanti donata dalla famiglia di Luca delle Mine. Nel 1716 Ippolito della Corgna fa realizzare l’attuale ciondolo a forma di corona, in argento dorato decorato da rubini, diamanti e pietre preziose, che funge da coperchio della pisside argentea entro la quale è custodita la reliquia nei momenti in cui non è esposta al popolo e alla quale resta appesa nei giorni dell’Ostensione.

La reliquia, costituita da un anello di quarzo-calcedonio datato al I sec. d. C. e sormontato da un ciondolo a corona del 1716.

Infatti, il prezioso manufatto non è sempre nascosto agli occhi dei credenti come appare nelle foto della Cappella scattate il 15 gennaio 2021, sopra il dipinto e dietro il drappeggio rosso; periodicamente, nel corso dell’anno, viene fatto calare dalla cima dell’altare e il tabernacolo entro il quale è conservato viene aperto, cosicché la reliquia sia visibile ad altezza d’uomo al centro dell’ambiente.

Immagine dell’anello durante l’Ostensione. Foto presa dal Web.

L’Anello, considerato una reliquia dal valore taumaturgico, ovvero dalle proprietà terapeutiche e miracolose, oggetto di pellegrinaggio, ispira anche una sua Compagnia a carattere religioso devozionale, a cui aderiscono cittadini e cittadine di tutti i ceti sociali, sottoscrivendo una Matricola: una matricola è un foglio manoscritto in cui sono riportati i nomi dei partecipanti, circa 1300 tra il 1487 (anno della costituzione della Compagnia) e il 1542. L’originale è oggi conservato presso la Biblioteca Comunale Augusta di Perugia.

Nel 1506, il frate di Magonza Vinterio, iniziatore della vicenda appena raccontata, muore. Egli viene seppellito proprio nella cappella in cui è collocato l’oggetto da lui portato in città e sarà per sempre ricordato in maniera ambigua: da una parte, quella chiusina, con un accecante odio, dall’altra, quella perugina, con un’eterna gratitudine.

Busto dedicato a Vinterio, Perugia, chiostro maggiore di San Lorenzo.

Per il seguente articolo è stata fondamentale la consultazione del volume pubblicato nel 2005 dal Comune di Perugia e intitolato “Il Santo Anello. Leggenda, storia, arte, devozione”. Si ringrazia il mio amico Luca d’Amato che si è recato personalmente a scattare le foto di cui necessitavo.


Ciao, sono Gioia! La mia vita è eternamente legata a due regioni: l’Umbria, mia terra d’origine e di residenza e la Toscana, il luogo che mi ha fatto comprendere quale fosse davvero la strada giusta da percorrere: l’arte e la promozione del Patrimonio culturale locale.
Ho incentrato infatti la mia tesi di laurea di Storia dell’arte sugli affreschi aretini del Quattrocento e poi ho scelto di diventare una Guida turistica abilitata a Firenze e Accompagnatrice turistica. Lì, tra i Palazzi appartenuti alla famiglia de’ Medici e i grandi artisti del Rinascimento, ho trovato per qualche anno la mia dimensione ideale; il mio cuore, però, mi ha lentamente riportato a fare tour anche a Perugia, Assisi, Spoleto e tutti quei centri caratteristici dell’Umbria, in cui si trovano scorci fiabeschi e interessanti musei presso tre dei quali lavoro anche come dipendente.
Ad essere sincera non c’entra solo il cuore, ma anche la gola: non riesco proprio a dir di no ai piatti e prodotti tipici quali salumi, formaggi, olio, tartufo ma anche agli ottimi vini, da provare assolutamente più di una volta nella vita, senza trascurare il fatto che la mia città di nascita, Perugia, è considerata la patria del cioccolato grazie al famoso Bacio Perugina. Seguimi per delle esperienze emozionanti, per gli occhi e…per la pancia!
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