“La felicità è una cosa nella quale ci si deve esercitare, come col violino!”
Oggi vi voglio raccontare della mia deliziosa passeggiata alla scoperta dei segreti di un’arte antica e pregiata, quella dei liutai: mi trovo infatti nella discreta ed elegante Cremona.
Una città a misura d’uomo, con una bellissima piazza dove affaccia il Duomo e che ha dato i natali alla grande Mina. A Cremona si scoprono luoghi ancora incredibili e autentici dove la musica accompagna storie e tradizioni, la musica dolce, elegante e raffinata dei suoi violini.

Parto dalla bella piazza del comune, il cui palazzo è affiancato dal noto broletto in stile lombardo, attorniata da bellissime architetture medievali. Resto affascinata dalla meravigliosa facciata della grande Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta e rinominata cappella Sistina della Pianura Padana per gli incredibili affreschi del suo interno. Di antico impianto romanico, al suo fianco il celebre e splendido battistero e infine il Torrazzo, torre campanaria simbolo della città.
Nel lasciare la piazza faccio tappa in un negozio situato in via Solferino, impossibile non notarne la bellissima entrata e le grandi vetrine colme di dolci e saporiti colori: sono da Enea Sperlari, colui che custodisce da più di un secolo il segreto di fabbricazione del torrone e della mostarda, tramandatogli per tradizione da antichi produttori.


Nel tempo lo Sperlari divenne fornitore della Real Casa sia della Regina Madre Margherita, che del Principe di Piemonte Umberto rispettivamente ne 1921 e nel 1929. Ancora oggi i sapori forti, speziati, cioccolatosi e mandorlati sono esposti sui banchi del negozio che dal 1836 porta avanti la tradizione. In realtà questo gustosissimo dolce, conosciuto in tutto il mondo, deriva da un celebre evento svoltosi nell’ottobre del 1441 quando nella chiesa di San Sigismondo di Cremona si celebrarono le nozze di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza i quali ricevettero in dono una miscela di albume, miele e mandorle: nasceva il torrone!
Ma a Cremona non esiste forse angolo da cui, anche solo da lontano, non si sentano note e accordi di violini… Mi incammino così a metà strada di Corso Garibaldi dove trovo un’antica anima potente, nascosta nella corte di antichi palazzi, la cui voce vibrante e ammaliatrice come il canto di una sirena mi avvolge.
Sono dal Maestro Stefano Conia, di origini ungheresi, che già giovanissimo si avviò agli studi di violino per poi diplomarsi alla Scuola di Liuteria di Cremona sotto la guida dei Maestri Sgarabotto, Morassi e Bissolotti. In questa mattina di passeggiata decido di bussare alla vetrata del suo laboratorio bottega. Il Maestro mi apre con un bellissimo sorriso e grande fierezza nello sguardo: benvenuta!

Due enormi tavoli da falegname, colle, bottiglie, vernici e attrezzi ovunque. Qui maestro e figlio costruiscono i loro strumenti ispirandosi ai modelli dei grandi Classici o realizzandone di personali. I legni sono tutti accuratamente scelti e ben stagionati, le linee e le bombature sono classiche, la vernice intensa.
Ogni pezzo, controllato ed acusticamente perfezionato, è corredato di certificato di originalità e di garanzia. Perdersi nei segreti di questa arte è davvero un grande privilegio!
Inizio ad ascoltare con grande attenzione il suo racconto scoprendo che ogni tappa del viaggio verso la creazione è importante, delicata e mai scontata. Si comincia dalla scelta dei legni, solitamente provenienti dai boschi dolomitici tra cui la più celebre foresta di pini di Paneveggio, in val di Fiemme.
La tradizione vuole infatti che proprio qui il grande Stradivari, di cui il nostro maestro è in qualche maniera erede, vi si aggirasse per cercare gli alberi più idonei alla costruzione dei suoi violini. Abeti rossi dalle venature particolari.
“Il legno va ascoltato con l’orecchio teso” mi spiega il maestro, “perché è attraverso le sue insenature che il suono si propaga restituendo allo strumento una particolare capacità di risonanza delle casse armoniche” per poi indicarmi i pezzi di legno perfetti e pronti per essere forgiati dalle loro incredibili mani.






Occorrono quasi duecentoventi ore di lavoro per creare un violino: la tecnica cremonese in particolare, è indicata come forma interna perché tutto parte da dentro. Questa forma inoltre sembra la più idonea a migliorare l’acustica e lo stile dello strumento che ne risulta sempre pezzo unico e irripetibile finito solo con le capacità e la creatività unica dei maestri.
In questa bottega mi perdo tra i racconti e il suono dolce delle musiche che questi strumenti perfetti restituiscono. Il giardino interno della corte pare un luogo dì altri tempi e mentre esco e saluto, il maestro se ne torna seduto sul suo sgabello, come rapito e incantato nella sua creazione. Perso di un amore intenso e inenarrabile.

Cremona ci regala tutto questo e anche di più se poi ci si sposta al prestigioso Museo de Violino le cui celebri sale ci raccontano questa lunghissima tradizione in un percorso interattivo ed espositivo unico nel suo genere.

Il pezzo forte di questo complesso resta tuttavia il grandissimo auditorium concepito con un’architettura che ricorda essa stessa un violino, curvature, sinuosità e sedie con assorbimento acustico che contribuiscono a creare un ambiente perfetto dove artisti da tutto il mondo interpretano le grandi sonate.

L’Auditorium Giovanni Arvedi è il risultato mirabile ed unico di un progetto ardimentoso e moderno che riafferma ed esalta il ruolo di Cremona capitale del violino e della musica a livello internazionale.




Lascio il museo e mentre mi dirigo verso l’ultima tappa, rendo omaggio alla tomba del cremonese per eccellenza: Antonio Stradivari.


Di lui non si conoscono le origini, forse nacque a Cremona attorno al 1644 e fu quasi sicuramente apprendista di Nicolò Amati. Divenne presto famoso per i suoi strumenti, i migliori dei quali costruiti tra il 1710 e il 1720. Lavorò fino agli ultimi giorni della sua vita e morì molto vecchio, il 18 dicembre 1737 a Cremona. Passo dai giardini pubblici di piazza Roma, dove è conservata la copia della semplice pietra tombale che riporta la data in cui aveva ottenuto in uso perpetuo il sepolcro per sé e i suoi familiari.
Ho fame e Cremona mi accoglie in una delle più deliziose ed eleganti osterie. Hosteria ‘700 è all’angolo della centralissima Piazza Gallina nell’antico palazzo della famiglia Barbò, di proprietà della Marchesa Donna Marietta detta “La Bodora”.
Il palazzo del 1837 ha sale sontuosamente decorate dai pittori cremonesi Giovanni Motta e Gallo Gallina tutte arredate con specchiere in stile neo barocchetto che conferiscono al locale un’eleganza ed uno stile davvero inconfondibile. Mi siedo sulla sala del camino dove la luce dei magnifici lampadari a goccia appesi al soffitto mi regalano un’emozione d’altri tempi.
Tante le specialità della casa e così parto dal risotto “700”, per poi passare ai marubini ed i tortelli cremonesi, il cotechino cremonese con le lenticchie, specie se in inverno non può mancare accompagnato da polenta fresca. Chiudo in bellezza con un ottimo semifreddo al torrone. Il tutto corredato da ottimi vin locali.
Grazie Cremona!
Siti web di riferimento
Stefano Cornia: clicca qui
Museo del Violino di Cremona: clicca qui
Hosteria ‘700: clicca qui
Ciao a tutti, sono Silvia, appassionata viaggiatrice da sempre, lo faccio con il corpo e i cinque sensi e quando sono ferma viaggio con la fantasia. Ciò che pensi diventi e ciò che sogni arriva. Nel viaggio da soli o con gli altri puoi usare tutto questo e anche di più. Nasco in Umbria, cresco e passo la gioventù in Toscana, vivo in Emilia Romagna dove svolgo la professione di Guida Turistica e di Tour Leader in tutt’Italia. Amo condividere e chiacchierare. Scrivere e mangiare. Mi ritengo fortunata perché vivo e lavoro in un Paese Unico e Ricchissimo di tutto e ne sono ambasciatrice in qualche modo con chi viene a conoscerlo. Viaggio per passione e per vivere in ogni senso. A chi visita i miei luoghi cerco di rubare un pezzo dei loro cuori. Un mosaico incredibile si arricchisce ogni volta.
Con questa mia rubrica desidero condividere una PASSIONE e ricordare che a volte l’essenza del viaggio è invisibile agli occhi.
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