Torino e oltre – “Merenda” al Valentino

Tra storia, tradizioni e natura

Ogni anno avviene quel miracolo: la mattina esci, l’aria ancora frizzante, ma tutto intorno la natura si sta risvegliando. Ed ecco che tra l’erba bruciata dal gelo invernale, spuntano i primi ciuffi verdi e le primule gialle. Alzando lo sguardo notiamo gli alberi che stanno germogliando e nuovi profumi ci invitano a passeggiare e a scaricare le tensioni accumulate. Che fortuna vivere a Torino, una delle città più verdi d’Italia!

C’è la collina, con le sue ville nascoste nel verde, i parchi cittadini e soprattutto i parchi fluviali, lungo le rive della Dora o del Po. Tra questi, inutile negarlo, il più conosciuto dai Torinesi o dai turisti è il Parco del Valentino. Un parco dal nome antico, soggetto di canzoni popolari e luogo preferito dagli studenti delle vicine università scientifiche. La sua superficie è di 421.000 m² e si estende tra i ponti Umberto I a nord e Isabella a sud.  Il nome, così romantico, sembra non avere nulla a che fare con la festa degli innamorati, bensì sembra derivare dal latino “vallantinum”, ovvero “avvallamento”, per il suo degradare verso il Po.

La panchina dei Lampioni Innamorati

Il Valentino si è trasformato ed arricchito durante il corso dei secoli e, divenuto parco pubblico a partire dalla metà dell’Ottocento, ha mantenuto sempre un rapporto speciale con i Torinesi, tanto che nella bella stagione c’è chi fa jogging, chi va in bicicletta, chi gioca a bocce o chi porta i bambini a passeggiare. C’è chi preferisce godersi il sole, sdraiato sul prato, mentre turisti curiosi fotografano ogni angolo di questo paradiso, ma ce ne sono altri che ne approfittano per fare una bella “merenda”. Qui, in Piemonte, il pic-nic è chiamato proprio così: “la merenda”. La più famosa è quella di Pasquetta e al Valentino, essendo parco e non giardino, è possibile consumarla in allegria insieme alla famiglia e agli amici.

Tra le ricette più celebri ci sono le acciughe e i tomini al verde, “la cicoria dei prati”, ovvero il tarassaco con le uova sode e l’immancabile “insalata russa”. Ma se l’insalata russa non può mai mancare tra gli antipasti piemontesi e nelle scampagnate, pochi sanno che la ricetta non è antica. Si narra che nella seconda metà dell’Ottocento un membro della famiglia Romanov abbia fatto visita ai Savoia. Siccome in quel tempo a Mosca andava di moda la “Salat Olivier” servita nel ristorante aperto dal grande chef francofono, Lucien Olivier, i cuochi sabaudi decisero di farne una versione “locale” per dare il benvenuto all’illustre ospite.

La versione originale prevedeva un piatto con diversi tipi di carne, tutti presentati separatamente: selvaggina di piuma, gamberoni, lingua di bovino bollita, gelatina di pollo con al centro patate lesse, uova sode, cetrioli ed una salsa maionese o provenzale a condire il tutto. La versione torinese invece era assai più povera. Gli ingredienti erano quelli dell’orto: patate, carote, fagiolini e piselli. Anziché la maionese, per ricordare la neve delle steppe russe, della candida panna amalgamava le verdure lesse. Il successo fu comunque grande e in Francia se ne creò una versione con cetrioli, prosciutto a cubetti e uova sode. Lì, ancora oggi, la chiamano “Salade Piémontaise”.

E a proposito di Francia, la parte più antica del Valentino è rappresentata dal suo Castello, un edificio in stile francese che data tra il 1620 e il 1645. Opera degli architetti Carlo e Amedeo di Castellamonte, fu la residenza preferita da Cristina di Francia, che nel periodo Secentesco trascorreva qui parte del periodo estivo, appena fuori dalle mura della città, si dice in compagnia dei suoi numerosi amanti.

Patrimonio dell’UNESCO, il castello ha una facciata in mattoni prospiciente il Po. Cristina soleva arrivare alla sua residenza di “loisir” su di una barca e scesa a terra, salire la scalinata del lato est che la introduceva nella Sala delle Colonne. Il lato opposto, quello che ora dà verso Corso Massimo d’Azeglio, è intonacato di bianco e la forma a “Pavillon Système” abbraccia una corte fatta di ciottoli di fiume. Nel 1859 il Castello divenne Regia Scuola di Applicazioni per Ingegneri, tanto che fu costruita una nuova manica verso sud per installare una torre idraulica. Oggi il complesso è proprietà del Politecnico di Torino e qui c’è la sede della facoltà di Architettura. La visita del Piano Nobile comincia dal Salone d’Onore centrale, decorato a “tromp l’oeil” da Isidoro Bianchi, e da qui si snodano gli appartamenti nord, destinati al principe Carlo Emanuele II, e quello sud che ospitavano Cristina di Francia.

Sul lato nord del Castello, dal 1729 c’è l’Orto Botanico, un vero gioiello nel cuore di Torino. È possibile essere guidati in un percorso tra aiole in piena terra e serre con piante provenienti da tutte le zone climatiche del mondo, oltre che scoprire l’Erbario ed una collezione di 64 volumi, “Iconographia Taurinensis”, che raccoglie 7.500 tavole acquerellate dipinte da pittori-botanici tra il 1752 e il 1868.

Valentino è anche sinonimo di sport. Nel 1863 viene fondata la prima società canottieri di Torino: la “Cerea”. Cerea è un classico saluto piemontese che i primi vogatori si scambiavano quando le loro imbarcazioni si incrociavano sul Po. Poco distante un’altra società, risalente al 1869, l’”Armida”. Oggi sono 8 le società affiliate alla Federazione Italiana Canottaggio ed il percorso si estende dal ponte Vittorio Emanuele I fino a Moncalieri, per un totale di 7 chilometri.

Oltre al canottaggio, nel 1879 nasce il Club Scherma Torino, che dal 1954 ha sede nella Villa dei Glicini, dove ancora oggi è possibile praticare questo sport, oppure giocare una partita di tennis.

Anche il pattinaggio veniva praticato nel parco. Dal 1872 al 1933 un lago artificiale di 14.000 m² ricopriva l’area centrale del Valentino. In inverno le sue acque ghiacciate erano un richiamo per i molti pattinatori amatoriali e professionisti. Nel 1911 fu programmata una gara di hockey tra la squadra locale e il Lione. In estate un anello lungo il perimetro del lago permetteva gli allenamenti con i pattini a rotelle, mentre coloro che avevano poca dimestichezza con le acque del Po, potevano navigare sul lago a bordo di piccole imbarcazioni. Dopo essere stato prosciugato venne istituito il campo equestre della società ippica torinese e oggi qui c’è il padiglione sotterraneo di Torino Esposizioni.

Sport più adrenalinico, le gare automobilistiche si diffusero in Europa a partire dalla fine del XIX secolo. Anche le strade del Valentino, dal 1935 al 1955 divennero un circuito dove pionieri come Nuvolari, Varzi, Ascari si affrontarono nelle gare di Formula A, che diventerà poi Formula 1.

Box partenza Ascari

È storica la fotografia di Tazio Nuvolari che nel settembre 1946 termina la sua gara torinese con il volante in mano! La partenza era proprio davanti al Castello. A ricordo, sull’asfalto, è ben visibile un nome dipinto con la vernice: “6 – Alberto Ascari 1955”, che proprio quell’anno vinse la gara guidando una Lancia D50.

Oltre agli sport le expo. È in questo parco che si sono tenute le esposizioni nazionali e internazionali del XIX e del XX secolo. Per quelle occasioni venivano allestiti padiglioni temporanei e collegamenti tra le due rive del Po, sia con ponti, poi smontati, che con funivie. Di queste esposizioni rimangono alcune tracce. Le più note sono: il Borgo Medievale del 1884, con i suoi edifici in mattoni, la strada centrale, la chiesa gotica, le botteghe e la Rocca; il villino Caprifoglio del 1898, simile ad una casetta delle fiabe.

In quell’anno, in occasione dell’esposizione che celebrava i 50 anni dello Statuto Albertino, l’architetto Carlo Ceppi progettò la Fontana dei 12 Mesi. Un po’ Liberty nello stile, oltre a 12 statue di donne leggiadre, ognuna a simboleggiare un mese dell’anno, altri 4 gruppi scultorei rappresentano i quattro fiumi di Torino: Po, Dora Riparia, Stura e Sangone. I Torinesi si tramandano la leggenda che la statua barbuta del Po abbia le sembianze di Carl Marx.

Negli anni Trenta del Novecento a Torino nasce, sotto il regime fascista, l’Ente autonomo per la Mostra Permanente Nazionale della Moda, poi Ente Nazionale della Moda. Il vecchio “Palazzo del Giornale” edificato nel 1911, diventerà, grazie al nuovo progetto dell’architetto Ettore Sottsass Sr., il Palazzo della Moda. Inaugurato nel 1938, oltre agli spazi espositivi, aveva un teatro all’aperto sul lato sud. Gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, verrà completamente riplasmato dall’architetto Pier Luigi Nervi diventando “Torino Esposizioni”.

Vicino al ponte Isabella, una lapide di pietra ricorda che qui fu inaugurata la prima linea aerea italiana! Una palafitta sul Po era l’idroscalo della linea Torino – Trieste. Inaugurata nel 1926 e smantellata nel 1942, l’idrovolante che qui decollava o atterrava, percorreva la tratta lungo il fiume in sole 5 ore. L’idrovolante ospitava fino a 6 persone e il biglietto era appannaggio di pochi!

Nel 1961, in occasione dei 100 anni dell’Unità d’Italia venne inaugurato un giardino roccioso di circa 44.000 m² con ruscelletti, stradine, angoli romantici e tante varietà di alberi e piante. Nei pressi delle panchine o in mezzo al verde, si scorgono delle bellissime opere d’arte del famoso giardiniere – artista di Torino: Rodolfo Marasciuolo, che per passione ed amore per la sua città, decora con sorprendenti sculture angoli di giardini e piazze. L’opera più fotografata, qui al giardino roccioso, è la panchina con i due lampioni seduti che sembrano abbracciarsi mentre si scambiano promesse d’amore.

Il Parco del Valentino è un’oasi di serenità e piacere per tutti, eppure, a pochi metri, ci sono i grandi Corsi caotici e la frenesia di una città sempre in movimento.


Ciao, sono Donatella. Avete sentito dire che Torino è una città industriale, grigia? O che in Piemonte non c’è molto da vedere, salvo le montagne? Allora il mio obiettivo sarà quello di farvi innamorare del mio territorio, non solo con gli articoli che scrivo, ma anche con delle visite pensate ad hoc per ogni esigenza. Mi piacciono la storia, l’arte, l’enogastronomia, le curiosità legate alla mia Regione e le lingue. È per me fantastico lavorare con turisti di altre Regioni d’Italia e con stranieri. Soprattutto quando tornano a casa con un po’ di Piemonte nel cuore.
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