Finestra sull’Arte – La Casa del Fascio a Como 

L’architettura simbolo del razionalismo italiano

Giuseppe Terragni, Casa del Fascio a Como, prospetto principale

Il palazzo in piazza del Popolo 4, che oggi ospita gli uffici della Guardia di Finanza, nasce negli anni 1932-36 come Casa del Fascio, sede del Partito nazionale fascista. All’epoca del primo progetto (1928) il suo artefice, Giuseppe Terragni, comincia appena a farsi conoscere come esponente di quella cultura razionalista che anima alcuni giovani studenti del Politecnico milanese, con i quali Terragni, ha costituito il Gruppo 7, fautore di un’architettura che privilegia rigorose geometrie e forme pure. Alla Prima esposizione italiana di architettura razionale, tenutasi nel 1928, Terragni presenta il Novocomum, condominio allora in corso di realizzazione a Como, che echeggia i modi dell’Espressionismo tedesco e del Costruttivismo sovietico e anticipa la più famosa Casa del Fascio.

L’ambiente urbano e il progetto

In origine Terragni abbozza l’idea di un organismo a corte centrale, ma passano alcuni anni prima della scelta di un esatta localizzazione. L’attesa si risolve nel 1932 grazie alla donazione di un’area da parte del comune. Si tratta di un lotto quadrangolare, di circa trenta metri di lato, a poca distanza dal Duomo romanico. Il progetto della Casa del Fascio è pensato per ospitare, oltre agli uffici del partito e alle sale riunioni, un salone per adunate, gli archivi, la biblioteca e il sacrario. L’edificio realizzato occupa tutta l’area del lotto e il suo orientamento recepisce il disegni del tessuto urbano, organizzato secondo l’antico tracciato romano a scacchiera. Malgrado l’ambiente circostante sembrasse obbligare il progettista a una scelta legata alla tradizione storica, dal cantiere esce invece un edificio di assoluta modernità, in forma di bianco parallelepipedo di altezza pari alla metà della lunghezza del lato del quadrato di base. La figura astratta del volume puro, senza basamento né cornici, si estende all’antistante piazza: alle due estremità di questo ideale campo la Casa del Fascio e il Duomo si rispecchiano e si enfatizzano a vicenda nella loro assoluta diversità.

Casa del Fascio, veduta con il Duomo sullo sfondo

La realizzazione

I lavori iniziarono nel luglio del 1933. Terragni segue da vicino il cantiere e durante la realizzazione progetta una miriade di raffinati particolari costruttivi e di dettagli esecutivi. La struttura portante dell’edificio è in calcestruzzo armato. Si accede all’interno, leggermente rialzato, attraverso un ingresso chiuso con un’ampia vetrata a tutt’altezza, composta da diciotto ante mobili. Il pianterreno dà accesso a una vasta aula, suddivisa funzionalmente in due ambienti: l’atrio e il salone delle adunate. L’atrio, il cui soffitto in marmo nero è pensato per creare un’atmosfera di raccoglimento, continente, in una nicchia il Sacrario dei Caduti, uno spazio idealmente isolato, con pareti di granito rosso e nero. Il salone delle adunate, a doppia altezza, è coperto da un solaio in vetrocemento, da cui penetra la luce naturale. La sala è più di un semplice interno: lo spazio vuoto, infatti, da contrappunto alla piazza esterna. Si tratta di una piazza interna, da cui partono le scale per i diversi piani, perimetrata dalla galleria e dai ballatoi che danno agli uffici. La tipologia a corte, con un ampio spazio centrale coperto, è stata da alcuni storici collegata a quella del palazzo rinascimentale.

Casa del Fascio, pianta del pianterreno

Architettura e politica

Tra gli obbiettivi di Terragni c’è la ricerca di una concordanza tra architettura e programma politico: egli intende esaltare il ruolo moralizzatore dell’azione fascista e quindi – utilizzando in chiave simbolica uno dei cavalli di battaglia del regime – si adopera affinché l’edificio sia una <<casa di vetro entro cui si può guardare>> ed elimina le chiusure interne. I caratteri programmatici di trasparenza e luminosità diffusa richiedono il ricorso a raffinate soluzioni per le fonti luminose: oltre al tetto lucernario, che lascia cadere una cascata di luce sulla sala delle adunate, Terragni introduce ampie aperture, percorsi vetrati all’ultimo piano, lampade incassate sopra le finestre.

Cercando un’integrazione tra interno ed esterno il progettista nega alle facciate il carattere di barriera fisica, forandole e differenziandole. I quattro prospetti della Casa del Fascio risultano infatti tutti diversi tra loro, disegnati seguendo l’uso dei tracciati regolatori teorizzato da Le Corbusier.

Una grande importanza Terragni assegna alla decorazione degli interni. Sia gli elementi plastici astratti inseriti nel salone della adunate, sia i dipinti murali ad affresco di Mario Radice nella sala del direttorio e nell’ufficio del segretario federale, appaiono, infatti, strettamente integrati nell’ambiente architettonico.

Dettaglio della facciata principale
Ricostruzione dei colori originari del Salone delle adunate
Sala del Direttorio con plastico murale ad affresco di Mario Radice. In primo piano il tavolo delle riunioni con poltrone <<Benita>>.

Una prima laurea in Scienze dei Beni culturali e una specializzazione in Storia e critica dell’arte. Convinta aspirante insegnante, milanese di nascita, amante di tutto ciò che è artistico!
La rubrica “Finestre sull’arte” nasce per raccontare e condividere con voi ciò che conosco su opere, artisti e correnti artistiche, raccontandole in brevi articoli di pochi minuti, come se fossero delle vere e proprie pillole da assumere una volta al giorno. Perciò, se siete interessati ad approfondire la vostra conoscenza su questi temi, date un’occhiata ai miei articoli sul blog!
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