
Sulla testa degli abitanti di Vittuone, in provincia di Milano, ormai da quasi un paio di secoli, svetta fiera un’opera d’arte che ha reso famoso il borgo nella zona. Sulla cima del campanile della chiesa parrocchiale, si trova infatti un insolito completamento che ha reso la silouette del campanile vittuonese facilmente riconoscibile: una grande sfera di rame dorato.
Nel 1847 il parroco Giuseppe Bozzi e alcuni notabili del paese tra cui il sindaco conte Resta, decisero che i tempi erano propizi per compiere un’operazione che per l’epoca aveva dell’incredibile: trasferire la secolare chiesa parrocchiale che era posta fuori dal centro cittadino e vicina alla strada regia che collegava col Piemonte, in una nuova struttura nel centro del paese dove già si trovava un piccolo oratorio dedicato ai santi Nazaro e Celso.
Venne incaricato del progetto l’architetto milanese Giacomo Moraglia, neoclassicista d’ispirazione ma che in quell’anno così particolare per i fermenti in Italia ed in Europa aveva capito che era giunto il momento di fare qualcosa di rivoluzionario anche in architettura. Guardando al passato, il Moraglia pensò che per una “nuova Vittuone” fosse necessario un progetto che la rendesse famosa in qualche modo nella zona, un progetto importante, e per fare ciò guardò ai grandi modelli di chiese del passato e si ispirò a quella di Santa Maria del Fiore a Firenze per un’idea geniale. In cima alla torre campanaria, infatti, pose una grande sfera di rame dorato con un’armatura dello stesso materiale, proprio come nel caso della chiesa fiorentina e di altre grandi cattedrali nel mondo.
Il progetto venne esposto alla cittadinanza sulla pubblica piazza tramite una serie di disegni e subito si scatenò la curiosità generale, fomentata ancor di più nei giorni successivi dall’arrivo di curiose gru e macchinari per elevare l’enorme palla dorata che sarebbe andata a completare la sommità del campanile, a 35 metri di altezza.
Non mancò qualche critica sia sul dispendio di denaro necessario per compiere l’intera operazione, sia sull’ambizione dei vittuonesi che, a parere di alcuni all’epoca, pareva esagerata per quella che era poco più di una chiesa di campagna, ma la tenacia fu tanta che malgrado la carenza di materiali in quel 1848 (in particolare per la doratura) il progetto venne portato a compimento. L’insistenza personale del Moraglia dovette farsi sentire anche con Francesco Maino, appaltatore dei lavori al cantiere della nuova chiesa, il quale non aveva mai affrontato un progetto del genere e a parere dell’architetto milanese appariva a più riprese “nervoso ed insicuro sul lavoro da compiersi”.

Giunse infine il grande carro smosso da un treno di cavalli da tiro impressionante per spostare il pesante manufatto che giungeva dai laboratori dove era stato realizzato, venendo accolto nella piazza da una schiera di applausi della popolazione festante.
I macchinari impiegarono due giorni per essere piazzati e nel giro di un sol giorno, la sfera venne piazzata al suo posto sulla cima del campanile, sormontata poi dalla figura di una grande croce del medesimo materiale che doveva servire non solo da degno completamento al monumento sacro, ma anche da richiamo alla Santa Croce, compatrona del paese, di cui una pregevole reliquia è conservata dal Seicento nella parrocchiale.
La fama di questo nuovo progetto toccò tutti i paesi attorno al punto che, come si soleva fare un tempo, la popolazione iniziò a definire il grandioso progetto in dialetto col nome di “Bogia d’ora” (palla dorata) e da li si passò ad identificare i vittuonesi come “quei da la Bogia” (quelli della palla), con un chiaro riferimento ad un’opera artistica che segnò davvero i tempi.
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Ciao, sono Andrea Balzarotti. Ho frequentato la facoltà di Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano e mi sono specializzato quindi nella storia del territorio del magentino, nel milanese, nel quale vivo da sempre, con le sue curiosità, i suoi aneddoti e le sue tradizioni. Dal 2008 collaboro come volontario presso la Proloco di Robecco sul Naviglio e diverse altre realtà turistiche territoriali e dal 2010 svolgo l’attività di curatore e guida del Museo del Santuario di Corbetta (MI). Nel 2008 mi è stato assegnato il Premio Territorio dalla città di Corbetta. Da sempre appassionato di storia, genealogia, numismatica, araldica e archivistica, sono redattore di alcuni periodici locali, ho all’attivo diverse pubblicazioni sulla storia del milanese e la partecipazione a conferenze a tema, nonché l’organizzazione di mostre ed esposizioni.