Ieri e oggi tra spiritualità, storia, leggenda e arte
Ad un chilometro circa dal centro di Cupramontana, sorge la “Badia del Beato Angelo”, un tempo isolata, in mezzo alla campagna, luogo ideale per la pace e la quiete dell’anima. I primi documenti che la citano risalgono al 1180, pure se, secondo alcuni storici e studiosi del passato, sarebbe stata fondata precedentemente, da San Romualdo, quando peregrinava in questi luoghi, all’inizio dell’anno 1000.


Appartenne ai monaci camaldolesi e in origine si chiamava Santa Maria in Serra (in campagna). All’inizio vi erano pochi monaci, 4 o 5, poi tra il XIII e XIV secolo s’ingrandì, forse perché retta da bravi priori, oppure per un aumento delle vocazioni: fatto sta, come testimonia il mattone sull’architrave di una porta che si apre nel primo piano del chiostro, che nel 1300, sotto il priore Don Benedetto, venne rifatta, prendendo le forme attuali.


Ora ci si chiede: perché l’Abbazia di Santa Maria in Serra venne poi chiamata del Beato Angelo… Chi era costui?
Don Angelo Urbani, era un monaco camaldolese, predicatore che nel suo paese, ammoniva senza paura, i peccatori e condannava apertamente i “fraticelli”.
A tale proposito ricordo che tra il 1300 e il 1400 si era diffuso in Italia il movimento dei “fraticelli”, che erano quei frati, appartenenti all’ordine francescano, che ad un certo punto misero in discussione la vita agiata dell’ordine stesso, rispetto alla regola originaria di San Francesco (la povertà).

Erano poverissimi, se ne andavano in giro spesso scalzi ed affamati, portando solo, di casa in casa, la loro povertà e la parola di San Francesco… e ciò, oltre a godere della simpatia del popolo, rappresentava l’unico loro peccato. La Chiesa però, non li gradì, prima li scomunicò e successivamente li condannò come eretici: coloro che nel frattempo non erano rientrati nell’ordine francescano, vennero sterminarli nel rogo di Fabriano, alla presenza di papa Nicolò V, nel 1449.
Ma torniamo al nostro Don Angelo Urbani: vi sono pochi documenti storici al suo proposito ma vi è la tradizione orale, giunta ai nostri giorni. Non si sa con esattezza quando fosse nato ma è certa la data della sua morte, l’8 maggio del 1429, secondo la tradizione ucciso dai simpatizzanti dei fraticelli. Apparteneva ad una famiglia che aveva dei possedimenti nei pressi dell’Abbazia e molto probabilmente, grazie alla pace e la spiritualità del luogo, già da bambino, gli sarà venuta la vocazione. Diventato adulto, ottenuto l’ordine sacerdotale, se ne tornò nella sua amata Abbazia di Santa Maria in Serra.
E qui cominciò a predicare, ammonendo peccatori e tutti coloro simpatizzassero con i fraticelli! Sino a quel giorno, l’8 maggio del 1429, una normale domenica dove Don Angelo, al mattino, aveva celebrato la messa c/o la Chiesetta dell’Abbazia.
Nel pomeriggio gli venne riferito però che c’era, giù nel bosco in fondo alla valle di fronte al monastero, della gente che abbatteva degli alberi per la legna. Don Angelo immediatamente, in compagnia solo del suo fedele cagnolino, si precipitò giù nel bosco, cercando di far ragionare quei tali, di farli smettere di lavorare, ricordando loro che la domenica era il giorno che il Signore voleva ci si riposasse senza lavorare.

Ecco che, uno di quelli, proveniente dal vicino paese di Apiro, senza tante spiegazioni, gli rispose con un colpo mortale con la scure, sulla testa o sul collo…
Quei tali scapparono immediatamente, e il fedele cagnolino, dopo aver tentato invano di rianimare il suo amato padrone, corse su al monastero, fin sotto il campanile, afferrò con i denti la corda di una campana e cominciò a farla suonare!
I monaci accorsero e guidati dal fedele cagnolino raggiunsero il corpo inerme di Don Angelo che venne poi condotto sino alla Chiesa dell’Abbazia.
Il giorno dopo ci furono i solenni funerali… ed anno dopo anno, il secondo week end di maggio, si celebra e si festeggia ancora, nell’ Abbazia e nel luogo del suo martirio, dove immediatamente venne costruita una piccola Chiesa, il suo culto.
All’ interno della Chiesa c/o l’Abbazia, sotto l’altare maggiore, è custodita la sua statua, con la cassettina e l’anfora in cui sono religiosamente conservati i suoi resti mortali e il suo sangue. Venne dichiarato Beato il 16 giugno del 1842, anche se, per la popolazione locale, fu santo da subito e gli vennero attribuiti nel corso dei secoli, numerosi miracoli. Successivamente gli eventi storici non furono più favorevoli alla storia dell’Abbazia: venne soppressa una prima volta nel 1652 per decreto papale (troppo piccola) ed in seguito con le leggi napoleoniche a fine ‘700; ma nel 1810, gli stessi monaci camaldolesi, la riacquistarono e vi vissero serenamente per tutto l’’800.
Oggi appartiene alla Parrocchia di San Lorenzo di Cupramontana.
Vi si festeggia, il secondo fine settimana di maggio, la festa del Beato Angelo e da antica tradizione, il 15 agosto, la festa dell’Assunzione della Vergine Maria.
Venne restaurata dopo i danni del terremoto Marche Umbria del 1997, insieme alla Chiesa che nel frattempo era stata ricostruita nel corso del XIX sec.; per alcuni anni, all’inizio del 2000, ospitò la manifestazione di richiamo internazionale “Art’è” dove arte, musica, incontri, performances di artisti di ogni genere e provenienti dall’Italia e dall’estero, si susseguivano per alcuni giorni con grande richiamo di pubblico.
Oggi le stanze che furono dei monaci ospitano gruppi parrocchiali, scout, gruppi autogestiti, che possono usufruire anche dell’uso cucina e soprattutto possono godere della tranquillità del luogo, ritrovare pace, serenità, come in passato vi si allietavano il corpo e lo spirito, i monaci camaldolesi.
Ringrazio il custode, sig. Antonio Coppari, per la disponibilità e la gentilezza per avermi aperto l’Abbazia e permesso di fotografarla.
Ciao, mi chiamo Cristina, lavoro nel turismo da 30 anni e dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, per lavoro, sono tornata nelle Marche, nel mio paese, in collina, decisa a restare e far conoscere agli altri le meraviglie di questa discreta terra.
“L’Italia in una regione”. così la definiva Guido Piovene nel suo libro “Viaggio in Italia” e non si sbagliava, infatti in pochi km di territorio troviamo di tutto: dalla costa con il suo mare e le sue spiagge di sabbia o le baie rocciose del Conero, alle affascinanti montagne dell’Appennino Umbro-Marchigiano, ricche di tradizioni e leggende, alle dolci colline con le “città balcone”, da cui godere di panorami mozzafiato!
Poi ci sono le città, ricche di arte, di storia, le chiese, quelle discrete e affascinanti romaniche, le abbazie nascoste, gli importanti santuari, come quello di Loreto, i parchi archeologici, i parchi naturali protetti, i piccoli incantevoli paesini e i borghi di collina e a completare e deliziare il tutto, l’ottimo cibo tipico di questa terra e i vini bianchi (in primis il Verdicchio) e rossi, prodotti nelle colline, a darci un po’ d’allegria.
Premesso tutto ciò, svolgo con passione il mio lavoro di guida turistica, anche in lingua francese, da 20 anni, da Ancona, a Loreto e Recanati, Jesi, Fabriano, Arcevia, Corinaldo, Numana, Sirolo, e tutto il territorio della provincia di Ancona, compresi i musei o le raccolte d’arte sparse nel territorio un po’ ovunque.
Collaboro anche con i Traghettatori del Conero e in estate potrete approfittare di un’escursione in barca per ammirare dal mare, delle bellezze della riviera del Conero.
Infine, da alcuni anni, sono anche istruttore guida in italiano, alle Grotte di Frasassi, tra i complessi ipogei più belli al mondo.
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