Non solo Ancona – La Baia di Portonovo

Tra natura, storia e spiritualità

Ai piedi del Monte Conero, alto 576 metri a picco sul mare Adriatico, sorge la baia di Portonovo, vero gioiello dal punto di vista naturalistico, storico e artistico.

Ci troviamo nel cuore del Parco regionale del Conero,  istituito  nel 1987 con 6.000 ettari di territorio tutelato (tra Ancona e la foce del fiume Musone, prima di Porto Recanati),  caratterizzato  dalla macchia Mediterranea, di cui sottolineo il corbezzolo (che dà il nome allo stesso Monte), gli alti e antichi lecci, gli allori, e infine i cespugli di ginestre, cantate anche dal grande poeta Giacomo Leopardi, che nei mesi di maggio e giugno, colorano  il monte di giallo, rendendolo ancora più bello e romantico…

Tra gli animali che vi vivono ricordo le lepri, i cinghiali, i tassi, le puzzole, i ricci, il lupo degli appennini, e soprattutto una gran quantità di uccelli, sia specie migratorie, di passaggio, come le cicogne bianche, gli aironi cinerini e rossi, sia specie stanziali, come i rondoni, gli usignoli, le upupe, i gabbiani e cormorani, i re delle spiagge, ma soprattutto, i falchi pellegrini, che nidificano nelle pareti calcaree del monte.

Infine da non dimenticare la gran quantità di farfalle, dai colori più diversi, tenui o cangianti, che svolazzano in primavera e in estate in tutto il territorio del Conero.

La baia di Portonovo, formatasi in tempi remoti, per una grande frana del monte, era utilizzata in epoca romana, dalle imbarcazioni che navigavano in quel tratto di costa, come luogo di protezione contro tempeste e contro le forti mareggiate.

Prima e intorno all’anno mille divenne invece il luogo ideale per peccatori ed eremiti, che si ritiravano in questo luogo ameno tra il verde dei boschi e l’azzurro del mare, per espiare i propri peccati e ritrovare pace e armonia nell’anima.

La vera storia della baia comincia nel 1034, con i monaci benedettini, che ottennero in dono un appezzamento di terreno, da un signore locale, con lo scopo di costruirvi una chiesa in onore della Madonna e rispettive abitazioni per i monaci.

La Chiesetta venne completata intorno al 1050, in forme romaniche con influenze bizantine, in pietra bianca locale, (che qui si estraeva fino agli anni ’50 dello scorso secolo), ed è un vero gioiello, con il mare di fronte e con i verdi boschi e le pareti calcaree del Conero, a farle da scenografia…

Tra i personaggi più illustri che passarono e vissero un periodo di tempo c/o l’Abbazia, ricordiamo San Gaudenzio, monaco eremita d’origine dalmata, del quale si ricorda il miracolo della trasformazione in vino delle acque del pozzo, ma soprattutto San Pier Damiani, durante il suo peregrinare alla ricerca di pace per la propria anima, cantato da Dante nel XXI canto del Paradiso:

“E peccator fui nella bianca chiesa di Nostra Signora sul lido Adriano”.

I monaci vi restarono pacificamente e in armonia sino al 1320, dedicandosi alla preghiera, al lavoro, all’aiuto del prossimo, ottenendo privilegi sia dai papi che dagli imperatori, intervenendo anche con lavori di trasformazione e ampliamento della Chiesa, come l’aggiunta del vestibolo intorno al 1220, e delle loro abitazioni di cui oggi purtroppo sono rimasti solo dei resti.

Nel 1320, l’Abbazia venne abbandonata dai monaci, già provati perché più volte presi d’assalto da pirati e malintenzionati, visto la loro posizione isolata, ma soprattutto a causa delle continue e pericolose frane dal monte.

Nel 1518, arrivarono a Portonovo i Turchi a completare il lavoro di rovina, dando fuoco all’Abbazia…. La Chiesetta però, come per sfida, rimase in piedi!

Nei secoli successivi i resti del monastero e la Chiesa vennero frequentati solo da monaci eremiti e pastori di passaggio e solo in rare e particolari occasioni, vi si celebrava qualche messa.

All’inizio dell’800, le truppe francesi durante la costruzione del Fortino Napoleonico, nel lato opposto della baia, voluto proprio  da Napoleone per difendere la costa e soprattutto per non permettere alle navi degli acerrimi nemici inglesi di approdare nella baia e rifornirsi d’acqua potabile (la fonte naturale della baia era conosciuta da tutti i naviganti dell’Adriatico), trovarono rifugio proprio nella Chiesa di Santa Maria e utilizzarono parte del materiale dei resti delle antiche abitazioni dei monaci, per la costruzione del Fortino stesso.

Il fortino napoleonico – Foto di Marco T.

Successivamente, nel 1837, un Abate si insediò nella Chiesa e avendone intuito il grande valore storico e artistico, con semplici mezzi, la restaurò.

In seguito, intervenne l’architetto Giuseppe Sacconi (dopo qualche anno dal suo progetto e dall’ inizio dei lavori dell’Altare della Patria a Roma) con un serio restauro che durò circa 1 anno rafforzando le strutture portanti della Chiesa ridandole stabilità, soprattutto evitandone l’irrimediabile e definitivo crollo.

L’ultimo restauro avvenne tra gli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo che ha riporto la Chiesa al suo antico splendore, con il bianco candido delle sue pareti, il tiburio conico-rettangolare di influsso bizantino con le monofore e le trifore che danno luce al presbiterio, e con l’austero interno a croce greca con il pavimento in cotto e pietra, originario.

Un’ultima curiosità: entrando, nell’avancorpo, nella parete di sinistra vi è incastonata una pietra ovale, con delle lettere, si tratta del “Medaglione di San Benedetto”: le lettere sono le iniziali di una potente preghiera che i monaci utilizzavano durante i loro riti esorcistici!

Secondo alcuni esoteristi il “Medaglione” lì posto, difenderebbe la Chiesa e la baia dalle misteriose e tenebrose forze del sovrastante Monte e dalle forze aggressive del Mare!

La facciata della Chiesa

La Chiesa oggi, durante i weekend e eventualmente su prenotazione, è visitabile.

È aperta al culto, si celebra la messa, seguita da processione in mare, ogni 15 agosto e previe eventuali richieste (matrimoni, ecc…)

Poco distante, a ridosso della spiaggia, sorge imponente la Torre di Guardia costruita nel 1.716 per volontà di Papa Clemente XI, per difendere la costa dai continui attacchi dei pirati e per proteggere e assicurarsi il patrimonio faunistico e boschivo di proprietà allora, dello Stato Pontificio.

La vista sul mare dalla Torre di Guardia

Di modello medioevale, dal terrazzo della Torre i soldati pontifici avevano una larga vista su tutta la baia, vigilandola e proteggendola da ogni possibile sbarco di pirati e malintenzionati.

Successivamente la Torre passò sotto la proprietà della nobile famiglia anconetana Cortese De Bosis, trasferitasi poi a Roma, e oggi, oltre a essere dedicata a Adolfo e Lauro de Bosis, quest’ ultimo poeta, scrittore, atleta olimpico, anti fascista, morto d’incidente aereo, vissuto all’inizio del ‘900, e aver ospitato negli anni al suo interno incontri, convegni, a carattere artistico e culturale, è sede di un Bed and Breakfast, dei discendenti di Adolfo e di Lauro De Bosis.

Proprio la Torre era un luogo di ritrovo per gli intellettuali, amanti della poesia e Lauro vi si recava appena ne aveva il tempo, a rilassarsi e cercare ispirazione.

Vi fu ospite anche Gabriele D’Annunzio e chissà se per la sua poesia “La pioggia nel Pineto” non abbia tratto ispirazione proprio dalla baia di Portonovo, con il suo mare e i suoi verdi boschi?…

A chiudere la baia, opposto alla Chiesa di Santa Maria, sorge il Fortino Napoleonico, diventato oggi prestigioso Hotel e ristorante.

Come accennato precedentemente, nel 1808 Napoleone volle proteggere la baia, soprattutto dalle nemiche navi inglesi, e ordinò la costruzione del Fortino con relativa caserma, per ospitare stabilmente 600 soldati.

Costruito in pietra bianca del Conero e mattoni rossi, anche con l’utilizzo dei ruderi delle antiche abitazioni dei monaci dell’Abbazia di Santa Maria, con le classiche forme architettoniche militari francesi, con ampi bastioni rotondeggianti sulla spiaggia, lo stemma napoleonico invece è del tutto scomparso, mentre nel vialetto che conduce all’entrata, si possono ammirare ancora i cannoni che servivano all’epoca, per difesa del Fortino stesso.

Nonostante la sua costruzione e il suo scopo, non fu mai teatro di alcuna battaglia.

Dal lato naturalistico, a coronare di fascino la baia di Portonovo, ricordo i 2 laghetti salmastri che vi sorgono: a nord il Lago Grande, a sud, vicino la Chiesetta di Santa Maria, il Lago Profondo, in passato profondo circa 20 metri, oggi appena 2 metri.

Si sono formati in tempi remoti a causa dei massi franati dal monte che avevano imprigionato nella costa, l’acqua del mare.

Al lago profondo è legata una leggenda che narra che in passato gli assassini vi gettassero i poveri corpi dei loro omicidi e dopo del tempo, i cadaveri, venivano ritrovati a largo di Porto Recanati, a causa di un fiume sotterraneo che dal laghetto sfociava a largo del mare….

In essi vivono oggi dei piccoli pesci (gambusie e pesciolini rossi), degli uccelli (gallinella d’acqua, germano comune e reale, martin pescatore) e durante i periodi di migrazione si possono incontrare la cicogna bianca, l’airone cenerino e rosso e alcune volte anche le gru.

Concludo sottolineando la limpidezza dell’acqua del mare della baia, infatti da vari anni tutte le spiagge del Conero, ottengono l’importane riconoscimento europeo di tutela ambientale “Bandiera Blu d’Europa” e ricordando a tutti gli amanti del wind surf che i venti che qui soffiano, sono ideali oltre che per fare sport, per rilassarsi, godere dell’atmosfera unica di Portonovo, in qualsiasi stagione dell’anno, tra le onde del mare, accarezzati dalla brezza marina…


Ciao, mi chiamo Cristina, lavoro nel turismo da 30 anni e dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, per lavoro, sono tornata nelle Marche, nel mio paese, in collina, decisa a restare e far conoscere agli altri le meraviglie di questa discreta terra. 
“L’Italia in una regione”. così la definiva Guido Piovene nel suo libro “Viaggio in Italia” e non si sbagliava, infatti in pochi km di territorio troviamo di tutto: dalla costa con il suo mare e le sue spiagge di sabbia o le baie rocciose del Conero, alle affascinanti montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano, ricche di tradizioni e leggende, alle dolci colline con le “città balcone”, da cui godere di panorami mozzafiato!
Poi ci sono le città, ricche di arte, di storia, le chiese, quelle discrete e affascinanti romaniche, le abbazie nascoste, gli importanti santuari, come quello di Loreto, i parchi archeologici, i parchi naturali protetti, i piccoli incantevoli paesini e i borghi di collina e a completare e deliziare il tutto, l’ottimo cibo tipico di questa terra e i vini bianchi (in primis il Verdicchio) e rossi, prodotti nelle colline, a darci un po’ d’allegria.
Premesso tutto ciò, svolgo con passione il mio lavoro di guida turistica, anche in lingua francese, da 20 anni, da Ancona, a Loreto e Recanati, Jesi, Fabriano, Arcevia, Corinaldo, Numana, Sirolo, e tutto il territorio della provincia di Ancona, compresi i musei o le raccolte d’arte sparse nel territorio un po’ ovunque.
Collaboro anche con i Traghettatori del Conero e in estate potrete approfittare di un’escursione in barca per ammirare dal mare, delle bellezze della riviera del Conero.
Infine, da alcuni anni, sono anche istruttore guida in italiano, alle Grotte di Frasassi, tra i complessi ipogei più belli al mondo.

Contatti
E-mail: crifabbretti@tiscali.it
Cell: 3474795292
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