A pochi chilometri da Siviglia, nel comune di Santiponce, è ubicato un monastero tra le cui mura si respira ancora una profonda spiritualità.

Abitato dai monaci gerolamini fino alla prima metà del XIX secolo, nel 1835 il monastero fu espropriato e destinato a usi alternativi tra i quali quello di carcere. Nel 1956 il complesso fu nuovamente ceduto ai monaci che lo occuparono fino al 1978, anno del suo definitivo abbandono.
Nel 2002 il Governo Andaluso portò a termine una prima fase di ristrutturazione grazie alla quale si poté aprire al pubblico il nucleo originario del cenobio. Nel 2020 sono stati stanziati ulteriori fondi per continuare le opere di recupero dell’enorme complesso conventuale.
Fondato nel 1301, come panteon familiare, dal nobile Alonso Pérez de Guzmán, il monastero fu costruito sul luogo dove, secondo la tradizione, era stato seppellito sant’Isidoro sette secoli prima.
Al momento della sua fondazione quest’austero monastero fu ceduto ai frati cistercensi che lasciarono la loro impronta nella costruzione e nella decorazione.
Nella prima metà del XV secolo il monastero fu completamente ristrutturato dai frati appartenenti all’Ordine di san Girolamo che subentrarono ai monaci cistercensi nella gestione del complesso conventuale.
A metà del XVI secolo alcuni monaci di Sant’Isidoro del Campo, sostenitori della riforma luterana, furono perseguitati dall’Inquisizione e incarcerati. Tra coloro che riuscirono a fuggire, vi fu Casiodoro de la Reina che si convertì al protestantesimo e realizzò la prima traduzione completa della Bibbia in lingua spagnola, conosciuta come la “Bibbia dell’Orso”.
Questo singolare e imponente monastero che ricorda una fortezza, fonde in maniera armoniosa lo stile gotico, con il moresco e il barocco.
Al suo interno si trovano due chiese gemelle di una sola navata. La prima fu costruita dal fondatore del monastero, Alonso Pérez de Guzmán, conosciuto come Guzmán el Bueno (Guzmán il Buono), la seconda dal figlio di questi, Juan Alonso de Guzmán.
Con il passare del tempo al nucleo originario del complesso monastico, costituito dalle due chiese, chiostro, refettorio, sala capitolare, sacristia e Patio della Foresteria, si aggiunsero altri tre chiostri, tra i quali, il Chiostro Grande con le celle individuali dei monaci, una farmacia e varie installazioni agricole e zootecniche (stalla, magazzini, frantoio, granaio etc.), che resero il monastero autosufficiente.





Prima di accedere alle chiese, si attraversa un grande patio, il Patio degli Aranci, che fu in origine il cimitero dei frati cistercensi.

Agli inizi del XVII secolo, questo spazio divenne il cimitero di Santiponce quando questa cittadina, dopo essere stata distrutta da un’alluvione causato dallo straripamento del fiume Guadalquivir, venne ricostruita sui terreni appartenenti al monastero.
Al centro del grande patio si erge una monumentale colonna, proveniente dalla città romana di Italica, che regge una croce, simbolo della sacralità del luogo.
Delle due chiese gemelle, la prima che si raggiunge attraversando il bel portale gotico, è quella costruita dal figlio del fondatore del monastero. Questo tempio fu per secoli la chiesa parrocchiale di Santiponce.
Sulla parete destra della chiesa troviamo un frammento della bocca di un pozzo, eroso dall’azione dell’acqua, con l’iscrizione GUTTA CAVAT LAPIDEM. Secondo la tradizione fu proprio la contemplazione di questo fenomeno che fece riflettere sant’Isidoro sul valore della perseveranza: allo stesso modo in cui una goccia d’acqua, cadendo continuamente nello stesso punto, può scavare la pietra, così l’uomo può diventare saggio perseverando nello studio.
Le tombe di Juan Alonso Pérez de Guzmán e della moglie Urraca Osorio occupano due arcosoli scavati nelle pareti laterali del presbiterio. Ai piedi della scultura giacente di Juan Alonso Pérez in abiti militari, due monaci pregano per la salvezza della sua anima.
La scultura di Urraca Osorio è, invece, accompagnata dalla figura di una donna, Leonor de Davalos, cameriera personale dell’aristocratica. Urraca fu bruciata sul rogo per aver tradito il re Pietro I di Castiglia. La famiglia di Urraca appoggiava, infatti, Enrico di Trastamara, fratellastro del re, che guidava i nobili ribellatisi a Pietro I. Si racconta che quando si appiccò il fuoco alla pira, l’aria calda prodotta dalla combustione sollevò le vesti di Urraca; Leonor, per preservare l’onore della sua signora, si lanciò in mezzo alle fiamme e si aggrappò alle gambe della condannata, morendo con lei sul rogo.
La seconda chiesa, la più antica, fu fondata da Guzmán el Bueno che, nel documento di fondazione, proibisce la sepoltura nel tempio dei frati e delle persone estranee alla famiglia.
Le tombe di Guzmán el Bueno e della moglie doña Maria Alonso Coronel occupano le pareti laterali del presbiterio e, come voluto dal fondatore, sono le più vicine all’altare. Le sculture di marmo che rappresentano i due personaggi in posizione orante si devono a Juan Martínez Montañés, e sono le due uniche sculture che si conservano delle tre di tema secolare, realizzate dallo scultore nel corso della sua vita.
La chiesa più antica è decorata con un bellissimo retablo dedicato a sant’Isidoro e a san Girolamo, anch’esso realizzato dal grande scultore Martínez Montañés nella prima metà del XVII secolo, l’epoca in cui il maestro, conosciuto come il “Lisippo andaluso”, raggiunse l’apice della notorietà.



Il retablo è presieduto da sant’Isidoro in abiti vescovili e da san Girolamo penitente, un capolavoro paragonabile al san Girolamo penitente di Pietro Torrigiano, esposto nel Museo di Belle Arti di Siviglia. Nei riquadri laterali troviamo quattro rilievi: l’adorazione dei re magi e quella dei pastori in basso, la resurrezione e l’ascensione di Cristo in alto. La parte superiore è decorata con l’assunzione di Maria, accompagnata da sant’Anna e san Gioacchino e dalle quattro virtù cardinali (la prudenza con lo specchio, la giustizia con la bilancia, la fortezza con la colonna e la temperanza con una brocca). Il retablo è coronato da Cristo in croce con due angeli ai suoi piedi.
Il numero di scranni del magnifico coro, realizzato utilizzando legno di noce, cipresso e arancio, lascia trapelare l’importanza del monastero.

Il pregevole badalone, utilizzato per collocare i libri corali, ci ricorda quello della cattedrale di Siviglia.

Lasciando la chiesa raggiungiamo il chiostro, conosciuto come Chiostro dei Morti, perché dal XV secolo fu utilizzato per la sepoltura dei monaci gerolamini. La decorazione di piastrelle, che copre alcune delle pareti, nascose purtroppo gli affreschi del XV secolo, dei quali sono emerse alcune tracce durante i restauri.
Lungo il corridoio del chiostro richiama l’attenzione un armadio-altare riccamente decorato.
Una delle zone più interessanti del nucleo originario del monastero è il Patio della Foresteria conosciuto anche come Patio degli Evangelisti.
La parete sinistra di questo cortile conserva un affresco che raffigura l’albero della vita che si erge da una nave che solca il mare agitato. Le difficili prove a cui la vita ci sottopone sono rappresentate da due esseri mostruosi che si trovano alle estremità dell’imbarcazione. Due ratti rodono il tronco e sono la personificazione delle malattie e della morte. Nella chioma dell’albero sono ritratti il papa accompagnato da sacerdoti e suore e il re con i suoi cortigiani.

Tra gli altri affreschi, degno di nota è quello che rappresenta san Girolamo che riceve una lettera da un messaggero. Intorno a lui, alcuni frati trascrivono i suoi insegnamenti e fabbricano cucchiai (possibile allusione all’attività fisica e a quella intellettuale).

Un altro interessante affresco rappresenta due calamari, presenti nello stemma araldico del secondo conte di Niebla. Sembrerebbe che la scelta dei calamari, “calamaros” in spagnolo, si debba all’assonanza con l’espressione “conviene amaros” (conviene amarvi), riportata sulla divisa che il conte don Enrique de Guzmán consegnò, durante un torneo, alla futura sposa in segno del suo amore.

Ritornando al Chiostro dei Morti e continuando a percorrerlo in senso antiorario troveremo un’altra porta che ci conduce al refettorio. Questa sala rettangolare, con volta a crociera, è dominata da un dipinto del XV secolo che ci mostra l’ultima cena.

Lungo la parete sinistra, si susseguono dei quadri che hanno per soggetto scene tratte dalla vita di sant’Isidoro: il miracolo delle api, il miracolo del pozzo, il ritrovamento del corpo di sant’Isidoro nel luogo, dove alcuni secoli dopo fu costruito il monastero, il trasferimento del corpo incorrotto di sant’ Isidoro a León.
Sul corridoio opposto a quello del Chiostro dei Morti troviamo la sacristia, sul cui altare principale spicca l’immagine di Santa Maria dell’Antigua. Gli altari che occupano le altre pareti sono profusamente decorati con linee curve, specchi e putti tipici del periodo rococò.

Dalla sacristia si accede alla sala capitolare, sottoposta a varie ristrutturazioni nel corso dei secoli. Qui le scene della vita di san Girolamo si alternano con elementi di decorazione moresca. Gli affreschi originari furono coperti con una decorazione classicista di stile italiano, simile a quella del monastero dell’Escorial.

Luogo in cui si riuniva la comunità monastica, era dopo la chiesa e il chiostro, la parte più importante del monastero.
Dalla sala capitolare si entra in una piccola cappella che custodiva il Santissimo Sacramento durante il giovedì santo. Un bel retablo di Martínez Montañés impreziosisce questo spazio.
Il Monastero di Sant’Isidoro del Campo è una perla nascosta che merita di essere scoperta. Durante il vostro soggiorno a Siviglia, potete decidere di dedicare una mattinata alla visita del monastero che può essere facilmente raggiunto anche con i mezzi pubblici. Trovandovi a Santiponce non potete perdere l’occasione di visitare anche il parco archeologico di Italica, città romana che ha dato i natali all’imperatore Traiano e che è un sito candidato come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Sono Giusy Serraino, guida accreditata dalla Junta de Andalucía. Nel 1994 ho iniziato la mia carriera professionale lavorando come accompagnatrice turistica in giro per la Sicilia. Nel 2008 mi sono trasferita a Siviglia. Qui, grazie alla mia professione, continuo a coltivare le mie più grandi passioni, l’arte e la storia. Accompagno gruppi e clienti individuali alla scoperta di questa splendida città, di cui mi sono innamorata fin dal primo istante. Per me sarà un piacere farti conoscere la Siviglia più autentica!