Avete presente quando l’inverno è ormai inoltrato, il freddo penetra nelle ossa e magari fuori c’è ancora un po’ di neve, o di ghiaccio, o uno strato spesso di nebbia?
Sembrerebbe la giornata ideale per rimanere chiusi in casa, sotto una copertina, a terminare l’ultima serie in tv, ma io vi propongo di coprirvi bene e partire alla scoperta delle marcite, facendo un viaggio nel tempo oltre che nella bellissima campagna lombarda!
Se c’è un periodo giusto per vedere le marcite è proprio l’inverno, meglio ancora dopo una bella nevicata oppure in quelle giornate dove la brina ricopre ogni cosa… o quasi.
È proprio in questa stagione che si può capire appieno e apprezzare davvero il valore di questo particolare tipo di coltivazione, sia per l’agricoltura che per l’ambiente.

Ma cosa sono le marcite e dove si possono vedere?
Le marcite sono prati che, utilizzando un’antica tecnica di coltivazione lombarda, vengono allagati durante l’inverno attraverso un sottile strato di acqua di risorgiva, sempre in circolazione, che consente la crescita dell’erba anche nella stagione più fredda.
Sembra una cosa banale ma non lo è! È tipica delle zone dove è presente l’acqua di risorgiva, acqua che sgorga dal sottosuolo e che anche nella stagione più fredda è calda… o almeno più calda dell’aria: intorno ai 10-12 gradi. Questo consente al campo di non ghiacciare ma anzi, continuare a produrre.
Nel Parco Lombardo del Ticino si possono vedere a sud-ovest di Milano, nell’Abbiatense, intorno all’Abbazia di Morimondo, a Ozzero, Robecco sul Naviglio, Abbiategrasso. Poi vi darò informazioni più precise!
Le marcite hanno diverse funzioni, oltre a quella evidente di produrre foraggio anche nella stagione fredda: ospitano e danno nutrimento a tanti animali, soprattutto agli uccelli che qui trovano un rifugio accogliente, vanno a riequilibrare la falda acquifera, sono testimonianza vivente di una tecnica di coltivazione antica e quasi scomparsa, e inoltre l’erba prodotta diventa un alimento sano per le vacche che producono così un latte particolarmente ricco, ottimo per burro e formaggio.
Infine, le marcite danno vita ad un ambiente bellissimo da vedere, uno scrigno di biodiversità, interessante per i birdwatchers e i fotografi naturalistici, ma anche per chi ama camminare, pedalare o semplicemente godersi il paesaggio rilassante della campagna lombarda.

Qual è la loro origine?
L’origine di questa coltivazione è incerta, probabilmente gli abitanti dei territori dove c’era acqua sorgiva avevano imparato a governarla per impedire l’impaludamento del terreno e usavano la marcita già dal XI Secolo. Ma fu con l’arrivo dei monaci cistercensi, giunti a Morimondo nell’XII Secolo, e alla loro grande opera di bonifica del territorio, che il sistema delle marcite venne ottimizzato, portando alla trasformazione dell’agricoltura della valle del Ticino.
Tutto poi venne codificato e spiegato con precisione grazie ai manuali agronomici del Settecento e Ottocento, epoche di massima espansione della marcita.
Fino agli anni ’60 era ancora molto utilizzata ma poi l’arrivo di macchinari agricoli sempre più tecnologici, non utilizzabili in questa pratica che deve essere fatta a mano, l’agricoltura intensiva e la corsa a prodotti sempre più standardizzati, ha fatto sì che questo antico modo di coltivare, lento, rispettoso dell’ambiente e del territorio, cadesse in disuso.

Ovviamente gestire una marcita è un lavoro molto faticoso che ormai quasi nessun agricoltore si sente più di fare. È necessario un preciso, continuo e incessante lavoro di badile per consentire al sottile velo d’acqua di scorrere sui prati preparati ad arte, per impedire la formazione del ghiaccio. Un tempo questo agricoltore particolarmente specializzato veniva chiamato il camparo, “al campè” in dialetto, ma ormai ne rimangono veramente pochi.
Il Parco del Ticino, insieme ad altri partners, ha dato vita negli scorsi anni al progetto “Life Ticino Biosource” che ha consentito il recupero di 75 ettari fra marcite e prati umidi, e ha investito nella formazione di nuovi campari, per consentire di non perdere questo antico sapere.
Dopo tante parole per spiegare cos’è, a cosa serve e come è nata la marcita, vi dico anche che questo è un patrimonio paesaggistico importantissimo. Un patrimonio costituito dai manufatti, dalla rete irrigua ma anche di tradizione, conoscenza e tecnica che vanno a comporre il paesaggio, tutto da leggere e tramandare, così importante da essere inserito nel Catalogo Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici, promosso nel 2010 dal MIPAAF (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali).

Ma perché visitarle proprio in inverno?
Perché quando intorno tutto è ghiacciato o innevato, le marcite sono verdi!
Perché a gennaio, quando tutto sembra immobile e in attesa, la marcita brulica di vita: aironi, garzette, ibis sacri, beccaccini, pavoncelle e altri uccelli si radunano su questi prati per scaldarsi e nutrirsi dando vita al meraviglioso spettacolo della natura.
Perché in mezzo a tanti campi coltivati in maniera intensiva, dove si usano mezzi pesanti e pesticidi che riducono tanti habitat naturali, nelle marcite possiamo trovare le tracce del nostro passato.

Sì, ma dove andare per vederle?
Uno dei posti più belli per vedere le marcite è sicuramente intorno l’Abbazia di Morimondo. Dopo aver visitato l’eccezionale complesso monastico, che sorge in posizione sopraelevata rispetto al piano della campagna, si può sbirciare dal sagrato che è anche una bellissima terrazza panoramica, e da lì scorgere le marcite sottostanti. Le riconoscerete perché, come dicevo, mentre tutto è ghiacciato, immobile e bruno, loro sono verdi e vitali.
Oppure si può andare a Casterno, frazione di Robecco sul Naviglio, e percorrere Via della Valle. Dopo l’Agriturismo Santa Marta (che merita una sosta per pranzo) c’è una bella marcita sempre molto frequentata dagli ibis, con la Cascina Grande sullo sfondo. Lì nelle vicinanze dell’agriturismo si può anche vedere la piccola cappella votiva dedicata a Santa Marta, con alle spalle una bella testa di fontanile: il punto in cui l’acqua di risorgiva torna in superficie e si incanala per andare alla marcita. Proseguendo poi verso l’Agriturismo La Barcella (che merita una sosta pranzo anch’esso… peccato che si pranzi solo una volta al giorno) e poi andando oltre ancora si può raggiungere il bosco e il fiume Ticino.

Si possono vedere altre marcite nella vallata di Abbiategrasso vicino alla Cascina Popola, alla Cascina Pietrasanta e Cascina Gambarina.
Ma se volete fare un giro completo e approfondito, vi consiglio di scaricare la mappa gratuita “Paesaggi di marcita: la via dei prati iemali”: un itinerario che permette di scoprire tutto il sistema delle marcite tutelate dal Parco Lombardo della Valle del Ticino e dalle aziende agricole. L’itinerario è in parte asfaltato e in parte no, e si snoda attraverso strade che si possono percorrere anche a piedi o in bicicletta nella campagna tra Robecco, Abbiategrasso e Ozzero. La trovate cliccando qui.
Ciao, mi chiamo Claudia Tramarin e sono una Guida Naturalistica ed Escursionistica del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Sono nata e cresciuta in un paesaggio d’acqua, in un lembo di terra fortunata, stretta tra il Ticino e il Naviglio Grande. Scoprilo con me, con i miei occhi e con le mie parole: qui l’acqua ride e scorre insieme alle stagioni e al lavoro in campagna. I campi coltivati sono come tessere di un mosaico, verdi e gialle, separate dalle linee d’acqua dei fontanili. Poi arriva il bosco, silenzioso ma attento, e infine il fiume Ticino con la sua maestosità.
Io sono così: sono come tutte quelle tessere coltivate, come tutte le foglie del bosco, con i colori dell’estate e dell’autunno, diverse tra loro ma tenute insieme dall’esuberanza dell’acqua.
Il paesaggio in cui vivo mi ha resa simile a sé e per questo amo raccontarlo e farlo conoscere… come fa un cantastorie!
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