Alla ricerca di scorci e curiosità a Morbegno (SO) – Parte seconda

Ci eravamo lasciati nel cuore del borgo di Morbegno, sazi di una scorpacciata di prodotti tipici locali e con tanta meraviglia negli occhi… ricordi (clicca qui per leggere la prima parte dell’articolo)?

Possiamo allora proseguire un poco la nostra passeggiata!

Si affaccia su piazza Tre Novembre un palazzo nel cui androne si possono vedere dipinti parecchi stemmi colorati: raccontano in sintesi la storia di Morbegno e della sua appartenenza alle compagini politiche qui che si sono susseguite nel tempo. Tra i meglio riconoscibili sono gli stemmi con le insegne viscontee e poi quelli legati ai dominatori grigioni.

All’incrocio con via Borgosalvo puoi, invece, ammirare una curiosa balaustrata con bimbetti scolpiti e un portone di una pregevole dimora privata: la casa, appartenuta alla famiglia Delfini (di cui rimane lo stemma) è passata poi alla famiglia Melzi.

Da quel punto di osservazione si vede bene, su Palazzo Folcher, la scritta di epoca fascista che riporta un frammento del discorso di Mussolini al Tosi di Legnano.

Ritornando in piazza e proseguendo verso via Scenaia, puoi attraversare il torrente Bitto, che corre a gettarsi nell’Adda poco più oltre e che è stato l’elemento aggregante per secoli di questo insediamento, fornendo acqua e forza motrice. Non è un caso che già nel 1897 venne fondata la società cooperativa SEM – società elettrica in Morbegno – ancora oggi indipendente dalla rete nazionale e radicata sul territorio.

Sulla riva opposta del Bitto puoi vedere un bel palazzo settecentesco ora sede del Museo Civico di Storia Naturale e la Biblioteca Ezio Vanoni, progettata a metà anni ’60 da Luigi Caccia Dominioni, la quale, nei materiali e nella caratteristica forma avvolgente, rievoca in parte le turrite fortificazioni che nel medioevo proteggevano il borgo.

Sempre in riva sinistra del Bitto, lungo via S. Rocco si trovano alcune belle case con affreschi in facciata, tra i quali una Pietà di gusto tipicamente nordico, alcuni androni segreti, massicci portoni antichi… Al limite della via, dove il confine comunale tocca il territorio di Regoledo di Cosio, una piccola chiesetta è dedicata al santo protettore dalla peste.

Ritornando verso il torrente, lo si attraversa sul ponte Cotta, dove è collocata una statua di S. Giovanni Nepomuceno.

Questo santo lo conoscono bene anche gli amici milanesi, che gli storpiarono il nome in S. Giovanni (né più né meno, sigh) e che vedono una sua statua quando passeggiano all’interno del Castello Sforzesco. Egli tiene a bada i flutti, e sul basamento della statua si trova lo stemma della città di Morbegno.

Dallo slargo si vede subito a sinistra via Pretorio e di fronte ci si incammina verso Palazzo Malacrida, al culmine dell’omonimo vicolo.

Passando si può dare un’occhiata alla cosiddetta “Corte dei Miracoli”, in realtà bel palazzo con arcate e materiali di pregio del XVI secolo appartenuto all’influente famiglia dei Parravicini, ma che, nel tempo, ha sofferto un forte degrado ed è stato recuperato solo recentemente.

Ma sicuramente uno dei luoghi “simbolo” di Morbegno è palazzo Malacrida, arroccato in contrada Scimicà.

La contrada, chiamata letteralmente “in cima alle case” si trova proprio all’imbocco dell’importante via Priula, che metteva in contatto la media Valle con Bergamo ed apriva, dunque, la via dell’Europa ai commercianti veneziani, è dominata dal palazzo in stile “veneziano” più interessante della Valtellina.

Questa dimora venne costruita all’inizio del Settecento dalla famiglia Malacrida, antichissima casata trasferitasi nel borgo verso la fine del XVII sec., grazie ai documenti lasciati da uno dei membri della famiglia è possibile rivivere le tante storie familiari, tra le quali i numerosi matrimoni dinastici che sono ricordati nella complessa serie di stemmi rappresentati nel palazzo.

Più tardi Gian Pietro Malacrida, entrato in possesso dell’edificio di famiglia, decise di farlo riedificare per meglio esprimere la potenza e il prestigio del suo casato. I lavori, affidati all’Architetto Pietro Solari da Bolvedro, terminarono intorno al 1762.

Se all’esterno il palazzo si presenta semplice e sobrio, ma dalla facciata elegante, e le abitazioni confinanti sorgono piuttosto vicine penalizzandone la visuale, il palazzo non ha, invece, rivali nella magnificenza dei suoi interni: un bel portale immette nell’ampio atrio, su cui si aprono sette porte, due delle quali sono finte. Sopra la cornice di ogni porta troviamo dipinti gli stemmi delle nobili dame che sono entrate a far parte della famiglia Malacrida: Mariani, Paolucci, Peregalli, Malaguccini, Parravicini, Vicedomeni e Greco di Mello.

Dall’atrio, oltre a raggiungere i piani inferiori e superiori, si entra in una sala con soffitto affrescato dal pittore morbegnese Giovan Pietro Romegialli, che rappresentò l’Aurora personificata con abiti dorati e sorretta da una nuvola sotto la quale vi sono quattro allegri putti con ghirlande di fiori.

Lo scalone d’onore, invece, conduce al piano nobile. La balaustra è molto ricca, realizzata in pietra color avorio, laccata e ricoperta di lamine d’oro. Sul soffitto ancora un’opera di Giovan Pietro Romegialli, il racconto del mitologico “Ratto di Ganimede” (1762).

Nel salone d’onore troviamo uno spazio che si sviluppa su doppio piano: è un trionfo dello stile barocco ed è stata dipinta nel 1761 da Giuseppe Coduri detto il Vignoli (quadraturista) e da Cesare Ligari, che nella parte centrale del soffitto rappresenta il tema illuminista de “Il trionfo della ragione sopra l’ignoranza tramite le arti e le scienze”. L’affresco mostra la vicinanza del Ligari, uno dei pittori più importanti della Valtellina, alla scuola veneziana ed in particolare a Tiepolo: la predominanza del colore sul disegno, la luce fresca e brillante. Tutta la stanza è ricca di finte architetture che donano respiro e lasciano intravvedere terrazzi e loggiati da cui si ammirano idillici paesaggi lacustri.

Foto dal web

Da qui si accede ad altri ambienti, come la galleria, la sala da lettura, l’alcova con ampio terrazzo e lo studiolo, altre salette ed infine al meraviglioso giardino terrazzato con vista sul borgo.

Ora che hai gli occhi pieni di meraviglia e hai viaggiato sulle ali dell’arte, puoi concederti un poco di riposo… ti aspetto prossimamente per un’altra tappa di questo percorso!!!

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SARA NUZZI
Da quando ho memoria dei fatti della mia vita, ricordo che in famiglia siamo sempre andati a scoprire musei e monumenti di ogni luogo visitato. Sono cresciuta col desiderio di capire sempre di più luoghi, monumenti, persone, vite. Ho frequentato l’Università Statale, dove mi sono laureata in lettere classiche, indirizzo archeologico, e dove ho inoltre conseguito, dopo aver frequentato con borsa di studio, il Diploma di Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica. In quel periodo mi sono specializzata nella conoscenza delle vicende storiche della Magna Grecia e ho cominciato a lavorare nel campo della divulgazione. Da allora, infatti, collaboro con la società che fornisce attività didattiche al Museo Archeologico. Ho esperienza anche in campo etnografico, avendo vinto nel 2009 un bando per attività divulgative nei musei di Sondrio, Bormio, Valfurva. Col tempo ho però ampliato i miei interessi al territorio della Lombardia e ad altri ambiti: un incarico presso il Museo Etnografico Testorelli (SO) e il conseguimento dei patentini di Guida e Accompagnatore turistico, mi hanno spinta ad interessarmi del mondo a 360 gradi e a proporre itinerari tematici disparati. Ho voluto impegnarmi anche per la mia categoria, spesso misconosciuta, assumento la carica di Consigliera nell’associazione di guide Confguide-Gitec e contestualmente opero nel Consiglio del Terziario Donna di Confcommercio Milano-MonzaBrianza-Lodi. Sulla mia Pagina FB trovate i podcast di una recentissima  collaborazione con radio RPL in cui illustro itinerari dedicati alla riscoperta di Milano e della Valtellina.
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