Alpi Marittime – La Valle Gesso – Parte 1

La perla della montagna mediterranea

È quasi impossibile concentrare in una breve descrizione tutto ciò che si dovrebbe dire sulle Alpi Marittime ed in particolare sulla Valle Gesso. A partire dalla distanza dalla costa del Mediterraneo alcune montagne distano dalla Costa Azzurra circa 40 km! In questo breve spazio geografico si passa quindi dalle spiagge assolate e signorili ad un ambiente selvaggio e minerale con oltre ottanta laghi alpini ed alcuni ghiacciai, oggi allo stremo, che sono i più meridionali delle Alpi e d’Europa.

La straordinarietà di questo lembo di montagne europee risiede proprio nella stretta fusione tra caratteri ambientali mediterranei e caratteri decisamente alpini con una grande biodiversità ed una profonda cultura materiale che, sia sul versante francese che su quello italiano, hanno prodotto civiltà rurali e pastorali di enorme interesse.

In questo primo articolo tratteremo della Valle Gesso di Valdieri ed in particolare del Vallone dell’Argentera che permette di accedere al massiccio dell’Argentera che con i 3297 mslm della sua vetta più alta è la massima elevazione delle Alpi Marittime.

Un Parco Reale

Non si può parlare delle Alpi Marittime senza considerare suoi parchi naturali che ne occupano buona parte del territorio. In qualche modo la storia dei parchi naturali europei ha avuto in queste valli un percorso fondamentale, a partire dalla continuità tra la Francia, con il Parco Nazionale del Mercantour e l’Italia con il Parco Regionale delle Alpi Marittime. L’attuale area protetta è stata istituita nel 1995 in seguito alla fusione del Parco naturale dell’Argentera (istituito nel 1980) con la Riserva del Bosco e dei Laghi di Palanfré (istituita nel 1979). È nata così un’unica grande area protetta che si estende su una superficie di 28.455 ettari, ripartita su tre valli (Gesso, Stura, Vermenagna) e cinque comuni (Aisone, Entracque, Roaschia, Valdieri, Vernante). Le Alpi Marittime, sono comprese tra due valichi molto frequentati fin dall’antichità: il Colle di Tenda e il Colle della Maddalena entrambi tra i pochi valichi transitabili anche in inverno.

 Il nocciolo del Parco Alpi Marittime è costituito dalle ex riserve di caccia reali della casa Savoia istituite nella seconda metà del 1800 da Vittorio Emanuele II impressionato dalla bellezza dei luoghi e dalla ricchezza di animali. La nobile casata costruì mulattiere, edifici di caccia, opere di difesa dei versanti e contribuì non poco allo sviluppo delle valli. Di fatto queste vicende sono uno dei primi esempi di tutela attiva del territorio montano in Italia.

 Attualmente le aree protette di Italia e Francia condividono un confine di oltre 35 km e si candidano ad essere un potenziale Parco Internazionale. Se ad esso s’inserissero anche i Parchi Alpi Liguri (Liguria) e Marguareis (Piemonte) si otterrebbe, probabilmente, il più importante e vasto sistema europeo, in cui vi sono almeno tre siti Unesco e con importanti città quali porte del Parco come Cuneo, Monaco, Mentone, Ventimiglia. Già dagli anni ‘90 diversi contatti tra autorità locali e nazionali oltre a diversi progetti comunitari di cooperazione transfrontaliera stanno cercando di definire (non senza fatica…) un protocollo comune di pianificazione, gestione e promozione socio -economica ma il grande parco europeo non vede ancora la luce.

 Nel Parco delle Alpi Marittime è concentrato quasi il 50 % delle specie vegetali europee con più di trenta endemismi: per questa ragione le valli delle Alpi Marittime sono state attivamente esplorate nel XIX e XX Secolo da intere generazioni di studiosi, in particolari provenienti dai paesi di lingua tedesca e dalla Gran Bretagna dove una simile biodiversità era inimmaginabile.

 Si può dire che le Alpi del Mare sono state una delle culle del pensiero scientifico europeo tra epoca dei lumi e periodo romantico, uno dei momenti più ricchi per le scienze naturali.

La Saxifraga florulenta (Moretti) (sassifraga dell’Argentera), il simbolo vegetale del Parco delle Alpi Marittime F. Christophe – CC BY-SA 2.5 e arch. Acta Plantarium

Anche la geologia e la geomorfologia sono di grande interesse e testimoniano la potenza del sollevamento della catena alpina. Il tutto direttamente a ridosso del mare: in questa parte d’Europa non c’è una fascia prealpina e la catena alpina è in continuità con i rilievi che scendono verso la costa Ligure e la Costa Azzurra.

 Le Alpi Marittime sono montagne ardite, che precipitano con dislivelli notevoli. Queste caratteristiche dei rilievi dipendono dalla natura cristallina del massiccio con enormi banchi di rocce compatte che definiscono un vero e proprio massiccio. Nella parte orientale (Fremamorta, Portette, Valasco, Malinvern) prevalgono i graniti, ovvero rocce magmatiche intrusive originate dal lento raffreddamento del magma all’interno della crosta terrestre.

Nella zona dell’Argentera si trovano rocce metamorfiche che hanno subìto alcuni rimaneggiamenti chimici, elevate pressioni e quindi una certa variabilità nella composizione e nella forma nelle diverse zone di questa parte del massiccio. Questo determina la varietà di colori e aspetto di diverse montagne, ad esempio i colori dell’Argentera (gneiss listati, a strisce) o il formidabile gneiss granitoide del Corno Stella ideale per gli scalatori.

 Non mancano manifestazioni di vulcanismo minore come le sorgenti termali sulfuree delle Terme di Valdieri che denotano la relativa “gioventù” dei fenomeni geologici che hanno interessato questa parte di Arco Alpino.

Le Terme di Valdieri in una cartolina del 1930

Un altro aspetto straordinario della Valle Gesso è il glacialismo che ha interessato, in epoca preistorica praticamente tutti i gruppi montuosi del parco. L’eccezionale carattere del glacialismo nel Parco delle Alpi Marittime è legato alla vicinanza al mare: il ramo est del ghiacciaio del Monte Clapier (oggi uno degli ultimi visibili tra gli accumuli detritici anche se ormai allo stremo) dista esattamente 45 km dalla città di Monaco. Questi ghiacciai sono stati a lungo preservate dalle abbondanti precipitazioni nevose caratteristiche delle Alpi Marittime. Il forte contrasto tra le masse di aria umida proveniente dal Mediterraneo e di quelle fredde settentrionali con il considerevole e rapido incremento di quota di queste montagne determina intense e durature precipitazioni. Tuttavia a partire dalla metà degli anni ‘90 il pressoché costante incremento delle temperature estive e la riduzione dell’estensione annua delle nevicate ha accelerato la – come in quasi tutte le valli alpine- consunzione di ghiacciai e glacionevati, modificando non poco la fisionomia delle valli.

Il ritiro dei ghiacciai dal Clapier al Gelàs nord-orientale tra l’8 settembre 1908 (f. F. Mader 1909, Rivista del CAI XXVIII n°6) e il 30 agosto 2019 (f. N. Villani pubblicazione Ultimi Ghiacci 2020) – nell’ambito del Programma UE Interreg -progetto Alcotra “CClimaTT” (2017-2020)

Tuttavia l’evoluzione della copertura glaciale ha lasciato profondi segni nel disegno del territorio con svariate forme moreniche (dossi, circhi e terrazzi) e decine di laghi piccoli e grandi (circa ottanta in tutto il Parco, in maggior parte di origine glaciale) che conferiscono ulteriore fascino a queste valli. I più grandi sono nel ramo di Entracque della Valle Gesso e dai primi decenni del secolo hanno consentito l’impianto di poderose opere idroelettriche. Ma sono soprattutto gli invasi minori a rappresentare una significativa risorsa paesaggistica ed ecologica nonché un elemento che caratterizza costantemente le escursioni all’interno della Valle Gesso, anche nei suoi angoli più remoti.

 Nell’alto Vallone di Assedras (il secondo approfondimento di questo primo articolo sulla Valle Gesso il Lago della Nasta è uno dei più belli ed alti del massiccio e da solo vale l’escursione, coperto di ghiaccio fino all’estate con le pareti del gruppo di Nasta che si specchiano nelle sue acque turchesi.

La valle Gesso della Valletta e l’Argentera

Ci soffermiamo su una parte del vasto comprensorio del Parco Alpi Marittime e della Valle Gesso ovvero i Valloni dell’Argentera e di Assedras che permettono di addentrarsi nel cuore del massiccio nelle aree più famose per l’alpinismo ed il trekking in alta quota.

 La Valle Gesso di Valdieri si restringe progressivamente a partire dalla frazione di S.Anna, dominata dalla mole dell’Asta Sottana, fino a raggiungere la località termale di Terme di Valdieri uno delle più importanti del Piemonte, con una storia complicata ed alterne fortune ed oggi finalmente recuperate all’offerta di un turismo di qualità. Dalle Terme si prende il ramo sinistro che sale rapidamente nel Vallone della Casa che termina con il circo delle cime del Mercantour. La strada – parzialmente asfaltata e non troppo malagevole (oggetto di estenuanti polemiche e dibattiti circa la penetrazione del traffico turistico in una zona così interna del Parco) – dopo qualche chilometro raggiunge il Gias delle Mosche (1581 m) e quindi il Piano della Casa (1690 m) dove termina.

 In questi pochi chilometri passiamo da fitti boschi di abete bianco a popolamenti via via più radi di abete bianco e larice in un contesto prima pastorale e poi sempre più severo ed alpestre, oltre il limite della vegetazione perenne dove ci si avvicina gradualmente alle pareti che scendono dalla Serra dell’Argentera e dalle cime del Gruppo di Nasta.

La strada di accesso viene aperta generalmente nel mese di maggio secondo l’innevamento e la presenza di importanti coni di valanga che ingombrano i principali impluvi attraversati dalla rotabile.  In realtà a seconda dell’andamento stagionale l’accesso a piedi è possibile senza attrezzatura invernale (sci o ciaspole) a partire dalla seconda metà di aprile. Dalle Terme bisognerà in tal caso aggiungere dai tre ai cinque km a piedi.

Muovendosi in inverno o all’inizio della primavera, con innevamento più o meno continuo ed abbondante, sarà indispensabile essere provvisti di equipaggiamento adeguato compreso il kit completo di autosoccorso in valanga.

Il Vallone Argentera

Il Vallone dell’Argentera si origina in prossimità del Gias delle Mosche (poco lontano resti di alpeggio e ricovero pastorale). È uno dei valloni più selvaggi del massiccio e termine contro l’ampio ed austero circo dominato dalla Catena delle Guide, dal Corno Stella e dalla parete Ovest dell’Argentera e della Spalla dell’Argentera. In cima al vallone, a ridosso delle pareti che custodiscono uno delle più interessanti aree alpinistiche delle Alpi Occidentali, il piccolo e confortevole Rifugio Bozano (proprietà del CAI Ligure)

Il Vallone dell’Argentera con il Corno Stella a sinistra, la Serra dell’Argentera al centro ed il Gruppo della Madre di Dio a destra. Visti dal Gias del Saut

A differenza di altre zone del Parco e della Valle Gesso in questo vallone la severità dei versanti e la potenza delle pareti rocciose è un elemento che accompagna costantemente l’escursionista.

Dal parcheggio fitta macchi di abeti bianchi. Con una serie di tornanti piuttosto ripidi che fanno guadagnare velocemente quota: dopo una quarantina di minuti si esce su un ripiano erboso con grandi massi, dove il vallone spiana e dove sorgeva un tempo il Gias del Saut (1847 m), di cui sono visibili i numerosi muretti in pietra a secco delle recinzioni per il bestiame. 

È d’obbligo una riflessione sulla difficoltà della vita dei pastori in questi insediamenti stagionali così elevati. Da questo punta la barriera rocciosa dell’Argentera appare in tutta la sua forza. Ora il sentiero (recentemente oggetto di importante manutenzione da parte delle Truppe Alpine) sale più dolcemente prima seguendo il fondo del vallone poi con ampie svolte portandosi sulla destra orografica del vallone.

Da qui, sopra uno sperone ed in posizione estremamente panoramica, si raggiungono le rovine del Gias della Mesa (q. 2070 m ca.) che rappresenta il limite degli insediamenti umani tradizionali in questa parte della valle. Verso destra si stacca una variante segnalata (sentiero dei Pastori) che ripercorre un antico tracciato che sale direttamente verso i dossi morenici originati dalle diramazioni del ghiacciaio del quaternario portandosi a brevissima distanza dalla bastionata rocciosa.

Questa variante (per esperti) permette di raggiungere direttamente l’itinerario di traversata tra questo Vallone (ed il Rif. Bozano) ed il Vallone Assedras (Rifugio Remondino, vedi più avanti) realizzando una delle più belle traversate impegnative del massiccio (EE)/(EEA). In origine il re Vittorio Emanuela raggiungeva la Bassa della Madre di Dio con un’imponente mulattiera lastricata oggi percepibile solo in alcuni tratti e quasi totalmente scomparsa.

Dopo altri 40’ di cammino il sentiero (che si è progressivamente portato verso sinistra sulla pietraia intercetta un ripido canale (che scende dalla Cima Souffi) che rappresenta un collegamento con il Vallone Lorousa che contorna il versante settentrionale del Gruppo dell’Argentera. Da qui con una traversata di trekking decisamente impegnativo, si può raggiungere il Bivacco Varrone e quindi rientrare alle Terme di Valdieri (da 5 a 6,30 ore) o salire al Rifugio Morelli poco sotto il Colle del Chiapous da cui si puo’ scendere nel ramo della Valle Gesso di Entracque (5,30 ore)

 La Punta del Souffi poco prima della discesa verso il Bivacco Varrone (traversata dal Vallone dell’Argentera)

Anche questa traversata di eccezionale valore ambientale è tecnicamente impegnativa ed adatta ad escursionisti esperti. In presenza di residui di neve o di meteo sfavorevole le difficoltà possono essere di natura alpinistica anche se sono pochi i tratti esposti e le segnalazioni sono piuttosto abbondanti. In tutta la zona si possono ancora ritrovare i resti di un aeroplano noleggiato da un dignitario arabo che, partito dalla costa Azzurra, si schiantò su questi monti in seguito ad un’avaria mentre sull’area infuriava un temporale.

Dal punto del bivio del Souffi, con qualche svolta ed alcuni traversi si giunge dopo circa altri 30 minuti al Rifugio Bozano, piccola costruzione dei primi del ‘900 a cui si è affiancato un nuovo edificio nel 2014.

Il rifugio, gestito stupendamente da Marco Quaglia è un luogo con un fascino indicibile: quasi schiacciato dalla possenza delle pareti sovrastanti è però situato su un dosso detritico molto ampio e panoramico ed ha un’atmosfera intima ed appartata. Molto alpinistica o, se preferite, molto distante da certi rifugi ipertrofici che spesso troviamo nelle più gettonate località alpine. Anche ad alta quota.

Il vecchio ed il nuovo Rifugio Bozano sotto la mole del Corno Stella

L’itinerario è alla portata di molti: il sentiero è sempre ottimo e graduale (E) ed in circa 2\2,5 ore conduce dal parcheggio al Rifugio superando un dislivello di poco superiore agli 850 m. Il ritorno può essere diversificato imboccando il citato Sentiero del Pastore che si raggiunge dal primo terzo della traversata verso il Rifugio Remondino (segnalazioni, EE).A livello del rifugio sono frequenti gli incontri ravvicinati con camosci e stambecchi e si possono osservare le ultime fioriture delle specie vegetali più resistenti all’alta quota ed alla brevità della stagione favorevole.

Al di sopra del Rifugio si eleva la vicinissima Catena delle Guide (a destra) al sole al primo mattino e che ospita decine di itinerari di arrampicata classici e moderni. Al centro la fantastica parete del Corno Stella dove si sono scritte pagine importanti dell’alpinismo piemontese e nizzardo ed oggi è uno dei luoghi cult per l’arrampicata su roccia di qualità. A destra. Il Canale della Forcella, gli Speroni e la Spalla sono invece il terreno per un alpinismo classico di ampio respiro, in un contesto isolato e grandioso su una grande montagna.

La traversata al Rifugio Remondino ed il Vallone Assedras

Per alzare un po’ il tiro della nostra visita nel cuore dell’Argentera non può mancare, dunque, la traversata verso il Rifugio Remondino nell’alto Vallone di Assedras, pressoché parallelo a quello del Rifugio Bozano, Si compie così un’escursione di ampio respiro, in una zona morenica dove sono evidenti i segni degli antichi ghiacciai e ricca di animali. La traversata ha un dislivello relativamente contenuto (circa 300 m d+) ma un considerevole sviluppo andando ad attraversare i punti deboli alla base delle pareti dell’Argentera. Pur essendo classificata per esperti (EE) non ci sono importanti difficoltà salvo un tratto più esposto e malagevole in discesa dal Colletto Madre di Dio.  È comunque un itinerario da affrontare con un po’ di allenamento ed esperienza aggiuntiva.

Dal rifugio si rintracciano i segni giallo-rossi che guidano praticamente pianeggianti verso sud, nelle vaste pietraie alla base delle pareti occidentali dell’Argentera. Per grossi massi, detriti e tratti erbosi la traccia effettua un lungo semicerchio alla testata del vallone, costeggiando la base delle ardite Cima dei Camosci, Cima de Cessole e Cima Maubert.

Aggirato poi lo zoccolo basale della Madre di Dio, le tracce segni portano ad una conca pensile racchiusa fra il versante nord-ovest della stessa Madre di Dio e la modesta Cima del Pian della Casa. (raggiungibile in meno di 15’ dal Colletto. Eccezionale punto panoramico).

Poggiando sul fianco sinistro della piccola conca sul fianco di quest’ultima, la traccia (in parte lastricata, resti della vecchia mulattiera di caccia), prende quota rapidamente con diversi tornanti ed un traverso finale che raggiunge la selletta erbosa della Bassa della Madre di Dio (2455 m, h 1,30 dal Rifugio Bozano). Questa sella è situata al termine del lungo contrafforte della Madre di Dio, che isola ancora la panoramica Cima del Pian della Casa prima di abbassarsi, per ripidi pendii erbosi e boscosi, all’ampia radura al termine della rotabile al fondo del vallone.

Dalla bassa si svalica sull’opposto versante traversando in leggera salita, quindi con alcuni ripidi tornanti si traversa un modesto sperone di roccia, si superano alcune roccette elementari fino ad una selletta: da qui si cala per un breve canalino erboso, quindi si taglia quasi in piano fino ad un nuovo colletto. Poco oltre si discende un breve saltino di erba e roccette grazie all’ausilio di una corda fissa ( grado), quindi si traversano a sinistra ripidissimi pendii erbosi, tagliando a circa metà percorso un canalino detritico (corda fissa, spesso tranciata dalle scariche). Toccato un nuovo colletto, si taglia ancora un ripido canale erboso, quindi con alcuni evidenti tornanti, in ambiente meno severo, si scende su detriti alla base dell’ampio canalone che sale al Colletto della Madre di Dio.

Seguendo i segni, si attraversano le pietraie basali della catena della Madre di Dio e si va ad attraversare sul fondo il Vallone Assedras, occupato da una grande pietraia costituita da enormi blocchi instabili. Risalendo brevemente la sponda opposta del vallone, la traccia raggiunge la comoda mulattiera che risale il vallone e che, seguita con breve salita verso sinistra, conduce in breve al Rifugio Remondino (2430 m, h 1,30 dalla Bassa della Madre di Dio), posto su un dosso al centro del vallone. Vista superlativa ed accoglienza sempre molto vivace della gerente, Franca Torre aiutata di frequente dal compagno Patrick Gabarrou, un mito assoluto dell’alpinismo mondiale.

Giochi di sole al Rifugio Remondino

La discesa dal Rifugio Remondino (e la salita se si vuole effettuare una semplice escursione partendo dal fondovalle) sono assolutamente alla portata di tutti. Il Vallone Assedras è più breve e meno austero di quello dell’Argentera e l’escursione al rifugio particolarmente rilassante. L’inizio del sentiero per il Rifugio Remondino è a circa due km dal Gias delle Mosche all’inizio del grande Piano della Casa dominato dalle cime del gruppo del Mercantour (sbarra)- La rotabile (che dopo il Gias delle Mosche diventa sterrata) si trasforma in sentiero che sale con regolarità fino al Rifugio.

In un’escursione giornaliera non può mancare la visita al soprastante Lago di Nasta (vedi più sopra). In circa 45 minuti di facile pietraia si raggiunge questo invaso dominato dall’incombente Cima omonima. La risalita di quest’ultima per la via Normale è una facile ascensione con caratteristiche alpinistiche (passaggi di I e II grado, tratti esposti) ed è da affrontare con adeguata esperienza ed equipaggiamento o accompagnati da una Guida Alpina.

Tutte le possibilità di escursione

È qui impossibile citare tutte le possibilità esistenti solo in questa parte delle Alpi Marittime. Decine di itinerari e traversate (anche verso la Francia) e innumerevoli possibilità per l’alpinismo facile e per quello impegnativo. La Valle Gesso è una strepitosa scuola di montagna, nel senso che presenta terreni e situazioni decisamente formative sia per l’escursionista che vuole crescere e cerca terreni meno “scontati” sia per l’alpinista classico e l’arrampicatore contemporaneo. Nonostante tutto ciò sia inserito in una straordinaria cornice ambientale le Alpi Marittime sono a torto relativamente poco conosciute all’estero ed anche in Italia.

Probabilmente il fatto di avere solo alcune cime di poco superiori ai tremila metri esse non appaiono sufficientemente appaganti sul piano dell’immagine rispetto a vallate alpine con montagne più alte. Anche a livello locale vi sono numerosi itinerari molto più frequentati da escursionisti francesi piuttosto che da italiani. La valle Gesso è magnifica anche in inverno dove sono notevoli le possibilità per lo scialpinismo e le racchette da neve in un contesto assai selvaggio data la chiusura della strada di accesso poco sopra S. Anna di Valdieri fino alla primavera. Lunghi trasferimenti assicurati!

Questa strana sottovalutazione del valore di queste montagne ha però un piccolo vantaggio: in molte aree, magari distanti dai rifugi, si po’ vagare per ore senza incontrare presenza umana in un’atmosfera da alpinismo di inizio secolo difficile da trovare altrove ed inimmaginabile in un territorio circondato da importanti poli urbani ed aree turistiche.

Sarò lieto di accompagnarvi alla scoperta di queste montagne insieme ai colleghi di Hike&Climb! Vi aspetto!

La primavera al Piano della Casa

HIKE & CLIMB – FABIO PALAZZO
Sono Guida Alpina UIAGM e Dottore Agronomo, docente a contratto di Pianificazione del Paesaggio presso l’Università di Genova. Vivo a Genova ma nel lavoro di Guida mi divido tra la Liguria, la Toscana, l’arco alpino e qualche bella esplorazione fuori dall’Europa.
Nelle due professioni, ormai da molti anni, cerco di unire le esperienze lavorative e personali in una sintesi che contribuisca ad arricchire chi entra nel mondo complesso ed emozionante delle montagne. Praticamente tutta la mia vita lavorativa è stata finora spesa nelle aree interne italiane. Che non sono solo montagne ma anche cultura materiale e comunità.
Accompagnando e formando come Guida o contribuendo al percorso dei giovani paesaggisti spero di condividere la consapevolezza per il valore e la sensibilità del territorio montano ed il suo riscatto attraverso la conoscenza e la pratica sportiva. Mai fine a se stessa.
Sono un Tecnico del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico ed un membro del Club Alpino Accademico Italiano nonché un socio ordinario dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio e della Società Italiana dei Territorialisti.
 Spero di condividere con tutti Voi non solo esperienze ed informazioni ma anche una presa di posizione nei confronti del mondo che cambia attraverso un modo responsabile e partecipativo di esplorarlo. Anche dietro la porta di casa!

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