Val Pennavaire (SV – CN): archeologia e arrampicata

La Val Pennavaire: una silenziosa ed appartata valle, resa particolare dalla singolare struttura amministrativa con due comuni piemontesi (Alto e Caprauna) che in realtà appartengono al versante marittimo ed i due comuni liguri di Castelbianco e Nasino.

Quasi sconosciuta alle rotte turistiche usuali fino ai primi anni del nuovo secolo è sempre stata una non facile via di attraversamento alpina tra la Valle Tanaro e la Riviera delle Palme ma decisamente meno frequentata di altre direttrici.

Le attività outdoor l’hanno prepotentemente portata alla ribalta soprattutto grazie al fenomeno dell’arrampicata e del trekking che negli ultimi vent’anni hanno ridisegnato la geografia turistica di questa parte di Liguria dando nuovo slancio a molte piccole attività economiche che hanno contribuito a frenare lo spopolamento della valle.

La ricchezza di questo territorio è tale da non poter esaurire il discorso con questo articolo che vuole essere un invito al viaggio ed all’esperienza soprattutto considerando i profondi legami con le altre valli confinanti (in particolare Arroscia e Neva), le Alpi Liguri e la costa Savonese tra Loano ed Alassio.

Austera e dominante, così è la conformazione di Alto (prov. CN) – alta Valle Pennavaire

Echi dalla preistoria

La valle fa parte del Sistema Ambientale “Terre Alte” caratterizzato da una struttura paesaggistica piuttosto composita, riconoscendosi nel suo contesto diverse unità di paesaggio. Il concetto delle Terre Alte è ormai diffuso in diverse regioni italiane ma in questa parte di medio Ponente Ligure ha un significato particolare poiché si ha una stratificazione del paesaggio e dell’ambiente piuttosto marcata salendo dalla costa ai monti.

Bassa Valle Arroscia: comprende la vallata del torrente Arroscia caratterizzata da un versante sinistro molto esteso e di media acclività, con una predominanza del paesaggio agrario dell’oliveto in forme terrazzate, ed alle quote maggiori ampie praterie In questa parte di territorio ancora oggi l’agricoltura intensiva è l’identità più forte (Arnasco, Ortovero) e caratterizza fortemente le attività ed il disegno del territorio.

Valle Neva: comprendente il sistema vallivo che, delimitato a nord-ovest dal massiccio del Monte Galero, si estende fino alla confluenza del torrente con il Pennavaire. Il paesaggio è caratterizzato da vasti boschi ed attorno agli insediamenti aggregati alla polarità di Erli prevale il paesaggio agrario degli oliveti terrazzati. Importanti i Centri storici di Cisano e Zuccarello.

Valle Pennavaire: comprende le aree del sistema vallivo che dal colle di Caprauna arriva sino alla confluenza con il torrente Neva. L’elemento più evidente del paesaggio è costituito dalle polarità ambientali del Monte Galero (con la dorsale M. Dubasso – M. Alpe) e del Castellermo, dalle caratteristiche quasi dolomitiche. Il comprensorio è caratterizzato da una particolare estensione delle zone boschive, interrotte attorno ai piccoli nuclei insediati (disposti quasi esclusivamente sul versante sinistro della valle) da oliveti, vigneti e colture agricole terrazzate. In quota i boschi si alternano ad estese praterie montane e a formazioni rupestri. Il sistema delle Terre Alte è un preziosissimo contenitore di paesaggio e cultura materiale ma ancora poco valorizzato nella sua potenzialità per il turismo responsabile benché negli anni precedenti siano stati realizzati interventi sui sentieri e su diversi siti attrezzati ma sempre con una certa difficoltà di integrare offerta, cura e manutenzione dei percorsi e gestione dei flussi. Nonostante la difficoltà del turismo ad accorgersi di questa vallata (e di molte altre nella Liguria Interna), il mondo scientifico è culturale già da diversi decenni studia intensamente la Val Pennavaire. Dalle testimonianze preistoriche, scoperte di recente nelle grotte della valle, risulta come il comprensorio sia stato terreno di caccia da almeno 9000 anni e sia abitato da più di 5000 anni. Testimonianza dei millenni passati sono alcune caverne o “arme”, come sono chiamate in questi luoghi, preziosi contenitori di tracce antiche di vita umana. I ritrovamenti archeologici fatti in questi siti documentano dunque una successione di periodi storici che dal tardo paleolitico arrivano fino all’epoca romana.

Le prime ricerche risalgono addirittura al 1952 ad opera di Milli Leali Anfossi ed i ritrovamenti effettuati hanno la stessa importanza archeologica ed antropologica di quelli delle Arene Candide nell’estremo Ponente Ligure e nella Grotta Romanelli in Puglia.  Il sistema delle Terre Alte tra il Finalese e le Valli di Albenga è decisamente uno dei più importanti in Italia per lo studio dei sistemi insediativi preistorici legati alla caccia e successivo passaggio verso l’allevamento e la stanzialità.

lo studio della Val Pennavaire fornisce indicazioni sulle strategie di caccia, sulla cronologia e sulla modalità di attivazione delle risorse dei territori montani, che in Liguria presentano la peculiare caratteristica di trovarsi a poche ore di cammino dalla costa. Nel complesso cinque siti sono stati indagati con scavi sistematici: l’Arma di Nasino, l’Arma di Stefanin, la Grotta del Pertusello, la Tana di Barletta e la Grotta delle Camere. Questi siti sono ubicati fra 200 e 1000 metri di quota e fra 14 e 19 km di distanza dalla linea di costa attuale. L’Arma di Nasino è un ampio riparo che si apre poco al di sopra del fondo della valle, e ne costituisce il sito-chiave.

Purtroppo le difficoltà di sostegno finanziario alla ricerca archeologica (condotta dalla Soprintendenza i Beni Archeologici a partire dagli anni ‘70) rallenta l’ulteriore approfondimento e soprattutto la protezione dei siti che spesso sono pericolosamente esposti al degrado ambientale ed all’incuria.

Un ambiente grandioso e pregevole

Trattandosi di una vallata alpina mediterranea sono confermati quei caratteri comuni a tutta la Liguria occidentale ovvero una mirabile commistione tra habitat caratteristici dagli ambiti costieri e che impercettibilmente ed in continuo si stemperano in quelli caratteristici della montagna temperata fino a quelli delle quote elevate con praterie, boschi di conifere ed aree nivali. Ma tutto ciò è compresso in una distanza assai ridotta dal mare. A questi aspetti si aggiunge la severità della media ed alta Valle Pennavaire con caratteri quasi dolomitici e la ricchezza di falesie e pareti rocciose che rappresentano la morfologia tipica di questi monti. Per tale ragione buona parte della valle è inclusa in due importanti Zone Speciali di Conservazione (ex Siti di Importanza Comunitaria):

– sulla destra orografica della valle il sito IT 1324818 Castellermo o Peso Grande, invece, presenta una dorsale montuosa che separa la valle Arroscia dalla val Pennavaire; il versante settentrionale che si affaccia sulla Val Pennavaire è particolarmente scenografico essendo caratterizzato da pareti dolomitiche strapiombanti, alla base colonizzate da boschi misti mesotermofili, accostamenti che favoriscono la nidificazione di rapaci appartenenti agli anelli superiori delle catene alimentari.

 Il sito presenta diverse specie animali e vegetali endemiche, fra le quali Campanula sabatia (specie di interesse prioritario) ed Helianthemum lunulatum (specie proposta dalla Regione Liguria come prioritaria), Cicindela maroccana pseudomaroccana (proposta per l’inclusione nell’allegato II), relitti microtermi e orofili, specie protette da direttive/convenzioni internazionali. Sono presenti diversi habitat di interesse prioritario e grotte con fauna troglobia di grande interesse.

– sulla sinistra orografica della valle Il sito IT 1323920 M. Galero è costituito da un massiccio sullo spartiacque ligure-piemontese, il cui versante meridionale è selvaggio e boscoso. È presente sul crinale occidentale una successione di cuspidi rocciose, resti di un antichissimo olistostroma, denominata “I giganti di roccia”. Sono presenti habitat e specie (Campanula sabatia) di interesse prioritario ai sensi della direttiva habitat 92/43 CEE.

Ricchissimo è il contingente di specie vegetali e animali endemiche, proprie delle Alpi liguri, per lo più accantonato in habitat rupestri. Tra questi endemismi, Helianthemum lunulatum, Cicindela maroccana pseudomaroccana, Percus villai sono stati proposti dalla Regione Liguria per l’inclusione nell’All. 1. Recentemente su ambedue i Siti si è avviata la predisposizione di idonei piani di gestione. Essi sono lo strumento indispensabile per contemperare le esigenze di sviluppo responsabile dell’economia di valle (indispensabile per rallentare l’abbandono da parte dei residenti) con quelle della tutela di habitat e paesaggi unici in Europa.

Borghi e nuclei storici

L’antico insediamento della valle ha determinato una stabile e continuativa presenza umana che in epoca storica ha portato al consolidamento di una ricca trama di vie di comunicazione su cui si sono attestati i principali nuclei abitati. Essi sono in parte allungati lungo l’asse del corso d’acqua ma principalmente strutturati come nuclei frazionali di mezzacosta. Caratteristica comune ai borghi della parte ligure (Castelbianco e Nasino) è quella di non avere un vero e proprio capoluogo ma piuttosto un numero più o meno elevato di frazioni, spesso di grosse dimensioni dove si concentra oggi l’ospitalità ed i servizi della vallata. In tutta la vallata l’olivicoltura rappresenta un importante settore economico e sono rinomati i frantoi situati nella valle del Neva ed in Val Pennavaire che è ricca anche di mulini a forza idraulica. Di questi oggi solo uno è parzialmente funzionante ma la testimonianza dell’importanza del settore primario si ritrova in tutte le frazioni dove cantine e magazzini agricoli sono parte consistente del patrimonio edilizio tradizionale. L’antico frantoio della Famiglia Garello a Nasino (oggi uno dei principali dell’area) affonda le sue radici addirittura nel XVII secolo quando tutta l’area compresa tra Finale ed Albenga soggiaceva alla signoria dei Marchesi del Carretto.

Il borgo di Oresine (comune di Castelbianco) sovrastato dal M. Alpe e dal Pizzo delle Penne

Nel 1994 ci fu un intervento tra i più singolari del panorama immobiliare italiano: l’architetto De Carlo individuò nella frazione diruta della Colletta di Castelbianco un possibile esempio di recupero finalizzato ad una clientela di alto livello nord europea interessata a vivere in un contesto di estrema bellezza ma costantemente connesso con i propri affari mediante la rete. Tuttavia nella prima degli anni ‘90 la funzionalità delle reti di trasmissioni dati e dello stesso mondo web erano modeste così come non appropriata fu inizialmente la gestione dell’immagine e del marketing dell’operazione, al di là del pregio della filosofia del recupero proposta dal Prof. De Carlo. Infatti la scelta di “isolare” totalmente dal contesto della vallata il nucleo (ed anzi i primi interessati all’investimento immobiliare vennero invitati a fare riferimento alla vicina area costiera per la vita quotidiana e lo svago) determinò la rinuncia all’opportunità di un legame territoriale ed insediativo forte con la valle. Oggi i problemi sono parzialmente superati e la frazione viene percepita in modo maggiormente coeso con il resto del territorio. Tuttavia la maggioranza di ospiti stranieri e l’evidente vocazione turistico-residenziale fanno percepire un certo distacco dal resto della comunità.

Certamente la qualità del recupero, la posizione del nucleo ed una certa cura nella gestione degli spazi comuni rendono il borgo molto significativo. Indubbiamente quest’esperienza ha prodotto un positivo effetto traino in altre frazioni de Comuni della Valle che lentamente e discretamente si stano riqualificando. Come avviene in tante aree interne della regione non è possibile pensare alla restaurazione di un passato rurale di cura dei luoghi oggi semplicemente impossibile. Percorrendo i sentieri della valle si rimane stupiti dello sviluppo gigantesco di opere: muri a secco, sentieri selciati, ponti, opere idrauliche ci accompagnano pressoché in tutti gli itinerari e solo alle quote più alte lasciano il posto ad un assetto pastorale con minori opere sul terreno.

Colletta di Castelbianco, ex Borgo Telematico, oggibuon esempio di recupero totalmente finalizzato al turismo, sullo sfondo la Chiesa di Veravo

Oggi la densa copertura boscata sui versanti nasconde in buona parte questo patrimonio di manufatti e propone riflessioni sul rischio di dissesti che negli ultimi inverni hanno colpito duramente la valle. Nella Val Pennavaire il patrimonio edilizio tradizionale è assai cospicuo ed il suo degrado sarebbe una grave perdita per tutta la comunità.  Fortunatamente la crescita esponenziale delle attività outdoor si è accompagnata ad un consolidamento di ricettività locale (B&B, agriturismo, forme di albergo diffuso) che in prospettiva rappresenta un ottimo incoraggiamento.

Cosa fare in valle: il paradiso dell’outdoor

La vicinanza della testata della valle al mare rende facilmente accessibile questa valle sia dalla SS1 Aurelia che dall’autostrada (Albenga) e di tutte le valli alpine della Liguria occidentale questa è una delle più facilmente raggiungibili. Oggi è anche un’alternativa ai collegamenti tra Piemonte e Liguria in particolare tra l’alta Valle Tanaro e la Riviera delle Palme. Grazie a ciò la Valle Pennavaire è una delle più interessanti porte di accesso al sistema dell’Alta Via dei Monti Liguri che nella parte alpina dello spartiacque si avvicina notevolmente alla linea di costa. È virtualmente possibile (ed è stato fatto anche in competizioni di trail running) partire direttamente dalle spiagge di Ceriale e raggiungere l’Alta Via (e quindi la dorsale alpina) attraverso la lunga dorsale M. Croce, M. Acuto, M. Poggio Grande, M. Alpe fino al Monte Galero ove si trova l’AVML. Probabilmente uno dei percorsi d’arroccamento più panoramici dell’intera Liguria.

La rete sentieristica è molto sviluppata poiché fittissima è la rete di percorsi pedonali e vie mulattiere storiche. Tra le tante possibilità vogliamo dare qui un piccolo assaggio.

Il Castell’Ermo

NASINO (335) – COLLA D’ONZO (839) – MONTE CASTELL’ERMO (o PESO GRANDE) (1092)
Tempo totale: ore 4.45 D+ 750 m
Si parte dall’antico ponte in pietra appena sotto il paese di Nasino (335) nella media Val Pennavaire e, dopo averlo attraversato, si sale su asfalto alle case di Borgo (321). Si imbocca il sentiero segnato con un cerchio barrato rosso che, dopo aver passato un corso d’acqua, sale a tornanti del bosco. Il sentiero si sposta poi sul versante settentrionale del Monte Cucco e, con un lungo traverso, sbuca su una pista forestale che conduce alla Colla d’Onzo (839) sullo spartiacque Pennavaire-Arroscia. Al colle si svolta a sinistra (da qui alla vetta segnavia) e si percorre una carrareccia fino a un’area picnic. Da qui una comoda mulattiera porta alla bella Chiesetta di San Calogero (1012) da dove è ben visibile la croce del Castell’Ermo. Infine il sentiero piega a nord-ovest ed in breve raggiunge la panoramica cima del Monte Castell’Ermo (1092).
Dall’estremità settentrionale della vetta è possibile ammirare (prestare attenzione) i sottostanti ed impressionanti torrioni di quello che viene chiamato “Il Circo du Barei”.

Le Terre Alte: il Monte Alpe Est ed Ovest

Tempo totale ore 4.45 D+  750 m

Dal parcheggio di Veravo. tra orti e fasce, si attraversa il paese e si prende una larga mulattiera lastricata sulla sinistra (ind. “BAUSU” e segnavia triangolo rosso) che inizia a salire in diagonale, con pendenza costante, fra fasce e coltivi abbandonati. Si incrocia una sterrata che si segue verso destra fino a reperire nuovamente la mulattiera con segnavia ed indicazione per le falesie. Con ripide svolte si guadagna quota lungo il torrente, si lascia a sinistra la traccia diretta alla falesia del Bausu e si prosegue a destra nel bosco. Superati alcuni ruderi di abitazioni (540 m circa, h 0,40) si incrocia il sentiero □, proveniente dal Monte Arena, quindi lungamente in salita verso sinistra, nel bosco avvicinandosi agli spalti rocciosi della Rocca Garda. Raggiunto un costone, la mulattiera lo risale con numerosi tornanti traversando poi decisamente a sinistra, fino alla testata del dirupato vallone precedentemente costeggiato, e con alcune larghe svolte raggiunge l’ampia e prativa Sella d’Alpe (939 m, h 1,00 dalla sella di quota 540 m), tra il Monte Alpe Ovest (a sinistra) ed Est (a destra). Qui si incontrano anche i segnavia TA (“Sentiero delle Terre Alte”) che uniscono Nasino ad Erli. Seguendo questi segnavia verso destra, ma anche senza percorso obbligato lungo l’ampia e prativa displuviale, si rimonta un primo dosso erboso e si percorre poi una zona prativa in dolce salita. Lasciati a sinistra i segnavia TA e ▲ che scendono verso Erli in Val Neva, si prosegue lungo una traccia non segnalata ma evidente che percorre l’ampio spartiacque. Un breve tratto più ripido consente di guadagnare una spalla alberata e quindi si rimonta l’ultima breve dorsale che conduce sulla cima del Monte Alpe Est (1055m). Ritornati alla Sella d’Alpe, si seguono lungo la displuviale i segnavia TA e □, che rimontano l’erto e boscoso crinale mantenendosi di pochissimo sul versante Neva: con alcune strette svolte, la traccia conduce ai vastissimi tavolati sommitali del Monte Alpe Ovest (1034 m, h 0,15 dal Monte Alpe Est). Da qui i segnavia procedono lungo l’ampia dorsale in direzione del Monte delle Gettine. Ritorno per la stessa via in circa 1,40 h.

I sentieri di Castelbianco

Tempi: da 1 a 2,30 h a seconda degli itinerari

Da diversi anni il Comune di Castelbianco ha valorizzato il territorio limitrofo alle frazioni, quello più coinvolto dalle trasformazioni da paesaggio rurale e produttivo ad uno più naturale e quasi sconosciuto ai visitatori. Può essere un buon modo per conoscere in modo approfondito i nuclei storici o riempire degnamente una giornata di arrampicata.

Alla Colletta di Castelbianco la mappa dei Percorsi che connettono la media Valle Pennavaire con la Val Neva (mappa disponibile sul sito dell’Amministrazione Comunale https://www.comune.castelbianco.sv.it/i-sentieri/)

L’Alta Via dei Monti Liguri (M. Armetta)

Madonna del Lago – Colle San Bartolomeo d’Ormea – Monte Armetta 3,30 ore, D+ 730 m

 Da Castelbianco Si superano i paesi di Nasino e Alto, poi si imbocca a destra per la Madonna del Lago (1015 m). La chiesa originaria, costruita nel 1642, è stata trasformata in locanda, mentre il santuario odierno è stato costruito alla fine del XIX secolo. La chiesa prende il nome dal piccolo lago naturale (probabilmente originato da una frana) che le si trova accanto.

Dal parcheggio si scende brevemente fino al santuario, sul retro del quale si imbocca un sentiero segnalato con due pallini ed un quadrato rosso pieno. Il sentiero sale attraverso un boschetto, poi scavalca un piccolo contrafforte e taglia in diagonale tra erba e rocce affioranti, offrendo vasti panorami. Presso un gruppetto di case (località Fontane) si incontra una strada sterrata, anch’essa proveniente dalla Madonna del Lago. La si segue salendo con due tornanti; presso il secondo tornante (quota 1162) si lascia a destra una diramazione. Poco più avanti si abbandona la sterrata per riprendere a destra il sentiero segnalato; la traccia sale velocemente tra arbusti e radure, transitando nei pressi di una linea elettrica. Entrati nel bosco, il sentiero spiana, e taglia lungamente fino a riprendere la strada sterrata nei pressi di una casa isolata (quota 1367). Dopo un ultimo lungo tornante si esce all’aperto e si contorna un ampio avvallamento erboso in cui si trova una vasca di raccolta dell’acqua. Si raggiunge quindi l’ampia sella del Colle San Bartolomeo d’Ormea (1446 m), dove si incontra l’Alta Via dei Monti Liguri (da qui si può traversare al Rifugio Pian dell’Arma passando dalla Colla Bassa che si apre tra il Monte della Guardia ed il Monte Armetta).

I Giganti di Roccia, resti dell’olisosotroma (depositi sedimentari differenti dalla litologia prevalente) al di sopra del Santuario della Madonna del Lago

Trascurando la strada sterrata che scende ad Ormea si imbocca una rotabile che taglia in piano costeggiando un lariceto. Quando questa piega a sinistra la si abbandona, per seguire un sentiero che sale fino a sbucare poco più in alto su un’altra sterrata, che si rimonta verso destra entrando nell’ampia conca erbosa di Piano del Colle (1484 m), dove sorge una casa in pietra. Seguendo i segnavia bianco-rossi dell’AVML si attraversa la conca, poi si sale tra alberi, cespugli e rocce per tracce poco evidenti, che si inerpicano portando allo spartiacque principale della catena alpina. Si segue quindi l’ampia cresta, scavalcando un’arrotondata anticima e, superato il successivo avvallamento, si risale tra erba e rocce fino alla vetta (1744m).

  Le aree pastorali alla sommità della Valle Pennavaire (Madonna del Lago) con la valle ed Albenga sullo sfondo

Il fenomeno dell’arrampicata

All’inizio era solo il Finalese… A metà degli anni ‘90 un manipolo di “locals” e di storici attrezzatori di Finale cominciarono ad esplorare le pareti della Valle iniziando dal Bauso di Veravo che sovrasta le frazioni omonime nonché le pareti più in quota di Pian dell’Arma (Caprauna). Fulvio Balbi proseguiva ad esplorare diversi siti compresi tra valle Neve e Valle Pennavaire ma l’interesse dei climbers per queste zone era solo sporadico. A partire dal 2003 i genovesi Luca Biondi ed Andrea Bisio iniziarono ad esplorare sistematicamente le pareti più evidenti in qualche caso già discretamente esplorate ma poi cadute nell’oblio dopo alcune esplorazioni del Finaleros Andrea Gallo Iniziò un lavoro certosino e continuativo (che prosegue ancora oggi) e che ha coinvolto diversi arrampicatori, spesso ai vertici della disciplina, che ha prodotto negli anni (con sforzi quasi titanici di pulizia delle pareti, sistemazione di vecchi sentieri, attrezzatura degli itinerari) uno di principali centri di arrampicata dell’Italia Nord-occidentale ormai solidamente e continuamente visitato da arrampicatori italiani e stranieri.

Il lavoro dei primi apritori si è potuto esprimere anche grazie alla buona relazione con le amministrazioni locali, il tessuto economico e grazie alla costituzione dell’Associazione Roc Pennavaire che ha contribuito a legare ai destini della valle il sempre più ampio pubblico dei visitatori nonché ricavare risorse per la manutenzione degli itinerari. Recentemente il top climber Matteo Gambaro insieme a Davide Ramoino (CPR, una vecchia e forte conoscenza dell’arrampicata ligure) ed Elena Chiappa a sua volta sta esplorando nuovi settori dove si promettono le alte difficoltà richieste dal particolarissimo confronto tra le location più importanti del continente europeo.

Ma la Valle Pennavaire non è assolutamente un luogo riservato all’altissimo livello ma piuttosto uno dei siti migliori dove crescere dal livello medio a quello alto in un contesto montano fortemente orientato al multisport: il luogo ideale, dunque, per una vacanza sportiva di livello, in un territorio sempre molto integro e con una ricettività di valle che sta crescendo con offerte di qualità (B&B, agriturismi ed affittacamere, osterie e trattorie ormai entrate nella memoria collettiva) che completano il tradizionale e consolidato turismo costiero.

Attualmente si contano più di 1650 vie di arrampicata su un complesso di 54 falesie e tra queste sono presenti anche pareti dove sono state aperte vie di carattere più alpinistico (Rocca Rossa di Veravo). La “porta” della Pennavaire è però Cisano sul Neva dove ormai la presenza di climbers, escursionisti e bikers anima il borgo in ogni momento dell’anno. Il Bar Neva ed il negozio di materiale da montagna CPR FreeSport (ove troverete anche il punto di contatto con le Guide Hike&Climb) sono da anni il punto di contatto tra la comunità arrampicante e l’economia locale proponendo un modello virtuoso che – con qualche fisiologico intoppo – rappresenta una concreta opportunità futura.

Certo dopo oltre vent’anni di Valle Pennavaire, ci si avvicina ad una maturità che impone una “fase 2” della convivenza tra turismo sportivo, ambiente e tessuto sociale: il sistema dei servizi è quello delle vallate di montagna e quindi può essere messo in crisi da flussi eccessivi o da scarsa educazione dei visitatori: perché questo sistema diventi vincente deve essere in grado di crescere autoregolandosi e inserendosi con discrezione nella comunità. 

Come spesso avviene nelle zone montane italiane è necessario un fattore d’innesco perché si avvii un processo: l’arrampicata è stato il fattore chiave. Similmente al Finalese ma con alcuni aspetti peculiari legati soprattutto alla maggiore separazione tra il turismo balneare e quello montano (il mare è più lontano ed è separato dalle valli dall’importante fascia produttiva della Piana d’Albenga). Questo fatto ha permesso una migliore integrazione tra la fruizione del territorio e le attività locali perché non direttamente legata alla stagionalità del mare. È per questo che visitare oggi queste valli, viverle facendo sport all’aria aperta o solo esplorando i borghi permette di essere partecipi di un processo non scontato nelle aree interne ed in particolare in quelle Liguri.

Non è possibile qui suggerire una particolare falesia: le Guide di Hike&Climb potranno accompagnarvi e consigliarvi insieme ai consigli del climbing shop di CPR. Ovviamente un riferimento importante e la guida Roc Pennavaire che potrete acquistare al Bar Neva o al citato climbing shop.

Tuttavia vi sono alcune falesie del tutto irrinunciabili: esse sono quelle più importanti oppure quelle di maggior valore per la storia dell’arrampicata in valle. L’Antro di Castelbianco, il Terminal, Euskal, Red Up (in inverno…) Le straordinarie falesie Cineplex ed Erboristeria sono attualmente interdette all’arrampicata in attesa di nuovi accordi con Regione Liguria relativamente alla gestione dello ZSC Castell’Ermo come buona parte della destra orografica della valle. Si confida di risolvere la questione nei prossimi mesi. Nella parte più alpine della valle, nei pressi di Caprauna, le Rocche dell’Arma offrono un ambiente quasi di alta quota. La falesia CPR è una nuova risorsa sul lato dx della valle ma in zona non toccata dalle limitazioni ed è molto adatta per l’estate. Per i livelli no big la parte sinistra della Rocca Garda, il Bausu centrale e la Telematica (nei pressi di Colletta) offrono belle possibilità.  Nel vasto numero di settori e possibilità vi sono poi tante diverse possibilità adatte ad ogni gusto ed in base all’esposizione ed alla stagione o, semplicemente, in base alla propria voglia di combinare le diverse attività possibili. Compreso lo shopping agroalimentare che in questa valle permette di scovare in tutte le stagioni prodotti di altissima qualità.

Inoltre vi ricordiamo di integrare la vostra vacanza in Valle Pennavaire con una visita al Museo Etnografico di Caprauna (nell’ex scuola elementare) nonché al Museo Archeologico di Albenga. In entrambi troverete interessanti testimonianze delle genti che hanno abitato queste Terre Alte. Vi aspettiamo!


HIKE & CLIMB – FABIO PALAZZO
Sono Guida Alpina UIAGM e Dottore Agronomo, docente a contratto di Pianificazione del Paesaggio presso l’Università di Genova. Vivo a Genova ma nel lavoro di Guida mi divido tra la Liguria, la Toscana, l’arco alpino e qualche bella esplorazione fuori dall’Europa.
Nelle due professioni, ormai da molti anni, cerco di unire le esperienze lavorative e personali in una sintesi che contribuisca ad arricchire chi entra nel mondo complesso ed emozionante delle montagne. Praticamente tutta la mia vita lavorativa è stata finora spesa nelle aree interne italiane. Che non sono solo montagne ma anche cultura materiale e comunità.
Accompagnando e formando come Guida o contribuendo al percorso dei giovani paesaggisti spero di condividere la consapevolezza per il valore e la sensibilità del territorio montano ed il suo riscatto attraverso la conoscenza e la pratica sportiva. Mai fine a se stessa.
Sono un Tecnico del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico ed un membro del Club Alpino Accademico Italiano nonché un socio ordinario dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio e della Società Italiana dei Territorialisti.
 Spero di condividere con tutti Voi non solo esperienze ed informazioni ma anche una presa di posizione nei confronti del mondo che cambia attraverso un modo responsabile e partecipativo di esplorarlo. Anche dietro la porta di casa!

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E-mail: info@fabiopalazzo.it oppure fabio@hikeandclimb.it
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Un commento

  1. In questo particolare momento storico in cui la gente ha voglia di stare all’aperto e moltissimi si avvicinano per la prima volta al mondo outdoor vedo buone opportunità di sviluppo turistico per le aree finora meno frequentate. Ovvero gli escursionisti abituali, per evitare di trovarsi su sentieri troppo “trafficati”, scelgono e scoprono aree meno note ma altrettanto piacevoli dal punto di vista paesaggistico.

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