Nel cimitero dell’Aquila, appena qualche metro dopo l’ingresso c’è una tomba di una ragazza la cui lapide recita così: Francesca Paolina Chiodi, morta tragicamente a Genova il 13 Gennaio 1911 e, a 28 anni, riportata a L’ Aquila da i fratelli e la sorella da lei beneficati per seppellirla accanto alla madre.


Ma chi è questa ragazza? E perché muore tragicamente a Genova a soli 28 anni?
Francesca Chiodi era una donna bellissima, famosissima ma soprattutto indipendente che non poteva amare che sé stessa e per questo fu uccisa a Genova da un suo spasimante rifiutato.
Di lei se ne invaghì anche Gabriele d’Annunzio.
Francesca nacque all’Aquila nel 1883 da una famiglia povera di operai e, giovanissima incominciò a lavorare come stiratrice per le famiglie facoltose della città. Ma Francesca era giovane e particolarmente intelligente e con una voce bellissima e giustamente voleva di più per sé stessa e così a soli sedici anni, nel 1899, decise di trasferirsi a Roma… da sola. Incominciò, casualmente, a muovere i primi passi nei café-chantant diventando la più famosa sciantosa d’Italia e d’Europa, cantò a Parigi, a Londra, a Vienna…
Non solo divenne famosissima ma anche molto ricca. Dopo alcuni anni di questa vita, fatta di viaggi, teatri e di gioielli meravigliosi decise di tornare a L’Aquila, investendo i suoi beni con i fratelli nella società della mobilità Chiodi & Capranica, che gestiva i trasporti pubblici cittadini. Ma la città di provincia ormai mal si adattava alla sua fama e alla sua bellezza e al suo essere totalmente libera, Francesca apparteneva solo a lei o meglio solo a Paolina Giorgi nome d’arte che lei stessa si era data.
All’Aquila la sua fama e la sua vita emancipata le produssero numerose antipatie e così decise di trasferirsi a Genova per andare a lavorare all’hotel Bristol Palace dove s’innamorò del proprietario dell’albergo, il commendatore Monteverde. Ma il 13 gennaio del 1911 Francesca/Paolina s’incontrò con Fermin Carrera, un giovane argentino di 26 anni con cui aveva avuto una brevissima relazione sentimentale e mentre passeggiavano lungo il Lido di Albaro, il più elegante e bello che c’era allora a Genova. Verso le 3 del pomeriggio questo giovane rifiutato estrasse una pistola e la freddò con tre colpi al petto e dopo poco anche lui si ammazzò.

Della sua tragica morte se ne scrisse molto nei giornali e suscitò molto interesse. Così scrive IL Secolo XIX, Genova «Ad un tratto, con rapidità fulminea, il giovane estraeva di tasca una rivoltella e ne esplodeva tre colpi contro la compagna. Subito la disgraziata stramazzò al suolo supina. Il sangue le usciva a fiotti da due ferite al collo e andava a raggrumarsi in lago attorno al corpo. L’assassino, colla faccia stravolta dalla follia, le lanciava un ultimo sguardo poi si allontanava di qualche passo come inorridito e si esplodeva un colpo di rivoltella al torace sinistro stramazzando a terra a sua volta» (Il Secolo XIX, Genova, 14 Gennaio 1911).
L’omicidio-suicidio fece gran rumore, data la popolarità dell’artista. Il clamore a Genova fu particolare, non solo per la notorietà dell’uccisa ma anche perché era genovese il commendator Monteverde, proprietario del fastoso Hotel Bristol e fidanzato di Paolina.
«Era figlia di operai. Dopo essere stata da piccola a servizio, provò a cambiare mestiere e si mise a fare la stiratrice» (La Stampa di Torino, 15 Gennaio 1911). «Un giovane molto ricco della nostra città la prese con sé come amante, la fece madre di un figlio che poi morì» (Il Messaggero di Roma, 15 Gennaio, nella corrispondenza dall’Aquila). «Quando volle tentare l’arte della canzone […] i suoi adoratori divennero legione in ogni città. E la bella abruzzese godette tutto il dolce della vita galante, godette tutta la gioia di vittorie senza numero, tutta l’ebrezza di un singolare plebiscito di ammirazione, al quale non negò il suo voto il divo Gabriele [cioè, d’Annunzio]» (Il Messaggero, 17 gennaio).
Francesca dovrebbe diventare il simbolo di tutte noi donne perché non si lasciò abbattere dall’umiliazione di essere stata sedotta e poi abbandonata alla sola età di 16 anni. Lei reagì!
Raduna le sue risorse di coraggio e intelligenza e decide di trasferirsi nella Capitale da sola a 16 anni e inizia a fare lavori umili perché vuole essere autonoma e indipendente. Lentamente, con fatica e con forza d’animo e con coraggio e intelligenza, riesce a costruirsi una nuova vita. Tutto questo non sarà apprezzato, sarà giudicata come “quella che se l’è cercata” ieri come oggi.
La voglia di vivere, di essere indipendente la condotta verso una morte tragica e quanto mai ingiusta. Le donne libere e indipendenti fanno sempre paura…
Hermann Fazio, direttore del Teatro Trianon di Milano di lei disse in un’intervista apparsa sul Corriere della Sera del 14 Gennaio 1911: «Paolina Giorgi era una bellissima donna: in tutti i teatri di varietà in cui si presentava riportava grande successo, appunto per la sua bellezza. Incominciò la sua carriera artistica nel 1902 debuttando al Salone Margherita, a Napoli prima, a Roma dopo. In otto anni era riuscita ad accumulare una ingente fortuna». Alla ricchezza di Paolina accenna anche La Stampa, che, in due diversi servizi (14 e 15 Gennaio), afferma «famosa ella era pure per la sua raccolta di gioielli, veramente splendidi / aveva, fra il molto altro, due solitari, che ella prediligeva, e che erano veramente più che belli, rari».
Da parte loro, le cronache aquilane si limitarono ad alimentare un chiacchiericcio che la vedeva come una donna libertina e spregiudicata solo perché aveva rifiutato un uomo che non le piaceva, solo perché era bella e intraprendente ma soprattutto libera.
«Seppe essere preveggente, e – per quanto non fosse avara del suo – poté fare dei cospicui depositi in questi nostri istituti di credito». Fu proprio in grazia di quei «depositi» che «i fratelli e la sorella da lei beneficati» ebbero modo di guadagnare una condizione nuova e migliore.
«la Paolina era una ragazza in fondo buona; se le si offriva occasione di fare un po’ di bene, lo faceva molto volentieri, e molte amiche potettero sperimentare il suo buon cuore» (Il Messaggero, 15 Gennaio); «ella era anche buona, povera Paolina, di una bontà che talvolta era debolezza, ma che gli amici verso i quali si esercitava trovavano sempre adorabile» (Il Secolo XIX, 15 Gennaio).
«Una bellezza non fredda, statuaria e rigida, ma simpatica, vivace, comunicativa, che subito le accaparrava l’approvazione del pubblico, approvazione che diventava entusiasmo al suo primo sorriso, al suo muoversi pieno di grazia vivace e di una monelleria che non diventava mai volgarità. Alta, bruna, formosa, anzi addirittura giunonica di forme, con un piacevolissimo viso sempre ridente dagli occhi neri grandissimi, occhi vellutati e carezzosi, e dalle vivide labbra aperte sopra una chiostra di denti bianchissimi» (Il Secolo XIX, 15 Gennaio).
«Paolina Giorgi non era una di quelle donne che offendono con la loro presenza ovunque si presentano. Era strana, altera, piena di brio, talvolta di un’ingenuità fanciullesca» (La Stampa, 15 Gennaio).
La sua fama continua a vivere e a lei sono dedicati quattro romanzi:
Tre uomini e una farfalla di Silvio Spaventa Filippi, in Quel treno da Vienna, nel Fazzoletto azzurro, e nell’Ultima Primavera di Corrado Augias.
Vi aspetto per scoprire insieme L’Aquila e i suoi segreti!
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Carla Ciccozzi
Sono Carla, archeologa e guida turistica della regione Abruzzo e della provincia di Roma. Sono nata a L’Aquila nel 1975 in pieno centro storico, in una delle strade più belle di questa meravigliosa città. L’Aquila mi ha formato, ha sviluppato il mio gusto per il bello e il piacere di scoprire l’antichità. È proprio questo mio amore che mi ha fatto decidere di diventare archeologa e poi guida turistica prima della regione Abruzzo e poi della provincia di Roma.
Alla mia città, a volte antipatica, a volte madre tenera, a volte respingente come quella notte di 11 anni fa che ha cambiato per sempre la mia vita e quella di tutti gli aquilani, ho promesso che avrei contribuito alla sua rinascita e fedele a questo impegno da quest’estate ho deciso di farla conoscere ai turisti ma soprattutto agli aquilani organizzando, almeno due volte a settimana, tour di un’ora circa che mi permettono di scoprire ogni giorno la ricchezza non solo storico-artistica ma anche gastronomica.
Che tipi di passeggiate organizzo? Cerco sempre di mostrare palazzi o monumenti difficili da visitare se non si è in compagnia di una guida amante dell’inedito; oltre alle passeggiate cittadine organizzo anche quelle nei dintorni non solo a piedi ma anche in bicicletta perché, da un paio di anni, ho deciso di abbandonare la macchina per i due pedali e io, il mio cagnolino Gerry, e la mia bici Guendalina andiamo ovunque alla ricerca del particolare.