La Valle Scrivia, natura e industria
Appennino Ligure: dolci ondulazioni densamente boscate accompagnano il corso del Fiume Scrivia verso la Pianura Padana. Lo spartiacque principale appenninico si avvicina molto al mare ed il Passo dei Giovi è uno dei più importanti valichi tra il Mar Ligure e la pianura, non a caso frequentato già in epoca romana.
Grazie alla sua quota modesta (452 mslm) il passo è percorribile tutto l’anno ma è soprattutto la morfologia del rilievo ad essere qui meno severa che in altre zone dell’Appennino e ciò ha favorito l’insediamento umano sia sul versante a mare che su quello settentrionale con un antico e persistente sviluppo dell’agricoltura di qualità e successivamente uno sviluppo industriale decisamente in contrasto con i valori paesaggistici e storico-culturali del territorio ma che ha consentito di contenere la decrescita demografica e l’esodo dalla vallata. L’emigrazione dalle zone più elevate del territorio montana – intensa come in tutto l’Appennino- è stata più contenuta nel tempo e nello spazio grazie alla presenza di opportunità di lavoro nelle tante attività lungo il corso dello Scrivia che hanno attenuato lo spopolamento complessivo.
Oggi le criticità di questa industrializzazione spesso dissennata (la raffineria di Busalla, ad esempio, è una delle maggiori del nord-ovest Italiano, a stretto contatto con il centro abitato ed ai margini del Parco Regionale); rappresenta anche lo stimolo ad individuare forme più sostenibili di crescita economica che non escludano la vocazione produttiva della valle ma che permettano un graduale consolidamento di attività a minore impatto più coerenti con il pregio paesaggistico e le opportunità della vicinanza con le Riviere.
Il ruolo di cerniera fondamentale tra Nord Europa e Mediterraneo è alla base della lunga e complessa storia dei luoghi e di un notevole interesse per il visitatore. Non a caso attraverso lo Scrivia ed il Passo dei Giovi transitano la prima autostrada d’Italia (la A7 Genova- Milano, già Autocamionale realizzata nel 1936), una delle prime ferrovie ad alta intensità di traffico in Italia ed attivata nelle sue tratte tra il 853 ed il 1916 ed il prossimo passante ad Alta Velocità in corso di ultimazione.
Arrivati a Busalla e prima di salire a Crocefieschi l’irrisolto conflitto tra lavoro ed ambiente Il piccolo centro storico-rurale di Crocefieschi Crocefieschi
Crocefieschi e le Rocche del Reopasso
L’Alta Valle Scrivia è interamente compresa nel territorio della Città Metropolitana di Genova e buona parte dei suoi comuni appartengono al perimetro del Parco Naturale Regionale del Monte Antola, uno dei più rilevanti della Liguria.
Rimandando ad un prossimo articolo una più ampia trattazione del Parco qui ci soffermiamo su una interessante e singolare angolo di queste montagne dove, repentinamente, si passa dai paradossi urbani del fondovalle ad un paesaggio a tratti austero e dirupato ed a tratti quieto e bucolico.
Crocefieschi è stato per decenni uno dei paesi del Genovesato più amati come località di villeggiatura low cost e short trip: vicinissima a Genova e raggiungibile in meno di un’ora grazie alla vicinanza dell’autostrada ma contemporaneamente piuttosto lontana da tutto.
Anche oggi, grazie ad una popolazione residente di poco più di cinquecento anime, la località ha molti estimatori ma certamente l’invecchiamento della comunità ed il limitato appeal sui giovani ha ridotto l’interesse per questa parte di Appennino che cerca ora un riscatto. Similmente a tanti altri luoghi meno gettonati della montagna italiana.
La presenza di un terreno di gioco ampio per attività outdoor di livello insieme alla possibilità di visitare Genova e le Riviere con brevi spostamenti o utilizzando il treno sta però interessando in modo deciso i visitatori esteri che sempre più frequentemente si incontrano lungo i tornanti che salgono al paese.
A breve distanza dal villaggio di Crocefieschi (742 mslm), una delle porte di accesso al Monte Antola attraverso l’aerea e lunga cresta del Monte Buio; troviamo alcune importanti formazioni rocciose che emergono improvvisamente dai boschi: sono le Rocche del Reopasso (Reo = malvagio), geosito molto rilevante del Parco Regionale nonché sito di importanza comunitaria (ZSC della Rete Natura 2000) per gli habitat rupestri presenti.
L’interesse sportivo ed esplorativo è notevole poiché qui, ad una manciata di chilometri da Genova, molti forti alpinisti locali hanno arrampicato e tracciato itinerari piuttosto severi data l’esposizione complessiva e la qualità della roccia. La prima salita è stata merito di Emilio Questa e Bartolomeo Figari, il 30 ottobre 1904 Tra gli anni ‘50 e ‘70 del vecchio secolo, tuttavia, si potevano vivere vere avventure verticali ad un passo dal caos della città e le Rocche sono state, e sono, una meta molto amata dai montagnardi liguri.
Nel 1978 un gruppo di escursionisti locali del GEB (Gruppo Escursionistico Busallese) realizza il primo tratta della Ferrata Deanna Orlandini, alpinista genovese precipitata durante una salita invernale sulle a Alpi Apuane. E’ interessante osservare che un impulso allo sviluppo dell’arrampicata in questa valle (così poco identificativa per la disciplina) fu dato da Guido Rossa, operaio ed alpinista, che di li à poco sarebbe caduto sotto i colpi dei terroristi.
La ferrata nacque inizialmente molto ardita e poco attrezzata sull’esempio delle prime ferrate dolomitiche e successivamente integrata ed allungata ed a più riprese migliorata nella dotazione di attrezzature.
Oggi è oggetto delle cure continue dell’associazione ed è un tracciato moderno e sicuro ma che mantiene intatto l’impegno originario e l’interesse ambientale ed alpinistico.
Al di sotto di una delle vette del Reopasso (la cosiddetta Biurca) fu in seguito realizzato un piccolo bivacco sospeso su un minuscolo terrazzino roccioso. Il Bivacco della Biurca (restaurato nel 2004 e più volte in seguito) è un luogo curioso e solitario che regala sensazioni uniche in particolare nelle nebbie autunnali quando la vista verso le rocce erose della vicina Valle Vobbia è degna degli skyline dolomitici.
Il Reopasso è naturalmente accessibile anche con una più tranquilla via escursionistica (la cosiddetta “Via Normale”).


La Vista delle Rocche dal Colletto e l’Aquilegia, uno dei simboli del Parco
Le Rocche del Reopasso sono in realtà una serie di elevazioni rocciose che emergono abbastanza all’improvviso dopo un placido tratto di sentiero nel bosco a circa 30’ dal centro di Crocefieschi. La via Ferrata inizia al di sotto della prima torre chiamata Grillo o Lumaca (883 mslm), segue – un po’ in disparte- l’Incudine o Anchise, quindi
la bifida Biurca (942 mslm, al di sopra del bivacco omonimo) e per ultima la Sedia del Diavolo (958 m- Carega do Diao) con il contrasto teologico della piccola e bianca Madonnina della vetta. Sia la Biurca che la Carega sono raggiungibili con tracce di sentiero (vedere più avanti) ma va sempre ricordato che si tratta di sentieri piuttosto esposti e che richiedono un minimo di esperienza ai terreni malagevoli pur trattandosi di itinerari segnalati. In questo senso la breve distanza dal paese può trarre in inganno il visitatore frettoloso. Invece l’escursionista preparato può trarre grandi soddisfazioni da questo luogo curioso, in particolare in autunno con il contrasto tra il foliage e la colorazione austera delle torri di conglomerato.

La particolarità delle Rocche risiede proprio nella litologia e nella morfologia, così diverse dal resto del Parco dell’Antola dove gli omonimi calcari ad elmintoidi (calcari marnosi dove si notano molte tracce degli organismi primordiali inclusi nella matrice) facilmente erodibili sono la ragione della morbidezza dei profili montuosi.
Lungo la cresta tra l’Anchise e la base della Biurca. A sinistra la Valle Vobbia Sulle pendici della Biurca l’aereo bivacco Città di Busalla
I conglomerati (puddinghe) non sono così frequenti in Italia e sono sedimenti clastici (ovvero di ciottoli) che derivano dallo smantellamento di formazioni più antiche da parte degli agenti dell’erosione o agenti esogeni (agenti meteorici, correnti, frane…), sia in ambiente subacqueo che in ambiente subaereo, di epoca oligocenica o pliocenica La caratteristica principale è il cemento che aggrega queste pietre (spesso anche di notevoli dimensioni) e che può avere diversa natura e dunque consistenze e colori diverse.
Ne risultano forme spesso bizzarre, di solito fortemente incise e ripide, con molto detrito causato dal disfacimento del materiale.
La particolarità dell’ambiente determina una certa severità nelle condizioni ambientali così da selezionare habitat rupicoli assai vicini a quelli dell’alta quota pur in territori a clima temperato o debolmente continentale. In Liguria queste formazioni sono presenti nella nostra area (ove formano il complesso dei Conglomerati di Vobbia o Savignone), sul Monte di Portofino ed in alcune aree dell’estremo ponente ligure (Monte Villa).
Ovunque si trovino conglomerati il paesaggio diventa assai particolare e singolare e ciò ha giustificato l’inclusione nella rete europea Natura 2000. Le particolari condizioni ecologiche permettono di evidenziare alcune rarità botaniche (ben sedici endemismi appenninici e liguri-provenzali) ed una fauna fortemente legata all’ambiente tra cui una ricca avifauna migratrice favorita dl fatto che questo è uno dei principali corridoi percorsi dagli uccelli nei viaggi nord-sud e viceversa.
Una storia poco nota e decisamente avvincente
Le linee di confine orografico dell’entroterra ligure sono state abitate fin dai tempi più remoti e le Rocche del Reopasso non fanno eccezione. Infatti proprio in queste rocche fu rinvenuto il reperto più antico della valle Scrivia, ossia un’ascia in serpentinite, databile all’incirca al 4000 a.C. Ciò testimonia il commercio di manufatti provenienti dalla zona di Voltri dove il serpentino era ed è molto diffuso. Questo tipo di roccia si suppone appartenga alle cave di Voltaggio, da dove si diffondeva in tutta Europa. Alcuni ritrovamenti avvenuti in Inghilterra, dopo attente analisi, sono risultati provenire proprio da queste zone. Voltaggio non è propriamente in Valle Scrivia ma a breve distanza da essa, nella valle del Lemme.
Il passo reo, cioè infido, malvagio, ha avuto in ogni epoca vittime, talvolta illustri come messer Agosto Spinola e Giovanni de Salvareca, che precipitarono dalle ripide pareti nel 1585, talvolta più umili come i pastori intenti a seguire il gregge come da documenti presenti in alcuni archivi locali e datati XVII secolo.
Numerose sono le leggende create attorno ai personaggi che hanno legato la memoria della propria esistenza alla montagna. Tra questi un tale chiamato Filippin il suicida, vissuto presumibilmente alla fine del medioevo, la cui anima pare vagasse tra l’Incudine e la Carrega. Alcuni carbonai giuravano che spesso, la sera tornando a casa, incontravano un cane dagli occhi roventi, come carboni accesi, che fuggiva alla loro vista, mentre i suoi lamenti e rantoli si levavano sopra le Rocche….
Un’altra anima vagante sembra essere quella di Rafaelin, uomo non certo della migliore specie, che lasciò come ultima volontà quella di essere sepolto in un posto inaccessibile: venne accontentato facendone precipitare le isere spoglie da uno degli appicchi delle Rocche… forse l’Anchise.
Nel bosco del Bellomo si racconta che un boscaiolo, di nome Ometto, abbia chiamato il diavolo in aiuto per risalire i ripidi sentieri con il suo pesante fardello di legna.
Fantasmi, spiriti e fate, invece, si dice che da sempre si diano appuntamento nei valloni del Fobè.
Fra le tante leggende una singolare storia – assolutamente in linea con la particolarità dei luoghi- capta l’attenzione del visitatore: intorno al 1925 un tale di nome Pajarito, emigrato in America senza però importante fortuna, tornò a Crocefieschi e si stabilì in una capanna sotto la Biurca dove allevava (o meglio cacciava) conigli selvatici ed altra selvaggina. Molto di rado scendeva in paese per vendere qualche animale. Pajarito suonava e spesso era oggetto di visita da parte di viandanti che talvolta si univano cantando e suonando. Quindi un eremita anomalo, come molto di quello che riguarda il Reopasso. Un importante incendio distrusse la sua baracca nel 1943 ma non furono mai chiarite le cause e probabilmente egli peri nell’incendio. Della vicenda si trova ancora traccia presso l’archivio parrocchiale di Crocefieschi.

Ed ora, saliamo al Reopasso…
La salita alla Rocca lungo la ferrata richiede l’attrezzatura completa richiesta in queste ascensioni (imbragatura, casco, doppia longe con dissipatore ed è consigliabile, come sempre, uno spezzone di corda per emergenze) e non va sottovalutata: la lunghezza non è eccessiva ma se si percorrono tutte le varianti bisogna contare circa 3 ore a cui si aggiunge la discesa dalla normale ed i circa 40’ dal paese al Colletto (810 m, cartello indicatore della ferrata e di orientamento) e viceversa. Il tracciato è ottimamente attrezzato e la roccia sufficientemente ripulita tuttavia l’esposizione è notevole in diversi tratti e la sezione che arriva sulla vetta della Biurca è leggermente strapiombante e piuttosto atletica. Il tratto (evitabile) che attraversa il ponte tibetano è assai fotogenico ma più impressionante che difficile. Per tali ragioni la ferrata è considerata media-difficile e naturalmente va affrontata solo essendo provvisti delle competenze e dell’attrezzatura. In particolare tutta l’area del Reopasso è delicata in caso di maltempo (la puddinga è piuttosto scivolosa) e soprattutto in caso di neve e ghiaccio: la particolare variabilità del microclima fa si che si possano trovare condizioni molto delicate lungo le Rocche anche con sole splendente e non solo in pieno inverno. Fatte queste considerazioni si tratta di un’ascensione divertente ed interessante con viste panoramiche verso la severa Valle Vobbia e le selvagge rupi del Bric Cravì e del Bric delle Camere con il Castello della Pietra incastonato nella omonima rupe.

Tra le due cime della Biurca è d’obbligo la sosta al Bivacco che è un vero nido d’aquila. Terminata la ferrata ci si abbassa in direzione Valle Scrivia (SO) seguendo la via normale ed i segni gialli della traccia che sale da Crocefieschi. Questo tratto va comunque percorso con attenzione perché ripido e con detrito mobile ma non ha importanti tratti esposti. Questi invece ci sono nel tratto orizzontale che alla fine della cresta andando verso sinistra (E) percorre su esili cenge la base delle Rocche con molti tratti stretti ed esposti (cavi d’acciaio non molto sicuri) fino a tornare al Colletto (810 m) e quindi a Crocefieschi in 40-45 minuti.


La via Normale (accesso escursionistico EE verso le Rocche – Carega do Diao)
La discesa dalla via ferrata è anche il sentiero classico di accesso alla vetta ricordando le cautele anzidette. Dato il dislivello contenuto e la relativa brevità dell’itinerario è interessante prendere in considerazione alcune alternative che possono contribuire a vivacizzare la giornata. La prima opzione è la discesa verso Bastia attraverso il Bric delle Ciappe (o di Pretignosa): terminato il tratto ripido della cresta della via Normale si gira a destra (diritti verso valle si arriverebbe a Camarza) per scendere in ambiente più tranquillo ma isolato verso la frazione Bastia (segnavia tra pallini gialli). Da qui si può traversare per un paio di km verso Camarza su asfalto e quindi risalire da qui attraverso una dorsale al colletto alla base della Carega do Diao riprendendo poi il sentiero per Crocefieschi. Si realizza così una gita di un certo respiro. Un’altra bella alternativa prevede, dopo la discesa dalal vetta ed il traverso fino al Colletto) la discesa (sentiero non segnalato) verso la valle Vobbia arrivando così a breve distanza dalla rupe ove è incastonato il castello della Pietra: per effettuare questa escursione (possibile anche dopo il percorso della ferrata) è conveniente portare un auto preventivamente presso il Castello della Pietra accedendo alla Valle Vobbia da Isola del Cantone (15 km da Busalla in direzione N poi direzione Vobbia per 5 km). Ancora, una bella traversata escursionistica permette di collegare la salita alle Rocche lungo la Via Normale, la discesa verso NO fino alle pendici del Bric delle Ciappe (come sopra): invece di proseguire verso SO in direzione Bastia si continua a NO fino alla frazione Minceto (Ronco Scrivia) da cui si può salire in circa 1 h al Monte Reale (Cappella\ex Santuario– Rifugio) che è una delle mete più gettonate della valle Scrivia perché estremamente panoramico nonché uno dei limiti estremi del Parco Regionale. Da li in circa 1h si scende alla Frazione Cascine e quindi a Ronco Scrivia (5 km da Busalla- bus e treno, da Busalla bus per Crocefieschi).
Per tutte queste escursioni consideriamo Crocefieschi come punto di partenza (12 km da Busalla, 37 km da Genova, 110 da Milano).
Dopo il tratto ripido della via normale (in discesa) al bivio verso la dorsale di Camarza Panorama dl Bric delle Ciappe (traversata verso Minceto o discesa verso Bastia)
HIKE & CLIMB – FABIO PALAZZO
Sono Guida Alpina UIAGM e Dottore Agronomo, docente a contratto di Pianificazione del Paesaggio presso l’Università di Genova. Vivo a Genova ma nel lavoro di Guida mi divido tra la Liguria, la Toscana, l’arco alpino e qualche bella esplorazione fuori dall’Europa.
Nelle due professioni, ormai da molti anni, cerco di unire le esperienze lavorative e personali in una sintesi che contribuisca ad arricchire chi entra nel mondo complesso ed emozionante delle montagne. Praticamente tutta la mia vita lavorativa è stata finora spesa nelle aree interne italiane. Che non sono solo montagne ma anche cultura materiale e comunità.
Accompagnando e formando come Guida o contribuendo al percorso dei giovani paesaggisti spero di condividere la consapevolezza per il valore e la sensibilità del territorio montano ed il suo riscatto attraverso la conoscenza e la pratica sportiva. Mai fine a se stessa.
Sono un Tecnico del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico ed un membro del Club Alpino Accademico Italiano nonché un socio ordinario dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio e della Società Italiana dei Territorialisti.
Spero di condividere con tutti Voi non solo esperienze ed informazioni ma anche una presa di posizione nei confronti del mondo che cambia attraverso un modo responsabile e partecipativo di esplorarlo. Anche dietro la porta di casa!
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