Napolitudine, un viaggio dell’anima – Il presepe napoletano

“Te piace ‘o presepio”? così Lucariello il protagonista della celebre commedia “Natale in Casa Cupiello” scritta ed interpretata da Eduardo De Filippo, cerca di convincere il figlio “Nennillo” ad apprezzare il presepe che lui stava realizzando, simbolo delle tradizioni familiari, ma Nennillo, figura delle nuove generazioni, non ama il presepe o tutto quello che esso rappresenta e sfacciatamente dice al padre che “NO” il presepe proprio non gli piace.

Il campanile di San Gregorio Armeno

Ma fortunatamente ai napoletani il presepe piace ancora, e come diceva lo scrittore Luciano de Crescenzo, i napoletani sono “Presepisti”, mentre i milanesi sono “Alberisti” ma questo poi non è proprio vero perché anche a Napoli l’albero di Natale viene addobbato in ogni casa durante il periodo natalizio, anche se immancabile è la tradizione del presepe ed ancora c’è chi ama costruirlo da sé.

Se è pur vero che come afferma la tradizione il presepe nasce a Greggio nel 1223 per volere di San Francesco d’Assisi, è altrettanto vero che già dal medioevo in diverse chiese di Napoli iniziano a realizzarsi diversi presepi.

Una delle più antiche statue presepiali partenopee, raffigurante una madonna giacente, risale al 1340, dono della regina Sancia di Maiorca, seconda moglie di re Roberto D’Angiò, alle Clarisse del Convento di Santa Chiara ed oggi conservata nel Museo di San Martino.

In passato i presepi erano composti da diversi personaggi quasi a grandezza naturale e le statue potevano essere realizzate in terracotta o in legno, purtroppo a causa dell’incuria del tempo, molte di queste statue sono andate perdute o danneggiate e restano pochi di questi esemplari come quelle realizzate da Pietro Belverte nel 1500, per i frati del convento di San Domenico Maggiore, dove ancora si trova, o quello della Chiesa di San Giovanni a Carbonara, oggi custodito nel Museo Certosa di San Martino.

La vera rivoluzione nella tradizione presepiale napoletana si ha nel 1700 e forse per volere dello spagnolo Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734.  E’con lui che il presepe da sacro acquista carattere quasi mondano perché non sarà più soltanto ad appannaggio del clero, ma inizierà ad essere allestito nei palazzi del re e di nobili che faranno a gara e qualcuno fino ad indebitarsi, come il principe di Ischitella, per realizzare il presepe più bello e così ricevere la visita del sovrano.

Le statue del presepe subiranno una metamorfosi sia per il materiale utilizzato sia per la grandezza. Gli artigiani partenopei e poi anche artisti di fama si cimenteranno nella realizzazione di quelle statuine che avranno un’altezza più o meno di 33 cm, con la testa e gli arti realizzati in terracotta, gli occhi di vetro e il corpo fatto di fil di ferro e stoppa. La realizzazione del presepe dal 1700 in poi diventerà un passatempo per i ceti benestanti, le dame di corte con la regina si prodigheranno nella realizzazione di abiti meravigliosi da far indossare ai diversi personaggi, così come i sarti di corte, utilizzando sete e broccati realizzati nelle seterie di San Leucio (fabbriche impiantate dai sovrani Borbone) e ancora orafi, scenografi, tutti impegnati per mesi nella realizzazione di quello che sembrava un fermo immagine di una spettacolo teatrale, una quinta scenografica che nel periodo natalizio si apriva davanti agli occhi di tutti gli ospiti al fine di suscitare stupore e meraviglia in linea con lo spirito barocco.

Non molti sanno che il presepe ed in particolare quello napoletano si carica di significati che vanno ben oltre la tradizione cristiana e le sacre scritture, ogni personaggio diventa un simbolo e la stessa nascita di Cristo avviene in uno spaccato di vita che si svolge in una Napoli del 1700. I pastori e i diversi personaggi che popolano la scena sono abbigliati con gli abiti della festa quasi come se avessero indossato questo abito per l’evento prodigioso della nascita umana del figlio di Dio.

Cristo in questo tipo di presepe non nasce in una grotta o in una mangiatoia, ma tra le rovine di un tempio perché Gesù simboleggia colui che rompe con le antiche credenze pagane, ma le rovine sono anche un omaggio alle grandi scoperte di Pompei ed Ercolano, le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del ’79 d.C. i cui scavi iniziarono proprio grazie a Carlo III di Borbone.

Così quando ci si trova ad ammirare una di queste grandi composizioni, l’occhio si perde ad osservare la minuzia dei particolari, gli abiti e le armi raffinate dei re magi e del loro corteo, il cibo realizzato in cera, le piccole brocche e piattini in ceramica maiolicata e poi ancora tutta la folla di personaggi che non sono mai messi lì per caso ma ognuno di loro a ricoprire un ruolo ben preciso come i venditori ambulanti, che vendono il cibo che si può trovare tutto l’anno perché come dicono le sacre scritture: “Cristo sarà presente tutti i giorni fino alla fine del mondo”, o la taverna simbolo del male di chi non accoglie l’annuncio della buona novella ma pensa solo ai piaceri del vino e del buon cibo e l’oste “Cicci Bacco” simbolo del dio pagano del vino. Ancora “Benino” il pastore che dorme e che non accoglie l’annuncio come gli altri pastori; e poi l’asino e il bue che rispettivamente sono il simbolo del vecchio e nuovo testamento, che trovano in Cristo il suo compimento o ancora i magi: “Gaspare, Melchiorre e Baldassarre” simbolo di tutta l’umanità perché rappresentati con diverse età e diverso colore della pelle e ancora il loro corteo di soldati e servi moreschi con abito eleganti e animali orientali.

Ancora l’acqua simbolo del battesimo; il mulino della ciclicità della vita; il ponte del passaggio dalla vita alla morte.

Oggi è possibile ammirare alcuni esemplari di questi meravigliosi presepi realizzati tra 1700 e 1800, che sono custoditi in alcuni musei come il Museo dell’Opera della Chiesa di Santa Chiara, nella Cappella Palatina del Palazzo Reale di Napoli, nella Reggia di Caserta o lo straordinario presepe Cuciniello nel Museo di San Martino.

Ma chi ancora da oltre 300 anni porta avanti questa tradizione sono i sapienti artigiani della famosa via dei presepi: “San Gregorio Armeno”. Qui da anni famiglie come Ferrigno; Di Virgilio, Capuano e tanti altri ancora lavorano i pastori con la stessa tecnica e arte degli artisti del passato.

Passeggiare per il centro storico di Napoli e in particolare per San Gregorio è come fare un salto indietro nel tempo ma senza tralasciare un pizzico di modernità poiché oltre alle tradizionali figure del presepe, gli artigiani di san Gregorio Armeno hanno iniziato a realizzare statuine che raffigurano personaggi famosi del mondo dello spettacolo, della musica, del cinema, della politica e così qui e lì tra un bambinello una Madonna e un San Giuseppe ecco comparire Trump, Papa Francesco, Madonna (la cantante però), Salvini, Malgioglio, Raffaella Carrà; Pino Daniele, Totò, Eduardo De Filippo, Maradona, Biden, Laura Pausini e così via ed è così che il presepe mantiene ancora quella nota di carattere profano e mondano a cui avevano dato avvio i sovrani Borbone  a metà del ‘700.

Personaggi famosi a San Gregorio Armeno

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Ciao, sono Roberta Paparo, guida turistica della Regione Campania dal 2011 e laureata in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Amo il mio lavoro perché adoro la mia terra e tutto ciò che di bello ha da offrire.
Lavorare come Guida mi dà al possibilità di studiare e scoprire aspetti sempre nuovi ed interessanti del territorio campano, dalle bellezze storico-artistiche a quelle del paesaggio, dalle tradizioni popolari e folkloriche alle leggende e ai miti, rinnovando le mie conoscenze e visitando luoghi diversi ogni giorno.
Inoltre, amo anche l’arte a 360°, dalle arti figurative al teatro, dalla danza alla musica. Proprio per questo, recito  nella compagnia teatrale amatoriale “Gli ardisti” da oltre 20 anni ed ho partecipato a diversi laboratori teatrali che mi hanno aiutata anche nell’approcciarmi in modo diverso rispetto ad una semplice visita guidata, cercando di coinvolgere i turisti in una esperienza che gli permetta di essere protagonisti e non passivi ascoltatori, con la speranza che tornando a casa possano portare con sé un po’ di Napoli nel cuore.

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