L’Italia è il paese degli antichi borghi. L’intera penisola custodisce un’infinità di amene località adorne di storia e tradizioni, a volte colpevolmente dimenticati ma fortunatamente sempre più spesso valorizzati quali mete di viaggi e itinerari turistici. Ognuno di essi merita di poter esibire orgogliosamente tutte le proprie meraviglie. A volte però alcune località particolarmente frequentate pagano il prezzo di essere unicamente conosciute per un singolo aspetto. Infatti, la sovraesposizione del singolo elemento rischia di oscurare emergenze di pari valore paesaggistico, storico o naturalistico, impoverendo di fatto la potenziale offerta. Il viaggiatore vuole essere continuamente stupito poiché lo stupore è il primo passo compiuto dalla ragione verso la scoperta, l’invito a mettersi ancora una volta in cammino.
È questo il caso di Toirano, delizioso borgo a pochi chilometri dalle spiagge di Borghetto Santo Spirito, località della costiera ligure in Provincia di Savona. Protetta dalle mura medievali, Toirano conserva una spiccata identità, testimone del passaggio di civiltà molto diverse tra loro, e le sue ricchezze storiche e artistiche le sono valse il riconoscimento della “Bandiera Arancione”. Eppure chi pensa a Toirano non può che pensare alle straordinarie cavità naturali che fanno parte di uno dei sistemi di grotte più suggestivi d’Italia, denominato per l’appunto Grotte di Toirano. L’ampio piazzale prospiciente all’ingresso delle grotte può diventare invece l’ideale punto di partenza di una serie di escursioni volte a scovare i tesori nascosti nel selvaggio entroterra.

A dominare la piccola e dolce piana che accoglie gli abitati di Toirano e Borghetto Santo Spirito, spiccano le scoscese pareti meridionali del Monte Varatella; apparentemente invalicabili, nascondono invece una fitta rete di sentieri di differente difficoltà e lunghezza. Tutti gli itinerari convergono sulla sommità del Monte Varatella, inaspettatamente caratterizzata da un ampio altipiano erboso, dove sorge l’antichissima Abbazia di San Pietro ai Monti.

Una tradizione medievale tramanda che l’Abbazia fu fondata proprio da San Pietro, il quale, fuggito da Antiochia, prima di recarsi a Roma insieme alla moglie Perpetua, alla figlia Domitilla e ad alcuni discepoli si fermò sulla sommità del Monte Varatella, trovando tra questi monti spogli ed essenziali un luogo ideale in cui dedicarsi a meditazione e preghiera.
Le sue reali origini vanno però collocate in epoca carolingia, nel secolo VIII, quando Carlo Magno dotò l’Abbazia di rendite e terre che comprendevano “le sommità dei monti per cinque miglia all’intorno e trenta iugeri di terreno lungo il lido fra i due monti […]”. La stessa fonte riporta come l’umile cenobio venne affidato all’Ordine Benedettino, responsabile di molti degli interventi di spietramento e disboscamento mirati a rendere fertili e coltivabili i terreni circostanti la chiesa.
I monaci divennero così ben presto il punto di riferimento per la locale comunità sia sotto il profilo economico sia sotto quello amministrativo. La loro abnegazione al lavoro quotidiano, unita alla trasmissione e condivisione del sapere attinto dai trattati romani sull’agricoltura, rese prima possibile e successivamente incoraggiò l’antropizzazione diffusa della zona. Inoltre, agli stessi Benedettini è anche dovuta, sebbene in epoca più tarda, la diffusione della coltura dell’olivo.
Il monastero acquisì ulteriore importanza strategica in virtù della vicinanza al Giogo di Toirano, lungo il quale circolavano non solo merci e prodotti di scambio a dorso di mulo ma anche idee di rinnovamento tra la costa e la pianura padana. Tutti questi elementi contribuirono a favorire la diffusione del culto a San Pietro Apostolo, sempre più centro di gravità culturale della comunità toiranese.
Nonostante la crescente fede entusiastica della popolazione, a partire dal XII secolo l’Abbazia conobbe un periodo di declino. Passata sotto la giurisdizione del Vescovo di Albenga, pagò infatti gli screzi e le manifeste ostilità dell’alto prelato nei confronti dei Benedettini. Tali attriti portarono i monaci a cedere nel 1321 l’antico cenobio all’Ordine dei Certosini di Casotto. I nuovi feudatari, pur mantenendo invariata l’umile architettura del convento, si prodigarono fin da subito per riportarlo ai vecchi fasti e soprattutto al centro della vita comunitaria.
Tuttavia i Certosini, dopo circa due secoli, decisero e ottennero il nulla osta per il trasferimento del monastero in un luogo più agevole e vicino all’abitato. Scelta la località “canove”, nel 1495 vi fondarono la Certosa: chiesa, monastero e chiostro a nord dell’attuale borgo di Toirano.
L’antica chiesa sulla cima del Monte Varatella venne così progressivamente abbandonata, finendo per essere riaperta solo in occasione di sporadiche cerimonie di messe legatarie. Agli stessi Certosini spettano però le prime celebrazioni, risalenti al XV secolo, della tradizionale festa di San Pietro in Vincula in occasione del 1° di Agosto. Il coinvolgimento della popolazione toiranese fu tale che la ricorrenza di ritornare a officiare una messa nell’antica chiesa venne mantenuta anche dopo la soppressione dell’Ordine di San Bruno, avvenuta nel 1797. Da ormai due secoli la festa viene però celebrata il 1° del mese di Maggio, e ogni cinque anni si svolge la tradizionale processione dal Borgo di Toirano alla sommità del monte, durante la quale vengono portati il Crocefisso settecentesco della confraternita e il Crocefisso delle Figlie di Maria adornato da una ghirlanda fiorita. Infine, la processione è accompagnata dalla “Lauda de San Peru”, composta a metà dell’Ottocento dal sacerdote Piergiovanni Sicherio.
L’attuale edificio del monastero si presenta notevolmente modificato e gli interventi di ristrutturazione e conservazione si devono tutti al lodevole impegno di gruppi di volontari, tra i quali occorre citare la Comunità Montana di Pollupice.
Il corpo principale è costituito da un massiccio fabbricato in pietra, la cui unica decorazione esterna è rappresentata dalla meridiana adiacente al portico della stalla. Vicino si trova il pozzo con un parapetto scolpito in un unico blocco di pietra.

L’interno è diviso in diversi ambienti, alcuni destinati ad ospitare i pellegrini che decidessero di trattenersi per la notte. La chiesa, anch’essa ricavata nello stesso edificio, è costituita da una grande sala a unica navata con volta sostenuta da archi ribassati di epoca romanica. Dietro l’altare, costruito nel 1937, si trova l’affresco del XV secolo raffigurante San Pietro in abiti pontificali.

L’Abbazia è raggiungibile seguendo diversi sentieri, ma l’itinerario che si snoda lungo i 4 km dell’antica mulattiera percorsa dalla tradizionale processione è senz’altro il più suggestivo dal punto di visto storico-culturale.
Il percorso ha inizio dal sagrato della Chiesa Parrocchiale di San Martino e, attraversati i primi “caruggi” del borgo, entra nella contrada della Braida dinnanzi alla seicentesca Chiesa della Madonna delle Grazie e del SS. Nome di Gesù, antico vicariato dei Padri Domenicani.
Il cammino prosegue oltrepassando alcuni vecchi mulini in direzione della Certosa per poi passare accanto alle vetuste costruzioni certosine dove ha inizio la vera e propria mulattiera, nei pressi della località delle “vigne”. Il primo tratto di salita si inoltra tra gli uliveti terrazzati ed è quello in cui la mulattiera è conservata meglio, formata da pietre bianche infisse nel terreno da cui spunta il lato breve del sasso.
Superati i miseri resti di una chiesa altomedievale dedicata a San Paolo, sulla destra del sentiero compare la “cà du prau”, prima di una serie di curiose costruzioni che fungevano da casa e base per i pastori locali. Questi modesti edifici comprendevano un piccolo cortile di fronte all’ingresso e all’interno grandi sale molto buie distribuite su due piani. Oggi, quando non abbandonati alla morsa della boscaglia, sono ancora usati come ricovero per il bestiame.
Il sentiero rimonta il versante mantenendo una pendenza regolare e mai eccessiva, consentendo in tal modo di guadagnare quota senza affaticarsi. Usciti dalla macchia mediterranea si entra in un rado bosco di querce e frassini, al termine del quale emerge l’ottocentesca chiesetta di San Pietrino (477 m).

Tralasciata una labile traccia segnata da due pallini rossi, si mantiene la storica mulattiera per raggiungere in breve un ripiano prativo tra radi pini noto come “castellaro”, toponimo che rimanda a un utilizzo del sito in epoca preromanica, al cui margine occidentale sorgono i ruderi delle Case Fossäe e dove confluiscono il sentiero proveniente da Boissano, grazioso borgo poco a nord di Toirano (segnavia 〓) e il Sentiero delle Terre Alte proveniente dalle Grotte di Toirano (segnavia giallo-rosso).
Da qui il percorso della processione si sovrappone al sentiero proveniente da Boissano e passa accanto alla celebre “prea du gallu”, un masso erratico sul quale è posta una piccola croce in ferro volta a ricordare le parole che Cristo rivolse a Pietro: “prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte“.

Il cammino inizia a farsi più erto, insinuandosi tra dirupi e rocce affioranti, fino a giungere presso un altro luogo simbolo: la “burdunaira”. In questo punto, dove la mulattiera si stringe fra le rocce, la tradizione ubicava il bordone, ovvero il luogo dove il viandante doveva pagare il pedaggio, spesso con il sale, per accedere al soprastante monastero.
Infine, una lunga serie di comodi tornanti consente di rimontare agevolmente l’assolato versante sud-est del Monte Varatella, sino ad arrivare all’imboccatura del prato dove anticamente, accanto ad una roccia, due confratelli nominati annualmente, accoglievano i pellegrini distribuendo pane e uova sode, in quantità’ proporzionale ai ruoli svolti nel corso della processione.
Ancora pochi passi e si guadagna l’ingresso della chiesa e mentre la processione, prima di entrarvi, deve compiere tre giri attorno al suo perimetro, tutti coloro che non devono sottoporsi al rito penitenziale possono lasciarsi rapire dallo splendido panorama che spazia dal Golfo di Genova alla Toscana e alle Alpi Liguri, fino a spingersi, in assenza di foschia, a scorgere il profilo della Corsica.

Alternative sicuramente più impegnative ma altrettanto appaganti passano invece di fronte all’ingresso delle Grotte di Toirano e puntano a conquistare l’imponente mole del Monte Varatella inoltrandosi nell’aspro Vallone del Vero, dominato da impressionanti strutture rocciose in buona parte attrezzate per l’arrampicata sportiva.

Un possibile itinerario prevede di percorrere il tratto iniziale del già citato Sentiero delle Terre Alte, ma prima di giungere alle grotte, conviene senz’altro prendersi del tempo per salire lungo la scalinata in pietra che conduce al caratteristico Santuario Rupestre di Santa Lucia (214 m).

Questo luogo di culto, riconosciuto nel 1519 da papa Leone X, è tra i più singolari dell’intera Liguria. Ricavato nel grande antro iniziale della Grotta di Santa Lucia Superiore, sul versante meridionale del monte San Pietro, il santuario è affiancato dalla casa detta dell’Eremita, all’ombra dal campanile barocco e di due cipressi secolari. L’altare custodisce la scultura marmorea della Santa siracusana Lucia (anno 1603), opera del maestro Taddeo Carlone, scultore di origini ticinesi; nella mano destra la Santa regge un piattino su cui sono posti i suoi occhi, simbolo del martirio. Storicamente invocata per la protezione della vista, un tempo era anche patrona dell’arte dei cartai, non a caso attività particolarmente fiorente nella Val Varatella già dal XV secolo. La restante parte della grotta, in cui si apre un pozzo che raccoglie acqua definita miracolosa per le abluzioni agli occhi, si sviluppa per alcune centinaia di metri. Lungo le pareti sono ancora leggibili le tante firme dei pellegrini che per secoli visitarono questo luogo. Particolare curioso riguarda la sorte delle concrezioni stalattitiche e stalagmitiche che un tempo “ornavano” l’ambiente ipogeo. Negli anni ’40 dell’Ottocento furono infatti asportate e vendute ai nobili genovesi Pallavicini, i quali le utilizzarono per ornare la grotta artificiale presente nell’omonima villa di Pegli, a Genova.
Lasciato alle spalle il santuario, il Sentiero delle Terre Alte giunge di fronte all’ingresso delle Grotte di Toirano, per poi penetrare nel fitto bosco che ricopre le pendici del Monte Varatella.
Qualche centinaio di metri di erta salita e si giunge di fronte a un grosso masso presso il letto del rio, dove un’evidente freccia in legno indica lo stacco a sinistra dell’ardito Sentiero dei Daini, così denominato in virtù della presenza di una nutrita colonia di daini frequentante la zona.

Non si tratta di un sentiero ben marcato, ma di una semplice traccia, in alcuni tratti assai labile, segnalata soltanto con ometti di pietre. Con percorso selvaggio, piuttosto faticoso e a tratti esposto, prendendo quota tra rocce, boschetti e macchia mediterranea, il Sentiero dei Daini aggira tutta la bastionata verticale meridionale del Varatella, poi ne risale la rocciosa cresta sud-ovest, dove si devono affrontare brevi tratti alpinistici (al massimo II° grado) in parte attrezzati con corde fisse e catene. La cresta è altamente panoramica, con bella vista sul mare e su tutti i monti circostanti, ma va affrontata con la dovuta cautela e attenzione per via della roccia friabile e dell’esposizione, portando con sé un casco e uno spezzone di corda con cui eventualmente assicurare i meno esperti.

Superato un ultimo gradino di circa 4 metri, si guadagna un’ampia cengia erbosa che taglia tutta la parete del Monte Varatella a circa un terzo di altezza. Raggiunta l’estremità opposta, si risale un breve e ripido canalino tra rocce e qualche alberello fino a uscire sugli aperti pendii superiori presso uno degli ultimi tornanti della storica mulattiera proveniente da San Pietrino e guadagnare così i dolci prati sottostanti l’antica Abbazia di San Pietro.

Infine, per chi non cammina molto e preferisce evitare marcati dislivelli e pendenze, c’è la possibilità di arrivare sulla cima del Monte Varatella partendo dal Giogo di Toirano e percorrendo un ampio e facile sentiero in leggera salita.
Oltre ai sentieri citati vi sono altre possibili alternative, tutte logicamente concatenabili e inseribili all’interno di itinerari in grado di soddisfare le richieste e preferenze di tutti.
Se siete interessati ad avventurarvi lungo la rete di sentieri della Val Varatella e scoprire le meraviglie che custodisce non esitate a contattarmi!
Sono Luca Caviglia, Accompagnatore di Media Montagna iscritto al Collegio delle Guide Alpine del Piemonte e membro del gruppo di accompagnatori e guide alpine “Hike&Climb Liguria”.
Nato a Genova nel 1991, mi sono prima laureato in “Scienze Naturali” presso l’Università degli Studi di Genova e successivamente ho conseguito il titolo Magistrale in “Evoluzione del comportamento animale e dell’uomo” presso l’Università degli Studi di Torino, con specializzazione in ricerca e gestione di carnivori e ungulati.
Amo la montagna in tutti i suoi molteplici aspetti e ogni mia escursione vuole essere una tavolozza piena di colori, con cui dipingere insieme ai partecipanti le meraviglie del nostro territorio.
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