Cosa ci sarà mai di bello da visitare in un parcheggio interrato? Per chi non conosce il luogo forse nulla, ma a grattare la superficie si scoprono un’infinità di cose interessanti.

Molta gente quando viene a Modena parcheggia al Novi Park, vicino all’ex Foro Boario e all’attuale Dipartimento di Economia dell’Università di Modena. Lascia lì l’auto e distrattamente si dirige verso il centro storico per una passeggiata o il lavoro o lo shopping. Parcheggio nuovo e funzionale, con i lavori di scavo e costruzione iniziati poco più di dieci anni fa.
Quando si è iniziato a scavare era già stato ipotizzato che si sarebbe trovato qualcosa di archeologicamente rilevante. È un’area non lontana dalla via Emilia e di fatto poco più di un chilometro al di fuori di quella che era la Mutina romana. Era quindi un suburbio e si ipotizzava una forte valenza agricola del settore, quindi gli scavi sono cominciati con la collaborazione degli archeologi che mano a mano verificavano gli eventuali ritrovamenti. Che sono stati molto più numerosi e interessanti di quanto non ci si potesse aspettare.
La collaborazione fra la società privata che stava costruendo il parcheggio e la Sovrintendenza ai Beni Culturali non va dimenticata ed è bene ribadire che quando c’è la volontà di collaborare si possono trovare soluzioni interessanti. Infatti i ritrovamenti hanno rallentato un poco i lavori per potere essere studiati in situ, catalogati e poi trasferiti, ma il cantiere non si è quasi mai fermato e alla fine ci sono stati solo alcuni mesi di ritardo sulla tabella di marcia. Di fatto questa collaborazione è stata così proficua da diventare un caso di studio nella definizione dei nuovi protocolli di lavoro e scavo in aree potenzialmente archeologiche.
Oggi molti dei reperti sono ancora sotto l’esame degli esperti, ma molti sono stati esposti al livello del terreno e sono così visibili gratuitamente da tutti. Infatti le parti murarie sono state smontate e rimontate nell’area verde sopra il parcheggio, andando così a costituire un parco archeologico a cielo aperto.
Vediamo un po’ più nel dettaglio la storia di questa zona.


Innanzi tutto gli scavi ci hanno fatto sapere che quest’area era già frequentata nell’età del ferro, dato che sono stati ritrovati alcuni manufatti e tombe di epoca celtica. Non molte cose, ma abbastanza per capire che non era un’area completamente abbandonata. La ricerca ci dice che fosse un’area probabilmente adibita al pascolo di animali o anche alla caccia, dato che sembra fosse una zona con un bosco non molto fitto, con diversi stagni ed acquitrini e alcuni torrenti che la attraversavano.
Poi viene l’epoca romana e di questo periodo si hanno i ritrovamenti più importanti. In epoca repubblicana questa zona subisce una trasformazione: viene bonificata e trasformata in parte in zona agricola. I torrenti vengono in parte deviati o controllati e gli stagni bonificati. Per bonificare alcuni acquitrini si usano delle vecchie anfore: le si depositano a strati a testa in giù (spesso rompendone il fondo) e poi le si ricopre di terriccio. In questo modo l’acqua poteva drenare e lasciare un piano utilizzabile per altri scopi.
Sempre durante la Repubblica di Roma sorgono nell’area due fattorie, forse dedicate più all’allevamento che non alla coltivazione. Fattorie che sopravviveranno con diverse fasi fino al VI secolo, per poi scomparire senza lasciare traccia. La più interessante come reperti è quella a nord est, perché fra le strutture ci ha lasciato anche due curiosità: la prima è un letamaio (o meglio si suppone che fosse una vasca per la raccolta del letame). Poteva anche essere una vasca di lavatura delle pecore: non è sicuro.

Invece sembra più certo il secondo elemento architettonico, ovvero una vasca circolare per l’allevamento dei pesci. Questo laghetto doveva essere fra l’altro anche un luogo di piacere per i proprietari, dato che era circondato da una siepe di bosso ed altre piante ornamentali.


L’elemento più importante e imponente che è stato trovato è stata una strada romana basolata, ovvero lastricata. Fra le pietre il ritrovamento di monete e altri oggetti hanno permesso di capire che fosse una strada di epoca repubblicana, usata fino al IV secolo. Era la strada per Mantova, di cui si era perduta memoria e traccia. Una strada secondaria (cioè non una delle Consolari famose), ma che dalla via Emilia poco fuori Mutina partiva verso nord e raggiungeva la città Virgiliana. Sicuramente una strada trafficata, dato che le pietre sono ben levigate ed i segni dei carri sono ben evidenti.

Per capire come mai una strada così importante si sia perduta l’archeologia ci ha dato la risposta e abbiamo scoperto come le leggende e la storia a volte si fondono. I rilievi archeologici infatti ci dicono che quest’area è stata colpita da un’alluvione nel III secolo, che ha in parte danneggiato le fattorie e la strada. In fondo era ancora una zona periferica e attraversata da torrenti. Poi nel IV secolo, verso la fine, c’è stata un’altra alluvione molto più devastante, che ha distrutto quasi completamente le fattorie e ha ricoperto la strada di uno strato di fango di oltre 70 centimetri! A quel punto la strada non fu più utilizzata e venne dimenticata. Vi ricordate quando vi avevo raccontato dei miracoli di San Geminiano, il patrono della città? Una delle leggende ci dice che Geminiano salvò la popolazione da un’alluvione che aveva distrutto Modena, trasferendo la popolazione a Cognento. Il santo visse nel IV secolo: ecco quindi che l’archeologia ci ha dato un’altra conferma che le leggende hanno un fondo di verità.
Dal IV secolo la zona viene progressivamente abbandonata nel secolo successivo e fino al medioevo tornerà ad essere una zona boschiva. Verso la fine del medioevo, siamo nel XIII secolo, verrà costruito qua un piccolo monastero eremitano. I monaci costruiranno una chiesetta e il monastero adiacente, ma dopo due secoli verrà abbandonato ed abbattuto. Da quel momento la zona diventerà un piazzale utilizzato dagli eserciti modenesi e locali per le adunate, tanto che a breve distanza verrà poi costruita la cittadella e fortezza della città.
Le zone acquitrinose e bonificate furono usate in parte come discariche. In fondo siamo nei sobborghi di una città fiorente. Discariche che ci hanno lasciato diverse informazioni su cosa si produceva e la vita a Mutina. Innanzi tutto le ossa di animali, dove troviamo diversi bovini, ovini e suini in parti quasi uguali. Non era certo ancora la terra del maiale come la conosciamo oggi il modenese di due millenni fa: anzi le pecore avevano ancora una fetta molto ampia dell’allevamento.
Il fatto curioso è invece il ritrovamento nelle discariche di diversi teschi umani. Perché siano stati gettati in quella maniera è tutt’ora un mistero e le indagini forensi preliminari non hanno ancora dato risposte univoche. Che spesso i cadaveri di schiavi fossero gettati in discariche senza una degna sepoltura era una pratica consueta, ma in questo caso ci aspetteremmo di trovare anche altre ossa dei corpi, che invece sono prevalentemente assenti. Si può ipotizzare che fossero gladiatori che avevano combattuto nell’anfiteatro cittadino, ma solo pochi portano tracce di morti violente. È stato anche ipotizzato che alcune teste fossero di nemici sconfitti e decapitati: battaglie in zona o guerre civili erano tutto sommato frequenti, ma l’esposizione delle teste su picche di solito provocano danni al cranio che qua non sono presenti. Inoltre una ventina di teschi trovati nella vasca per la pescicoltura (dal III secolo fu usata come discarica anche quella) presentano tracce di esposizione all’aria: per questi si è pensato che fossero criminali, condannati alla decapitazione e le cui teste fossero esposte al pubblico per diversi mesi dopo la morte.
Le teste non sono gli unici corpi ritrovati. La tomba più enigmatica è di epoca celtica. Si tratta in questo caso della sepoltura di due donne, una giovane e una anziana. Anche in questo caso sono stati trovati solamente i due crani. La curiosità poi aumenta, perché il cranio della donna anziana ha al suo interno lo scheletro di una cane. Sarà stato un rituale particolare? Al momento il mistero è fitto.
Ai lati della strada romana, come era consuetudine per l’epoca, si trovano diverse tombe. Le file di tombe ai lati della strada sono di epoca repubblicana e inizio dell’impero. Un periodo in cui i romani usavano cremare i cadaveri per dargli la giusta sepoltura. Sono tombe non di persone estremamente ricche, ma nemmeno di popolani. Ci stanno restituendo diverse informazioni sui rituali funebri, sulle offerte ai morti (un sacco di fave!), sulle credenze. Quasi tutte le lapidi commemorative hanno solo delle iscrizioni per ricordare chi fosse il defunto (o i defunti): solamente una ha un bassorilievo con il ritratto di uno dei sepolti. La curiosità è che si tratta di un “delicium”: questi erano considerati degli schiavi sessuali (di solito dei giovanissimi ragazzi), ma poi li troviamo spesso ricordati in tombe ed epigrafi, segno che non fosse un normale rapporto schiavo/padrone ma un vero e proprio rapporto affettivo fra le due persone.





Poco lontano dalla fila di tombe repubblicane troviamo una fila di tombe di epoca tardo imperiale, quando la popolazione comincia ad essere prevalentemente cristiana. Scompaiono quindi le incinerazioni e le tombe hanno un aspetto più moderno, con il corpo intero e composto. Molte di queste tombe riutilizzano le lastre più antiche, quindi se visitate il parco troverete che alcune lastre sono gli originali, altre copie.
Anche sulle inumazioni abbiamo alcune anomalie. Alcuni dei corpi presentano infatti delle sepolture che si discostano dalla pietas cristiana. Alcuni sono stati sepolti proni (cioè a faccia in giù), così come c’è una persona sepolta quasi legata in una cassa strettissima. Difficile a dire quali fossero le motivazioni, ma solitamene queste sepolture sono legate a credenze di possibilità di ritorno in vita dei defunti. Un giorno forse vi racconterò delle sepolture anomale che sono state trovate qua in Emilia….
L’ultimo cimitero che è stato trovato è sotto la rampa di accesso verso lo stadio. In questo caso siamo già in età moderna e si tratta di un cimitero di appestati. Probabilmente molti dei cittadini morti durante la peste del 1630 (la famosa Peste Manzoniana). Questo è stato solamente in parte scavato, dato che oltre la metà si trova al di sotto della strada. Purtroppo le analisi dei corpi ci fanno capire come in quella situazione si fosse abbandonata ogni forma di pietas cristiana nella sepoltura: corpi sovrapposti, corpi scomposti, corpi semplicemente gettati alla rinfusa nelle fosse.
Alleggeriamo il finale invece parlando di piante e fiori. Sono state fatte diverse analisi a diverse profondità (un parcheggio di tre piani sotterranei permette di scavare molto a fondo!) per scoprire quale sia stata l’evoluzione botanica della zona. Si è capito a seconda delle epoche quali fossero le piante spontanee e quali quelle coltivate. Quando si è deciso di ricostruire al livello del suolo il sito archeologico si è prestata quindi grande importanza anche al verde. Non solo sono state piantate nuove piante sopra il parcheggio, ma si è scelto di piantare delle specie che fossero già presenti in epoca classica. Le rose canine, le siepi di bosso, gli aceri e altre piante sono quindi quelle che avreste potuto vedere se fosse passati in questa zona duemila anni fa. Le discariche invece sono state tralasciate.
Buona visita… vi aspetto!
RICCARDO SOLI
Sono Riccardo Soli, guida turistica abilitata dalla regione Emilia-Romagna. Nato nella provincia modenese 46 anni fa e qua sempre vissuto, da alcuni anni ho trasformato una passione in una professione diventando guida e accompagnatore turistico. Lavoro tanto con i turisti stranieri che vogliono conoscere la mia regione, occupandomi in prevalenza di enogastronomia e motori: due temi che dalle nostre parti sono sicuramente molto ricchi! Amo molto anche la storia ed è bellissimo ragionare sugli intrecci che si sono susseguiti in una regione che essendo in mezzo ha visto passare praticamente tutti gli eventi e personaggi storici italiani.
Vi racconterò della mia terra, magari di qualche specialità, qualche curiosità o qualche monumento.
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