Napolitudine, un viaggio dell’anima – La Real casa dell’Annunziata e i figli della Madonna a Napoli

Una madre ha cura dei suoi figli: li nutre li accudisce si preoccupa per loro, prega affinché i propri piccoli crescano sani e forti e abbiano una vita felice, trovino un lavoro e possano avere un futuro sereno, ma in mancanza di una madre fisica che si occupi di questi piccoli ecco che i bambini vengono affidati alla madre di tutte le madri a colei che tutto può: la Madonna

Maria nella tradizione popolare e religiosa soprattutto del sud è vista come una mamma ed è a lei che si affidano i casi più disperati, sapendo che Ella può intercedere presso Dio o suo figlio con il suo animo sensibile di donna e madre e dispensare grazie e che soprattutto non manca di avere cura dei piccoli meno fortunati, di quelli che per miseria o per altri motivi non possono crescere con le proprie madri naturali.

E forse proprio a questo avrà pensato quella donna che un venerdì sera del 1300 per prima si è vista costretta ad abbandonare davanti alle porte della cappella della Santissima Annunziata il proprio bambino, ritrovato dai confratelli della congregazione, avvolto in stracci e con solo un cartiglio recante la scritta “ex pauperate proiectus” (gettato per povertà) da cuoi poi il nome di “proietti o gittatelli”

E fu così che ebbe inizio la più grande pagina di storia di pietas partenopea che vide per molti secoli la casa dell’Annunziata al servizio dell’accoglienza, della cura e dell’educazione di tanti bambini orfani di Napoli e provincia.

Bisogna però fare un salto indietro nel tempo e precisamente al 1300 e alla leggenda che attribuisce la fondazione della Congregazione dell’Annunziata a due cavalieri napoletani, Nicola e Giacomo Scondito che al loro ritorno illesi dalla guerra tra Guelfi e Ghibellini, la eressero come ex voto. Notizie storiche che ne attestino la loro paternità non sono state rinvenute, però si sa da documenti che nel 1318 questa già esisteva e che i Maestri della Congrega volevano costruire un ospedale per i poveri annesso alla cappella.  

Inizialmente il primo edificio si trovava poco distante da dove oggi sorge quello attuale, ma il terreno fu espropriato dall’allora regina Sancia di Maiorca, seconda moglie di re Roberto d’Angiò per ampliare un altro convento, quello della Maddalena e offrì un nuovo terreno dove edificare un nuovo complesso più grande a sue spese, che comprendesse oltre alla chiesa, anche un ospedale, un ospizio per i trovatelli e un conservatorio per le fanciulle, a cui nel 1587, fu unito anche il Banco di Ave Grazie Plena che avrebbe dovuto provvedere ai bisogni dell’orfanotrofio e prestare denaro senza interessi.

Purtroppo il banco fallì nel 1702 e l’ospedale chiuso nel 1816 ma le opere assistenziali ai poveri trovatelli proseguirono grazie ai lasciti, anche se la casa dovette ridimensionare il suo operato e l’accoglienza di quelli che furono ribattezzati come “i figli della Madonna”.

Dell’antica chiesa trecentesca fatta edificare dalla regina Sancia resta ben poco, si sa che nel 1513 si cominciò l’ampliamento della vecchia ritenuta troppo angusta, ma essendo quest’ultima stata gravemente danneggiata da un grande incendio nel 1757, si affidarono i lavori per un nuovo edificio a Luigi Vanvitelli, lo stesso architetto che aveva progettato la realizzazione di un nuovo palazzo reale per il re Carlo di Borbone: la Reggia di Caserta.

Vanvitelli, nel progetto della chiesa riprese le linee architettoniche semplici ed eleganti dello stile neoclassico, già adottato nella cappella della reggia, con cornicioni aggettanti, maestose colonne corinzie, ed una cupola centrale che si scorge in tutta la sua immensità solo percorrendo man mano la navata centrale e se ne avverte la presenza grazie alla luce emanata dai finestroni.

Alla fine della navata, sulla destra un piccolo corridoio conduce agli unici ambienti superstiti dal terribile incendio del 1700 e di cui restano ancora le tracce come la Cappella Carafa di Morcone, la Cappella del Tesoro e la Sagrestia decorata con armadi lignei con pannelli intagliati, raffiguranti la storia del nuovo e vecchio testamento.

Al di sotto della chiesa, il Vanvitelli volle realizzare uno splendido succorpo a pianta centrale, forma che non poté utilizzare per la chiesa superiore per motivi di spazio ed applicò un impianto a forma basilicale.

All’esterno della Chiesa sul lato sinistro della facciata si erge il campanile ed è lì l’ingesso alla ex Real Casa dove il portone in ferro è sormontato da un’epigrafe marmorea con le parole “lac pueris” (latte per i poveri), con la quale si indicava la missione della fondazione di provvedere ai poveri trovatelli i quali venivano abbandonati in una “ruota” fatta costruire appositamente per aiutare le donne a lasciare al loro interno i loro piccoli e suonare una campanella, per annunciare l’arrivo del nuovo bimbo, senza subire il disonore o la mortificazione di essere riconosciute e poter così agire nell’anonimato.

I vani in cui è collocata la ruota lignea sono ancora visibili anche se con qualche modifica subita negli anni. Qui vi si potevano trovare asciugamani, fasce e biancheria per il nuovo arrivato, vi era un lavabo che serviva per il lavaggio del bambino e per il suo battesimo, qui si trovavano diverse persone tra cui monache, balie, un medico, un sacerdote ed infine un “rotaro” che provvedeva alla registrazione del bambino e alla sua immissione nella santa casa. Ogni bambino aveva una sua matricola e non di rado le mamme lasciavano accanto ai loro piccoli, oggetti, figure di santi, lettere, sacchetti, il tutto veniva appuntato nel caso in cui in futuro un genitore fosse ritornato per riconoscere suo figlio.

Molti cognomi come Esposito (da esposto), per la maggiore a Napoli, indicavano lo status di questi bambini e la loro provenienza da orfanotrofi, così per evitare denigrazioni, dal 1800 fu eliminata questa consuetudine con un decreto di Gioacchino Murat.

I bambini più fortunati venivano adottati e per lo più i maschi in quanto le donne erano considerate improduttive, per loro raggiunta l’età da matrimonio, la casa si faceva carico di una dote per quelle che venivano scelte da uomini che facevano voto di sposare una “figlia della madonna” e per questa occasione c’era un rito chiamato il “rito del fazzoletto” che si svolgeva nella sala delle colonne del brefotrofio, dove ogni 25 marzo, festa dell’Annunciazione, le ragazze venivano fatte sfilare e se qualcuna di loro riceveva le attenzioni da parte di un uomo, questi le lanciava il fazzoletto e lei poteva o meno raccoglierlo. In teoria poteva rifiutare di sposare l’uomo che le aveva offerto il fazzoletto ma molte volte erano costrette ad accettare e andare via dalla casa per motivi di affollamento della struttura.

Oggi visitando quello che resta della casa dell’Annunziata, percorrendone gli scaloni, i corridoi, la biblioteca e la sala delle colonne, gli stanzoni una volta occupati da numerosi letti per i bambini, si respira la triste storia di un periodo di povertà e miseria dove molte donne si vedevano costrette ad abbandonare i propri piccoli, ma non mancano testimonianze di nobildonne che avendo avuto bambini da relazioni extraconiugali erano costrette a lasciarli andare e li abbandonavano con ricchi gioielli che ne testimoniavano le nobili origini.

Oggi nel piccolo convento restano due suorine anziane custodi di una delle più toccanti tradizioni partenopee, la statua della Madonna delle Scarpette, la quale viene esposta due volte l’anno al culto dei fedeli: il 25 marzo, e il 15 agosto.

Si tratta di una statua snodabile come una grande bambola, ricoperta da una parrucca fatta con capelli veri, questa è chiamata delle “scarpette” perché queste le venivano trovate sporche come di chi ha camminato troppo e ogni anno rifatte dalle devote, si racconta infatti che la Madonna andasse a trovare i suoi figli e accorresse al loro capezzale quando ne avessero avuto bisogno, proprio come fa ogni mamma con i loro figli.

La Ruota

Oggi la ruota non è più in funzione essa fu chiusa nel 1857, ma per i napoletani la Madonna continua a vigilare suoi propri figli e a dispensare grazie, infatti annesso alla chiesa esiste ancora un ospedale chiamato dell’Annunziata e  il giornale il Mattino del 5 ottobre del 2009 riportò la testimonianza di un medico che durante il suo turno di notte si sentì chiamare da una voce accanto ad una culla dove cera un bimbo che stava per soffocare, una volta giunto non trovò nessuno lì ma lui disse che “la Madonna glielo fede salvare”.


Ciao, sono Roberta Paparo, guida turistica della Regione Campania dal 2011 e laureata in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Amo il mio lavoro perché adoro la mia terra e tutto ciò che di bello ha da offrire.
Lavorare come Guida mi dà al possibilità di studiare e scoprire aspetti sempre nuovi ed interessanti del territorio campano, dalle bellezze storico-artistiche a quelle del paesaggio, dalle tradizioni popolari e folkloriche alle leggende e ai miti, rinnovando le mie conoscenze e visitando luoghi diversi ogni giorno.
Inoltre, amo anche l’arte a 360°, dalle arti figurative al teatro, dalla danza alla musica. Proprio per questo, recito  nella compagnia teatrale amatoriale “Gli ardisti” da oltre 20 anni ed ho partecipato a diversi laboratori teatrali che mi hanno aiutata anche nell’approcciarmi in modo diverso rispetto ad una semplice visita guidata, cercando di coinvolgere i turisti in una esperienza che gli permetta di essere protagonisti e non passivi ascoltatori, con la speranza che tornando a casa possano portare con sé un po’ di Napoli nel cuore.

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