Intervento divino o miracolo della Natura?
La Montagna Spaccata è un luogo che ho visitato migliaia di volte ma nasconde sempre un nuovo dettaglio, una sfumatura impercettibile.
Ogni volta, la montagna svela un piccolo segreto che non avevo ancora colto, qualcosa di diverso e magico che si trasforma a seconda che ci sia il sole o che ci sia un cielo gonfio di pioggia con il vento di libeccio che incanala il rombo del mare nella spaccatura.
Ogni volta che sfioro le ferite di quella roccia, penso alle migliaia di mani che per secoli le hanno toccate in un rito di devozione verso il luogo, rendendole lisce come marmo.
Siamo a Gaeta, sulla costa tirrenica e questo sito magico è incastonato nel promontorio di Monte Orlando, dal 1996 area protetta del Parco Regionale Riviera di Ulisse.

Circondato dal mare, il monte ha una età indefinibile che si perde milioni di anni addietro quando nacque dalle profondità marine per emergere poi come un bastione naturale che il vento e le onde hanno poi scavato e lavorato, creando uno spettacolo unico al mondo come le spaccature profonde che attraversano la roccia di cui tre ben visibili, alte falesie che hanno legato per sempre la loro natura ad una leggenda.
Come ci ricorda Omero, che fa approdare Ulisse su queste coste, gli antichi conoscevano la triplice spaccatura della Montagna e la usavano come un segnale per indicare la vicinanza di un porto calmo e sicuro: la chiamavano Telépulon – Lontana Porta.
Le falesie si innalzano in verticale a circa 120 metri sul livello del mare e hanno qualcosa che ferma lo sguardo, sembrano un miracolo e di miracolo parliamo se vogliamo ascoltare la leggenda che le circonda.

Tutto inizia con le parole di Matteo, l’Evangelista:
Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: Elì, Elì, lemà sabactàni?
Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: Costui chiama Elia. E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!
Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono.
Nel 33 dC quindi, a detta del Vangelo più antico del mondo, la Montagna si spaccò in tre parti e fu una fede cieca nelle parole di Matteo che, dieci secoli più tardi, spinse un gruppo di monaci benedettini a fondare un piccolo monastero in questo luogo deserto, utilizzando forse i ruderi di una villa romana che si affacciava su una delle tre spaccature del monte, oggi conosciuta con il nome de La Grotta del Turco.
Già nel I secolo aC infatti, qualcuno aveva scelto questo luogo ameno e solitario per dimorarvi, fuori dai campi di battaglia: il suo nome era Lucio Munazio Planco, luogotenente nella legione di Giulio Cesare e così innamorato di Gaeta da voler edificare la sua tomba sulla vetta del promontorio, non lontano dalla sua villa.
Muro In Opus Reticulatum Della Villa
Mausoleo L.M. Planco DettaglioIl Santuario della SS Trinità
Il più antico documento che nomini la SS Trinità di Gaeta, costruita sulle propaggini del promontorio a ridosso delle spaccature, risale però al 1071 ma la sua fondazione è sicuramente antecedente e si può porre tra il 930 e questa data.
È un monastero benedettino piccolissimo, il terzo nel territorio della città di Gaeta, che però raggiunge ben presto grande importanza e soprattutto autonomia, grazie alla devozione per il luogo che allarga i cordoni delle borse dei nobili: tra le carte sopravvissute al tempo, alle distruzioni e ai saccheggi degli invasori troviamo tutte le donazioni ricevute e ampiamente documentate dal 1086 fino al 1309.
Ma è anche la fede a mantenere vivo questo luogo in tempi di guerre e invasioni fino agli inizi del 1400 quando la sua storia sembra essere arrivata ad un epilogo.
Nel 1419 il titolo di abate della SS Trinità di Gaeta verrà ridotto a semplice commenda ma non si conosce la data in cui cessò di esistere la comunità religiosa. La Santa Sede però si troverà in difficoltà nel nominare il nuovo amministratore di quel luogo desolato e assisterà a litigi furibondi tra l’importantissimo Istituto di carità della SS Annunziata, fondato nel 1321 e il Monastero Benedettino di San Michele in Planciano, situato poco lontano.
I monaci benedettini la spunteranno e la SS Trinità verrà subordinata a questi ultimi.
Ma perché tanto interesse all’improvviso verso quel luogo deserto?
La devozione popolare durante quegli anni non si è mai spenta anzi, le moltitudini che accorrono sentono ancor più il fascino religioso del luogo, di questo precipizio che si apre sprofondando a picco nel mare e lascia intravedere l’orizzonte lontano.
Sul ciglio del crepaccio ci si ferma a pregare, ricordando le parole del Vangelo secondo Matteo e desiderando di raggiungere il versante della spaccatura che si apre sul mare come se fosse una porta verso l’Altissimo.
E il cielo sembra ascoltare.
Una mattina come le altre, riuniti in preghiera innanzi alla spaccatura, i fedeli si accorgono che un grosso masso si è staccato dall’estrema vetta andando ad incunearsi nella stretta ferita rocciosa, sospeso a circa 40 metri nel crepaccio.
È un segno che non si può sottovalutare, è la risposta alla preghiera dei devoti ed è necessario raggiungere quel masso distante, in bilico tra cielo e mare.
L’impresa è ardua, la falesia è verticale ed il masso lontano ma la fede è più forte. Sarà il popolo, la gente comune a riuscire a costruire un rudimentale collegamento e a raggiungere quel segno caduto dal cielo. Sarà stato come allunare?
Certo è che i fedeli non si fermano qui: costruiscono una piccola cappella proprio su quel masso incastrato e segneranno durante i secoli il cammino all’interno della spaccatura incidendo la roccia per creare le stazioni di una Via Crucis pietrificata.
Questi medaglioni emergono oggi dalle pareti della scalinata che porta alla Cappella della SS Crocifisso e hanno la lucentezza del marmo per il passaggio di migliaia di mani devote che li hanno sfiorati.
Una curiosità?
Non troveremo quattordici stazioni della Via Crucis come da tradizione bensì diciotto: presi dal fervore della fede, non stettero lì a contare e si dimenticarono anche di lasciare una data che ricordasse quell’evento prodigioso, una data che possiamo collocare a grandi linee nella seconda metà del 1400.
La grandezza di questo luogo è proprio in questa semplicità: fede e devozione hanno guidato i fedeli, indifferenti a qualsiasi riconoscimento postumo che non sia il Paradiso mentre politici o religiosi avrebbero sicuramente inciso una data ed un nome ad eterna memoria.
La Spaccatura Centrale Medaglione 1 Via Crucis Medaglione 2 Via Crucis La Cappella Del Ss Crocifisso
Nella spaccatura centrale, la Natura si è divertita a lasciare altri segni della sacralità del luogo: un’impronta di una mano per sempre fissata nella pietra, l’incavo di un pugno sferrato con rabbia, un rivolo di acqua sorgiva che va a colmare una piccola acquasantiera scavata nella roccia.
Ed è l’ennesimo miracolo; un miscredente entra nella spaccatura della Montagna, deride i fedeli lì riuniti in preghiera declamando a gran voce la solidità della parete e sfrontatamente appoggia la mano contro la dura pietra che però cede alla sua spinta, facendo affondare le cinque dita nella roccia.
Questo ennesimo miracolo è troppo per un infedele! Preso da un impeto di rabbia, sferra allora il pugno chiuso che ancora affonderà nella pietra e lascerà sgorgare miracolosamente una sorgente di acqua naturale direttamente dalla roccia.
Il miscredente viene identificato con un Turco, lo stesso che approda con la sua nave nella spaccatura più a Sud-Est del promontorio che oggi ricordiamo come la Grotta del Turco.
Dobbiamo pensare che questa sovrapposizione dell’ infedele con un turco non viene mai citata prima del XVII secolo e d’altra parte, anche se i Turchi al comando del Sultano Solimano I cominciano a spingersi verso Occidente già nel XIII secolo, verranno riconosciuti con questo appellativo solo verso il XVI.
Sembra anche impossibile che il Turco possa aver ormeggiato la sua nave all’interno della grotta e poi abbia risalito la ripida falesia come un provetto scalatore, solo per deridere i fedeli riuniti in preghiera.
Ma questa è una leggenda e non ha bisogno di prove ma se volete scavare più a fondo e scoprire il confine tra fede e scienza, dovete solo visitare questo luogo e far combaciare la vostra mano con i segni lasciati nella roccia e poi guardare in basso, dove la falesia scompare nelle profondità del mare.
Oggi la Montagna Spaccata di Gaeta è visitata da migliaia di persone: fedeli, visitatori e amanti della natura come gli scalatori che affrontano le pareti verticali della roccia a strapiombo sul mare, immersi in uno scenario mozzafiato.
Che dire… Fede e Natura hanno fatto proprio un buon lavoro!



VALERIA SIMEONE
Ciao a tutti! Mi chiamo Valeria e sono guida turistica abilitata e accompagnatore turistico.
Sono nata a Gaeta, un’incantevole cittadina sul mare ricca di storia e baciata da una natura spettacolare ma ho vissuto tanti anni tra l’Umbria, Bologna e nove dei miei anni più belli a Venezia. Sono poi tornata nella mia città e qui ho scoperto il mestiere più bello del mondo: un lavoro che mi ha fatto guardare la mia terra con occhi diversi e mi ha insegnato ad amare questi luoghi profondamente. Gli anni vissuti in giro per l’Italia mi hanno poi reso più facile e appassionante il lavoro di Accompagnatore Turistico che svolgo in tutta Italia per clienti americani e australiani.
Come Guida Turistica invece, lavoro nella Regione Lazio e più esattamente nella Provincia di Latina. Una Provincia giovane che ha riunito due mondi storicamente diversi: il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa: una terra ricca di storia, leggende e non solo. La chiamano La Riviera di Ulisse!
Perché questo nome? Lo scopriremo insieme ed esploreremo i luoghi più belli di questa terra incantata perché si sa… con la guida è TUTTaUN’aLTRaSTORIa!
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Un miracolo della natura molto affascinante. Sei fortunata ad averlo ammirato così tante volte. Non ci sono mai stata ma credo che sia uno di quei posti capaci di scatenarmi profonde riflessioni interiori.