Alla scoperta della Sardegna – Il Biowatching

L’uomo che vive a stretto contatto con la Natura ha una grande capacità di osservazione e sviluppa una particolare attitudine al contatto con i selvatici, di cui riconosce le tracce e i segni di presenza. Anche chi vive in città può recuperare questa dimensione (almeno in parte!), se siamo disposti entrare e immergerci in modo corretto nell’ambiente naturale.

Perché l’incontro col selvatico avvenga, occorre avvicinarsi al mondo naturale in punta di piedi, entrarvi in silenzio per farsi riempire da tutto ciò che ci circonda (suoni e odori compresi!), fino quasi a farne parte e a “percepire” la presenza degli altri viventi pur non vedendoli.

Col Biowatching “impariamo a leggere il libro della natura”, a osservare i particolari che in genere sfuggono e a interpretarli. Fare Biowatching significa riconoscere e apprezzare la biodiversità in tutte le sue forme, scoprire, osservare e capire le componenti viventi di un ecosistema lasciandole intatte, in modo che altri possano a loro volta osservarle e conoscerle.
La prima regola è non disturbare!

Occorre pazienza, concentrazione, attenzione, silenzio, abbigliamento adatto, binocolo, manuali da campo, taccuino e matita. E’ opportuno evitare: fumo, profumi, materiali tintinnanti, radio, suonerie di cellulari e tutto ciò che fa rumore per poter osservare, ascoltare e passare inosservati il più possibile.

L’avvistamento del selvatico non è un evento garantito, specialmente quando si tratta di mammiferi, sia a causa dell’etologia delle specie che della densità delle popolazioni. Ma anche la ricerca delle tracce e dei segni di presenza dei selvatici è un’attività molto coinvolgente! Cerchiamo i “segni di presenza degli animali” sul terreno, tra la vegetazione, sulle rocce e in cielo. E osserviamo e ascoltiamo gli altri animali, che, in base alle loro reazioni, ci fanno capire se siano presenti altre specie. Di seguito vi illustrerò i segni di presenza.


Orme o impronte: i segni del passaggio degli animali si trovano ovunque, ma sono molto più evidenti sulla neve, sul fango, sulla sabbia e sul terreno morbido. Da queste possiamo ricavare diverse informazioni: identificare la specie e talvolta l’età e il sesso, l’andatura, l’attività dell’animale, il territorio occupato. Per imparare a riconoscere le impronte occorre pratica di campo e una fase di studio paziente delle tracce una volta tornati a casa. Esistono libri e siti internet dedicati.

Fatte o cache: gli erbivori devono fare più pasti al giorno per ricavare energia dal cibo, dal momento che i vegetali hanno un basso potere calorico. Questo spiega perché sia così frequente trovare le fatte degli erbivori (mammiferi o uccelli), meno frequentemente si trovano fatte di carnivori, che possono alimentarsi con intervalli di giorni. 

Borre: molte specie di uccelli espellono borre, costituite da resti alimentari non digeriti. Sezionandole e esaminando il contenuto, si hanno notizie sulla dieta e sulla distribuzione dei micromammiferi, difficilmente monitorabili in altro modo. La borra del Barbagianni è grossa, avvolta da muco, scura e contiene peli e ossicini delle prede, mentre quella della Civetta è piccola e lucida, perché contiene i resti chitinosi degli insetti predati. Le borre degli Strigiformi si trovano nei vecchi edifici, sotto i posatoi.

Peli, penne e piume: gli uccelli perdono penne e piume durante la muta. Gli accipitridi (rapaci) strappano dalla preda i peli a ciuffi dai mammiferi e le penne una per volta dagli uccelli perché non sono in grado di digerirli. I mammiferi staccano a morsi ciuffi di penne. Penne col calamo spezzato sono indice di predazione da mammifero, quelle col calamo intero indicano predazione da rapace. Durante il periodo degli amori si possono trovare ciuffi di pelo di coniglio strappati dai contendenti durante la lotta. E’ possibile identificare le specie di uccelli dalle penne e piume anche con l’aiuto di libri dedicati.

Resti di prede e pasti: Oltre a penne, piume e peli, possiamo trovare scheletro o parti di esso, residui della predazione da parte di rapaci. Le Averle appendono alle spine o al filo spinato le prede (roditori, rettili e insetti) per attingere alla “dispensa” in caso di bisogno. I Picchi incastrano lo strobilo nella corteccia dei pini per prelevare i pinoli. I gusci di nocciole e ghiande aperti ai piedi degli alberi sono indici di presenza di Roditori, Cinciallegre, e Ghiri. I buchi conici di forme irregolari sui tronchi sono opera dei Picchi, che predano le larve di insetti xilofagi. Il cappello di funghi che presenta solchi è stato mangiato da un Roditore, mentre buchette superficiali e più lisce sono tracce dell’azione di Chiocciole. Polloni giovani di alberi e arbusti sono alimento per Cervi (bordi sfrangiati) e Lepri e Conigli (bordi netti). Il Cinghiale smuove il terreno col grugno in cerca di tuberi, bulbi, radici e insetti del suolo. Uova rotte in piccoli pezzi indicano predazione da Riccio, che cosparge il contenuto; la Martora rompe l’uovo di lato, la Donnola alle estremità. Se troviamo gusci aperti, uno dentro l’altro, ci troviamo invece davanti a una schiusa.

Accumuli di cibo: oltre alle già citate dispense delle Averle, altre specie mettono da parte riserve alimentari: i Picchi incastrano nocciole e noci sulla corteccia di pini, la Volpe talvolta nasconde la preda sotterrandola dopo averla catturata.

Nidi e tane: I nidi dei Picchi sono fori circolari a discreta altezza, scavati col becco sui tronchi degli alberi. La Civetta utilizza per nidificare cavità naturali. Il Coniglio costruisce in un terreno sciolto e ben drenato la sua tana, sotterranea, con diversi cunicoli e varie entrate; si identifica perché nelle immediate vicinanze si vedono le latrine, raccolte di feci. Le lunghe chiazze biancastre sulle rocce sono segni della presenza dei rapaci che nidificano nelle pareti rocciose. La Lepre e il Cinghiale non hanno tana ma allestiscono un covo in cui riposano e partoriscono. Si riconosce perché l’erba schiacciata assume la forma del corpo dell’animale.

Luoghi di igiene: Cinghiali e Cervi si rotolano nelle pozze (cioffe) coprendosi di fango e strofinando successivamente il corpo su un tronco d’albero, per rimuovere i parassiti. Possiamo identificare sia le pozze che i tronchi perché la corteccia è macchiata di fango ad altezze diverse (più in basso per il Cinghiale). Possiamo riconoscere anche i punti in cui la Pernice sarda effettua i bagni di polvere per liberarsi dei parassiti: il terreno, sciolto ed asciutto, appare smosso in superficie.

Cioffa

Canti ed emissioni vocali: Canti ed emissioni vocali hanno la funzione di segnalare il territorio ai conspecifici e di attirare gli individui dell’altro sesso. Sono utili per identificare le specie anche non vedendole. Si può imparare a riconoscere canti ed emissioni vocali utilizzando le registrazioni in commercio, che non possono però essere utilizzate come richiami.

Il Biowatching è un’attività molto avvincente, adatta anche ai bambini. Si può praticare in tutti gli ambienti naturali: sulla costa, in montagna, in collina, in città. Se vi siete incuriositi, sarò lieta di accompagnarvi sul campo, per imparare a riconoscere i segni di presenza delle specie selvatiche, nella nostra meravigliosa Sardegna!


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Ciao, sono Stefania Contini, una Guida Escursionistica Ambientale iscritta al Registro Regionale della Regione Sardegna. Sono una Biologa e Naturalista, Dottore in Ecopatologia della Fauna Selvatica, amo molto la mia Terra; dopo un percorso di formazione articolato ho capito che la mia vocazione è quella di accompagnare le persone “Alla scoperta di..”: è questo il nome della ditta individuale con cui esercito l’attività di guida nella gran parte del territorio sardo. Vivo nel sud-est dell’Isola, dove ho aperto il B&B Sette Fratelli, situato ai piedi della foresta omonima. Vi aspetto!

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