Mille anni di storia, vita e arte in San Maurizio a Milano

Collocato sulle rovine del circo romano di fine III – inizi IV secolo d. C., in funzione di catalizzatore di beni fondiari da tenere legati al potere politico centrale, del monastero benedettino a cui appartenne la chiesa di san Maurizio abbiamo molto probabilmente notizie già dall’823.

Il nome completo ancora oggi in uso, gli fu attribuito dopo il 964, quando l’imperatore Ottone I, donò alla congregazione di monache benedettine che viveva nel convento una reliquia del santo titolare.

Più tardi risulta da un documento del 1034 che il vescovo Ariberto d’Intimiano, prima della sua partenza alla conquista della Borgogna, faccia testamento lasciando donazioni a questo monastero e pochi altri in Milano, questo fatto ci permette di capire come questo complesso rivestisse un ruolo di grande importanza già allora.

Nel periodo della città contesa tra Visconti e Torriani, il monastero, dove venivano monacate le figlie delle famiglie più influenti di Milano, infatti, segue le dinamiche cittadine, eleggendo una badessa Torriani, quando questi sono al potere e una Visconti, quando si passano di mano il dominio.

Nel 1447, le monache del Monastero Maggiore, accusate di inosservanza delle regole, scelgono la clausura sotto la guida degli Agostiniani riformati. Questa scelta darà presto origine alla decisione di ricostruire totalmente la chiesa di stampo romanico medievale, che scompare soppiantata dal gioiello rinascimentale che ora si visita.

La facciata della chiesa di San Maurizio con ingresso da Corso Magenta

La costruzione della chiesa come la vediamo oggi fu avviata nel 1503: una lapide sepolcrale ci informa che molto probabilmente nel 1509 i lavori di costruzione dovevano essere già completati.

Purtroppo non conosciamo il nome dell’architetto che ha pianificato questa chiesa, dotata di grande eleganza e di soluzioni architettoniche dall’alta qualità, inconsuete nella Milano di quegli anni. Insolito, ad esempio, è il disegno, di grande purezza geometrica, dell’interno: una navata unica, divisa in dieci campate da contrafforti angolari. All’altezza della quarta campata, una parete trasversale su cui poggia, da un lato, un singolare pontile tracciato ad arco ellittico, separa la zona riservata alle monache da quella pubblica: una soluzione che diventerà modello fondamentale, e assai imitato, per tutte le chiese di monasteri femminili milanesi e sarà poi indicato esplicitamente come esempio da seguire da Carlo Borromeo, nella parte delle sue Istructiones dedicata alle chiese di monache.

Con identica raffinatezza sono pensate le pareti, scandite dal doppio ordine di lesene doriche sottilmente architravate da cornicioni continui. Entro questa griglia rigorosa si svolgono tre registri sovrapposti: le cappelle con volta a botte e arco d’ingresso a tutto sesto, prima di tutto; sopra, il matroneo a serliane in sequenza continua, un motivo che andava meditando, in quegli anni, Bramante a Roma e inedito, fino ad allora, per Milano; infine, il registro terminale, con le lunette concluse, nella parte superiore, da un rosone. Chiude la struttura la grande volta a botte, segnata da costoloni, intrecciati a crociere.

Vista d’insieme dell’aula delle Monache, dalla quale si intravvede il campanile, riadattamento dell’antica torre del circo romano di fine III sec. d. C

Non meno grandiosa appare la campagna decorativa, che partendo probabilmente dall’area claustrale, si estende nella parte pubblica: una prima fase si attesta attorno al 1510-11. Anonimi, tutti, e di mani diverse: di cultura arcaizzante è l’autore degli affreschi della parte interna del pontile; più aggiornato pare, invece, l’artista che ha dipinto i tondi del matroneo che, talvolta, sono stati attribuiti, almeno in parte, a Boltraffio.
In un periodo più tardo, invece, si colloca l’intervento di Bernardino Luini: pur non avendo documentazione a riguardo si suppone che la data dell’intervento di Luini possa coincidere, più o meno, con quella del rientro a Milano di Francesco Sforza, nel 1522: una delle figlie di Alessandro (Bentivoglio) e Ippolita Sforza, Alessandra, prese i voti e divenne monaca benedettina proprio nel convento di S. Maurizio: a lei, l’anno precedente, la madre Ippolita aveva donato una forte somma di denaro, destinata con ogni probabilità ai lavori di decorazione della chiesa. Ippolita Sforza era donna assai colta, a detta di Matteo Bandello, che ben la conosceva, e a lei si deve, forse, la scelta di Bernardino Luini per gli affreschi in S. Maurizio.

Luini usa modi assai simili negli affreschi della zona pubblica e negli altri della zona claustrale; identico è il fare sciolto e il fluido narrare degli episodi, identico è il ritmo compositivo, pausato, pacato, identica la gamma cromatica chiara, identica la solenne geometria delle figure e degli spazi.

Dettaglio della decorazione dell’aula delle Monache, un episodio della Passione del Cristo dipinto di Bernardino Luini

Alla morte di Bernardino Luini, nel 1532, e al passaggio del Ducato in mano spagnola, si deve attribuire una battuta d’arresto nella progressione dei lavori, che verranno ripresi solo a partire degli anni 40/50 del 1500.

Troviamo al lavoro, per completare soprattutto le cappelle gentilizie nella parte pubblica e il ciclo della passione nell’aula delle monache, i figli di Bernardino Luini, che mostrano un linguaggio aggiornato sui modelli michelangioleschi e segnatamente manierista. Si affiancano alla bottega dei Luini i Piazza, pittori di origine Lodigiana, ma di formazione veneta, molto amati e quotati in città alla metà del secolo. Gli ultimi episodi che completano la documentazione straordinaria della chiesa si datano intorno agli anni 70 del 1500: Ottavio Semino lavora per la Badessa Fiorenza e Simone Peterzano affresca la controfacciata. Si terminano contestualmente le opere legate al fastigio della facciata e si avvia la costruzione dell’elegante chiostrino d’ingresso con parlatoio che ora permette l’ingresso al museo archeologico.

Il monastero, soppresso durante il periodo napoleonico (1798), passava in proprietà al Comune nel 1864. Allo scopo di sfruttare la vasta area circostante alla chiesa che comprendeva che le ortaglie, venivano tracciate le vie Ansperto e Luini; ed il cenobio, così tagliato in due, era destinato da un lato a caserma dei Pompieri, fin dal 1885, con ingresso da Via Ansperto, e per l’altro a scuole comunali. Solo al 1962 risale la destinazione dell’area del chiostro residenziale a Museo archeologico.

Sicuramente la parte più portentosa della chiesa è il dispiegarsi davanti agli occhi dello spettatore di una serie innumerevole di episodi biblici, vite di santi e meravigliose decorazioni: tanto si può immergersi nella storia di quegli anni da poter ricordare persino i gossip di quella corte sfarzosa che veniva tanto ammirata a Milano! Ma non voglio svelare proprio tutti i dettagli, perché avrò sicuramente modo di raccontarli personalmente se prenoterai una visita guidata o parteciperai all’evento del 29 maggio che trovi nella sezione eventi del blog! A prestissimo!


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SARA NUZZI
Da quando ho memoria dei fatti della mia vita, ricordo che in famiglia siamo sempre andati a scoprire musei e monumenti di ogni luogo visitato. Sono cresciuta col desiderio di capire sempre di più luoghi, monumenti, persone, vite. Ho frequentato l’Università Statale, dove mi sono laureata in lettere classiche, indirizzo archeologico, e dove ho inoltre conseguito, dopo aver frequentato con borsa di studio, il Diploma di Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica. In quel periodo mi sono specializzata nella conoscenza delle vicende storiche della Magna Grecia e ho cominciato a lavorare nel campo della divulgazione. Da allora, infatti, collaboro con la società che fornisce attività didattiche al Museo Archeologico. Ho esperienza anche in campo etnografico, avendo vinto nel 2009 un bando per attività divulgative nei musei di Sondrio, Bormio, Valfurva. Col tempo ho però ampliato i miei interessi al territorio della Lombardia e ad altri ambiti: un incarico presso il Museo Etnografico Testorelli (SO) e il conseguimento dei patentini di Guida e Accompagnatore turistico, mi hanno spinta ad interessarmi del mondo a 360 gradi e a proporre itinerari tematici disparati. Ho voluto impegnarmi anche per la mia categoria, spesso misconosciuta, assumento la carica di Consigliera nell’associazione di guide Confguide-Gitec e contestualmente opero nel Consiglio del Terziario Donna di Confcommercio Milano-MonzaBrianza-Lodi. Ho infine prodotto dei podcast con radio RPL in cui illustro itinerari dedicati alla riscoperta di Milano e della Valtellina.

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