A Roma un tempo i gladiatori e gli aurighi erano dei veri e propri professionisti dello sport, preparatissimi atleti proprio come gli attuali calciatori o i piloti della Formula 1 e/o altre specialità agonistiche; erano osannati dai loro accesi tifosi ed incitati alla vittoria soprattutto “nelle curve” del Colosseo o del circo, gli unici luoghi pubblici che rappresentavano un rapporto “diretto” con l’Imperatore e la corte; erano infatti dove sedevano i normali cittadini; tutt’altra veduta ovvio e tutt’altro trattamento ma l’imperatore in carne ed ossa era lì in mezzo a loro e questo era un modo empatico che sembrava accumunasse tutti come se fossero sullo stesso piano, sicuramente quello del “divertimento”, in realtà dietro questa assonanza anelata e alquanto naif da parte del popolo si celava un sottile controllo delle masse da parte del sistema (Panem et Circences), che si faceva interprete dei loro bisogni, compreso quello del divertimento, che distoglieva il popolo dalla reale situazione politica ed economica come spesso complessa e ci riusciva pienamente.

La maggior parte del tempo la corte imperiale romana viveva una fantastica quotidianità indubbiamente diversa dai comuni cittadini di Roma e abitava gli esclusivi lussuosissimi ed enormi palazzi chiamati Domus sul colle Palatino, che oggi si mostrano al pubblico come preziose e affascinanti rovine ben custodite, è molto importante visitarle per capire la loro reale imponenza e per rendersi conto della loro importanza logistica, sono oggi visitabili anche con l’aiuto delle guide turistiche che illustrano la ricostruzione temporale dell’uso delle Domus e della storia del colle Palatino dalla nascita di Roma ai nostri giorni, che copre un lasso di tempo di circa 2.774 anni circa; la visita comprende inoltre alcuni ambienti importanti da poco restaurati.

Il Palatino è il più importante dei sette leggendari colli sui quali Roma fu fondata nel 753 a. c. il 21 aprile, che dopo il periodo dei sette Re e della Repubblica, diventò appunto il luogo dei privilegiati Palazzi Imperiali.
Le dimore imperiali erano munite di tutti i comforts, d’inverno gli ampi spazi al chiuso venivano riscaldati attraverso un sistema a forni che si snodava di alcuni metri al di sotto dei fantastici pavimenti di marmo prezioso e dalle pareti finemente decorate delle varie stanze, come anche le loro Terme private (divise in tre ambienti: il tepidarium, il calidarium e il frigidarium e le piscine), alimentato dal lavoro incessante di centinaia di schiavi; era molta la servitù che provvedeva a rendere fantastica ogni loro esigenza.

Le giornate della famiglia imperiale erano rese ancora più salutari nelle rilassanti Terme private, (SPA), e allietate nella bella stagione e, a Roma è sempre comunque bel tempo, da banchetti privati all’aperto nel triclinium a piacevoli passeggiate a cavallo e nella brezza delle fresche sere d’estate, nello stadio Palatino, adiacente i palazzi imperiali ad un’altezza di circa 60 metri dal piano di calpestio delle strade dei cittadini, si svolgevano le rappresentazioni teatrali ed altri spettacoli privati per l’Imperatore e i suoi invitati.
Le Domus imperiali dominavano su di un lato l’area del Foro Romano (la “Piazza”, luogo di incontro, Centro amministrativo, politico e religioso dell’antica Roma), che si estendeva al di sotto, da lì, potevano controllare praticamente tutte le attività dei cittadini romani; dall’adorazione degli dei e delle dee nei vari templi alle attività amministrative nelle grandi basiliche ad uso civile sedi di tribunali, negozi cambia valute e ai vari comizi che si svolgevano durante il giorno; tenendo sotto controllo ogni possibile complotto potesse minare il loro potere e mettere in pericolo la loro vita: dall’altro lato dominavano l’affaccio superbo sul Circo Massimo, il più grande ippodromo di Roma di quel tempo, chiamato massimo proprio per evidenziarne la grande capacità di ospitare circa 200.000 spettatori che sedevano tutt’intorno al Circo dove si svolgevano le corse dei carri guidati dagli aurighi e trainati da 2 o 4 cavalli (bighe e quadrighe).

Gli Imperatori e la corte dalle lussuose terrazze dei loro palazzi imperiali sul colle Palatino avevano il privilegio di assistere alle gare dei carri da una postazione invidiabile, da una visuale a 360 gradi di dominio su tutta l’area e metaforicamente sul mondo Roma-Caput Mundi (l’Impero Romano era esteso: comprendeva tutta la parte nord dell’Europa fino ai Balcani, nord dell’Africa, incluso Egitto, Siria fino alla Persia e tutte le decisioni si prendevano a Roma, nel Foro Romano che rappresentava il centro del mondo in quel momento: dichiarazioni di guerra, trattati di pace, insomma dove si decideva il destino dei popoli) mentre i cittadini di Roma sedevano 60 metri circa più sotto, intorno al Circo Massimo, che oggi viene utilizzato per festeggiare l’ultimo dell’anno, i concerti di artisti italiani (Vasco Rossi, Laura Pausini, Venditti, The Giornalisti) e stranieri (nel 2014 Rolling Stones, Bruce Springsteen) ed i grandi eventi (famoso scudetto AS Roma 2001; Parata per l’anniversario della fondazione di Roma 21 aprile 753 a. c.; Race for cure ogni anno).

Non c’era proprio il tempo di annoiarsi, dall’anno 80 d. c. iniziarono anche gli spettacoli del Colosseo (l’Anfiteatro Flavio) costruito non molto distante dai palazzi imperiali, il più grande anfiteatro di tutto l’Impero (esistevano già i teatri anche a Roma non solo in Grecia già prima della nascita di Gesù, ricordate dai vostri studi, quando Giulio Cesare fu assassinato con 23 coltellate nel 44 a. c. il 15 marzo,(Idi di Marzo) nel teatro di Pompeo, tra gli esecutori materiali del complotto c’era anche suo figlio adottivo Bruto ed altri congiurati?) ma l’Anfiteatro Flavio era il più grande dei teatri fino ad allora costruiti in tutto l’Impero anzi, in pratica, 2 teatri uno di fronte all’altro, di forma ellittica e le esedre delle due estremità erano state modificate dai Romani rispetto ai teatri greci allungandole, per poter creare e dare più spazio all’area dell’arena durante gli spettacoli.
L’area riservata ai cittadini (cavea, che a diversi livelli, si accomodavano a secondo del ceto sociale) poteva ospitare fino 50.0000 spettatori), sull’arena, chiamata così perché ricoperta di sabbia, che serviva ad assorbire il sangue che si spargeva durante i cruenti spettacoli che consistevano in delle vere e proprie cacce tra uomini per lo più gli schiavi meno fortunati, chiamati Venatores che combattevano contro gli animali esotici e aprivano al mattino gli spettacoli (Venationes) che proseguivano con altri programmi fino al tramonto. Lo spettacolo di mezzogiorno invece, consisteva nelle varie esecuzioni dei prigionieri e dei condannati per reati gravi, dei piromani e dei seguaci di Cristo (considerati nemici del sistema) e comunque tutti i condannati a morte che venivano o sbranati sull’arena dai leoni (damnatio ad bestias) e da altri animali trasportati dalla savana o dalle altre province lontane dell’Impero e incitati dai bestiari ad attaccarli (a loro volta schiavi, prigionieri di guerra rischiavano la vita a contatto diretto con questi animali tenuti a digiuno nei sotterranei dentro le gabbie per garantire la loro massima aggressività durante gli spettacoli) oppure posti in croce e bruciati, (summa supplicia, danmatio ad crucem); nel pomeriggio, seguivano le lotte dei gladiatori (sport di alto livello, chiamati Munera), fino al tramonto e ancora, la sabbia sparsa sull’arena aveva anche il compito di tenere i gladiatori ben saldi sulle loro gambe durante le lotte.
Giornata incredibile al Colosseo, programma da brividi a dir poco e sfido chiunque a pensare il contrario ma a quel tempo per gli antichi romani questo era puro divertimento tra pathos e sangue.
Comunque, tra uno spettacolo e l’altro organizzavano anche degli spettacoli di normale intrattenimento che strappavano qualche risata al pubblico e distendevano gli animi molto probabilmente anche danze, qualche buffa rappresentazione teatrale da non confondere con le altre dove nel caso di rappresentazioni di tragedie gli attori che dovevano seguire il copione che non era diverso dal loro destino. L’impiego di elefanti che rispondevano meglio all’addestramento e che con la loro proboscide riuscivano a scrivere sulla sabbia dell’arena il nome dell’Imperatore! (leggenda o realtà?).
Gli spettacoli iniziavano la mattina e si concludevano al calar del sole ma non si svolgevano tutti i giorni, (da fonti storiche), il Colosseo veniva aperto due o tre volte al mese in occasioni speciali e a volte un’apertura durava anche per più giorni di fila in caso di festeggiamenti particolari ed erano tantissimi coloro che dovevano impegnarsi al massimo per garantire la buona riuscita degli spettacoli, che dovevano essere sempre nuovi, divertenti ed originali e svolti secondo il programma previsto.
Tutto questo “divertimento”, inclusi gli spettacoli cruenti e folli del Colosseo, che al giorno d’oggi potremmo ben definire lontano dai nostri gusti ma normali per quel tempo, almeno per la maggior parte (mi piace pensare che non proprio tutti fossero favorevoli, almeno lo spero) era a disposizione e gratis per i cittadini, per i primi anni dopo l’inaugurazione del Colosseo, e naturalmente dell’Imperatore che invitava la sua ristretta cerchia di ospiti, amici, aristocratici, influenti uomini di potere con le loro famiglie dalle lontane terre conquistate e Province dell’Impero Romano a trascorrere qualche giorno di vacanza nei suoi fastosi palazzi imperiali sul Palatino, gli schiavi al servizio dell’Imperatore rendevano talmente meraviglioso e confortevole il loro soggiorno a Roma che si poteva ben sperare dunque, che quelle Province non avrebbero mai osato rivoltarsi all’egemonia di Roma. Intelligenti i romani di allora, no? Strategici come sempre.
La storia riconosce loro oltre all’indiscussa ed ineguagliabile capacità di organizzazione delle Legioni Romane nella conquista di nuovi territori e della loro ferrea disciplina verso i superiori, a volte anche non condividendola; alla loro intuizione e tattica che la maggior parte delle volte garantiva loro il successo dell’operazione, la praticità di trasformare tutto ciò che conquistavano e che valeva la pena veramente di considerare come utile e questo è sicuramente questione di saper valutare con gusto tutto quello che si poteva salvare per essere migliorato, secondo canoni diversi e più idonei non solo a proprio beneficio ma anche di quello comune, per questo erano anche molto generosi.
La capacità ingegneristica dei Romani di costruire gli acquedotti: chilometri di opere perfette che migliorarono la qualità della vita di tutti poiché l’acqua è la fonte della vita stessa, senza acqua non ci può essere progresso, ancora oggi alcuni di questi antichi acquedotti (almeno 13 nell’antica Roma) sono funzionanti (es. Acquedotto Acqua Virgo); la costruzione di strade, terme, sistemi fognari e ponti per l’interesse pubblico venivano riproposti in tutte terre conquistate che diventavano Province Romane che dovevano somigliare a Roma, che rappresentava il massimo esempio da imitare.
Non dobbiamo dimenticare comunque che conquistare terre significava guerra, (preferibile evitarla), e non sempre le terre conquistate accettavano di buon grado l’egemonia di Roma, che all’inizio, permetteva loro una certa indipendenza e una vita migliore ma con il trascorrere del tempo la pressione si faceva più forte e le rivolte sempre in agguato.
Oggi l’intera e vasta area degli ex palazzi imperiali sul colle Palatino è visitabile e comprende anche la visita del Colosseo (Anfiteatro Flavio ) dei sotterranei e dell’arena, da poco restaurati ed aperti al pubblico il Foro Romano (che fu centro del mondo per circa 1.200 anni) e l’intera area costituisce il Parco Archeologico del Colosseo, che può essere visitata in un minimo di tre ore, una sola visita non basterà e ve ne accorgerete direttamente perché è talmente vasta ed interessante che continuerete a visitarla sempre ogni volta che sarete a Roma; tra l’altro, è un’area fantastica e piena di verde (con molte specie di piante, varie specie di uccelli) ma è soprattutto considerata una tra le più interessanti ed importanti aree archeologiche del mondo e direttamente in loco si potrà comprendere tutta la grandezza di Roma e del perché viene ancora oggi e sarà per sempre chiamata la città eterna.
Sia la manodopera che tutti gli attori coinvolti negli spettacoli del Colosseo costituivano la complicata straordinaria e sofisticata macchina che doveva assicurare il massimo divertimento a circa 50.000 spettatori e all’Imperatore, che ogni volta dovevano stupirsi: “E oggi cosa salterà fuori dalle botole dell’arena? quali animali si sfideranno tra loro e contro i Venatores”? Il backstage del Colosseo erano i sotterranei, (oggi visitabili dopo vari restauri, altri lavori seguiranno nel prossimo futuro da parte di squadre di restauro di alto livello, che secondo il grande progetto da poco annunciato include anche la ricostruzione del piano dell’arena per rendere il Colosseo sempre più simile a quando era utilizzato per gli spettacoli circa 1.800 anni fa, è un progetto molto ambizioso: ricostruire senza modificare ed alterare in maniera significativa la struttura originale e questo non è proprio semplice, perché solo per nominare una delle difficoltà oggettive è che per es. i materiali di quel tempo non esistono più.
I sotterranei del Colosseo erano il luogo dove possiamo immaginare, squadre di poveri schiavi che si muovevano velocemente nei vari livelli e al buio, illuminati solo dalle torce e durante il caldo infernale in estate sapevano esattamente cosa fare perché c’era sempre qualcuno “poco gentile” che non dava loro tregua perché attivassero velocemente ed incessantemente gli argani che permettevano agli ascensori e carrucole di trasferire sul piano dell’arena tutto ciò che necessitava per rendere ogni spettacolo unico, incluso gli animali esotici, come ad esempio durante le cacce, (Venationes) al mattino, l’uso di pannelli decorati a tema tutt’intorno all’arena ricostruivano l‘atmosfera della savana, per lasciar posto velocemente poco dopo ad altre scenografie.
Circa 150 marinai provenienti da Miseno (Na) dovevano manovrare con la loro forza un sistema di pali esterni e funi per attivare l’apertura di una tenda chiamata Velarium (tendone) circolare composta da spicchi di tessuto, posta al di sopra del Colosseo ad un’altezza di 50 mt circa che proteggeva la corte e i cittadini in caso di sole o lieve pioggia e, al tramonto, a fine spettacoli dovevano eseguire l’operazione di chiusura della stessa.
L’organizzazione degli spettacoli era quindi molto impegnativa e anche la loro pubblicità non era molto semplice (no giornali, no social o tv) per questo il Colosseo non poteva essere aperto tutti i giorni e anche perché, dopo tutto, gli antichi romani dovevano pur lavorare!
Immaginate le emozioni di stupore del popolo di Roma alla vista di leoni, pantere, gazzelle, orsi, giraffe, tori imbizzarriti sull’arena dell’Anfiteatro Flavio, costruito dall’Imperatore Vespasiano della Dinastia dei Flavi nel 72 circa d. c., fu costruito tutt’intorno al lago artificiale di Nerone. Impiegarono soli 8 anni, fu inaugurato da suo figlio, l’Imperatore Tito intorno all’80 d.C. La colossale impresa fu possibile grazie alla grande quantità di schiavi provenienti dalle terre conquistate inclusi molti ebrei e con il ricavato del bottino di guerra riportato a Roma dalla (seconda) distruzione del Tempio di Gerusalemme.
Molto probabilmente il popolo romano non conosceva l’esistenza degli animali esotici, (no safari), ed ecco quindi l’imperatore pronto a stupirli con le novità e il monito sottointeso è come se dicesse loro: “guardate cosa sono capace di organizzare attenzione a non remare contro il sistema potreste pentirvene”, solamente il suo potere insieme a quello di altri magistrati, questori e ricchi politici dell’antica Roma avevano la possibilità di investire in cambio di voti e di consenso e dare loro l’opportunità di assistere a questi spettacoli che non avrebbero mai potuto neanche immaginare “o vedere in TV”, (naturalmente scherzo).
Poveri animali, dal loro habitat naturale agli spettacoli dell’arena, dove non sempre avevano la meglio, certamente, anche gli avversari però non erano più fortunati, (i venatores, i bestiari, i taurari) era tutto molto crudele e in più se ci soffermiamo a pensare a quanti ne morivano sulle navi durante il trasporto e quanti schiavi rischiavano la loro vita per catturarli e garantirne l’arrivo in vita a Roma, ma quella era un’altra epoca.
All’inizio le province romane da cui provenivano gli animali esotici non chiedevano ricompense ma poi le cose cambiarono, soprattutto in seguito all’inevitabile e probabile estinzione di molti esemplari, incluso il leone dei Balcani, dovuta alla gran quantità ingiustamente sacrificata durante gli spettacoli (cacce e Venationes) che durarono per circa 300 e più anni dall’inaugurazione del Colosseo (80 d .c. al 350 d. c. a quando l’Imperatore Costantino liberò i cristiani con l’Editto di Milano nel 313 d. c. e li proibì) basti pensare che solo per l’inaugurazione del Colosseo nell’anno 80 d. c. (che durò tre mesi), furono sacrificati circa 9.000 animali e circa 5.000 gladiatori (fonti). In seguito, per non dipendere dalle lontane province Romane crearono gli allevamenti a Roma.
Figure centrali e molto importanti degli spettacoli del Colosseo, chiamati (Munera- x il contributo servizio che arrecava gioia alla comunità, Munificenza) che si tenevano nel pomeriggio e attesi con grandissimo interesse da parte di tutto il popolo dell’antica Roma erano i gladiatori, acclamati dalle folle che sembravano impazzite durante i loro combattimenti, rappresentavano dei veri miti ed eroi per i cittadini di Roma e dell’intero Impero Romano, che oltre a considerarli al di sopra dei normali esseri umani, erano osannati, ammirati nonostante li considerassero popolo di serie B, poiché provenivano da ambienti e situazioni alquanto discutibili, questa dualità di emozioni li rendeva unici. Scommettevano (sponsiones) sulla vittoria di questo o quel gladiatore, che sembra a tratti, fosse tollerato. Da fonti, sembra che i Romani scommettessero su tutto ma alcuni giochi d’azzardo erano vietati, come quello dei dadi o con gli ossicini e/o i sassolini e molti altri.
Già molto prima dei combattimenti al Colosseo, non è ancora molto chiaro da dove provenisse esattamente l’usanza mitologica di misurarsi in lotte cruente tra personaggi possenti muniti ognuno di diverse armi da combattimento.
Da alcune testimonianze archeologiche, fonti letterarie e pitture tombali rinvenute in Etruria (tra Arno e Tevere), i personaggi ritratti erano chiamati dalla famiglia benestante del defunto per il suo funerale e si scontravano per omaggiare e rendere servizio al richiedente per accompagnare la sua anima nell’ultimo viaggio con il sacrificio del loro sangue, che avrebbe pacato gli dèi infernali. Questo rito sembra essere stato ereditato dai Greci e dagli Etruschi prima di approdare a Roma nel 489 a. c. Più tardi diventò un vero e proprio sport e la prima scuola/palestra che li preparava come veri atleti fu fondata a Capua nel 105 a. c. per poi combattere vere e proprie gare di alto livello prima nel Foro e nei circhi e poi nell’arena del Colosseo ad iniziare dall’anno 80 d. c.
I Gladiatori gareggiavano uno contro l’altro, divisi in squadre, si trattava di veri e propri combattimenti dove oltre alle regole molto rigide, previste in ogni sport, era incluso come probabile eventualità, anche la morte, molti costretti a combattere perdevano la vita anche al primo combattimento.
Ma chi erano effettivamente i gladiatori?
La maggior parte erano prigionieri di guerra, galeotti, condannati per una condotta poco raccomandabile e anche i cristiani, (malvisti dal sistema che adorava gli dei e le dee), gli schiavi provenienti dalle terre conquistate da Roma erano scelti dal Lanista (ingaggiatore reclutatore a volte, ex gladiatore in congedo, da lanius che significa macellaio, questo già fa capire chi fossero i personaggi che facevano parte di questo tipo di incarico e di business) a seconda dei loro muscoli ben evidenti, forza fisica e piglio, costretti a combattere sull’arena avrebbero potuto ottenere fama, soldi, diventare uomini semiliberi se avessero fatto una fantastica carriera come atleti e osannati per il loro modo di combattere secondo le rigide regole del gioco riportando un certo numero di vittorie (8/10) per un minimo di tre anni (o alcuni anni), traguardo molto difficile perché ogni combattimento significava sfidare il destino e la morte, solo allora veniva concesso il congedo cioè la possibilità di non essere più obbligati a combattere attraverso la consegna simbolica del rudis (spada di legno simbolo di riconoscimento e di congedo da parte del sopraintendente dei giochi) comunque per ottenere la libertà assoluta avrebbero dovuto attendere la consegna del pileus (una specie di berretto di lana bianca) da parte del Pretore; altri schiavi che non venivano ingaggiati come gladiatori dai lanisti, erano destinati a lavorare per realizzare ponti, strade e altre costruzioni, infrastrutture e diventavano mano d’opera per conto di Roma anche nelle varie Province dell’Impero Romano o a remare nelle galere delle navi romane da guerra o per il commercio.
Altri gladiatori erano ex soldati romani bramosi di fama, chiedevano spontaneamente di essere ingaggiati come gladiatori perché non vedevano altro futuro, ormai incapaci di fare altro, abituati nella loro precedente vita trascorsa in guerra tra l’attacco e la sfida non ne potevano restare fuori; altri erano personaggi sui quali pesavano condanne a vita che vedevano in questo sport l’unica occasione per riscattarsi che offriva fama e ricchezza.
Il gladiatore iniziata la sua carriera non poteva rinunciare e ritirarsi, e magari dire: “sono veramente esausto, non ne posso più, bye bye”. La sua vita era al servizio di Roma, dell’Impero e del popolo, da alcune fonti, per almeno tre anni, dovevano sopravvivere ai combattimenti e dimostrare il loro netto valore sia come resistenza, coraggio e forma atletica insomma dovevano diventare dei veri e propri campioni. Con la consegna del rudis che segnava il congedo seguivano altri due anni dove dovevano affiancare il lanista nella scelta e nella preparazione dei nuovi gladiatori, a volte, diventavano loro stessi Lanisti, succedeva anche che soprattutto all’apice di una brillante carriera rinunciassero al rudis per continuare a combattere, come accadde a Flamma, un soldato siriano, prigioniero di guerra catturato dai Romani sotto l’Impero di Adriano (120 d. c. circa) portato a Roma e costretto a combattere da gladiatore, il suo stile era Secutor, vinse molti combattimenti era invincibile, conquistò, diventò ricco e famoso in tutto l’Impero e rinunciò al rudis ben quattro volte, molto comprensibile se si pensa all’atmosfera di quei tempi, ma altrettanto oggi quando si diventa il beniamino del pubblico.
Secondo le fonti, a Roma c’erano quattro scuole/palestre che preparavano i futuri gladiatori e i Venatores a seconda della provenienza degli schiavi scelti dai Lanisti che spesso erano anche i proprietari delle palestre: il Ludus Matutinus (dove si allenavano gli schiavi meno fortunati per combattere sull’arena a piedi o a cavallo con l’aiuto di alcune lance contro animali esotici durante gli spettacoli del mattino); il Ludus Gallicus (preparava i prigionieri di guerra provenienti dalla Gallia, provincia dell’Impero Romano (Celti), corrispondente all’attuale nord Europa); Ludus Dacicus (palestra di addestramento degli schiavi provenienti dalla Dacia, l’attuale Romania; ed infine la più grande palestra di Roma chiamata: Ludus Magnus (la più grande scuola gladiatoria di Roma, che comunicava direttamente con l’arena del Colosseo attraverso un passaggio speciale sotterraneo, fu fondata sotto l’Imperatore Domiziano (81-96 d. c.) della Dinastia dei Flavi, figlio di Vespasiano e fratello di Tito in un’area ancora oggi visibile, attraverso questo passaggio speciale di circa 150 metri più o meno, oggi nascosto sotto una strada urbana, arrivavano direttamente nell’arena e solo allora venivano consegnate loro le armi vere e proprie per il combattimento e non prima perché alcuni dei gladiatori erano comunque schiavi e avrebbero potuto rivoltarsi prima di raggiungere l’arena.
Doveva essere uno spettacolo nello spettacolo: le loro uniformi erano molto vistose secondo le categorie: alcuni indossavano gli elmetti di ferro che coprivano il loro volto e nascondevano le loro vere emozioni e dai quali si misuravano con l’esterno solo attraverso dei piccolissimi forellini; le piume colorate sugli elmi, gli scudi decorati con i vari simboli, gli schinieri che proteggevano le loro gambe fino al ginocchio; usavano pesanti armature e varie armi da combattimento. I loro muscoli erano evidenti e privi di peli, dovevano essere piacenti anche allo sguardo oltre che bravi nell’arte del combattimento e conquistavano inevitabilmente molti cuori.
La sera prima delle lotte, gli organizzatori (Editor, Lanisti e loro formatori) offrivano le cene gratis a tutti i loro fans e soprattutto alle invitate che subivano il loro fascino e stravedevano per loro, attratte dai loro possenti muscoli e il loro coraggio finivano per innamorarsi perfino le mogli dei Senatori e, a volte le donne dell’entourage dell’Imperatore, raccontano le fonti, venivano invitate a spostarsi dalla posizione privilegiata più prossima all’arena riservata ai nobili e allo stesso Imperatore (chiamata Pulvinar) nei piani più in alto per evitare che i gladiatori fossero distratti dai loro sguardi ammiccanti pericolosi compromettendo così l’andamento del combattimento; erano considerati degli eroi ed erano stimati economicamente a seconda delle vittorie riportate durante la loro carriera; un gladiatore di un certo livello poteva valere fino a 300.000 sesterzi e oltre (la moneta dell’antica Roma): il termine gladiatore deriverebbe da gladio, l’arma con la quale combattevano, ossia un pugnale corto massiccia a doppia lama, già in uso ai legionari romani, che comunque non era l’unica arma di combattimento, cambiava a seconda della categoria di appartenenza del gladiatore e quale fosse la sua specialità: i Reziari (Retiarius, uomo con la rete) combattevano senza protezione, uno scudo sulla spalla sinistra, non indossavano l’elmetto, combattevano con una fuscina una specie di tridente e si aiutavano con una rete intervallata da pezzi di metallo per avvolgere e immobilizzare l’avversario: un Mirmillone (un Secutor, inseguitore) con scudo e gladio ed elmetto con visiera di piume a cresta dritta. Anche il Trace avversario del Mirmillone (murmillo) era molto protetto con un elmetto di ferro che copriva completamente il volto, uno scudo quadrato decorato e uno schiniere che riparava la gamba sinistra fin sotto il ginocchio. il Mirmillone (da murena) combatteva con il gladio nascondendosi dietro lo scudo e all’improvviso usciva e colpiva l’avversario, il suo elmo era decorato da figure marine: la categoria dei Traci provenienti dalla Tracia, Provincia Romana.
Molto probabile il famoso gladiatore Spartaco che guidò la rivolta contro Roma da Capua era un Trace, erano dei gladiatori molto agili e combattevano con un coltello corto a lama ricurva (sica) che gli serviva per colpire l’avversario al collo, di spalle, con un fendente dall’alto, indossavano gli schinieri, un elmetto decorato con il simbolo del grifone e sul braccio destro portavano delle cinghie di cuoio e con il braccio sinistro si proteggevano con uno scudo.
L’ Hoplomachus (dal greco, armamento pesante) categoria pesantemente armata, combatteva con una lancia molto affilata, si proteggeva con uno scudo di bronzo piccolo e rotondo ed un elmetto tipico dell’area attico-beota, schinieri intorno alle fasciature strette intorno alle gambe o una specie di pantaloni di lana, indossavano un perizoma e normalmente i loro avversari erano i Traci.
Immaginate che fuori dall’arena dell’Anfiteatro Flavio, i gladiatori erano anche buoni amici ma sull’arena agguerriti nemici e feroci avversari fino alla morte.
Dovevano seguire una dieta calibrata, ben equilibrata che consisteva per lo più di legumi e che potesse garantire loro l’ottima forma fisica che insieme al loro incessante allenamento era importante per essere pronti al massimo per i combattimenti e salvare la loro vita, molte le leggende relative alle ottime qualità del loro sangue che era impiegato anche per curare alcune malattie.
Immaginiamo il grande stress al quale erano sottoposti, soprattutto chi non aveva scelto spontaneamente di diventare un gladiatore, non dovevano deludere le aspettative dei tifosi, degli organizzatori, dei lanisti e dell’Imperatore e in gioco c’era la loro vita, alcuni si suicidavano perché non reggevano la pressione; uno sport a tutti gli effetti con dei rischi indubbiamente maggiori e difficilmente paragonabili a quelli di oggi.
Non sempre però i combattimenti si concludevano con la morte dell’avversario, (ogni gladiatore era molto costoso per l’addestramento e il mantenimento per il sistema che li supportava e li addestrava, l’investimento era molto oneroso, si tendeva a mantenerli in vita) il gladiatore a terra poteva fermare il gioco buttando le armi a terra ed alzare la mano sinistra, gesto previsto dalle regole e, normalmente, se si trattava di un campione un beniamino di tutti si cercava di risparmiargli la vita per permettergli di misurarsi e di continuare a vederlo combattere in futuro per la gioia di tutti, forse non era stato proprio il suo giorno favorevole, (sacrifichereste Messi, Russel Crowe- Massimo? Pensate ad uno dei vostri beniamini) perché se ferito doveva tornare a combattere in perfetta forma e questo conveniva a tutti, specialmente agli organizzatori (Editor, Imperatore) che altrimenti avrebbero dovuto pagare il lanista per i mancati combattimenti.
Comunque sia, però, la sua salvezza dipendeva da tanti fattori ad esempio: se avesse riportato molte ferite talmente profonde mortali e quindi inguaribili la sua carriera poteva definirsi conclusa quindi era preferibile sacrificarlo o se aveva mal condotto il combattimento non rispettando le rigorose regole del gioco rilevate dall’arbitro sempre presente ad ogni combattimento, oppure, si era comportato da codardo e non aveva divertito e meravigliato il pubblico perché la durata del combattimento era stata troppo breve. Proprio al pubblico si rivolgeva l’Imperatore prima di decretare la sorte del gladiatore perdente (con questo gesto di fiducia sembrava riconoscere prima al popolo ampio giudizio che poteva portare alla morte o a risparmiare la vita del gladiatore a terra), se decidevano che non aveva combattuto secondo le aspettative, gli spettatori impazziti ripetevano: Iugula Iugula!! (vogliamo la sua gola!); una volta capito l’umore della folla, l’Imperatore sentenziava il suo destino con il segno del pollice: (pollex versus o pollex pressus).
Da fonti storiche più attendibili: (pollex pressus), consisteva nell’alzare il pollice per poi richiuderlo velocemente nel pugno della stessa mano, spingendo decisamente il pugno chiuso in avanti, come se il pollice rappresentasse un pugnale riposto nel fodero: questo voleva dire: gli risparmiamo la vita!
Il (pollex versus) il pollice alzato e poi inclinato verso il basso significava uccidetelo! imitava il movimento del pugnale che ferisce alla gola il gladiatore perdente; a quel punto le regole imponevano l’arduo compito al gladiatore vincente di finire l’avversario a terra con un colpo finale decisivo. Se il gladiatore perdente era in grado, comunque, di capire la sua ultima condanna, doveva onorare la sua fine inginocchiandosi, esponendo con dignità e ferrea disciplina la sua gola ed offrire al suo avversario, al popolo di Roma e all’Imperatore il suo misero destino non doveva trasparire alcuna paura. Seguiva la prova del ferro rovente per constatarne la morte e poi due figure travestite da Caronte (il traghettatore delle anime nell’aldilà) lo trasportavano fuori dall’arena attraverso la porta Libitinensis, l’arco riservato ai morti, mentre il gladiatore vincente riceveva una foglia di palma e denaro, oppure una ghirlanda o una corona d’oro, pietre preziose, faceva il giro dell’arena ed usciva dalla porta Triumphalis, l’arco opposto a quello Libitinensis.
Pollice alzato e Pollice giù; non sembrano essere stati i gesti praticati dalle folle e dall’Imperatore per esprimere la clemenza o la condanna del gladiatore perdente, come invece spesso dipinto e rappresentato: “l’America non era stata ancora scoperta”.
I combattimenti sull’arena e tutti gli altri spettacoli del Colosseo erano una perfetta arma di controllo delle masse da parte di chi aveva il potere e che aveva capito che queste dimostrazioni di sfida con la morte all’ultimo sangue erano insite nel popolo di Roma (Caput Mundi) che sottolineava e ribadiva il concetto di non temere nessuno. A volte anche alcuni Imperatori per mostrare al popolo il loro coraggio, salivano sull’arena e combattevano: es l’Imperatore Commodo, (sicuramente non sarebbe di certo morto e il gladiatore avversario l’avrebbe fatto vincere ma comunque doveva dimostrare di saper combattere), oppure quando sfidava i leoni con le sue nude mani…. (i leoni erano sicuramente stati resi innocui con varie droghe): altre scene di lotte tra gladiatori sono riportate su mosaici, monete, utensili del tempo e racconti scritti come quello che accadeva nel vissuto in diretta in quelle circostanze come riporta ad es. Marziale, lo scrittore spagnolo che nel suo liber de spectaculis descrive tutto ciò che accadeva negli spettacoli del Colosseo (Anfiteatro Flavio) alcuni come abbiamo visto e riportano le fonti storiche, molto cruenti: testimonianze e realtà condita da altrettanta fantasia? ad esempio uno dei tanti spettacoli tra animali esotici e domestici, c’era quello dove gli animali domestici: cani gatti galline coniglietti e, io ho un gatto, non so voi sicuramente un gatto o un cane o altri pets” dovevano essere motivo di gioco nelle fauci dei leoni delle tigri e dei coccodrilli, che una volta sull’arena non avrebbero dovuto mangiarli ma solo giocarci; in questo caso gli animali esotici venivano nutriti più che abbondantemente nelle loro gabbie nei sotterranei prima di salire sull’arena, tutto ciò non era proprio garantito che avvenisse come da copione al cento per cento, per via della probabile reazione naturale di alcuni di questi animali di grossa taglia nei confronti di quelli domestici, ma questo era ciò che era previsto nel programma e che si aspettavano gli spettatori.
A volte è stato soprattutto il condotto fognario a restituire alcune evidenze di resti che testimoniano non solo combattimenti, le ossa di vari animali e cosa mangiavano gli antichi romani durante gli spettacoli.
Alcuni di questi reperti sono custoditi in musei anche europei, come alcuni elmetti indossati dai gladiatori rinvenuti che presentano fori ed evidenti segni riconducenti agli attacchi dell’avversario durante i combattimenti, rilevate anche suture considerate dei veri e propri interventi chirurgici su scheletri di gladiatori, molto ben eseguiti dai medici di quel tempo dove la diagnostica non esisteva, ben eseguite su ferite riportate durante i combattimenti che provano la richiesta dell’alta professionalità dei medici di allora, di chi si occupava di loro e di risanare il gladiatore ferito soprattutto se questi era osannato e riconosciuto tra i campioni più amati, perché se ferito doveva tornare a combattere in perfetta forma per la gioia di tutti. Scritte antiche su monete o utensili del tempo riportano i ricchi uomini politici, i Senatori o lo stesso Imperatore che di fatto investivano in denaro e il motivo per il quale venivano organizzati i combattimenti, il luogo dove si svolgevano i Munera venivano affissi su edifici pubblici o privati per pubblicizzarli molti giorni prima del loro svolgimento per garantire la massima diffusione ( no pc, no tv, no Wi-Fi) e il maggiore afflusso possibile e che potesse soddisfare il popolo di Roma e dell’Impero assetato di pathos e di sangue
Leggendario è il combattimento sotto l’Imperatore Tito, figlio di Vespasiano, che inaugurò l’inizio dei giochi del Colosseo nell’anno 80 d. c., riportato anche nel Liber de Spectaculis dal poeta Marziale, che chiamò due dei più forti gladiatori di quel momento:

Priscus e Verus (esiste un film che li riguarda, che vi invito a vedere ed è molto toccante nei sentimenti) che si scontrarono sull’arena, fortunatamente ambedue combatterono in modo talmente equilibrato che la folla chiese la loro liberazione e riconosciuti ambedue come vincenti ricevettero il rudis dall’Imperatore stesso per premiarli e per eguale forza, coraggio e tattica nel combattere.
Altro sport a Roma era rappresentato dalla corsa dei carri pilotati dagli Aurighi e trainati da splendidi cavalli, di razza (provenienti anche dalle lontane Province Romane), che correvano lungo i circhi. Gli aurighi romani a differenza di quelli greci, non provenivano da situazioni di schiavitù, quando gareggiavano indossavano un lungo saio, un caschetto e alcune altre protezioni, erano coloro che guidavano i carri trainati dai cavalli (bighe 2 cavalli, quadrighe 4 cavalli) durante i ludi circensi (giochi dei circhi) e ne erano anche i proprietari; gareggiavano divisi in squadre, ognuna delle quali si presentava con un logo e un colore diverso.

uno dei più grandi circhi di Roma era il Circo Massimo, c’erano anche altri circhi ad es. quello dell’Imperatore Nerone 64 d. c.) , dove oggi sorge la Basilica di San Pietro e lo Stato Vaticano.
Il Circo Massimo, come già menzionato, era il più grande ippodromo dove nell’antichità si disputavano le gare (normalmente i carri dovevano superare sette giri intorno alla spina centrale tra due mete). La spina era definita dagli obelischi, portati a Roma dagli schiavi sulle navi, come bottino di guerra a testimonianza di conquista di quelle terre (Egitto, Etiopia) che diventavano in automatico Provincie dell’Impero Romano. Venivano posti al centro del circo per definire le due metà percorse dai carri verso la vittoria.
Questi obelischi oggi li troviamo in molte delle più importanti piazze rinascimentali e barocche di Roma, ad esempio: Piazza del Popolo, Piazza Navona, Piazza di Spagna, Piazza della Minerva o davanti ad alcune delle più importanti Basiliche e chiese di Roma.

Essi furono spostati per volere dei vari Papi attraverso i secoli, soprattutto nel periodo del Rinascimento (1.500) quando finalmente si dedicarono all’arte e ad abbellire Roma e commissionarono ad alcune delle più importanti artisti e squadre di scultori, oltre alle moltissime opere che tutto il mondo riconosce come uniche, anche di spostare gli obelischi dal Circo Massimo e da altri luoghi dove erano stati posizionati nell’antichità, per meglio definire il fulcro delle Piazze e dividere in egual modo gli spazi e l’area circostante, perché tutto potesse apparire bilanciato, teatrale e classico e unico al mondo e ricordare a tutti e per sempre, con l’utilizzo degli obelischi, la potenza e la gloria di Roma nel passato.
Sopravvivere alla gara per un auriga Romano significava aver risparmiato la propria vita oltre che vincere la competizione e tutto quello che ne conseguiva, infatti non potevano lasciare le redini in caso di incidente perché erano legate in vita e in caso di pericolo non potevano quindi maneggiarle per guidare i cavalli anche se portavano un coltello per reciderle e liberarsi in caso di pericolo, però a volte non c’era sufficiente tempo o modo per reagire a situazioni velocemente avverse e, ne accadevano molte durante le corse anche purtroppo sanguinose e mortali, era uno sport molto pericoloso quando si perdeva il controllo del proprio carro si rischiava di finire trascinati e calpestati dai cavalli stessi, una morte atroce.
Di fatto gli aurighi non avevano lunga aspettativa di vita, sia vincenti che perdenti, come nel caso di Flavio Scorpo, un famoso atleta dell’antica Roma, gareggiò sotto l’Impero di Domiziano, fine I secolo d.C. che vinse 2048 gare e diventò molto ricco comunque morì, immaginate, a soli 27 anni, così racconta il poeta, scrittore Marziale, ancora oggi quel record mondiale rimane imbattuto, poiché lo sport di corse al trotto attuale il è trainato da un solo cavallo.
Famosa è la corsa dei carri nel celebre film Ben-Hur, quello originale con l’attore Charlton Heston, che vinse l’Oscar nel 1960, vi invito a vederlo, perché è palpabile il pathos e i pericoli che correvano gli aurighi e anche per rendersi conto di quanto fossero impegnativi i preparativi e grandi le aspettative del popolo di Roma e dell’intero Impero Romano. Alcuni Imperatori, come accadeva anche per i combattimenti sull’arena, amavano gareggiare nei circhi come: Tiberio, Caligola e Nerone, quest’ultimo, che già da piccolo ambiva a diventare un grande auriga e si allenava giocando con un piccolo carro di avorio che sua mamma Agrippina Minore gli aveva regalato e per ringraziarla…. la fece uccidere …………(no, non fu certamente questa la motivazione di questo scellerato episodio da parte dell’Imperatore Nerone verso sua madre, si pentì ma fu troppo tardi il male era stato irrimediabilmente compiuto), sto solo cercando di incuriosirvi perché possiate andare a verificare voi stessi attraverso le fonti storiche quanto fosse complesso mantenere il potere nell’antica Roma senza ricorrere ai complotti e/o senza commettere delle gravi azioni che spesso potevano sfociare in crimini anche in seno alla stessa famiglia).
Grazie per aver letto tutto l’articolo fino a qui, con l’augurio di avervi instillato la curiosità di scoprire sempre di più sull’immensa ed infinita storia di Roma; è soprattutto visitandola che ci si rende conto del suo antico splendore e della sua inimitabile atmosfera e per quanto mi riguarda non finirà mai di stupirmi.
Sono Donatella, abito a Roma e sono un accompagnatore turistico abilitata lingua italiana e inglese.
Durante questi anni di attività nel turismo al quale mi dedico con molto piacere, ho sperimentato che ogni volta che si visita una nuova destinazione si scoprono tantissime emozionanti novità e, spesso, specialmente se il luogo ci è piaciuto particolarmente, la volontà di farvi ritorno per scoprire sempre di più.
Essere curiosi stimola la nostra voglia di conoscenza e alimenta la nostra immaginazione (leggenda o realtà?), in particolare quando si visita una città come Roma. L’importante è iniziare questo percorso: il resto viene da sé!
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