Un piccolo uomo e un sogno senza tempo
La Storia è fatta anche di visionari. Persone che hanno, con lungimiranza, capito, prima degli altri, di che cosa un territorio avesse bisogno. Il Caffè Pedrocchi a Padova è l’invenzione di un uomo ambizioso e visionario, appunto, che ha immaginato e creduto in un progetto di accoglienza e servizio che per il 1800 possiamo, oggi, definire senza dubbio all’avanguardia.
Antonio Pedrocchi acquisì un’area in una zona strategica della città, tra gli antichi mercati di Piazza delle Erbe e Piazza della Frutta, tra lo storico Palazzo del Bo, Università prestigiosa ancora adesso, e la nuova espansione cittadina verso la stazione ferroviaria.

Incaricò l’architetto veneziano, Giuseppe Jappelli, di progettare un vero e proprio “stabilimento del caffè”. Sicuramente lo scopo del proprietario era quello di trarre guadagno da servizi e bevande che richiamassero la popolazione locale e non solo. Eppure il Pedrocchi superò anche i limiti di un luogo che adesso chiameremmo forse solo “bar” e immaginò, ebbe la visione, di un edificio accogliente, in cui potesse accedere anche chi fosse sprovvisto di denaro: un luogo per tutti, straordinario già per quel tempo, perché aperto sette giorni su sette e ventiquattro ore su ventiquattro. Tant’è che divenne subito “il caffè senza porte”, perché le stesse non chiudevano mai.
Diviso in due piani, l’edificio si sviluppa al piano terra come un vero e proprio stabilimento del caffè e al piano superiore come una sequenza di stanze, salottini e luoghi di ritrovo (c’è persino una sala-teatro dedicata a Rossini!) in cui potessero incontrarsi i cosiddetti “intellettuali”.

Legato alla memoria storica degli scontri, soprattutto quelli del 1848, tra universitari ed esercito austro-ungarico, l’edificio ha meritato il titolo anche di “caffè storico” e per questo le stanze al piano inferiore sono dedicate ai colori della bandiera italiana: bianco, rosso e verde. Si tratta di una successione a cui non siamo abituati, ma che comunque fa da scenografia agli ambienti che richiamano lo stile originale del XIX secolo: tavoli, sedie, lampadari, mappe … un affascinante racconto di vite, visitatori più o meno illustri, appassionati e artisti che, se anche per poco tempo, hanno sostato qui.
Antonio Pedrocchi volle, fin dall’inizio, che la prima stanza a sinistra entrando dalla facciata principale, la stanza verde, fosse a disposizione, senza obbligo di consumazione, anche di persone meno abbienti. Per questa ragione a Padova qualcuno è convinto che il modo di dire “essere al verde” possa derivare da qui.
Nel 1891 il Caffè passò, per volontà del primo proprietario, da Domenico Cappellato, non figlio ma erede d’affari e sensibile continuatore dell’impresa, al Comune di Padova che continua ad aprirlo con lo stesso spirito di accoglienza, pur chiudendo di sera.
Antonio Pedrocchi è dunque, per me, un visionario perché comprese, e lo comprese nel 1831, data dell’inaugurazione, che il caffè è, prima di tutto, un luogo di ritrovo, un luogo di circolazione di idee e di “ciacole”, un luogo di esperienze, come quella dell’assaggio del celebre “caffè Pedrocchi”, la cui formula è segreta, per il quale vi rimando al video in Posti e Pasti TV.
Vi aspetto a Padova!
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