Cosa dire su Roma che non sia già stato detto? Già in epoca augustea Orazio soleva dire che non fosse possibile vedere una città più grande di questa (dove per grande si intendeva bella e potente) e ancora oggi è così nonostante tutti i problemi e le difficoltà. Visitare Roma è quindi da sempre un’esperienza magica. Ammirarne la romantica decadenza, scoprirne gli angoli così impregnati di storia e di cultura è una fortuna che tutto il mondo ci invidia. Le attività proposte nella capitale sono sempre molte e variegate – spaziando in tutti i campi e le discipline – e ciò rende questa città ancora più apprezzata e visitata. L’articolo di oggi vuole presentare una delle facce di questo luogo millenario raccontando due mostre d’arte che chiuderanno a breve e che meritano sicuramente una visita. Ecco quindi che si passa da Roma caput mundi a Roma caput artis con le personali di Gustav Klimt e di Alberto Biasi.

La prima mostra è dedicata al famoso artista austriaco Gustav Klimt che ritorna a Roma dopo un’assenza di 110 anni. L’ultima apparizione romana risaliva infatti al 1911 quando l’artista era risultato vincitore dell’Esposizione Internazionale d’Arte grazie alle opere presentate in una sala personale durante la Biennale di Venezia del 1910. Inaugurata lo scorso 27 ottobre al Museo di Roma, l’esposizione ha riscosso un successo immediato, diventando una delle mostre più visitate dell’anno nonostante le incertezze legate alla pandemia.
L’intero spazio è stato allestito ripercorrendo le tappe della vita pubblica e privata dell’artista, sottolineandone soprattutto il ruolo di cofondatore della Secessione Viennese e il legame con l’Italia partendo dai suoi viaggi nella penisola (Klimt visitò Trieste, Venezia, Firenze, Pisa, Ravenna – dove si appassionò ai mosaici bizantini – e appunto Roma) e arrivando ai suoi successi espositivi nel territorio italiano fino alla Prima Guerra Mondiale. Klimt e gli artisti della sua cerchia sono quindi presentati con oltre 200 opere tra dipinti, schizzi, sculture e manifesti dell’epoca provenienti dai più importanti musei e fondazioni viennesi.
Tuttavia l’attrazione più bella resta la ricostruzione digitale dei tre celebri dipinti allegorici conosciuti come “Quadri della Facoltà” – La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia – realizzati da Klimt tra il 1899 e il 1907. Tali dipinti erano stati pensati per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna ma vennero rifiutati perché considerati scandalosi e furono posizionati nel castello di Immendorf dove andarono perduti nel 1945 durante un incendio. Nonostante ciò, grazie a numerosi articoli di giornale e ad alcune immagini fotografiche in bianco e nero, il Museo di Roma – in collaborazione con Google Arts & Culture Lab Team e al Belvedere di Vienna – è stato in grado di ricostruire digitalmente i pannelli a colori servendosi del Machine Learning e della consulenza dei maggiori esperti su Klimt, tra cui Franz Smola che è il curatore della mostra. C’è ancora tempo fino al 27 marzo per scoprire tutte e 14 le sezioni di questa personale che resterà a lungo nella memoria dei visitatori (parlo per esperienza personale!).

La seconda mostra è dedicata invece ad un famoso artista padovano che ho avuto il piacere di conoscere personalmente nel suo studio. Sto parlando di Alberto Biasi, cofondatore nel 1959 del “Gruppo N” e tra i maggiori esponenti dell’arte cinetica italiana (tale corrente fu tra l’altro anticipatrice del movimento astratto “Op Art” sviluppato negli Stati Uniti).
Inaugurata lo scorso 13 ottobre nella bellissima e prestigiosa cornice del “Museo dell’Ara Pacis”, l’esposizione racconta attraverso 60 opere ed istallazioni la visione di questo artista capace di proporre una nuova percezione delle immagini servendosi di effetti ottici e luminosi e unendo così concetti tanto artistici quanto scientifici. Il percorso è suddiviso in sei sezioni (Trame, Torsioni, Ottico-Cinetici, Politipi, Assemblaggi e Ambienti) a cui corrispondono le differenti tipologie di opere realizzate da Biasi e che raccontano il suo personale viaggio spaziando dagli albori che precedono il “Gruppo N” fino ai giorni nostri. Il visitatore sarà quindi immerso in uno spazio dove l’arte sembra prendere vita, instaurando un rapporto personale con le opere presenti lungo le sale e potendo interagire con loro in maniera sempre differente a seconda della prospettiva adottata.
Luci e ombre. Colori e monocromie. Geometrie e incastri. Ecco i protagonisti di questa mostra di successo dove sembra quasi che l’artista trovi la propria soddisfazione sviluppando questi effetti per coloro che volessero conoscerli. E il tempo per scoprire questo luogo sta per finire considerando la chiusura della mostra programmata per questo 20 febbraio, a cui seguiranno sicuramente altre personali dopo i successi ottenuti in Italia e all’estero (vedi gli esempi del Centre Pompidou e dell’Hermitage).

In conclusione, visitare Roma è sempre un’idea eccellente! I luoghi da scoprire sono sempre tanti ed è molto difficile – se non impossibile – restare delusi da questa città, considerando poi le attività che propone. Forse Roma non viene considerata una capitale mondiale dell’arte se messa a confronto con città del calibro di Londra e Parigi ma non per questo dimostra un’attenzione inferiore al mondo artistico e culturale in quanto coinvolge figure competenti e risorse all’avanguardia per creare percorsi capaci di stupire anche il visitatore più esigente.
Mi chiamo Francesco Munari e sono un giovane economista specializzato nell’ambito culturale e sostenibile. Mi piace ricercare le cose belle e lavoro per valorizzarle. Provengo da una famiglia di designers veneti e a questo background ho aggiunto gli studi universitari economici, artistici ed ambientali. Avere un profilo così ibrido mi consente non solo di analizzare ciò che mi circonda con occhi sempre nuovi ma anche di vedere sinergie dove altri non le vedrebbero. Sogno di gestire un sito UNESCO con impatto zero sull’ambiente.
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