L’articolo di oggi è stato pensato come un nuovo capitolo culturale e ambientale per dare un seguito al filone iniziato a maggio in “Raccontami un fiume – L’Adige”. In principio avevo deciso di descrivere altro, illustrando alcune mostre valdostane visitate a luglio, ma l’idea è sfumata poichè questi spazi sarebbero stati disallestiti prima della pubblicazione dell’articolo.
Mi sono quindi ritrovato il 25 settembre a pensare ad un nuovo argomento e per puro caso ho scoperto che quel giorno ricorreva il “World River Day”. Tale ricorrenza merita una maggiore attenzione dopo l’ultima torrida estate e per questo ho deciso di mantenere in parte la mia idea originale raccontando i luoghi valdostani visitati ma usando come filo conduttore il fiume che attraversa la regione: la Dora Baltea. Considerando la vastità dell’area coinvolta, si partirà con una breve analisi del fiume per poi proseguire raccontando le varie località dell’area.

Per chi non lo sapesse, la Dora Baltea è uno dei più importanti affluenti sinistri del fiume Po e il quinto per portata d’acqua dopo Ticino, Adda, Oglio e Tanaro. Il fiume nasce dalle falde del Monte Bianco e prende questo nome presso Entreves, a pochi chilometri da Courmayeur, dove la Dora di Veny e la Dora di Ferret si incontrano. In seguito, il flusso si ingrossa – grazie al contributo idrico delle montagne vicine quali il Piccolo San Bernardo, il Cervino e il Monte Rosa – e scende verso valle lambendo località quali Aosta, Fenis, Châtillon e Bard. Infine, il fiume giunge nell’area piemontese, superando l’anfiteatro morenico di Ivrea, e sfocia dopo 160 chilometri nel Po presso Chivasso dove si trova la riserva naturale del Baraccone. Questo percorso ha reso la Dora Baltea un’importante via di comunicazione fin dall’antichità. Non c’è da stupirsi quindi che l’imperatore Augusto abbia scelto di fondare nel 25 a.C. una città proprio su queste rive per poter controllare la zona appena sottratta al popolo dei Salassi.

Il preambolo precedente aiuta a capire la storia di Aosta. Questa città è infatti la seconda per numero di reperti romani dopo Roma stessa e viene soprannominata “La Roma delle Alpi”. Tra i monumenti più famosi dell’epoca troviamo l’Arco di Augusto appena fuori dalle mura cittadine (quasi completamente intatte) a cui si aggiungono 20 torri e 4 ingressi lungo il cardo e il decumano. Oggi colpisce per imponenza la sopravvissuta Porta Pretoria che si trova lungo il lato est accanto a ciò che resta dell’anfiteatro. Spostandosi verso il centro storico si possono ammirare i resti del foro passando per il Criptoportico Forense e per il Museo Archeologico Nazionale. Quest’ultimo spazio non racconta solo la storia della regione ma propone anche percorsi tematici interessanti e interdisciplinari. A tal proposito, a fine luglio ho visitato la mostra “Espressionismo Svizzero. Linguaggi degli artisti d’Oltralpe” dove si indaga questa corrente troppo spesso tralasciata nel panorama artistico internazionale ma così ricca di contaminazioni francesi (Fauves) e tedesche (Die Brüche). Lasciamo Aosta per proseguire ad est lungo la Dora Baltea e raggiungere così altri tre luoghi storici della regione.

Il primo posto in cui ci si imbatte ad una quindicina di chilometri ad est di Aosta è il castello di Fenis che si differenzia dalle altre rocche valdostane medievali costruite per scopi difensivi (vedi Verres e Ussel). La Valle d’Aosta, come altre regioni alpine, fu interessata dal fenomeno dell’incastellamento, combinando alle rocche inespugnabili alcune dimore fortificate signorili che svolgevano funzioni amministrative.
In quest’ultimo caso rientra il castello di Fenis di cui si hanno le prime notizie nel XIII secolo e che raggiunse il massimo splendore sul finire del XIV secolo. Il maniero presenta una forma pentagonale per via del terreno irregolare e degli accorpamenti delle strutture costruite negli anni ed è circondato da una doppia cinta muraria merlata. Il centro della fortezza coincide con il cortile quadrangolare dove si trova uno scalone semicircolare in pietra e sulla cui sommità si trova un affresco che raffigura San Giorgio che uccide il drago realizzato nel 1415 dalla bottega di Jaquerio. Spostandosi ancora di dieci chilometri ad est si raggiunge poi un altro castello con una storia tutta da raccontare.

Ci troviamo ora a Châtillon, punto strategico in quanto la Dora Baltea cambia qui direzione e si dirige da est verso sud. In questo luogo, a strapiombo sul fiume, si trova il Castello Gamba costruito tra il 1901 e il 1903 dall’ingegnere Saroldi per volere del barone Charles-Maurice Gamba. L’opera venne realizzata per consentire alla sposa del barone, la nobile Angelique d’Entreves, di trascorrere lunghi periodi dell’anno vicino alla sua famiglia che dimorava in quest’area. Il forte presenta uno stile “seicentesco” ma era munito di tutti i comfort tra cui un ascensore che univa i 4 piani del castello (una rarità per l’epoca).
Il complesso è circondato da un meraviglioso parco all’inglese di 50.400 ettari dove nel 2008 si esibì per l’ultima volta in Italia Bob Dylan. Oggi la rocca è un importante polo museale con 150 opere d’arte moderna e contemporanea suddivise in 13 sale espositive. A fine luglio ho visitato questo luogo dove era stata da poco inaugurata la mostra “L’ultima guerra di Mario Schifano 1988-1998” per celebrare gli ultimi anni di attività di questo artista. Dal castello scendiamo a sud per arrivare ad un famoso forte che ha sbarrato la strada persino a Napoleone Bonaparte nel 1800.

Il terzo posto fu la spina nel fianco di Napoleone Bonaparte, il quale restò qui bloccato per due settimane durante la seconda campagna d’Italia del 1800. Si trattava dell’ultimo baluardo dei Savoia adiacente al borgo di Bard e che fu completamente distrutto dal condottiero corso, aprendo la strada alla conquista di Torino. Ricostruito da Carlo Felice trent’anni dopo, il forte di Bard si staglia ancora oggi imponente a protezione del borgo e lambendo la Dora Baltea. Dopo varie vicissitudini, l’intera area venne ceduta alla regione nel 1990. Da allora è stato eseguito un restauro conservativo e il forte è stato convertito in polo museale ospitando mostre storiche e naturalistiche.
Quest’anno il programma museale si è focalizzato sul rapporto tra l’uomo e la montagna per spiegare l’impatto che il cambiamento climatico sta generando sulle aree alpine e non solo. A questo proposito si segnalano quattro mostre: “Umberto Mònterin, di ghiaccio di sabbia”, “Earth’s Memory, i ghiacciai testimoni della crisi climatica”, “Il Gran Paradiso: ricerca fotografica e scientifica” e “Il Gran Paradiso e il suo Re”.

Infine, superata Bard e la vicina Pont-Saint-Martin, si raggiunge il Piemonte. Ormai manca poco alla confluenza con il Po ma prima la Dora Baltea passa per un’ultima località famosa per aver ospitato l’Olivetti: Ivrea. Questa città merita una visita per la sua storia ma anche per la sua cucina. Da provare assolutamente la rinomata “Torta 900” creata un secolo fa dalla pasticceria Balla per celebrare il nuovo secolo con dolcezza! Ci vediamo al prossimo articolo!
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Mi chiamo Francesco Munari e sono un giovane economista specializzato nell’ambito culturale e sostenibile. Mi piace ricercare le cose belle e lavoro per valorizzarle. Provengo da una famiglia di designers veneti e a questo background ho aggiunto gli studi universitari economici, artistici ed ambientali. Avere un profilo così ibrido mi consente non solo di analizzare ciò che mi circonda con occhi sempre nuovi ma anche di vedere sinergie dove altri non le vedrebbero. Sogno di gestire un sito UNESCO con impatto zero sull’ambiente.