Natura & Avventura – Escursione in Valle Stura di Demonte (CN)

Il silenzio della neve

Cime appuntite, impervie pareti rocciose, vaste praterie, un variopinto retaggio storico e un valico per le terre d’oltralpe: la Valle Stura di Demonte si presenta così.

Una delle valli cuneesi più meridionali e l’unica, che per via della sua conformazione, consente di spostarsi in auto tra Italia e Francia durante tutto l’anno.

La Valle stura, luogo conosciuto ai più per essere il sito dove viene estratta l’acqua Sant’Anna o per essere sede ormai da diversi di anni dello storico festival “Balla coi cinghiali”, è un’ampia vallata che si insinua tra le Alpi Cozie, incoronata, al suo zenit, da vette che sfiorano i tremila metri.

A differenza delle altre vallate alpine circostanti, la Valle stura si presenta come una valle ampia e poco selvaggia, nonostante le altitudini che tocca con alcune delle sue vette. Tra i monti più alti troviamo il monte Oserot, il monte Tenibres e il Becco alto d’Ischiator e nei pressi del colle della Maddalena, sul confine francese, troviamo poi il monte Ventasuso, oggetto di molti trekking ed escursioni con ciaspole e sci.

La valle stura, attraverso il colle della Maddalena si connette poi con la Val d’Ubaye francese dalla quale svettano monti dai profili dolomitici come il Bec du Lievre o la Meyna.

Non di rado in questa vallata, come anche nelle vallate del cuneese, è frequente osservare strane croci raffigurate su case o insegne. Si tratta della croce occitana: il simbolo dell’Occitania.

Quando parliamo di Occitania non parliamo di una regione politicamente autonoma e ben definita, bensì di un’area comprendente i territori del sud della Francia e vallate alpine della provincia di Cuneo, aventi in comune tradizioni, usi, costumi ma soprattutto la lingua occitana, meglio conosciuta come lingua d’oc. Questa lingua, soppiantata rispettivamente dalle rispettive lingue ufficiali in Italia e Francia, sussiste quasi alla stregua di un dialetto in entrambi gli stati ma in Italia, a differenza della Francia, la sua conservazione è stata posta sotto la tutela della legge.

L’occitano, mostrando variazioni locali lungo tutto il suo areale, presenta tratti in comune con il catalano, a prova della commistione di popoli e tradizioni avvenute in Europa nei secoli passati, prima che gli attuali confini definissero la geografia odierna.

La tradizione occitana è ancora viva al giorno d’oggi soprattutto grazie ai numerosi gruppi musicali che riportano in vita il passato con gli strumenti tipici del folklore europeo.

Quest’oggi, vi porto a visitare la valle stura coperta dalla neve. Come ogni cosa, anche questa valle cambia aspetto sotto la neve e questi monti, dalle crude asperità rocciose, si mostrano ancora più epici, come se fossero lo scenario di un documentario di avventure alpinistiche.

I versanti si fanno morbidi; quasi amichevoli. Non lo diresti che un tale paesaggio nasconde insidie per i muscoli delle tue gambe; non diresti che un materasso bianco setoso può sfinire i tuoi polmoni; ti immagini già intento a saltellare qua e la come se fossi sul letto di casa tua ma non lo diresti proprio che potresti affondare fino al collo.

E fu così che scoprimmo che la neve, elemento fiabesco dal potere di renderci poetici, ha anche il potere di farci tirare fuori le peggiori imprecazioni.

Quando passeggiamo per le immense praterie ora dipinte di bianco, può succedere di ritrovarci a camminare in piccoli avvallamenti nei quali il livello della neve al suolo riesce a nascondere tutto ciò che ci circonda e li, restiamo affascinati ad ammirare questo paesaggio lunare in terra, così pallido, così scarno ma allo stesso tempo così affascinante.

Il nostro sguardo si perde ad ammirare le cime attorno a noi; non riusciamo a smettere di guardare questo spettacolo e nel mentre che ci perdiamo in questa ipnotica contemplazione, ecco che ci giunge all’orecchio la totale assenza di suoni. Il silenzio della montagna.

Ad un tratto scopriamo che quello che fa più rumore è il battito del nostro cuore ed i pensieri, così rumorosi e così ingombranti, per un attimo, si zittiscono.

Il paesaggio che ci circonda sembra che voglia invitarci a percorrerlo in lungo e in largo; la neve è li, aspetta di essere calpestata; le cime sono di fronte a noi ed aspettano solo di essere scalate. Ogni dettaglio che scorgiamo è un invito all’esplorazione.

Un passo tira l’altro e continuiamo a camminare interrotti solo dal doverci fermare per ammirare con calma il dolce manto bianco che ricopre le praterie e che rende il posto molto più poetico di quanto non lo si già normalmente.

Di tanto in tanto possiamo notare sulla neve le impronte di qualche animale: qualche uccello che si è posato a terra, le orme dei lupi che abitano la valle o degli zoccoli di qualche ungulato in cerca di cibo.

Con un manto di neve che copre tutto quanto può non risultare così semplice osservare e dedurre quali siano le peculiarità biologiche di questo luogo, tuttavia si può facilmente intuire, data l’altitudine a cui ci troviamo, come sia composta la vegetazione locale. Si tratta di una vegetazione tipicamente montana: ampie praterie di graminacee costellate qua e là da macchie di pini (Pinus sp.), abeti (Abies sp.) e talvolta larici (larix decidua), l’unica conifera che perde le foglie d’inverno.

Questo brullo paesaggio è popolato da una moltitudine di forme di vita animali. Durante la bella stagione è frequente osservare le marmotte (Marmota marmota) che in mezzo a queste praterie si alzano in piedi per emettere il loro verso molto simile ad un fischio.

Altri animali avvistabili in questa parte di mondo sono il camoscio (Rupicapra rupicapra), il lupo (Canis lupus) e rapaci quali l’aquila reale (Aquila chrysaetos). Talvolta è possibile scorgere il mitico gipeto (Gypaetus barbatus), un rarissimo e bellissimo rapace che sembra essere uscito da un romanzo fantasy, simile ad un avvoltoio, dalla testa coperta di penne chiare. Non può mancare lo stambecco (Capra ibex), animale simbolo delle Alpi.

Questo magico luogo dalla bellezza magnetica che subdolamente ci fa attendere il tramonto del sole per andarcene, ci ha regalato una giornata di sport, contemplazione, meditazione ed introspezione. Al calar del sole, i profili dei monti sulle sfumature di luce che lentamente scivolano via dietro l’orizzonte, ci augurano la buonanotte e ci invitano a tornare a far visita a questa terra di confine.

Qui, tra rocce, animali leggendari, antiche tradizioni e paesaggi lunari abbiamo gustato un ritaglio di felicità diventando sempre più, esploratori del nostro universo. Namastè!


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Ciao a tutti, mi chiamo Matteo, e la natura è sempre stata una parte fondamentale della mia vita. Questa passione mi ha accompagnato durante la mia crescita, finché non è sfociata in determinazione nel volerla trasformare in una professione. Ho frequentato così un percorso universitario a tema ambientale naturalistico che mi ha dato modo di ampliare ed approfondire nel modo migliore le mie conoscenze in materia e, successivamente, spinto dal voler trasmettere le sensazioni che la natura può regalare, sono diventato guida escursionistica. Inoltre, gestisco il Giardino botanico di Pratorondanino e collaboro con ASD La Ventura. Provo un’immensa soddisfazione nel vedere i sorrisi e gli sguardi pieni di meraviglia nelle persone che scoprono la maestosità di piccoli fenomeni naturali, a loro poco prima sconosciuti!

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