Natura & Avventura – Escursione agli Orridi di Montechiaro d’Acqui (AL)

L’acqua crea, l’acqua distrugge, l’acqua trasforma

Le cose più belle le puoi trovare spesso e volentieri in situazioni in cui non ti sogneresti mai, e quello che vedremo oggi è proprio uno di questi casi.

Nell’ultimo articolo avevamo visitato i calanchi, stupende formazioni geologiche che segnalano il passaggio di acqua di ruscellamento sui versanti argillosi e arenacei delle colline; l’escursione di oggi riguarderà sempre la roccia e l’acqua, andremo molto vicini a dove siamo andati l’ultima volta, torneremo a percorrere i calanchi ma stavolta ci spingeremo più in fondo, fin dove l’acqua continua il suo inesorabile processo di modellamento della terra. Oggi visiteremo gli orridi.

Gli orridi sono una particolare formazione rocciosa portata dallo scorrimento dell’acqua su substrati rocciosi in zone montane e collinari che dopo migliaia di anni di azione, riesce a scavare la roccia e a creare veri e propri corridoi con pareti verticali. Abbiamo già avuto modo di vedere un orrido in questa rubrica, si tratta dell’orrido di Foresto, nel quale avevamo percorso una bellissima via ferrata; ecco…quello che vedremo oggi non sarà così maestoso ma potrà comunque stimolare la nostra curiosità verso il mondo naturale.

La nostra escursione di oggi parte dal paese di Montechiaro D’Acqui, in provincia di Alessandria a pochi chilometri dal far west di Merana della volta scorsa; anche questo è un paese da far west: una strada che corre dritta tra due curve con le casette in mezzo rigorosamente allineate come in una delle migliori puntate di Lucky Luke.

Parcheggiamo la macchina vicino alla Pieve di Montechiaro, mettiamo in spalla lo zaino e iniziamo a seguire le indicazioni del percorso 577 (segnalato molto bene). È consigliabile portarsi dietro una borraccia d’acqua almeno da mezzo litro e qualche snack come scorta di zucchero; la camminata sarà lunga quindi sarà meglio portarsi anche una maglia di ricambio per far fronte a sbalzi termici.

La salita parte alla volta del borgo antico detto Montechiaro alto. Dopo qualche chilometro percorso tra cascine e campi coltivati, si arriva in questo splendido borgo dal quale si può avere una bellissima visuale quasi a 360 gradi sul panorama che ci circonda, panorama composto per lo più dai cari vecchi calanchi abitati dalle masche.

Consiglio vivamente una visita al borgo che è molto suggestivo e tranquillo.

Sulla strada principale, troveremmo i capannoni della pro loco, molto ben evidenti; proseguiamo nella direzione di questi capannoni ed usciamo dal paese; la segnaletica è molto ben curata perciò è impossibile perdersi.

Una volta usciti dal paese, inizieremo ad inoltrarci tra i prati e gli arbusteti seguendo un piacevole e rilassante sentiero in discesa, dal quale potremo apprezzare la vista delle colline davanti a noi e il paese che svetta in cima alla collina della quale stiamo raggiungendo la base.

Inizia la parte interessante dell’escursione

Il primo e non molto corto tratto di questa discesa è molto rilassante: attraversiamo prati, colorati qua e là da tarassaco (Taraxacum officinalis), primule (Primula vulgaris) e viole, per poi passare in mezzo a boschi non molto fitti, lungo i cui sentieri possiamo trovare querce (Quercus pubescens), aceri campestri (Acer campestre), ciliegi selvatici (Prunus avium) noccioli (Corylus avellana) e azaroli (Crategus laevigata).

Dopo aver percorso quest’affascinante passeggiata che ci avrà sicuramente ispirato molte poesie, iniziamo la salita su di un sentiero notevolmente esposto al sole in cui l’umidità scarseggia. Proprio qui, iniziamo a vedere un cambiamento della vegetazione dovuto proprio al cambio di mesoclima rispetto al versante in cui ci trovavamo poc’anzi. In questo punto iniziamo a trovare piante tipiche della vegetazione di macchia mediterranea, come la ginestra odorosa (Spartium junceum) e il ginepro comune (Juniperus communis).

Un posto decisamente rilassante

Lungo questo sentiero non è difficile ritrovare escrementi di lupo, ma niente paura, Ezechiele non pensa a noi; potete tranquillamente proseguire nel viaggio senza timore di essere sbranati, anzi, se trovate tracce di lupo ritenetevi fortunati ad aver avuto una prova tangibile della sua presenza.

Questo sentiero termina in corrispondenza di una piccola area di sosta: il “capanno degli amici”, una piccolissima e fatiscente capanna con tavolo e panchine imbellite alla bell’è meglio che però devo dire che il suo mestiere lo fa e anche molto bene. Per cui approfittiamone per sederci beviamo un sorso d’acqua (non troppo per non farci ballare lo stomaco), sgranocchiamo qualcosina (anche qui non esageriamo mi raccomando), rilassiamoci qualche minuto e mettiamo su carta le poesie che ci sono venute in mente finora.

E’ il momento di fermarsi, rifocillarsi e salvare la partita

Quando saremo di nuovo ad alti giri, intraprendiamo la parte successiva del sentiero, la discesa lungo il versante che ci condurrà dritti dritti agli orridi.

Questo versante presenta una vegetazione composta per lo più da querce, un clima secco e una grande quantità di rocce esposte. Lungo il sentiero iniziamo a trovare rocce arrotondate, indice di un antico passaggio di acqua che ne ha modellato la forma.

Esattamente di fronte a noi appare una parete di roccia verticale che diventa sempre più buia man mano che scende verso il basso e che la vegetazione ne nasconde la base; proprio lì sotto si trova il primo spettacolare orrido di questa escursione e percorrere il sentiero in discesa ci fa salire l’adrenalina.

Il sentiero va giù ma l’adrenalina va su

Arrivati in fondo, ci troveremo nell’alveo del torrente che per anni ha lavorato questi versanti un sassolino dopo l’altro e di fronte a noi, un incrocio di corridoi di roccia tra i quali il torrente continua la sua lenta azione.

La roccia più abbondante che compone queste pareti è un conglomerato, più precisamente una puddinga, un ammasso di rocce di diversa dimensione, che una volta arrotondate e depositate grazie all’azione dell’acqua, si sono cementate a formare un blocco unico. Osservando la parete in tutta la sua altezza, notiamo che la composizione della roccia non è uniforme: in basso notiamo degli strati a grana fine (arenaria) che vengono sovrastati da strati a grana grossa (conglomerato). Tutto ciò ha un ben preciso significato: ogni strato è stato deposto in un periodo geologico diverso, nel quale l’azione dell’acqua era ben differente rispetto ad un altro periodo. Strati a grana fine indicano periodi in cui il movimento dell’acqua avveniva ad intensità minori potendo trasportare così solo i frammenti più piccoli e leggeri; strati composti da rocce pesanti qualche chilo, indicano periodi in cui l’acqua scorreva a intensità molto più elevate, potendo così trasportare materiale più grosso e pesante.

Ma di quale acqua stiamo parlando? Parliamo del torrente? No. Stiamo parlando del mare.

Esatto, il mare. Tutta la zona del Piemonte ha origine subacquea e la maggior parte di quello che vediamo su queste rocce, come anche nella maggior parte delle rocce di questa regione, anticamente faceva parte del fondale di quello che viene chiamato il Bacino terziario piemontese: un antico mare che occupava questa zona migliaia di anni fa.

L’acqua crea, l’acqua distrugge, l’acqua trasforma. Quello che vediamo oggi è stato dapprima creato dall’azione dell’acqua durante migliaia di anni e successivamente distrutto e rimodellato da altra acqua per assumere la forma che vediamo oggi.

La roccia in questione presenta diversi strati a diversa grana, per cui possiamo capire che durante la sua formazione (migliaia di anni) si siano alternati periodi con un movimento dell’acqua a diverse intensità.

Guardando la roccia in tutta la sua altezza possiamo leggere la storia di questa parte di pianeta. “what you are telling us is just mind blowing” (cit. una cosa che mi è stata detta da un paio di autostoppisti dopo che gli ho parlato di natura ma vabbè).

Visitando il primo orrido non possiamo fare a meno di restare meravigliati dalle sue forme. Ci fermiamo a fare qualche foto e potremmo tranquillamente rimanere in contemplazione fino al calar del sole.

A questo punto troviamo un bivio: da una parte si potrà percorrere la variante lunga del sentiero mentre dall’altra si percorrerà la variante corta. La variante corta è quella che ci porta ad esplorare tutti gli orridi per cui prenderemo questa variante.

Proseguiamo e approssimandoci ad ogni orrido troveremo un cartello che ce li indicherà con la scritta “punto di interesse”. Tutti quelli che incontriamo saranno ugualmente belli e maestosi. Alcuni vedono ancora alla loro base il corso d’acqua che li ha modellati, mentre in altri casi, il torrente ha spostato il loro alveo lontano dalla loro base per cui alcune pareti verticali avranno una base “secca” e inattiva.

Il percorso che porta a tutti gli orridi si snoda sovrapposto al corso del torrente principale per cui ci toccherà in più punti saltellare sulle pietre per effettuare dei guadi repentini. In questo tratto di percorso non è raro imbattersi in qualche germano reale (Anas platyrynchos), qualche rana verde (Phelophylax sp.), o qualche natrice (Natrix sp.), specie la cui esistenza è profondamente legata all’acqua. Terminata la serie degli orridi, il sentiero risalirà il versante per poi tornare al paese. Percorriamo questa irta salita fino a tornare alla strada principale e appena prima di tornare al paese percorriamo la deviazione che per qualche centinaio di metri ci porta fino al punto panoramico. Da qui possiamo vedere le strette valli in cui ci trovavamo prima e possiamo ammirare il panorama meglio di quanto abbiamo fatto all’inizio. Ora però, osservando tutto ciò, dopo aver visto cosa possono nascondere le piccole e dolci valli collinari, ci chiediamo quali altre meraviglie si celano tra le pieghe del paesaggio.
Namastè!


Ciao a tutti, mi chiamo Matteo, e la natura è sempre stata una parte fondamentale della mia vita. Questa passione mi ha accompagnato durante la mia crescita, finché non è sfociata in determinazione nel volerla trasformare in una professione. Ho frequentato così un percorso universitario a tema ambientale naturalistico che mi ha dato modo di ampliare ed approfondire nel modo migliore le mie conoscenze in materia e, successivamente, spinto dal voler trasmettere le sensazioni che la natura può regalare, sono diventato guida escursionistica. Inoltre, faccio parte dell’associazione Docet Natura e collaboro con ASD La Ventura. Provo un’immensa soddisfazione nel vedere i sorrisi e gli sguardi pieni di meraviglia nelle persone che scoprono la maestosità di piccoli fenomeni naturali, a loro poco prima sconosciuti.
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