Luogo di nascita di marinai, “cantaores” e “bailaores” di flamenco e di toreri, Triana è anche il luogo dove, da tempi immemorabili, rimane viva la tradizione della ceramica che ha portato il nome di Siviglia in ogni angolo del mondo.
Già in epoca romana, le argille di buona qualità del fiume Guadalquivir furono impiegate per la produzione di manufatti di ceramica. Le anfore contenenti grano e olio d’oliva, provenienti dalla “Hispania Betica”, sono state rinvenute negli angoli più reconditi dell’impero.
Fu, però, nel periodo almoravide e almohade, tra l’XI e il XII secolo, che questa produzione iniziò realmente a fiorire. Le popolazioni berbere, arrivate dal nord dell’Africa, utilizzarono, infatti, il mattone come materiale di costruzione e la ceramica come elemento decorativo. Innumerevoli sono i resti di vasellame e antiche fornaci medievali, ritrovati a Triana.
Agli albori della Isbiliya musulmana, i forni erano ubicati nel “Barrio de los alfareros” (Quartiere dei ceramisti), nella zona di Puerta Jerez. Quando i governanti della città si stabilirono in quello che è oggi il Real Alcázar, i ceramisti furono obbligati a trasferire le loro attività sull’altra sponda del fiume per evitare che i fumi, prodotti dalla lavorazione della ceramica, inquinassero le zone più densamente abitate. A Triana, i vasai trovarono spazi più ampi per le loro botteghe e un’ottima e abbondante materia prima. Alcune piastrelle vetrificate, risalenti a quel periodo, sono state rinvenute nella Giralda, antico minareto della principale moschea di Siviglia, e nella Torre dell’Oro.
Nel XIII secolo i Nasridi, l’ultima dinastia sultanale musulmana che regnò in Spagna, introdussero l’alicatado, il mosaico a mattonelle smaltate già diffuso in Persia e in Anatolia nel XII secolo. Questa tecnica arrivò a Siviglia, grazie agli artigiani musulmani, quando la città era già governata dai re castigliani.

Il termine “alicatado” deriva dall’arabo al-qataa, le pinze utilizzate per tagliare le piastrelle e creare un rivestimento geometrico per pavimenti, pareti e soffitti. I singoli elementi, detti “aliceres”, non sono altro che “azulejos” smaltati monocromi. La realizzazione dell’”alicatado” richiedeva mani esperte e una messa in opera complessa.
La difficile esecuzione di questo tipo di rivestimento favorì la diffusione di altre tecniche, quali la “cuerda seca” e la “cuenca” o “arista”. Questi “azulejos” di origine ispano-moresca, si diffusero già dalla fine del ‘400 e permisero una riduzione della manodopera.

Il termine “azulejo”, dall’arabo az-zulaiŷ, “pietra lucidata”, si riferisce alla piastrella di ceramica, non molto spessa, con una superficie smaltata e decorata.
La tecnica della “cuerda seca” era già conosciuta sotto la dinastia califfale degli ammayadi ma si diffuse soprattutto durante il regno dei Re Cattolici, all’interno della cultura “morisca” e di quella “mudejar”. L’influenza musulmana si combinò con quella gotico-rinascimentale e diede vita a splendidi motivi che venivano realizzati con l’utilizzo di una cordicella impregnata di grasso, con la quale si costruiva il disegno sulla piastrella. Gli spazi vuoti erano riempiti con smalto colorato. Durante la successiva cottura, la corda bruciava, lasciando la traccia libera dallo smalto. Oggi per disegnare le linee nere di separazione si utilizza una sostanza grassa mescolata con ossido di manganese. Questa impedisce agli smalti di sovrapporsi durante la cottura.
Negli “azulejos” di “cuenca” o “arista”, con i quali è stata realizzata la maggior parte dei meravigliosi pannelli ceramici dei palazzi sivigliani, i decori si producono con contorni a rilievo ottenuti tramite stampi in legno che vengono impressi sull’argilla ancora morbida. Le depressioni create dallo stampo, conterranno gli smalti colorati, che grazie ai bordi a rilievo non si misceleranno durante la cottura.

Importanti artisti che vissero e lavorarono a Triana hanno lasciato la loro impronta nei palazzi e nei giardini del Real Alcázar di Siviglia. Nel XV secolo, Ferrán Martínez Guijarro fu fornitore ufficiale di piastrelle per il palazzo sivigliano; Francesco Niculoso realizzò, nel XVI secolo, la pala della Visitazione nell’oratorio dei Re Cattolici; i fratelli Diego e Juan Pulido rivestirono, con piastrelle di “cuenca”, le pareti del Padiglione di Carlo V; e nella seconda metà del XVI secolo, Cristóbal de Augusta decorò con maioliche il salone delle feste del palazzo gotico.

Nel XIV e XV secolo le piastrelle sivigliane furono esportate in altre zone della Spagna. Lo testimoniano i rivestimenti ceramici della Cappella Reale della moschea – cattedrale di Cordoba, del monastero di Nostra Signora di Guadalupe a Cáceres, quelli del Monastero di Las Dueñas a Salamanca, della facciata del palazzo di Tordesillas a Valladolid o della sinagoga del Transito a Toledo.
Due sono stati i periodi di maggior splendore della ceramica “trianera”: il XVI secolo, quando Siviglia fu “porta e porto delle Indie”, mantenendo il monopolio negli scambi commerciali con l’America; e i primi decenni del XX secolo, con il diffondersi dello stile regionalista che contraddistinse la maggior parte degli edifici di quel periodo, tra cui la meravigliosa Piazza di Spagna, padiglione della Spagna nell’Esposizione Ibero- Americana del 1929.

Il boom economico del XVI e XVII secolo e la crescente domanda di prodotti ceramici, esportati nel Nuovo Mondo, attirarono artisti internazionali che arricchirono notevolmente la produzione sivigliana, e introdussero tecniche innovative. Il ceramista italiano Francesco Niculoso fece conoscere le piastrelle smaltate e dipinte, sulle quali rappresentare i nuovi motivi rinascimentali.
Arrivato a Siviglia negli ultimi anni del XV secolo, Niculoso si stabilì a Triana, e aprì il suo laboratorio nell’odierna calle Pureza. Una lapide commemorativa ne ricorda il luogo.
Questo personaggio, che si firmava ‘il pisano‘, studiò a Faenza, come s’intuisce dal tipico disegno turchino scuro con contorni neri, da lui utilizzato, caratteristico dello stile faentino.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1529, i ceramisti di Triana ripresero a utilizzare, per alcuni decenni, la tecnica della “cuenca”, fino all’arrivo di ceramisti italo-fiamminghi che contribuirono alla diffusione di un genere di decorazione simile a quello del Niculoso.
Dagli inizi del XX secolo fino allo scoppio della guerra civile, nel 1936, l’architettura andalusa recupera il suo passato artistico, creando edifici neo moreschi, neo gotici, neo barocchi e neo classicisti, con l’utilizzo di materiali locali quali il mattone, gli stucchi, la ceramica e le piastrelle. La necessità di produrre infiniti pezzi per decorare Piazza de Spagna e i tanti edifici eretti in quel periodo, riportò in auge la ceramica di Triana: Ramos Rejano, Mensaque e Montalván furono tra le famiglie di ceramisti più note dell’epoca.
Don Manuel Ramos Rejano aprì la sua fabbrica nel 1895. Fu tra i maggiori fornitori di piastrelle per la decorazione di Piazza di Spagna. Decorò anche le facciate della metropolitana di Buenos Aires e le sale del Palazzo delle Comunicazioni di Madrid. Alla sua morte, i figli si occuparono della gestione della fabbrica, che proseguì la sua attività fino al 1965, anno della chiusura definitiva.

Nel 1889, i fratelli José ed Enrique Mensaque fondarono la propria fabbrica che, grazie alla qualità delle ceramiche prodotte, ottenne numerosi premi. Particolarmente degno di nota è il pannello ceramico, realizzato nel 1894, che decora la Porta del Leone del Real Alcázar di Siviglia. Nel dicembre del 2006, anche questa storica fabbrica cessò definitivamente la sua attività.
Nel 1901, Don Manuel García Montalván s’incaricò della gestione della fabbrica di ceramica, fondata dal padre nel 1850. Tra le sue opere più note va segnalata la fontana delle rane nel Parco di Maria Luisa, di cui Don Manuel realizzò varie copie, tra le quali quelle di Santa Cruz di Tenerife e di Città del Messico. Dopo la morte di Don Manuel, la fabbrica passò nelle mani di vari proprietari e chiuse definitivamente nel 2012.
La casa dove abitarono i Montalván, progettata dall’architetto Juan Talavera y Heredía, e l’antica fabbrica appartenuta alla famiglia, ospitano oggi il ristorante Alfarería 21. Grazie ai grandi forni, che sono stati preservati, e alle migliaia di piastrelle che decorano le pareti, sono stati creati spazi unici con un’atmosfera che ci riporta indietro nel tempo.
Anche la fabbrica di Sant’Anna, fondata nel 1939, chiuse le sue porte nel 2012. Dagli spazi occupati, un tempo, da questa fabbrica, è nato nel 2014, il Centro Ceramica di Triana che cerca di far conoscere la storia della ceramica e del quartiere, centro nevralgico di questa produzione. Nel Centro Ceramica di Triana sono stati annessi i forni, che hanno funzionato fino alla fine del XX secolo, le installazioni della fabbrica, i magazzini, i pozzi e i depositi dei pigmenti.
I ceramisti attivi oggi a Triana cercano di recuperare le tracce del passato per non perdere le radici di un’arte che si cerca di mantenere viva, anche se con grandi difficoltà.
Delle tre principali attività artigianali di Siviglia: la ceramica, la scultura di tema religioso e l’oreficeria, la ceramica è la più antica. Questa costituisce l’identità più profonda di Triana e dell’intera città di Siviglia e per questa ragione va preservata e tramandata.
Quest’arte ha lasciato un’impronta indelebile nel quartiere: basta passeggiare per le sue stradine, per imbattersi in facciate rivestite dai bellissimi “azulejos” variopinti che danno a Triana un aspetto originale e affascinante.





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Sono Giusy Serraino, guida accreditata dalla Junta de Andalucía. Nel 1994 ho iniziato la mia carriera professionale lavorando come accompagnatrice turistica in giro per la Sicilia. Nel 2008 mi sono trasferita a Siviglia. Qui, grazie alla mia professione, continuo a coltivare le mie più grandi passioni, l’arte e la storia. Accompagno gruppi e clienti individuali alla scoperta di questa splendida città, di cui mi sono innamorata fin dal primo istante. Per me sarà un piacere farti conoscere la Siviglia più autentica!