“Le città di Lamone e di Santerno conduce il lïoncel dal nido bianco che muta parte da la state al verno»
Dante Alighieri Inferno canto XXVII
È una domenica di fine novembre, e dopo una giornata di grande pioggia, stamattina il cielo è di nuovo fresco e pulito. Il sole splende incredibile nei colori della natura autunnale che circonda una delle valli più suggestive tra Romagna e Toscana. Mi sto recando a Brisighella e percorro la valle del fiume Lamone.
Passare dal clima paludoso del Delta del Po verso le colline dell’entroterra di Faenza è un esempio concreto di ciò che a mio avviso di più caratterizza la penisola italiana: cambi di pagina repentini, completi e totalmente nuovi. Pochi chilometri in fondo, ma il territorio cambia bruscamente come oggi, dove dal piatto panorama della costa raggiungo le morbide colline tosco romagnole punteggiate di filari di viti, ulivi, calanchi e infine gessi.


La strada è quella antichissima chiamata Antonina (dall’imperatore Antonino Pio), in seguito meglio conosciuta come Faventina e molto trafficata grazie al commercio del sale che dalle saline di Cervia veniva portato a Roma passando per Firenze. La stessa strada che nel pieno medioevo venne probabilmente percorsa in svariate occasioni dal nostro Sommo poeta, tanto da definirla oggi Percorso di Dante e che in parallelo vede anche la ferrovia dove un treno vecchio stile, con carrozze di legno all’interno, da Firenze porta con molta calma a Faenza passando per il borgo di Marradi e Brisighella, è questo oggi conosciuto come il Treno di Dante.
Abbarbicato tra i calanchi d’argilla e i boschi di ulivi, Brisighella è un borgo colorato e protetto da tre magnifiche e storiche sentinelle, tre colli di rocce gessose, che rendono il profilo del paese inconfondibile agli occhi del viaggiatore. Sono parecchi gli artisti, gli scrittori e i pittori che si sono lasciati ispirare dal particolare fascino brisighellese.

Per meglio comprendere l’origine di questo borgo dobbiamo partire proprio dalle tre magnifiche guardiane e risalire il tempo fino al tardo 1200 quando Maghinardo de’ Pagani da Susinana, celebre condottiero medievale fece costruire su uno dei tre colli una grandiosa torre fortificata, volta a contrastare il potere sulla vallata dei Manfredi, signori di Faenza. Nasceva il primo baluardo difensivo! Ovviamente i nemici non tardarono a rispondere all’affronto del condottiero, e così sul secondo colle fecero edificare un’enorme rocca cinta da mura dove i veneziani in seguito eressero l’imponente maschio che oggi svetta inconfondibile nella valle. L’ultima sentinella invece fu la chiesa del 1600 oggi chiamata della Madonna del Monticino.
In passato il borgo si trovò impegnato nella produzione di seta pregiata, grazie alla grande quantità di gelsi che si trovano in questo lembo di territorio; raccolta di castagne e carbone, manufatti in lana e prodotti della terra, e non certo ultima l’attività di estrazione del gesso. Tra la Foresta Casentinese del versante Toscano e il delta del Po del versante Romagnolo è infatti proprio la caratteristica zona della vena dei Gessi Romagnoli che vede Brisighella al suo centro. Non stupitevi quindi se ogni giorno sul fare del tramonto il sole tinge quasi sempre di rosa e oro le sue case e le pietre dei monumenti perché la presenza di questo materiale ne conferisce il riverbero.
Se il mare in fondo non dista molto dalla collinare Brisighella è vero anche che un altro mare di colore verde la circonda: quello degli ulivi da cui viene prodotto il pregiato e profumato olio extravergine di oliva Brisighello DOP. Poi ci sono le acque sotterranee e termali, quelle sulfuree e salsobromoiodiche utili per i bagni di fango e che fin dall’Ottocento sono state apprezzate e sfruttate.

Lascio l’auto nei pressi della stazione del treno, dove sta arrivando il treno dantesco, e mi incammino in centro storico. Dopo aver percorso il dedalo di viuzze e ammirato da basso le tre storiche e magnifiche sentinelle incastonate nei calanchi gessosi, arrivo a quella che più di ogni altra è nota come la strada del Borgo: alias Via degli Asini. Si tratta del più antico camminamento di ronda a protezione del paese, risalente probabilmente al XIV secolo che perdendo la sua originaria funzione, venne successivamente inglobata dalle casette circostanti, diventando così una peculiare via sopraelevata coperta utilizzata dai birocciai per il trasporto del gesso dalle vicine cave, servendosi dei loro asinelli da soma. Nella piazza sottostante si possono ancora indovinare le antiche stalle che ospitavano gli animali, oggi trasformate in pittoresche osterie e botteghe. Da questo punto ammiro la splendida torre dell’Orologio ricostruita nel 1850 e in quello stesso anno ornata dal celebre orologio che vediamo tutt’ora, con quadrante a sei ore. Un suggestivo sentiero parte da poco sotto la Torre e arriva al secondo colle, quello della rocca, che ospita allestimenti multimediali sulla storia del Gesso.




Prima di lasciare il borgo e sedermi a tavola, in una delle sue golosissime osterie, faccio ancora un paio di chilometri per raggiungere la Pieve più antica di tutta la valle con il suo inconfondibile campanile. Si trova esattamente all’ottavo miglio della strada Faventina e il THO è nel dialetto romagnolo, l’ottavo da cui la pieve ha preso il nome. Intitolata a San Giovanni Battista, rappresenta un esempio di romanico insolito e per questo è stata insignita del titolo di “Monumento nazionale” dal 1908. Secondo una leggenda la pieve sarebbe stata fatta erigere dalla figlia di Teodosio, l’imperatrice Galla Placidia, sui resti di un tempio romano dedicato a Giove.

Nel 1951 sono stati rinvenuti la cripta che ha una serie di locali tra cui la bellissima abside sottostante con tre magnifiche feritoie che prendono luce dall’esterno. Anche questa pieve, come molti edifici religiosi protoromanici ravennati si svilupparono partendo dalla architettura bizantina per poi evolvere autonomamente, con caratteristiche tipiche come in questo caso. Entro all’interno della magnifica chiesetta dove il tempo pare essersi fermato e mi intrattengo ad ammirare le colonne di granito, l’abside semi affrescato e i lacerti di reimpiego dei secoli passati. Scendo in cripta e mi soffermo sotto le tre magnifiche finestrelle che restituiscono un a magnifica luce sulla pietra gessosa, poi mi giro e vedo un antico gioco romano del filetto graffito in una tavella….
La giornata a Brisighella volge al termine e a questo punto posso decidere se tornare verso il Delta del Po o verso i boschi magnifici delle Foreste Casentinesi.

Ora ci penso… ma nel frattempo vi aspetto in Romagna per scoprire insieme questo e altri magnifici borghi!
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Ciao a tutti, sono Silvia Fornacini, appassionata viaggiatrice da sempre, lo faccio con il corpo e i cinque sensi e quando sono ferma viaggio con la fantasia. Ciò che pensi diventi e ciò che sogni arriva. Nel viaggio da soli o con gli altri puoi usare tutto questo e anche di più. Nasco in Umbria, cresco e passo la gioventù in Toscana, vivo in Emilia Romagna dove svolgo la professione di Guida Turistica e di Tour Leader in tutt’Italia. Amo condividere e chiacchierare. Scrivere e mangiare. Mi ritengo fortunata perché vivo e lavoro in un Paese Unico e Ricchissimo di tutto e ne sono ambasciatrice in qualche modo con chi viene a conoscerlo. Viaggio per passione e per vivere in ogni senso. A chi visita i miei luoghi cerco di rubare un pezzo dei loro cuori. Un mosaico incredibile si arricchisce ogni volta. Con questa mia rubrica desidero condividere una PASSIONE e ricordare che a volte l’essenza del viaggio è invisibile agli occhi. Quando cambi evolvi e quando viaggi vivi!