Oggettivizzare le emozioni
Chi di noi non ha mai usato l’espressione: “Questo piatto si mangia con gli occhi”?
La prima impressione è quella che conta, ma un confronto più profondo con un cibo, una bevanda, un’esperienza, ci arricchisce e ci permette di confermare o smentire la prima idea, la prima impressione.
L’interazione con un elemento, genera emozione; così come il cibo stesso è emozione e le emozioni formano il nostro bagaglio inconscio che ci porta ad effettuare determinate scelte. Riuscire allora a comprendere le preferenze dei consumatori e, se possibile, a guidarle verso la soddisfazione, acquisisce un’importanza strategica per qualsiasi azienda.
Tuttavia, per studiare le sensazioni soggettive e mutevoli da individuo a individuo, è necessario cercare di oggettivizzarle… o almeno provarci. La domanda da porsi, allora, è la seguente: è possibile oggettivizzare le sensazioni soggettive?

Per provare a rispondere, innanzitutto dobbiamo fare una distinzione tra due parole: degustare ed assaggiare. Il primo termine è legato al rilevamento dei caratteri organolettici dell’alimento o bevanda in questione, mediante l’ausilio dei sensi, per puro edonismo e per deliziare il nostro palato; assaggiare, invece, proviene dal latino “exigere”, che significa pesare, esaminare.
Degustare ed assaggiare, pertanto, non sono sinonimi, ma riassumono un concetto profondamente diverso: nel primo caso, il cibo è un elemento da cui trarre piacevolezza (soggettivo), nel secondo, invece, il cibo è qualcosa a cui ci si approccia per mestiere (oggettivo).
Solo l’assaggiatore, allenato con una specifica metodologia, è allora la persona idonea a esprimere un giudizio.
È nella metodologia da seguire per condurre l’assaggio, allora, che troviamo la chiave: l’analisi sensoriale. Un insieme di metodi che permettono ai nostri organi di senso, adeguatamente allenati, di percepire le caratteristiche di un qualsiasi prodotto (alimentare o meno) e tradurlo in una valutazione oggettiva, misurabile e ripetibile nel tempo.
Tale classificazione, condotta attraverso il giudizio di un gruppo limitato di persone addestrate con un metodo, è possibile coinvolgendo i nostri organi di senso: vista, olfatto, gusto, tatto e udito. I primi tre sensi rivestono un ruolo primario nella metodologia dell’assaggio, lasciando al tatto e all’udito una percezione secondaria, ma non irrilevante.
Scomponendo, identificando, misurando e valutando le sensazioni percepite durante l’assaggio, è possibile oggettivizzare una sensazione e classificare un prodotto.
Perché un’analisi sensoriale sia statisticamente rilevante, deve essere condotta attraverso un gruppo di assaggiatori, detto panel, formato da 8-12 assaggiatori esperti, addestrati e guidati da un capo panel, che garantisce la massima attendibilità e uniformità sia all’interno del gruppo che coordina, che nei confronti di panel presenti in altre Regioni o altri Paesi della Comunità Europea.



Durante una valutazione sensoriale, è l’uomo stesso lo strumento di misura e dato che tutti quanti noi possediamo gli strumenti necessari ad elaborare uno stimolo in maniera critica, è facile comprendere come non sia necessario essere per forza dei tecnici per assaggiare con consapevolezza: l’allenamento fa la differenza.
La vista, che nel corso del tempo è arrivata ad assumere un’importanza preponderante, ci permette di percepire tutte le gradazioni di colore che una sostanza presenta e che ci danno già delle indicazioni di massima su qualità e freschezza.

Con l’olfatto, senso primitivo per eccellenza e troppo spesso poco considerato, cerchiamo di individuare il più elevato numero di molecole odorose alle quali semanticamente abbiniamo un significato. L’olfatto lavora sia per inspirazione diretta dal naso, che per retro-olfazione indiretta, attraverso il cavo orale. L’odore ci permette di classificare un prodotto, attribuendogli un’accezione positiva o negativa.
Con il gusto, tramite le papille gustative, percepiamo le sensazioni sapide: dolce, acido, salato amaro e umami; all’interno della bocca, inoltre, arrivano pure le terminazioni nervose del trigemino che ci permettono di individuare ulteriori percezioni, quali bruciante, piccante, astringente metallico. Infine per la struttura propria dell’insieme della cavità orale, riconosciamo alcuni stimoli di natura fisica come la fluidità, la viscosità, la densità o la palatabilità. Quest’ultima indica la gradevolezza al gusto di un dato alimento, tenendo in considerazione anche l’adesività, la masticabilità, l’odore e l’aspetto.
Attraverso il tatto, organo del senso diffuso in tutto il corpo e particolarmente accentuato sui polpastrelli, differenziamo il morbido dal ruvido, il caldo dal freddo, l’unto dal secco e sentiamo il dolore.
Infine l’udito, ci permette di dare nome a uno stimolo sonoro, come, ad esempio, la “croccantezza” data dal “croc”, di una patatina o di un cracker, che ci conferma la freschezza dell’alimento in questione.
Tutti questi dati contribuiscono a disegnare un quadro molto specifico degli attributi di un prodotto, ma che cosa spinge un’azienda a fare analisi sensoriale? A che cosa serve?

Diversi possono essere i motivi per cui svolgere un’analisi sensoriale. Un’azienda, ad esempio, prima di lanciare un nuovo prodotto, potrebbe fare un’analisi di mercato, proponendo l’assaggio dello stesso ad un gruppo di consumatori per trarne dei feedback utili a centrare magistralmente il gusto del cliente.
Poi c’è lo sviluppo del prodotto presso tutte quelle imprese che, con un panel d’assaggio, vogliono monitorare costantemente le loro preparazioni, affinché queste mantengano uniformità, stabilità nel tempo e siano sempre accattivante per gli acquirenti.
Il Reg. CEE n.2568/91, inoltre, ha reso obbligatoria l’analisi sensoriale per gli oli estratti dalle olive extravergini e vergini. Questo test ha valore legale ed è prioritario sulle analisi di laboratorio: ciò significa che il giudizio primario è quello espresso dagli organi di senso di una giuria di assaggiatori professionali, che si avvalgono di una procedura standardizzata e codificata per attribuire all’olio una precisa categoria merceologica.
Le strategie di marketing devono attingere sempre più alle neuroscienze e l’analisi sensoriale è senz’altro un grande supporto da questo punto di vista, rispondendo appieno alle esigenze di chi produce, permettendo di rilevare difetti e sottolineare i pregi di un dato prodotto. Ciò costituisce un importante punto di partenza per migliorare ulteriormente quanto di buono già si fa, fornendo al contempo utili strumenti di narrazione e valorizzazione, con cui riuscire sempre più ad emozionare. Ti aspetto per immergerci in questa attività sui tuoi prodotti preferiti!
Raffaello De Crescenzo è un professionista della comunicazione, fortemente specializzato nel mondo del Food&Beverage ed abituato a muoversi in contesti internazionali. Nel 2016 ha pubblicato il libro Il profilo sensoriale del vino: Analisi ed applicazione del metodo e dal 2021 è anche Giudice Addestrato di Analisi Sensoriale. Formazione umanistica e Lauree di tipo Scientifico, ne fanno un tecnico in in grado di dialogare efficacemente sia con gli addetti ai lavori che con i neofiti. Amante dei viaggi, del buon cibo e del vino, collabora con “Posti e Pasti” dal 2022, con l’obiettivo di diffondere la Cultura che il mondo Agroalimentare porta con sé. Non a caso, dal 2013, Raffaello è noto sul web come “CulturAgroalimentare”, con follower che lo seguono da tutto il mondo, attraverso i social su cui è presente.