La chiesa di Santa Maria Assunta e l’impronta del Bergognone a Magenta

Un caso artistico nel 670° anniversario della fondazione del convento magentino

La chiesa di Santa Maria Assunta a Magenta – foto di Davide Papalini

Magenta città della battaglia, Magenta città industriale, capoluogo del territorio del magentino e uno dei più importanti centri urbani dell’ovest milanese. Eppure in questa terra a confine tra la città e la campagna, da 670 anni si nasconde un tesoro unico, in pieno centro storico: è la chiesa di Santa Maria Assunta.

L’insediamento dei Celestini nel territorio di Magenta risale per l’appunto al 1353 quando un gruppo di due soli monaci occuparono una piccola casa allora fatiscente messa loro a disposizione nel borgo. Fu dall’iniziativa di questi due sacerdoti che, sul finire di quello stesso secolo, nacque l’idea di costruire una chiesa ed un convento in loco, sia per la vicinanza con Milano sia per la munificenza che sin da subito la famiglia Crivelli di Magenta aveva mostrato nei confronti dell’Ordine.

Grazie a donazioni e lasciti importanti, il gruppo dei Celestini prosperò sempre più nel territorio cittadino, acquisendo terreni agricoli, boschi e prati per il pascolo e costruendo anche alcune aziende agricole (tecnicamente definite grange) per il sostentamento del monastero locale, acquisendo così il diritto a mantenere una serie di conversi (laici che, pur non avendo emesso i voti, ottenevano il permesso di vivere nella comunità monastica, lavorando per i frati) contribuendo anche alla realizzazione del ponte sul Naviglio Grande in località Pontevecchio di Magenta e consentendo così un maggiore sviluppo della città in direzione della vallata del Ticino.

Il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta – foto di Davide Papalini

Alla fine del Quattrocento, la struttura riuscì anche a dotarsi di un proprio campanile, il primo costruito a Magenta dopo quello della vecchia chiesa parrocchiale di San Martino.

Il monastero, seppur prospero, venne soppresso come molti altri istituti religiosi dalle leggi di Giuseppe II nel 1772 e di conseguenza la struttura del convento venne venduta a privati mentre la chiesa venne aperta al culto pubblico dopo la Rivoluzione.

Il tempio sacro rappresenta un piccolo scrigno da riscoprire nell’ambito del turismo locale: all’esterno un pieno stile romanico accoglie il visitatore con un portale ingentilito da un pronao e da poche, essenziali decorazioni, mentre l’interno è un’esplosione di affreschi di gusto barocco che risalgono alla metà del Settecento.

Purtroppo molti degli arredi originali andarono distrutti nel corso delle spoliazioni di epoca napoleonica che andarono a colpire soprattutto le parti in legno, ma restano ancora oggi indelebili le tracce di un glorioso passato.

Nella terza cappella a sinistra entrando, quella oggi dedicata a San Giuseppe, si nasconde però un altro grande tesoro riscoperto solo nel secolo scorso ed accuratamente restaurato da un decennio: due splendide tavole di Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, datate all’anno 1501 come si può leggere chiaramente su una di esse.

I dipinti su tavola, a soggetto sacro, rappresentano un “Cristo alla colonna” e un “Cristo deriso”, inseriti in epoca successiva (probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento) all’interno di un polittico cinquecentesco di Bernardo Zenale in sostituzione di alcune opere di quest’ultimo forse fortemente danneggiate oppure andate completamente distrutte.

Si è salvato un Padre Eterno ricavato da un’originaria tavoletta tonda che sovrasta la composizione.

I primi esperti che ebbero modo di analizzare le due opere, le attribuirono a Bernardino Luini e così rimasero catalogate per decenni, ma recenti studi hanno invece smentito questa paternità, assegnandola ad un Bergognone della piena maturità, con spunti tratti dai lavori di Leonardo e del Bramante che erano stati particolarmente attivi a Milano.

A questi si aggiunge anche il caratteristico gioco di luci e di ombre che il Bergognone sembrava mutuare con uno straordinario anticipo sui tempi, prima che Caravaggio prendesse per la prima volta il pennello tra le dita quasi un secolo dopo.

La luce definisce gli spazi che sembrano emergere dall’oscurità, indica un “dentro” e un “fuori” dall’opera, evidenzia gli elementi di prospettiva, ma non manca di porre al centro di tutto e chiaramente visibile la figura di Cristo che si presenta, seppur con una certa ieraticità, straordinariamente umana nelle espressioni di sofferenza ma nel contempo di totale affidamento al progetto divino.

La nota più curiosa, che rende questi quadri un unicum nel panorama artistico del Bergognone e opere di straordinaria rilevanza per la storia della pittura lombarda e italiana, è la presenza di un’impronta di un dito lasciata dall’artista sulla pittura ancora fresca nella tavola, vicina alla porta d’accesso interna al portico visibile sullo sfondo della tavola raffigurante il “Cristo alla colonna”.

Le due opere, dopo mezzo millennio di storia, abbisognavano di un adeguato restauro che si è compiuto in occasione del 510° compleanno delle due tavole, per opera del Rotary Club magentino che ha voluto così consegnare l’opera ai posteri perché possa continuare ad essere ammirata nella sua sede originale.

Vi aspetto per scoprire insieme questa suggestiva realtà!


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Ciao, sono Andrea Balzarotti. Ho frequentato la facoltà di Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano e mi sono specializzato quindi nella storia del territorio del magentino, nel milanese, nel quale vivo da sempre, con le sue curiosità, i suoi aneddoti e le sue tradizioni. Dal 2008 collaboro come volontario presso la Proloco di Robecco sul Naviglio e diverse altre realtà turistiche territoriali e dal 2010 svolgo l’attività di curatore e guida del Museo del Santuario di Corbetta (MI). Nel 2008 mi è stato assegnato il Premio Territorio dalla città di Corbetta. Da sempre appassionato di storia, genealogia, numismatica, araldica e archivistica, sono redattore di alcuni periodici locali, ho all’attivo diverse pubblicazioni sulla storia del milanese e la partecipazione a conferenze a tema, nonché l’organizzazione di mostre ed esposizioni.

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